1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Inclusione del suolo nell’ambito dei “territori edificati” ai sensi della L.R. n. 6/1985 – Necessità  piano di dettaglio – Sussiste 


2. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Inclusione del suolo nell’ambito dei “territori costruiti” ai fini dell’adempimento al Putt/p – Qualificazione del lotto come intercluso – Sufficienza – Non sussiste

1. L’inclusione di una “maglia” tra i “territori edificati” ai sensi degli artt. 3 e 6 della L.R. n. 6/1985 non è idonea a determinare il venir meno della necessità  della previa redazione della strumentazione esecutiva (piano particolareggiato o di lottizzazione) richiesta dalle NTA comunali, valendo solo ad escludere la necessità , per tali territori, dell’inclusione nello strumento programmatorio pluriennale di attuazione. 


2. La classificazione di area interclusa a fini paesaggistici derivante dall’inclusione del suolo nell’ambito dei “territori costruiti” ai fini dell’adempimento al Putt/p (Piano urbanistico territoriale tematico del paesaggio) non equivale alla qualificazione di lotto intercluso a fini urbanistici.

                                                                            *
Cons. St. Sez. IV, ric. n. 7111 – 2015; sentenza 20 luglio 2016, n. 3293 – 2016

N. 00224/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01589/2013 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1589 del 2013, proposto da: 
Maurizio Carella, rappresentato e difeso dall’avv. Nicolo’ De Marco, con domicilio eletto presso Nicolo’ De Marco in Bari, Via Abate Gimma, n.189; 

contro
Comune di Bari, rappresentato e difeso dall’avv. Chiara Lonero Baldassarra, con domicilio eletto presso Chiara Lonero Baldassarra in Bari, Via P. Amedeo n.26; 

e con l’intervento di
ad opponendum:
Fiore Restauri S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Pasquale Medina, Vittorio Di Salvatore, con domicilio eletto presso Pasquale Medina in Bari, corso Vittorio Emanuele, n.193; 

per l’annullamento
della nota della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari prot. n.211586 del 23.09.2013, notificata al ricorrente il giorno 2.10.2013, avente ad oggetto: pratica edilizia PDC 385-2012 realizzazione di un fabbricato per negozi, uffici ed abitazioni: comunicazione di diniego definitivo su istanza edilizia presentata”; nonchè di ogni altro atto connesso, presupposto conseguenziale rispetto quello impugnato, con particolare riferimento alle precedenti comunicazioni del 27.03.2013 e dell’1.7.2013 di preavviso di diniego, alla proposta successiva del tecnico istruttore, ancorchè non nota;
e per la condanna
del Comune di Bari a provvedere, in assegnando termine, ad assumere le definitive determinazioni sulla proposta di permesso di costruire, con nomina sin d’ora del Commissario ad acta in ipotesi di persistente inadempimento;
nonchè per il risarcimento
del danno ingiusto, arrecato al ricorrente dal provvedimento impugnato.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2015 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori Nicolò De Marco, Chiara Lonero Baldassarra, Pasquale Medina e Vittorio Di Salvatore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
II ricorrente è comproprietario di un suolo, identificato in catasto al Fg. 50, particelle 691, 692, 693, 694, 695, 696 e 697, della estensione di mq. 1.960,34 (oltre ulteriori mq 56,28, destinati ad ampliamento di strada di PRG).
La Fiore Restauri S.r.l. – odierna interveniente ad opponendum – è proprietaria di un suolo confinante, identificato in catasto al Fg. 50, particelle nn. 335, 336, 412, 413 e n. 831, della estensione complessiva di mq. 925.
Altri suoli limitrofi, appartengono a diversi proprietari, identificati in catasto al Fg. 50, particelle nn. 3, 691, 582, 81, per una superficie complessiva di mq. 4.488.
Tale compendio, che lo stesso ricorrente definisce “relitto inedificato” di circa mq 7.000,00, ricade nella maglia 40 di P.R.G., tipizzata come “Zona per attività  terziarie”.
La maglia ricade, a sua volta, in una zona cittadina ormai quasi completamente urbanizzata oggetto di cospicua edificazione.
L’odierno ricorrente, unitamente agli comproprietari del proprio suolo, ritenendo che ricorrano i presupposti per l’edificazione, pur in assenza di strumento urbanistico esecutivo, ha presentato istanza di permesso di costruire (d’ora innanzi PdC) per un “intervento diretto” sul solo suolo in sua proprietà  ( Fg. 50, particelle 691, 692, 693, 694, 695, 696 e 697), ricevendo un diniego da parte del Comune di Bari.
Con il ricorso in epigrafe, impugna il provvedimento prot. n. 211586 del 23.9.2013, con il quale il Direttore della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari ha negato il rilascio del PdC richiesto, così motivando:
“la soluzione progettuale proposta interessa suoli che per la loro conformazione non possono essere considerati interclusi , non riguardando la totalità  dei lotti liberi contermini; inoltre, le previsioni di cessione di standard nel caso riguardano principalmente aree destinate alla viabilità  di accesso all’intervento proposto e quindi non rivestono la specifica peculiarità  di Aree per Standard Urbanistico, come tali fruibili per le attività  di urbanizzazioni secondarie individuate dalla Legge 847/1964. Si ritiene, inoltre, che l’intervento non possa prescindere dall’estensione all’insieme dei lotti limitrofi. Pertanto, si configura il contrasto con l’art. 39 delle NTA, per assenza del reperimento di adeguati standard di quartiere. Non vi è, inoltre, secondo quanto stabilito dalle NTA, la possibilità  di monetizzazione di Aree a standard”.
Con il primo motivo di ricorso deduce i vizi di: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 39 n.t.a. del P.R.G. del Comune di Bari. Violazione del combinato disposto degli artt. 27, comma II, L.R. n. 56/1980 e 15 L.R. n. 6/1979. Violazione art. 10 L. n. 24111990. Eccesso di potere per errore e falsità  dei presupposti. Difetto assoluto di istruttoria e di motivazione. Sviamento”.
Il suolo in questione è inserito nei c.d. “tessuti edificati” dal III PPA del Comune di Bari, sicchè, ai sensi di quanto disposto dalla L.R. n. 6/1985 (art. 3 e 6), per procedere all’edificazione, non sarebbe stata necessaria la previa redazione dello strumento attuativo.
La vicenda oggetto di causa sarebbe analoga ad altra decisa dal T.A.R. Puglia con sentenza n. 6243/2004- Sez. III, avente ad oggetto un suolo relitto di maglia adiacente (n. 39) di identica tipizzazione, per il quale si è affermata la possibilità  di costruire senza necessità  di strumento di dettaglio.
In tali ipotesi, prescindendosi dalla natura o meno di suolo intercluso (che risulterebbe, dunque non rilevante), “spetterebbe” l’esercizio delle facoltà  edificatorie, attesa la natura di “tessuto edificato”.
La doglianza è infondata.
L’inclusione della “maglia” (in cui ricade sia la proprietà  del ricorrente sia quella della società  odierna interveniente sia quella degli altri proprietari), tra i “territori edificati” riportati nelle tavole del III PPA (approvato dal Comune di Bari con delibera di C.C. n. 216 del 5.12.2000 che, comunque, ha esaurito i suoi effetti dal dicembre 2005, come allegato dalle altre parti con circostanza non contestata e per ciò da ritenersi pacifica), non è idonea a superare la strumentazione esecutiva, richiesta dal vigente art. 39 delle NTA del Comune di Bari.
Al fine rendere il percorso motivazionale di piana comprensione, giova riportare testualmente il dettato delle disposizioni di riferimento, invocate da parte ricorrente, rappresentate dagli artt. 3 e 6 L.R. n. 6/1985.
Recita l’art. 3 cit: “Gli interventi previsti dagli strumenti urbanistici e relativi ai tessuti edificati nelle zone omogenee di tipo A – B – C – D- e miste, di cui al DM 2/ 4/ 1968, n. 1444, e dotate di urbanizzazioni primarie, collegate funzionalmente con quelle comunali, non sono subordinati alla inclusione delle relative aree nel ppa.
Si intendono tessuti edificati le maglie dello strumento urbanistico generale nelle quali la superficie dei suoli edificati non sia inferiore a 2/ 3 di quelle dei suoli edificabili.
Omissis”
Dispone l’art. 6 cit., rubricato “Concessioni in caso di decadenza ppa”:
“Nel caso di decadenza del ppa per decorrenza dei termini di validità , senza che sia adottato il ppa successivo, le concessioni o le autorizzazioni a costruire possono essere rilasciate per gli interventi:
a) previsti dall’ art. 9 della legge 28 gennaio 1977 n. 10;
b) diretti al recupero del patrimonio edilizio esistente di cui all’ art. 31- primo comma, lett. b, c, d, – della legge 5 agosto 1978, n. 457;
c) da realizzare su aree di completamento che siano dotate di opere di urbanizzazione primarie collegate funzionalmente con quelle comunali;
d) da realizzare su aree comprese nei piani di zona;
e) da realizzare su aree di cui all’art. 3 della presente legge per le quali non esiste l’ obbligo di inserimento nel ppa;
f) da realizzare su aree dotate di opere di urbanizzazione primaria o per le quali esista l’ impegno dei concessionari a realizzarle, sempre che esse risultino incluse nel primo ppa e non sia ancora intervenuto il provvedimento di espropriazione ai sensi del 6º comma dell’ art. 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10;
g) da realizzare sulle aree già  incluse nel primo ppa ed acquisite al patrimonio del Comune ai sensi del 6 comma dell’ art. 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10;
h) da realizzare sulle aree già  incluse nel primo ppa non utilizzate e per le quali non si è proceduto all’ esproprio per i motivi di cui al 10º comma dell’ art. 13 della LR 12 febbraio 1979, n. 6 e successive modifiche ed integrazioni.”
L’art. 39 N.T.A. (di cui non si riporta il testo integrale per esigenze di sintesi – consultabile, comunque, all’allegato n. 14 del ricorso introduttivo-) prescrive, dal canto suo, che gli interventi nelle zone per attività  terziarie (cioè quelle in cui ricade il suolo oggetto del PdC negato all’odierno ricorrente) siano subordinati all’approvazione (definita obbligatoria) di piani particolareggiati o di lottizzazione.
Secondo parte ricorrente le previsioni di cui alla L.R. n. 6/1985 varrebbero a superare la prescrizione imposta dall’art. 39 N.T.A., escludendo, per i “tessuti edificati” la necessità  dello strumento esecutivo.
Senonchè, il tenore letterale delle disposizioni invocate e la loro chiara ratio non depongono nel senso proposto dall’odierno ricorrente.
Esse valgono, infatti, solo ad escludere la necessità , per tali territori, dell’inclusione nello strumento programmatorio pluriennale di attuazione (con cui il Comune individua le aree in cui, entro un periodo fissato, sarà  avviata l’attuazione del piano urbanistico generale, valutando le spese necessarie per gli interventi previsti, e la ripartizione fra operatori pubblici e privati).
Le disposizioni in questione, invece, non escludono la necessità  dello strumento di pianificazione di dettaglio (salvo che non ricorrano le ipotesi eccezionali individuate dalla giurisprudenza, di cui si dirà  in seguito), attesa la diversa ratio che le sottende.
L’esonero dall’inclusione nel PPA, infatti, è giustificato dalla presenza delle opere di urbanizzazione.
L’esonero dalla predisposizione del piano attuativo o di lottizzazione, al contrario, richiede ulteriori condizioni che non possono esaustivamente e riduttivamente ricondursi alla presenza di tali infrastrutture, in quanto la pianificazione richiesta non è funzionale alla sola realizzazione delle opere di urbanizzazione, ma anche (e soprattutto) all’ordinato e coerente assetto del territorio e dei relativi interventi.
Conferma della correttezza di tale interpretazione rinviene dall’argomento apagogico.
Laddove si accedesse alla tesi di parte ricorrente, infatti, si dovrebbe giungere a concludere che laddove un’intera maglia completamente inedificata sia inclusa nel “tessuto edificato”, potrebbe permettersi la realizzazione di interventi edilizi sulla stessa, prescindendosi dal piano di dettaglio.
Ne conseguirebbe un’ipotesi di assetto del territorio tanto disordinato quanto immeritevole di ulteriori argomentazioni.
Del tutto inconferente si presenta, pertanto, il richiamo al precedente di questa Sezione T.A.R. n. 6243/2004 , in considerazione delle differenze esistenti rispetto all’odierno caso in esame rappresentate da un lato dalla unicità  del suolo rimasto inedificato nell’ambito della maglia n. 39 e oggetto di diniego impugnato – mentre il suolo dell’odierno ricorrente si viene a trovare in situazione di fatto diversa, come meglio si chiarirà  in ordine al II motivo di ricorso incentrato sulla natura di suolo intercluso- ; dall’altro dalla vigenza del III PPA, con conseguente applicabilità , ratione temporis, di diversa normativa.
Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia la “Violazione e falsa applicazione del PUTT/p del Comune di Bari, in merito alla nozione del lotto intercluso. Violazione e falsa applicazione Circolare Regionale n.1/2011. Eccesso di potere per contraddittorietà , illogicità , difetto assoluto di istruttoria e motivazione”.
Deduce che il suo suolo rimasto inedificato nella maglia n.40, diversamente da quanto assunto dal Comune nel provvedimento impugnato, avrebbe le caratteristiche per essere considerato “intercluso”, posto che è stato così definito (“area interclusa n. 21”) dalla stessa Amministrazione comunale con la delibera consiliare n. 169/2002 di approvazione dei “primi adempimenti al Putt/p” (Piano urbanistico territoriale tematico del paesaggio), in quanto ricadente nei c.d. “territori costruiti”.
La censura è infondata in fatto oltre che fondata su di un erroneo presupposto in diritto.
L’attento esame della cartografia allegata al ricorso, permette di chiarire che la c.d. area interclusa n. 21, cui si riferisce il ricorrente, è, in realtà , una porzione ben più vasta rispetto al suolo di sua (com)proprietà .
Diversamente da quanto indicato, le particelle che identificano il suolo in questione formano un lotto (ricadente nella più vasta area n. 21) che non presenta le caratteristiche di interclusione a fini urbanistici.
Infatti, il lotto del ricorrente confina con altre porzioni di suolo che non risultano edificate (o presentano manufatti di modestissime dimensioni che, come allegato da controparte con circostanza non contestata, non esauriscono la volumetria esprimibile dal suolo).
A ciò, comunque, si aggiunga che, come puntualmente chiarito da entrambe le altre parti in giudizio, la classificazione di area interclusa a fini paesaggistici non equivale alla qualificazione di lotto intercluso a fini urbanistici.
Alla luce delle suesposte motivazioni, il provvedimento di diniego si fonda su di una ragione giustificatrice idonea a resistere alle censure mosse.
Tanto renderebbe inammissibile l’ultima censura (rivolta verso l’ulteriore parte motivazionale del provvedimento relativa agli standard), attesa la sua inidoneità , anche in caso di accoglimento, a caducare l’atto impugnato (trattasi, infatti, di atto sorretto da plurime ragioni giustificative).
Tuttavia, in ossequio al principio di effettività  della tutela, il Collegio non si esime dall’esaminarla nel merito.
Essa è infondata.
Il ricorrente deduce, in estrema e doverosa sintesi, che male avrebbe fatto il Comune a pretendere la cessione di aree a standard, in quanto da un lato la zona è già  completamente urbanizzata e, per ciò dotata degli standard necessari, dall’altro la richiesta cessione sarebbe, comunque, dovuta solo in caso di strumentazione esecutiva, ma non in ipotesi di PdC in sua assenza.
Ritiene il Collegio che il punto nodale della ragione della reiezione della censura risiede nella circostanza che, pur dando per dimostrato che esistono in zona urbanizzazioni, non è affatto provato che le stesse siano idonee a sopportare l’ulteriore carico derivante dalle costruzioni del lotto residuo (che deve ricomprendere necessariamente anche l’area della interveniente ad opponendum).
La sorte della domanda impugnatoria determina la reiezione da un lato della domanda di condanna
del Comune di Bari a provvedere nuovamente sull’istanza, dall’altro della domanda risarcitoria.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte ricorrente alla rifusione, in favore del Comune di Bari e della Fiore Restauri S.r.l. in solido, delle spese processuali che liquida in omnicomprensivi euro 4.000,00 (per la misura di euro 2.000,00 ciascuno), oltre IVA, CAP e spese generali in misura pari al 15%.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
Viviana Lenzi, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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