1. Procedimento amministrativo – Provvedimento – Dirigente – Sottoscrizione d’ordine organo titolare – Incompetenza – Insussistenza.


2. Pubblica sicurezza – Extracomunitario  – Permesso di soggiorno – Sentenza condanna reati ex artt. 4, comma 3 e 5, D.Lgs. n. 286/1998 – Istanza rinnovo – Valutazione pericolosità  sociale – Esclusione.


3. Pubblica sicurezza – Extracomunitario – Permesso di soggiorno – Sentenza condanna reati in materia stupefacenti – Istanza rinnovo – Preavviso rigetto ex art. 10 bis, L. n. 241/1990 – Non necessita 

1. Non è viziato da incompetenza il provvedimento amministrativo che sia sottoscritto dal dirigente dell’ufficio a rilevanza esterna, allorchè detta sottoscrizione sia stata effettuata d’ordine dell’organo titolare del potere di adottarlo, agendo così il dirigente quale mero nuncius del titolare.


2. Allorchè sia stato richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno da soggetto che risulti condannato per un reato di cui agli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, D.Lgs. n. 286/1998 (in materia di stupefacenti), il Questore non è tenuto, ai fini del diniego, alla valutazione della pericolosità  sociale dell’interessato, dovendosi ritenere che tale valutazione consegua, per volontà  della legge, all’accertamento della responsabilità  penale per reati di particolare gravità , la cui commissione è ostativa all’inserimento dello straniero nella comunità  nazionale.


3. Il decreto di rigetto dell’istanza diretta a ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno riveste natura vincolata, ove il richiedente risulti aver riportato una condanna per un reato in materia di stupefacenti, tassativamente ostativa del permesso di soggiorno, ex artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, D.Lgs. n. 286/1998; conseguentemente ai sensi dell’art. 21 octies, L. n. 241/1990, atteso il carattere vincolato dell’atto in questione, non è applicabile quanto disposto dall’art. 10 bis, L. n. 241/1990.

N. 00232/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00546/2012 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 546 del 2012, proposto da: 
M. S., rappresentato e difeso dall’avv. Michele Maiellaro, con domicilio eletto presso Ettore Sbarra, in Bari, Via Egnatia, n. 15; 

contro
Questura di Foggia, Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, presso la quale sono domiciliati, in Bari, Via Melo, n. 97; 

per l’annullamento
del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dell’8.11.2011 della Questura di Foggia notificato il 19.1.2012;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Questura di Foggia e del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2015 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori Uljana Gazidede e Giuseppe Zuccaro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Il ricorrente cittadino extracomunitario impugna il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno indicato in epigrafe per i seguenti motivi:
1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 comma 5 d.lg. 286/98 – eccesso di potere per istruttoria carente e incompleta, per motivazione insufficiente, incongrua ed inadeguata: il provvedimento sarebbe stato adottato automaticamente sull’unico presupposto che il ricorrente nel 2009 ha riportato una condanna irrevocabile per detenzione e spaccio di stupefacenti, senza specifica valutazione di una sua oggettiva e attuale pericolosità  sociale, nè tenere conto della condizione di soggiornante di lungo periodo che dal 2007 vive in Italia con la sua famiglia, della condotta osservante delle leggi italiane dopo la predetta risalente condanna e dello svolgimento di un’attività  lavorativa;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 10 bis l. 241/90 – eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento, per istruttoria apparente, per mancata od erronea valutazione dei presupposti, per vizio della funzione e per manifesta ingiustizia, perchè la Questura non ha comunicato il preavviso di rigetto all’esito dell’istruttoria documentale e, benchè avesse acquisito il certificato dei carichi pendenti – ritenendolo evidentemente rilevante ai fini dell’adozione del provvedimento – ne ha di fatto ignorato il contenuto che attesta l’assenza di procedimenti penali in corso a carico del ricorrente;
3) incompetenza perchè il diniego è stato adottato dal Dirigente dell’Ufficio immigrazione e non dal Questore che ne ha l’esclusiva competenza.
Il Ministero degli interni e la Questura di Foggia resistono al ricorso.
Deve essere esaminato preliminarmente il motivo che lamenta l’illegittimità  del diniego per incompetenza del Dirigente che lo ha adottato essendo tale potere, secondo il ricorrente, riservato al Questore.
Il provvedimento reca la sottoscrizione del Dirigente dell’Ufficio immigrazione “d’ordine del Questore” e tanto basta per ritenere che egli non ne sia l’autore, essendosi limitato ad esternarne il contenuto, non diversamente da quanto accade nell’ipotesi, di stampo civilistico, del nuncius, il quale non esprime la propria volontà , ma è portavoce di quella del titolare dell’affare in gestione.
La relazione fra il nuncius e il titolare, che è comprovata dalla relazione fra detti soggetti resa nota ai terzi, è insita, nel caso di specie, nel rapporto d’ordine fra il Dirigente e il Questore, che, al contrario del rapporto di delega, non deroga al sistema delle competenze e dunque non richiede un atto formale del titolare della funzione.
Detta relazione può dunque risultare dalla esternazione del dichiarante che, nel caso in esame, fa fede fino a querela di falso della verità  dell’ordine, in quanto essa proviene dal Dirigente di un ufficio pubblico a rilevanza esterna.
Ne consegue che il provvedimento impugnato non è censurabile per incompetenza perchè non è provato, mediante querela di falso della dichiarazione d’ordine apposta in calce, che in realtà  esso sia riconducibile alla volontà  provvedimentale del Dirigente e non del Questore.
Nel merito il ricorso è infondato.
Deve innanzitutto escludersi, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, che il ricorrente possa essere considerato soggiornante di lungo periodo, ai sensi dell’art. 9 d.lg. 286/98, che demanda al Questore ai fini del diniego del permesso di soggiorno la valutazione della pericolosità  sociale tenendo conto della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero.
Infatti il primo requisito per essere ritenuto soggiornante di lungo periodo è il possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità , mentre risulta dal provvedimento impugnato ed è incontestato che il permesso di soggiorno rilasciato al ricorrente nel 2007 era scaduto nel 2009 e solo nel 2011 il Sallah si è determinato a chiederne il rinnovo.
La disposizione applicabile, e in concreto applicata dalla Questura di Foggia, è dunque l’art. 4, comma 3, del d.lg. n. 286 del 1998 che dispone: “Non è ammesso in Italia lo straniero [¦]che risulti condannatoanche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale anche con sentenza c.d. patteggiata” per determinate categorie di reati oggettivamente gravi e che comunque destano particolare allarme sociale, introducendo un automatismo che non lascia spazio a valutazioni di altri interessi da parte dell’Autorità  competente.
Il fatto che il legislatore abbia fatto espresso riferimento a determinate categorie di reati significa che ha inteso collegare il divieto in esame a determinate condotte che sono considerate sintomatiche di una pericolosità  sociale ostativa all’inserimento dello straniero nella comunità  nazionale (Tar Brescia 1533/2012).
Sulla stessa linea interpretativa si è dunque ritenuto che la valutazione di pericolosità  sociale, che il ricorrente lamenta sia stata omessa in sede diniego, consegua, per volontà  della legge, all’accertamento della responsabilità  penale per reati di particolare gravità  (TAR Parma 7.4.2005 n. 207), senza necessità  di un’autonoma valutazione della concreta pericolosità  sociale, nè da parte del giudice penale, nè dell’Amministrazione competente al rilascio o rinnovo del permesso, trattandosi invece di un effetto amministrativo che la legge fa derivare dal fatto storico consistente nell’avere riportato una condanna per determinati reati, quale indice presuntivo di pericolosità  sociale o, quanto meno, di riprovevolezza (non meritevolezza, ai fini della permanenza in Italia) del comportamento tenuto nel Paese dallo straniero (in termini Tar Brescia 1533/2012).
Venendo al caso in decisione la condanna del ricorrente per fatti commessi nel 2009 di detenzione e spaccio di droga – reato contemplato dall’art. 4 comma 3 d.lg. 286/98 fra quelli ostativi all’ammissione dello straniero nel territorio nazionale – integra appieno l’ipotesi dell’art. 5, 5 comma d.lg. n. 286/1998, secondo la quale il permesso di soggiorno è revocato, ovvero il rinnovo dello stesso è rifiutato quando vengano a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato.
Tale disposizione, poichè costituisce un’ipotesi specifica della non ammissione dello straniero nel territorio nazionale, contemplata dall’art. 4 comma 3 del d.lg. n. 286/1998 comma, parimenti non consente all’Amministrazione alcuna autonoma valutazione dei fatti per i quali il richiedente è stato condannato, essendo come detto, l’impedimento al rinnovo del permesso di soggiorno, un effetto automatico della sentenza di condanna (Consiglio di Stato, sez. III, 18/10/2013, n. 5073).
Il provvedimento impugnato è dunque sufficientemente motivato con il richiamo alla condanna del ricorrente per detenzione e spaccio di stupefacenti.
E’ infine irrilevante, seppure fosse sussistente, la mancata comunicazione del preavviso di rigetto dell’istanza di rinnovo in considerazione della natura vincolata (Consiglio di Stato, sez. III, 03/04/2013, n. 1868) del provvedimento di diniego che, senza spazio per l’emersione di altri interessi, la Questura è tenuta ad adottare in ipotesi di condanna del richiedente per i reati previsti nell’art. 4 comma 3 del d.lg. 286/98.
Il ricorso pertanto deve essere respinto e le spese compensate stante la natura interpretativa delle questioni trattate.
 

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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