1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – SCIA – Procedimento – Divieto di prosecuzione dell’attività  – Preavviso – Mancata impugnazione –  Tardività  del ricorso – Non sussiste   
2. Procedimento amministrativo – Giudizio impugnatorio – SCIA –  Divieto di prosecuzione dell’attività  –  Termini per provvedere – Inosservanza – Effetti 

3. Processo amministrativo – Giudizio di accertamento – SCIA – Natura del procedimento – Inammissibilità  della domanda

1. Secondo l’art. 19 della l. 7 agosto 1990, n. 241, in caso di esercizio dei poteri di divieto di prosecuzione dell’attività  da parte dell’Amministrazione destinataria della SCIA, il preavviso di provvedimento negativo (ex art. 10 bis l. 241/1990)  non può ritenersi immediatamente lesivo e quindi immediatamente impugnabile: ne consegue che il ricorso presentato avverso il provvedimento di divieto  della prosecuzione di attività  non può ritenersi tardivo.  


2. Nel procedimento di SCIA, secondo quanto previsto dall’art. 19 della l. 7 agosto 1990, n. 241, l’Amministrazione è tenuta ad adottare i motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività  e di rimozione degli eventuali effetti dannosi, in caso di accertata carenza dei requisiti, entro 60 giorni (30 giorni nella materia edilizia) dal ricevimento della S.C.I.A., pena il definitivo consolidarsi della situazione legittimante. Questa potrà  essere rimossa, ai sensi del comma 4 dell’art. 19 l. 7 agito 1990, n. 241, ove ne ricorrano i presupposti ivi previsti.

3. La SCIA,  non diversamente dalla d.i.a. è atto di natura privata in relazione ad attività  economiche per il cui esercizio, in un’ottica di liberalizzazione, non è più necessaria l’emanazione di un titolo provvedimentale di legittimazione, ma non ha natura di  provvedimento tacito direttamente impugnabile.
Il consolidamento della posizione legittimante dell’istante, infatti, non deriva dall’esercizio di un potere discrezionale  da parte dell’amministrazione destinataria della SCIA, bensì da una mera verifica di corrispondenza di quanto dichiarato all’interessato rispetto ai canoni normativi stabiliti per l’attività  in questione. Ne deriva l’impossibilità  per l’Autorità  giudiziaria di accertare l’intervenuta formazione del titolo abilitativo con conseguente inammissibilità  della domanda di accertamento dell’intervenuto silenzio assenso sulla SCIA.

N. 00057/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01531/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1531 del 2014, proposto da: 
Giovanna Lattanzio, rappresentata e difesa dall’avv. Nicola Larosa, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, p.zza Massari; 

contro
Comune di Barletta, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Caruso e Isabella Palmiotti, con domicilio eletto presso Raffaele De Robertis in Bari alla via Davanzati n. 33; 

per l’annullamento
1)- del provvedimento del Comune di Barletta del 18/09/2014, prot. n. 47916 mt, n. 130, notificato in data 19.09.2014, e di ogni atto presupposto e consequenziale ed, in particolare, del provvedimento del 07/08/20 14, prot. n. 42335/117
nonchè
2)- per l’accertamento dell’intervenuto silenzio assenso sulla SCIA presentata al Comune di Barletta il 27/03/2014, prot. n. 17794, e 1’01/04/2014, prot. n.18524, avente ad oggetto mutamento di destinazione d’uso del locale sito in Barletta alla via delle Querce 146/G-150 -152
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Barletta;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2014 la dott.ssa Viviana Lenzi e uditi per le parti i difensori Nicola Larosa e Giuseppe Caruso;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 18/11/2014 e depositato il successivo 4/12/2014, LATTANZIO GIOVANNA ha gravato il provvedimento del 18/9/2014 (notificatole il 19/9/2014) con il quale il dirigente del settore edilizia pubblica e privata del Comune di Barletta ha ordinato “la rimozione degli effetti prodotti dalla Segnalazione Certificata di Inizio attività  prot. 17794 del 27/03/2014”.
Con la predetta SCIA, la ricorrente segnalava al Comune resistente il mutamento di destinazione d’uso (da commerciale a laboratorio di arte e mestieri) – senza opere – del locale di sua proprietà  sito in Barletta alla via delle Querce nn. 146/G, 150-152, con ciò “ponendo nel nulla” la C.E.L. depositata il 12/3/2014 (come espressamente dichiarato nella S.C.I.A.).
La ricorrente lamenta l’illegittimità  dell’atto impugnato siccome non rispettoso della scansione procedimentale di cui all’art. 19 l. 241/90, essendo intervenuto a distanza di ben 127 giorni dalla presentazione della S.C.I.A. e, inoltre, motivato per relationem con riferimento ad altro procedimento amministrativo già  concluso.
Il Comune di Barletta ha resistito alla domanda, eccependo preliminarmente l’irricevibilità  del ricorso per tardività  in riferimento alla nota del 7/8/14 con cui veniva disposta la “non esecuzione dell’attività  edilizia innanzi descritta”.
Il Collegio ritiene che il giudizio possa essere definito immediatamente con sentenza in forma semplificata, adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonchè la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti costituite, rese edotte dal Presidente del Collegio di tale eventualità .
Va preliminarmente disattesa l’eccezione di tardività  sollevata dal Comune resistente.
Ed invero, l’atto datato 7/8/2014 e recante “la non esecuzione dell’attività  edilizia” correttamente non è stato gravato dalla ricorrente (che si è limitata ad impugnarlo quale mero atto “presupposto”) nel termine di legge, non avendo i connotati di un provvedimento definitivo.
Prova ne sia la circostanza che esso si limita a disporre la “sospensione” dell’attività  edilizia (peraltro neppure intrapresa dalla ricorrente) e non un definitivo “divieto di prosecuzione e di rimozione degli effetti” secondo il paradigma normativo dell’art. 19 l. 241/90 (norma espressamente richiamata nella parte motiva dell’atto), precisando, anzi, che decorso il termine per la presentazione delle osservazioni “si procederà  alla conclusione del procedimento medesimo”. Non persuade, quindi, la tesi del Comune secondo la quale la LATTANZIO avrebbe dovuto impugnare tempestivamente la nota del 7/8/2014, per la decisiva circostanza che nell’atto del 18/9/2014 la antecedente determina dirigenziale viene espressamente richiamata come mera comunicazione ai sensi dell’art. 10 bis l. 241/1990, di talchè si ricava che è la stessa amministrazione ad attestare che essa non costituisce provvedimento conclusivo del procedimento. A tale comunicazione hanno fatto puntualmente seguito le osservazioni della ricorrente, solo all’esito delle quali il Comune ha assunto la definitiva determinazione di inibizione dell’attività .
“Ciò posto, la comunicazione dei motivi ostativi è pacificamente ritenuta priva di immediata lesività , attesa la funzione che le è propria di consentire alla parte di partecipare attivamente al procedimento e, in ipotesi, di far pervenire l’autorità  competente anche ad una diversa determinazione rispetto a quanto rappresentato nella sede dell’interlocuzione procedimentale; pertanto, si deve escludere la sussistenza di alcun onere di immediata impugnazione giurisdizionale di tali comunicazioni” (TAR Piemonte sez. 1, sent. 12/6/14 n. 1030).
Il ricorso – notificato il 18/11/2014 – è dunque tempestivo in relazione all’atto impugnato in via principale, notificato il 19/9/2014.
Nel merito, il gravame è fondato in relazione alla domanda demolitoria. Il provvedimento conclusivo del procedimento è intervenuto ben oltre il termine imposto dall’art. 19 cit., anche considerata l’interruzione dei termini dovuta alla notifica della nota del 7/8/2014 ex art. 10 bis cit.
Giova ricordare che l’art. 19 della legge n. 241/90 prevede che “in caso di accertata carenza dei requisiti”, i motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività  e di rimozione degli eventuali effetti dannosi, intervengano entro sessanta giorni (30 giorni nella materia edilizia) dal ricevimento della S.C.I.A. da parte dell’amministrazione, la quale è tenuta (e non semplicemente facoltizzata) a svolgere le necessarie verifiche. Ove tale potere “doveroso” non sia esercitato nel termine di gg. 60 (o 30), come è avvenuto nella specie, viene a cessare ed ad estinguersi, determinando così il definitivo consolidarsi della situazione legittimante la quale potrà  essere “rimossa”, ipoteticamente, soltanto attraverso l’esercizio dei poteri di autotutela amministrativa di cui agli art. 21 – quinquies e 21 nonies L. n. 241/90 (i quali richiedono, in ogni caso, l’adeguata ponderazione dell’interesse pubblico) ovvero in situazioni eccezionali e “patologiche” legate alla presentazione, in sede di S.C.I.A., di dichiarazioni sostitutive di certificazione rivelatesi false o mendaci (comma 3, art. 19) o all’insorgenza di pericoli di danno per interessi pubblici ritenuti particolarmente rilevanti dal comma 4 dell’art.19 in commento (quali sicurezza pubblica, difesa nazionale, ambiente ecc.).
Nel caso in esame la posizione legittimante della ricorrente si è, dunque, certamente consolidata stante il decorso (dal 27/03/2014) del termine ex art. 19 comma 3, senza che il Comune abbia mosso alcun rilievo.
Va, invece, dichiarata inammissibile la domanda di accertamento “dell’intervenuto silenzio assenso sulla SCIA”: basti a tal fine richiamare quanto disposto dall’articolo 19, comma 6-ter, della legge n. 241 del 1990, introdotto dall’articolo 6, comma 1, lett. c), del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, il quale stabilisce espressamente che “La segnalazione certificata di inizio attività , la denuncia e la dichiarazione di inizio attività  non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili” impedendo, con ciò, di considerarli provvedimenti amministrativi, sia pure impliciti. Ne deriva l’impossibilità  per l’A.G. di accertare l’intervenuta formazione di alcun titolo abilitativo.
La S.C.I.A. (non diversamente dalla d.i.a.) è, infatti, “un atto di natura privata, inserito in un nuovo schema ispirato alla liberalizzazione delle attività  economiche private, con la conseguenza che, per l’esercizio delle stesse, viene a non essere più necessaria l’emanazione di un titolo provvedimentale di legittimazione: il potere di verifica di cui dispone l’Amministrazione, a differenza di quanto accade nel regime a previo atto amministrativo, non sarebbe finalizzato all’emanazione dell’atto amministrativo di consenso all’esercizio dell’attività , bensì al controllo, privo di discrezionalità , della corrispondenza di quanto dichiarato dall’interessato rispetto ai canoni normativi stabiliti per l’attività  in questione¦ ; “diversamente opinando, non si spiegherebbe per quale ragione il legislatore tiene distinto l’istituto in commento (disciplinato dall’art. 19 L. 241/1990) da quello del silenzio assenso (disciplinato dal successivo art. 20 e costituente una mera semplificazione procedimentale, in forza della quale si perviene ad una autorizzazione tacita, del tutto equipollente ad un provvedimento esplicito di accoglimento)”, così TAR Campania Napoli, sez. 7, sent. 10/6/11 n. 03099.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte ed annulla l’atto impugnato.
Dichiara inammissibile l’azione di accertamento.
Condanna il Comune di Barletta alla rifusione in favore della ricorrente delle spese di lite che liquida in euro 1.000,00, oltre i.v.a, c.p.a. e rimborso spese generali.
Contributo unificato rifuso ai sensi dell’art 13 comma 6 bis.1 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Viviana Lenzi, Referendario, Estensore
Cesira Casalanguida, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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