1. Processo amministrativo – Principi generali – Improcedibilità  – Sopravvenuto difetto di interesse – Quando sussiste 


2. Leggi, decreti, regolamenti – Interpretazione autentica – Norme alle quali è riconosciuta 


3. Edilizia e urbanistica – Altezza delle costruzioni – Tutela del paesaggio – Rapporto e ratio derogabilità 

1. L’improcedibilità  del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse può essere dichiarata solo allorchè sussista una situazione in fatto o in diritto del tutto nuova rispetto a quella esistente al tempo della proposizione del gravame e tale da escludere con assoluta sicurezza che la sentenza di merito possa conservare una qualsiasi utilità  residua, anche meramente strumentale o morale, per il ricorrente. 


2. L’interpretazione autentica va riconosciuta soltanto a quelle disposizioni dirette a chiarire il senso di quelle preesistenti, ovvero a escludere o a enucleare uno dei sensi tra quelli ragionevolmente ascrivibili alle norme interpretate. 


3. La tutela del paesaggio, quale bene costituzionalmente riconosciuto, impone dei limiti all’altezza massima dell’edificabilità , alle cui fonti ordinarie di regolazione possono essere consentite deroghe per soddisfare esigenze prioritarie quali quelle di recupero del patrimonio edilizio esistente o di miglioramento della qualità  del patrimonio edilizio residenziale.

 
N. 00156/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01683/2012 REG.RIC.

 
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1683 del 2012, proposto da: 
Cioce Damiana, impresa edile individuale, rappresentata e difesa dall’avv. Emilio Vito Poli, con domicilio eletto presso Emilio Vito Poli in Bari, Via Dante Alighieri, n.193; 

contro
Comune di Bisceglie, rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Felice Ingravalle, con domicilio eletto presso Massimo Felice Ingravalle in Bari, piazza Garibaldi, n. 63; 

per l’annullamento
– per quanto di interesse, della delibera del Consiglio Comunale di Bisceglie n. 37 del 30.7.2012;
– della presupposta e ivi richiamata relazione in data 9.7.2012 del Dirigente della “Ripartizione Tecnica”;
– del conseguente provvedimento dirigenziale del 28.8.2012, prot. n.0032714, di annullamento di precedente determinazione favorevole al rilascio di permesso di costruire;
– dell’altresì conseguente negativo provvedimento, confermativo del precedente, di cui alla nota dirigenziale del 20/25.9.2012, prot. n.0035022;
– di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorchè ignoto, se e in quanto lesivo.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bisceglie;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Vito Emilio Poli e Massimo Felice Ingravalle;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
I. L’impresa edile individuale Cioce Damiana è comproprietaria di un edificio sito in via Federico II di Savoia, n. 69, nel Comune di Bisceglie. Tale area, secondo le previsioni del PRG, è collocata in zona B4 di completamento.
La sig.ra Cioce riferisce di aver presentato, ai sensi della L.R. Puglia n. 14 del 30 luglio 2009, relativa al Piano Casa, un progetto avente ad oggetto la demolizione del suddetto edificio e la costruzione di uno nuovo, sull’area di risulta, di maggiore altezza e volumetria.
Tale tipo di intervento straordinario sarebbe stato consentito dalle disposizioni adottate con Delibera del Consiglio Comunale n. 81 dell’01.10.2009, in attuazione dell’art. 6 comma 2 L. R. 14/09.
Con provvedimento dirigenziale prot. n. 041577 del 07.10.2010, veniva espresso parere favorevole al progetto e, successivamente, con quello prot. 04140 del 31.01.2011, venivano quantificati gli oneri accessori.
II. Con atto prot. 0032714 del 28.08.2012, l’amministrazione affermava la nullità  dell’assenso rilasciato sul progetto, in seguito all’adozione della Delibera del Consiglio Comunale n. 37 del 30.07.2012, con la quale erano state precisate le altezze massime consentite nelle singole sottozone B, per gli interventi straordinari di cui alla L.R. 14/09. L’impresa veniva, pertanto, invitata a presentare un nuovo progetto conforme alle prescrizioni precisate.
Avverso il provvedimento del 28.08.2012, notificato in data 21.09.2012, la delibera n. 37 del 30.07.2012 e gli altri atti in epigrafe specificati, la ricorrente propone ricorso notificato in data 05.11.2012 e depositato il successivo 3 dicembre 2012.
Deduce a sostegno del gravame i seguenti motivi di ricorso:
1. violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della L.R. Puglia n. 14/09. Eccesso di potere per manifesta illogicità  e ingiustizia.
Quanto stabilito con la delibera 37/2012 renderebbe impossibile l’incremento volumetrico del 35% consentito dal suindicato art. 4 della L.R. 14/2009, riferito proprio ad “interventi straordinari di demolizione e ricostruzione”, con impossibilità  di realizzazione del quarto piano;
2. violazione della L.R. Puglia n. 18/09, dell’art. 6 comma 2 della L.R. 14/09 e dell’art. 21 septies L. 241/90. Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica dell’atto.
Le deroghe alle prescrizioni in tema di altezze avrebbero potuto essere deliberate entro il termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore della L.R. 14/2009, a pena di decadenza. Ne deriva che decorso tale termine, i comuni non avrebbero potuto più intervenire in tema di deroghe alle altezze di cui all’art. 6 comma 2 L.R. 14/2009.
La disciplina conseguente alla delibera n. 37 sarebbe del tutto innovativa, dunque, non consentita e surrettiziamente denominata come avente valore di interpretazione autentica;
3. violazione della L. 241/90 art. 3. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e motivazione: disparità  di trattamento.
La delibera n. 37/2012 è stata adottata a distanza di quasi tre anni dalla delibera dell’ottobre 2009 ledendo l’affidamento dei privati, senza adeguata dimostrazione delle connesse ragioni di pubblico interesse. L’assetto urbanistico sarebbe, in realtà , già  pregiudicato dalla presenza di edifici di altezze diverse, situati a poca distanza l’uno dall’altro;
4. violazione L. 241/1990 art. 7, per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento relativo all’adozione della deliberazione n. 37/2012.
III. Si è costituito in giudizio il Comune di Bisceglie per resistere al ricorso.
L’amministrazione ha, in primo luogo, richiamato a fondamento della deliberazione n. 37/2012 le ragioni di interesse pubblico.
Dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento, ha narrato la successione degli eventi, evidenziando il punto della Deliberazione n. 81 del Consiglio Comunale che ha imposto la necessità  di adottare la successiva delibera n. 37/2012, allo scopo di precisare il limite massimo consentito in deroga all’altezza degli edifici per la Zona omogenea B4 prevista dalle NTA del PRG. Tale limite è stato contenuto nel 35% di quello fissato per le singole sottozone B dalle NTA del PRG.
Ha affermato che sulla base dell’interpretazione fornita dalla delibera 37/2012, il progetto, precedentemente oggetto di parere favorevole e di quantificazione degli oneri accessori, risultava non rispettare il limite dell’altezza massima consentita, prevedendo un fabbricato di altezza pari a mt. 17,90, rispetto ai 12,15 mt consentiti, pari al 35% in aumento dei 9 mt., previsti dalle NTA del PRG.
Con le successive note del 28.08.2012 e del 20.09.2012, il Comune dapprima invitava la ditta ad adeguare il progetto alle prescrizioni adottate e in seguito a ritirare la documentazione presentata, in quanto riferita a progetto non ritenuto più idoneo.
L’amministrazione ha, inoltre, controdedotto ai motivi di ricorso.
Sul primo motivo ha evidenziato che la possibilità  di aumento della volumetria fino al 35%, rappresenta un limite massimo e possibile solo qualora vengano rispettate le altre prescrizioni urbanistiche esistenti, comprese quelle di cui alla L.R. 13/2008.
Con riferimento al secondo motivo ribadisce la necessità  di ancorare al 35% anche l’aumento in altezza dell’edificio.
Sul terzo motivo relativo all’affidamento maturato dalla ricorrente, il Comune ribadisce la necessità  di chiarimenti volti ad evitare il disordine urbanistico causato da un’altezza illimitata.
Avverso l’eccezione di omessa comunicazione di avvio del procedimento richiama la previsione di cui all’art. 21octies L. 241/1990.
IV. Con successive memorie le parti hanno replicato alle avverse eccezioni. La ricorrente, con la memoria depositata in data 13.01.2013, ha contestato i rilievi del Comune sul disordine urbanistico che deriverebbe dalle eccessive altezze degli edifici da realizzare. Ha osservato, in merito, che gli edifici esistenti nella zona in cui è ubicato l’immobile da demolire e ricostruire sono tutti di altezza maggiore, come sarebbe desumibile anche dai rilievi fotografici e dalla Perizia di parte versati in atti, tanto che la nuova costruzione si inserirebbe in modo armonico nel contesto.
Le parti hanno successivamente integrato la propria difesa con documenti e ulteriori memorie.
V. Il Comune ha depositato, tra l’altro, copia della domanda di permesso di costruire presentata dall’impresa Cioce Damiana in data 23.07.2014, riferendo che il 29.07.2014 tale nuova proposta sarebbe stata favorevolmente assentita, tanto da potersi ritenere sopravvenuto il difetto di interesse della ricorrente alla prosecuzione del giudizio.
La ricorrente ha replicato al Comune, puntualizzando che il permesso di costruire sulla nuova proposta progettuale non sarebbe stato rilasciato, essendo stato espresso solo parere favorevole. Inoltre, ha evidenziato come il nuovo progetto presentato sarebbe soggetto alla legge ordinaria e non a quella relativa la Piano Casa e, pertanto, senza previsione di alcun incremento volumetrico.
Si tratterebbe in sostanza di possibile soluzione alternativa che, in ogni caso, non determina il venir meno dell’interesse al ricorso.
All’udienza pubblica del 10 dicembre 2014, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. La vicenda per cui è causa tra origine dal progetto di ristrutturazione di un immobile di proprietà  dell’impresa Cioce, sito in via Federico II di Svevia, già  Corato Vecchia, nel Comune di Bisceglie.
Quest’ultimo ha, dapprima in data 07.10.2010, approvato il progetto presentato ai sensi dell’art. 4 della L.R. Puglia n. 14/09, procedendo alla quantificazione dei relativi oneri concessori e successivamente, con atto prot. 0032714 del 28.08.2012, ha comunicato la nullità  dell’assenso rilasciato, sopravvenuta in seguito all’adozione della Delibera del Consiglio Comunale n. 37 del 30.07.2012.
Sia la comunicazione di nullità  del parere favorevole al rilascio del permesso di costruire, con conseguente richiesta degli oneri di concessione, che la delibera del Consiglio Comunale sono stati impugnati dalla impresa edile individuale Cioce Damiana, odierna ricorrente.
2. Preliminarmente, occorre soffermarsi sull’eccezione di improcedibilità  per sopravvenuto difetto d’interesse sollevata dal Comune di Bisceglie, fondata sull’avvenuta presentazione in data 23.07.2014, da parte della ditta ricorrente, di un nuovo e distinto permesso di costruire relativo alla medesima area, con progetto redatto senza la previsione dell’incremento volumetrico di cui alla precedente istanza presentata ai sensi della L.R. Puglia n. 14 del 30 luglio 2009.
L’eccezione è infondata.
Per giurisprudenza consolidata, condivisa dal Collegio, l’improcedibilità  del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse “può essere dichiarata solo allorchè sussista una situazione in fatto o in diritto del tutto nuova rispetto a quella esistente al tempo della proposizione del gravame e tale da escludere con assoluta sicurezza che la sentenza di merito possa conservare una qualsiasi utilità  residua, anche meramente strumentale o morale, per il ricorrente”, tanto da doversi sostenere che “la pronuncia di improcedibilità , per non risolversi in un sostanziale diniego di giustizia, può dunque aver luogo soltanto quando – in esito ad un rigoroso esame – non residui in capo al ricorrente alcun vantaggio conseguibile dalla pronuncia sul merito del ricorso”.(Così, Cons. Stato, Sez. IV, sent. 3256 del 12.06.2013).
Nel caso in esame, il fatto sopravvenuto della presentazione di un nuovo permesso di costruire, seppur oggetto di parere favorevole da parte dell’amministrazione, non è idoneo ad escludere che dalla pronuncia sul merito del ricorso possa residuare una qualche utilità  conseguibile dalla ricorrente, in quanto:
– dalla domanda di permesso di costruire inoltrata in data 23.07.2014 non emerge alcun elemento circa la natura della nuova richiesta, essendo essa compilata mediante l’utilizzo dei modelli dello sportello Unico dell’Edilizia del Comune di Bisceglie;
– nella relazione tecnica illustrativa allegata alla suindicata domanda si fa espresso riferimento alla precedente istanza presentata ai sensi della L.R. Puglia 14/2009 e al contenzioso pendente, oggetto del presente giudizio;
– il Tecnico nella richiamata Relazione qualifica la proposta progettuale presentata il 23.07.2014 come “soluzione alternativa”.
Tali elementi, unitamente alle ragioni sostenute negli scritti difensivi della ricorrente, depongono tutti nel senso di escludere la sussistenza dei presupposti per una pronuncia di improcedibilità .
3. Nel merito, il Collegio ritiene decisivo richiamare la L. R. Puglia n. 14 del 30.07.2009, che reca “Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività  edilizia e per il miglioramento della qualità  del patrimonio edilizio residenziale” .
Il primo comma dell’art. 4 di tale legge stabilisce, infatti, che “al fine di migliorare la qualità  del patrimonio edilizio esistente, sono ammessi interventi di demolizione e ricostruzione di edifici ¦, con realizzazione di un aumento di volumetria sino al 35 per cento di quella legittimamente esistente alla data di entrata in vigore della presente legge”.
Per il caso di interventi straordinari di demolizione e ricostruzione, come quello in esame, l’art. 4 comma 3 prevede che “gli interventi di ricostruzione devono essere realizzati nel rispetto delle altezze massime e delle distanze minime previste dagli strumenti urbanistici. In mancanza di specifica previsione in detti strumenti, si applicano altezze massime e distanze minime previste dal D.M. lavori pubblici 1444/1968”.
Su questo specifico profilo, l’art. 6 comma 2 consente una deroga da parte dei Comuni da prevedere con deliberazione del Consiglio Comunale, entro il termine di sessanta giorni, a pena di decadenza, dalla entrata in vigore della medesima legge.
Più specificamente, per la parte che rileva nel caso in esame, è stata riconosciuta ai Comuni la possibilità  di disporre motivatamente:
“c) la definizione di parti del territorio comunale nelle quali per gli interventi di cui agli articoli 3 e 4 della presente legge possono prevedersi altezze massime e distanze minime diverse da quelle prescritte dagli strumenti urbanistici vigenti;”
Il Consiglio Comunale di Bisceglie, sulla base di tale previsione, che assume per questo valenza di parametro vincolante per l’interpretazione del relativo contenuto, ha adottato dapprima la Delibera C.C. n. 81 del 01.10.2009, con cui ha stabilito, con riferimento alla lett. c) dell’art. 6 comma 2 L.R. 14/2009, di “individuare la sola zona omogenea B quale ambito territoriale dove sarà  possibile superare l’altezza massima prevista dalle N.T.A., vigenti per le singole sottozone, quando ciò è necessario al rispetto di tutte le altre prescrizioni”.
Successivamente, con la Delibera C.C. n. 37 del 30.07.2012, ha precisato “quale interpretazione autentica” che “il superamento delle altezze massime, quando ciò è necessario al rispetto di tutte le altre prescrizioni, debba comunque essere contenuto entro il 35% delle altezze massime fissate dalle N.T.A.”. Per le Zone B4 e B5 l’altezza massima consentita diventerà  da 9 mt. a 12,5 mt.
Nel caso in esame, per la zona omogenea B, per la quale il Comune di Bisceglie, con la Delibera CC n. 81 dell’01.10.2009, ha previsto l’applicazione di tale deroga, gli artt. 36 e 37 delle N.T.A. del PRG, per le zone di completamento rispettivamente B4 e B5, prevedono un˜altezza massima di mt. 9.
Tali atti hanno inciso sul progetto relativo alla ristrutturazione dell’immobile di proprietà  della ditta individuale Cioce Damiana, odierna ricorrente, presentato ai sensi della L.R. Puglia n. 14/2009 e sulla base di quanto disposto dalla delibera n. 81/2009, in quanto, come evidenziato dalla perizia di parte versata in atti, riguarda due corpi di fabbrica per un’altezza complessiva di mt. 17,90. Nella zona, per effetto della successiva delibera n. 37/2012, l’altezza massima consentita si riduce a mt. 12,5.
4. Chiarito il quadro delle disposizioni di riferimento, occorre procedere alla disamina dei motivi di ricorso.
Fondate sono le prime due censure.
Sulla specifica questione del limite dell’altezza massima, il Collegio rileva come la sua individuazione non sia esente da riferimenti normativi, rispetto ai quali la delibera n. 37/2012 del Consiglio Comunale, non solo innova ma addirittura si pone in senso limitativo rispetto a quanto precedentemente stabilito con la n. 81/2009.
La L.R. sopra richiamata consente degli interventi straordinari di demolizione e ristrutturazione con un aumento complessivo di volumetria sino al 35 per cento di quella legittimamente esistente.
Il successivo art. 6 comma 2 prevede la possibilità  per i Comuni di disporre una deroga alle altezze massime prescritte dagli strumenti urbanistici vigenti, che va comunque ricondotto entro il parametro del 35% di aumento di volumetria complessiva consentita.
La Legge Regionale non impone altre prescrizioni sullo specifico punto del limite alle altezze massime consentite, ma ammette, pur nei limiti sopra evidenziati, che le amministrazioni comunali possano prevedere deroghe.
In applicazione della normativa di legge regionale, la delibera CC n. 81 consente espressamente la deroga all’altezza prevista dalle norma delle NTA del PRG per sola zona omogenea, non a carattere generalizzato, ma solo “quando ciò sia necessario al rispetto di tutte le altre prescrizioni” .
Dall’esame congiunto delle richiamate disposizioni non sono rinvenibili ambiguità  idonee a fondare un intervento interpretativo come quello operato dal Comune di Bisceglie nel 2012, nè è possibile ritenere che il limite del 35% sia riconducibile a quello di altezza massima consentita, essendo esso espressamente riferito alla volumetria complessiva.
Emerge in modo evidente che tale limite, ripreso ai fini dell’interpretazione autentica è, in realtà , riferito dall’art. 4 della L.R. 14/2009 all’aumento di volumetria consentito. Esso in alcun modo costituisce, nè sulla base della medesima legge regionale, nè della prima delibera CC, la n. 81, limite percentuale consentito nel superamento massimo dell’altezza prevista dalle N.T.A. In alcun modo è possibile desumere dalle disposizioni richiamate, comprese quelle oggetto delle delibera n. 81 del Consiglio Comunale, il limite del 35% delle altezze previste dalle N.T.A del PRG, quale deroga massima consentita in applicazione dell’art. 6 comma 2 lett. c) L.R. 14/2009.
Deve, pertanto, ritenersi che l’interpretazione fornita con la delibera n. 37/2012, non solo non derivi dal contenuto della Delibera CC n. 81/2009, ma essa non risulta nemmeno conforme alla previsioni della L.R. di riferimento. Dal carattere innovativo riconosciuto deriva che essa non possa spiegare la sua efficacia su situazioni pregresse, non avendo natura interpretativa, dal momento che l’interpretazione autentica va riconosciuta soltanto a quelle disposizioni dirette a chiarire il senso di quelle preesistenti, ovvero a escludere o a enucleare uno dei sensi tra quelli ragionevolmente ascrivibili alle norme interpretate.
L’atto censurato, seppure espressamente definito come avente natura di interpretazione autentica, non interviene ad assegnare alla delibera interpretata un significato già  in questa contenuto, «riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario», al fine di chiarire «situazioni di oggettiva incertezza» o di «ristabilire un’interpretazione più aderente alla originaria volontà  del legislatore» a tutela della certezza del diritto e degli altri principi costituzionali richiamati. (Così Corte Costituzionale, sent. n. 103 del 29 maggio 2013).
L’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse generale», ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà  fondamentali (CEDU), pure riconosciuta dalla Corte Costituzionale come idonea a consentire l’emanazione di norme retroattive, anche di interpretazione autentica, non può ritenersi generalizzata. In tal senso si è ammessa l’interpretazione autentica delle norme quando essa assegni alla disposizione interpretata un significato già  contenuto nella medesima. Inoltre, sono stati imposti limiti attinenti alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civiltà  giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità  di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico.
Tali principi posti dalla Consulta sulla questione della interpretazione autentica delle norme di legge, quand’anche si volessero far assurgere a parametri di riferimento rispetto ai quali valutare la legittimità  della delibera C.C. n. 37, gravata, non comportano un diverso giudizio, contribuendo piuttosto a rafforzare i vizi di legittimità  della medesima.
Dirimente non è solo il diverso significato introdotto dalla Delibera n. 37 alle deroghe delle altezze massime consentite, come sopra già  evidenziato, ma anche il contrasto della previsione in essa contenuta sia con quelle di cui alla L.R. 14/2009, che con le più generali disposizioni previste in materie di altezze massime consentite a livello nazionale.
Con riferimento alla violazione della L.R. 14/2009 il riferimento è, in particolare, al termine di sessanta giorni di cui al secondo comma dell’art. 6, previsto a pena di decadenza, entro il quale si è consentito ai Comuni di disporre deroghe come quelle di cui alla lettera c).
Il successivo intervento operato con la delibera C.C. n. 37 non solo, per la sua portata innovativa, è escluso che possa ritenersi espressione di interpretazione autentica della n. 81/2009, ma, come eccepito dalla ricorrente, si pone anche in contrasto con le previsioni della L.R. 14/2009, per violazione del termine decadenziale ivi previsto entro il quale poter introdurre le deroghe in questione.
E’ da rilevare che dall’illegittimità  di tale delibera, non deriva una edificabilità  nella zona omogenea B, del tutto svincolata dal rispetto di parametri quali quelli sopra richiamati e, del resto, qualunque altro limite non potrebbe essere introdotto con valore retroattivo, attesa la natura innovativa delle relative disposizioni. A ciò si aggiunga che la L. R. consente la deroga alle altezze massime consentite solo “quando ciò sia necessario al rispetto di tutte le altre prescrizioni”.
La tutela del paesaggio, quale bene costituzionalmente riconosciuto, impone dei limiti all’altezza massima dell’edificabilità , alle cui fonti ordinarie di regolazione possono essere consentite deroghe per soddisfare esigenze prioritarie quale quelle di recupero del patrimonio edilizio esistente o di miglioramento della qualità  del patrimonio edilizio residenziale. In ogni caso il contemperamento dei contrapposti interessi deve, comunque, avvenire nel rispetto della legge.
Così nel caso di adozione delle Leggi relative al Piano Casa, e più specificamente in quella della Regione Puglia in cui si ammettono, entro limiti, deroghe agli ordinari strumenti di regolazione urbanistica, come il D.M. 1444/68 o le NTA del PRG.
Gli artt. 4 e 6 della L.R. 14/2009 sono da ritenersi assoggetti alla medesima ratio.
Ne deriva che per gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici destinati a residenza è consentito dall’art. 4 un aumento di volumetria sino al 35 per cento di quella legittimamente esistente alla data di entrata in vigore della presente legge.
Va osservato in proposito che, proprio a garanzia dell’esigenza di tutela del paesaggio, le deroghe alle altezze massime introdotte dai Comuni ai sensi dell’art. 6 comma 2 non possono comunque superare tale limite e, come detto, sono consentite solo quando ciò sia necessario al rispetto di tutte le altre prescrizioni. E’ sulla base di queste che istanze come quelle della Ditta ricorrente debbono essere vagliate dal Comune.
Quest’ultimo, se nell’esercizio del potere riconosciuto dalla legge regionale ha ritenuto di introdurre deroghe all’altezza massima prevista dalle NTA PRG per le zone omogenee B (pur sempre ancorate a parametri quali il limite del 35% di aumento complessivo della volumetria consentita al fine di garantire idonea tutela del paesaggio e sempre che ciò sia necessario al rispetto delle altre prescrizioni), non può successivamente introdurre altri limiti,ex novo, con portata retroattiva ed in modo surrettizio.
Il Consiglio Comunale ha già  consumato il potere riconosciuto dalla legge, con l’adozione della delibera C.C. n. 81/2009, sicchè la successiva n. 37/2012 è da ritenersi adottata in violazione dei termini decadenziali posti dal secondo comma dell’art 6 L.R. 14/2009, oltre che dei principi di irretroattività  e affidamento.
Nè nella delibera impugnata emergono le esigenze di tutela dell’interesse pubblico, che avrebbero potuto al più legittimare un intervento in autotutela dell’amministrazione da adottare pur sempre nel rispetto dei presupposti di legge, limitandosi l’atto gravato ad un generico riferimento ai “problemi applicativi” insorti successivamente alla delibera n. 81/2009.
A fondare ulteriormente l’affidamento ingenerato nell’impresa ricorrente, ha contribuito il parere favorevole al permesso di costruire espresso con nota prot. n. 41577 del 07.10.2010, a cui solo due anni dopo sono seguiti i provvedimenti impugnati. Il comportamento al riguardo tenuto dall’amministrazione determina l’accoglimento anche delle censure (terzo e quarto motivo) opposte dalla ricorrente su tali specifici profili.
Per tutto quanto esposto, il ricorso deve essere accolto.
Le spese del giudizio, tuttavia, attesa la complessità  e la novità  delle questioni trattate, possono essere complessivamente compensate tra le parti costituite
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla la delibera del Consiglio Comunale di Bisceglie n. 37 del 30.07.2012 e gli atti ad essa conseguenti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nelle camere di consiglio dei giorni 10 dicembre 2014 e 15 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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