1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – P.r.g. e varianti – Atti di adozione e approvazione – Impugnabilità  diretta – Sussiste 


2. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Commissario ad acta – Rapporto con la p.A. – Natura intersoggettiva – Sussiste – Conseguenze

3. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Commissario ad acta – Attività  – Ritipizzazione urbanistica – Criteri

1. Gli atti di adozione e approvazione del piano regolatore e delle sue varianti, in quanto destinati ad assumere portata immediatamente lesiva, risultano direttamente impugnabili.

2. La relazione che si instaura tra il commissario ad acta e la p.A. sostituita è di natura intersoggettiva, sicchè sussiste la legittimazione passiva di un Comune nei giudizi proposti per l’impugnazione degli atti emessi dal commissario e ciò, a maggior ragione, qualora l’atto gravato vada ad incidere direttamente sulle scelte di carattere generale dell’Ente locale (fattispecie relativa ad atti di pianificazione urbanistica del territorio).

3. Il commissario ad acta, nel procedere alla ritipizzazione di un’area deve effettuare una valutazione che tenga conto della disciplina procedimentale e sostanziale della pianificazione del territorio; pertanto, è illegittimo il provvedimento assunto dal commissario che, nel ritipizzare un’area già  assoggettata a vincoli espropriativi, vada a limitare l’indice di edificabilità  senza adeguata motivazione ed in controtendenza rispetto al  contesto urbanizzato in cui l’area si trova e, in sostanza, in tal modo reiteri ingiustificatamente il vincolo decaduto. 

N. 01447/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00560/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 560 del 2014, proposto da: 
Antonio Scarano, Sergio Scarano, Rosa Panniello, Patrizia Grazia Scarano, rappresentati e difesi dagli avv. Enrico Follieri, Ilde Follieri e Francesco Follieri, con domicilio eletto presso Fabrizio Lofoco in Bari, via Pasquale Fiore, n. 14; 

contro
Comune di Foggia, rappresentato e difeso dall’avv. Michele Barbato, con domicilio eletto presso Luigi D’Ambrosio in Bari, piazza Garibaldi, n. 23; 
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall’avv. Anna Bucci, con domicilio eletto presso Anna Bucci in Bari, via Nazario Sauro, n. 33;

nei confronti di
Nicola Giordano -Commissario Ad Acta; 

per l’ottemperanza
alla sentenza n. 611/2013 del T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, avente ad oggetto la riqualificazione urbanistica dell’area situata nel Comune di Foggia, foglio 93 p.lle 456 e 457. Reclamo ai sensi dell’art. 114 comma 6 c.p.a avverso la delibera n. 145 del 4 marzo 2014 del Commissario Ad Acta;
nonchè, in caso di annullamento, per la nomina di un nuovo Commissario Ad Acta;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Foggia e della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visto l ‘art. 114 cod. proc. amm.;
Visto il reclamo presentato dai ricorrenti avverso la determinazione del Commissario ad Acta ai sensi dell’art. 114, comma 6, Cod. proc. Amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Enrico Follieri, Michele Barbato e Anna Bucci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 


FATTO
I ricorrenti impugnano la delibera del Commissario ad Acta n. 145 del 4 marzo 2014, adottata in esecuzione della sentenza di questa Sezione del Tribunale n. 611 del 19.04.2013.
Essi, nel relativo ricorso n. 1583/2012, si dolevano del silenzio – inadempimento formatosi sull’istanza di riqualificazione urbanistica dell’area di loro proprietà , accatastata al foglio n. 93 del Comune di Foggia, particelle nn. 456 e 457, sul presupposto che la destinazione come “Zona F” a servizi generale ed a strada integrasse un vincolo di natura espropriativa, soggetto al termine decadenziale dei 5 anni, ormai scaduto.
La sentenza ha riconosciuto “l’obbligo del Comune di Foggia di pronunciarsi espressamente sull’istanza di ritipizzazione urbanistica” ed ha nominato Commissario ad Acta il Dirigente dell’Ufficio Urbanistico della Regione Puglia, o un funzionario da lui delegato, affinchè provvedesse in ipotesi di ulteriore inerzia del Comune.
Ha, altresì, qualificato come espropriativa la natura dei vincoli esistenti sull’area di proprietà  dei ricorrenti sulla base della normativa di settore dettata dal D.P.R. n. 327/2001.
Non avendo l’Amministrazione municipale ottemperato, il Commissario ad Acta, l’ing. Nicola Giordano, ha provveduto alla tipizzazione urbanistica con la suindicata Delibera n. 145 del 04.03.2014, conferendo alla particella 457 la destinazione “Zona F – Attrezzature pubbliche di interesse generale – Altre infrastrutture – Nuove”, nell’ambito del Comparto n. 28 del PRG (con l’indice 1,00 mq/mc previsto dalle norme tecniche di attuazione del piano regolatore), con ulteriori prescrizioni speciali, integrative e modificative e fatta salva la normativa tecnica e regolamentare complessivamente vigente nel Comune di Foggia. Per la particella n. 456 (di mq 880) del foglio 93 ha previsto “la cessione gratuita” “corrispondente alla sede stradale pubblica già  realizzata di Via Luigi Einaudi, in qualità  di opera di urbanizzazione primaria”.
Detto provvedimento è stato impugnato dai ricorrenti che ne hanno chiesto, in primo luogo, la riforma ed, in subordine, la nomina di un nuovo Commissario ad Acta e l’annullamento, con conseguente condanna ai sensi dell’art. 34, comma 2 lett. c) c.p.a del Comune di Foggia o del Commissario ad Acta al rilascio della qualificazione urbanistica richiesta.
Gli interessati deducono, preliminarmente, che le prescrizioni speciali dettate si traducono nell’aggiramento della natura espropriativa del vincolo, attraverso l’inserimento della iniziativa privata per la realizzazione di opere pubbliche prevista dall’art. 13 NTE.
La particella 457 è stata, infatti, qualificata dal Commissario ad Acta come zona F, riferita all’ambito del Comparto n. 28 del PRG, con ulteriori prescrizioni speciali. Si tratterebbe, in realtà , dello stesso comparto “Complesso sportivo” entro cui era precedentemente inserita la particella per effetto del vincolo decaduto.
Il Commissario ad Acta avrebbe reiterato il vincolo espropriativo decaduto.
Sostengono che quand’anche si ritenesse che la riqualificazione abbia imposto un vincolo conformativo, essa, oltre ad essere contraria al giudicato della sentenza del T.A.R. n. 611/2013, sarebbe comunque invalida.
Relativamente alla particella n. 456, inoltre, essi lamentano che il Commissario ad Acta avrebbe travisato lo stato dei fatti, ritenendola integralmente destinata alla sede di via L. Einuadi.
La parte residuale della particella, non destinata a sede stradale per effetto dell’errore rilevato, resterebbe soggetta a vincolo stradale illegittimamente o sarebbe da considerarsi ancora zona bianca in quanto non oggetto di ritipizzazione.
I ricorrenti evidenziano, in subordine, i vizi di legittimità  dell’atto adottato dal Commissario ad Acta che consistono:
– per la particella 457:
A. motivi indipendenti dalla qualificazione del vincolo.
A1. Contraddittorietà  della motivazione, travisamento dei fatti, violazione dell’art. 9 comma 4, D.P.R. 327/2001.
La reiterazione dei vincoli decaduti imporrebbe adeguata motivazione, tenendo conto delle esigenze di soddisfacimento degli standard, anche in conformità  alla giurisprudenza della Corte Costituzionale (sent. n. 179/1999), e previo indennizzo.
Secondo i ricorrenti gli standard nelle zone “F” sarebbero ampiamente rispettati, come risulterebbe anche dal corpo della gravata delibera (punto 3.05, pag. 8).
Inoltre, dal “Monitoraggio quantitativo delle aree F e Sp di cui al DM 1444/68” del marzo 2013, redatto dal Dirigente dell’Ufficio Urbanistica Comunale, al fine di verificare l’attuale stato degli standard, richiamato nella delibera, risulterebbe che la superficie in questione, pari a mq 7650, sarebbe ininfluente (punto 3.04, pag. 6).
L’area oggetto di ritipizzazione sarebbe anche circondata da interventi edilizi, come evidenziato dalle ortofoto versate in atti e confermato anche dalla Relazione del febbraio 2014 del Dirigente dell’Ufficio Urbanistica, tanto che l’indice di fabbricabilità  arriverebbe fino a 4 mc/mq ed il rapporto di copertura fino al 70%.
Da quanto evidenziato, secondo i ricorrenti l’area avrebbe dovuto essere riqualificata come “zona C” – espansione e non “F”, con evidente contraddittorietà  della motivazione del provvedimento gravato e travisamento dei fatti, oltre alla violazione dell’art. 9 comma 4 del D.P.R. 327/2001.
A2. Irragionevolezza per incongruenza e per mancanza di utilità .
La delibera impugnata ammette la realizzazione delle strutture previste dall’art. 13 NTE del PRG, ossia delle attrezzature sanitarie ed ospedaliere, parchi pubblici a scelta urbana e territoriale, attrezzature di natura diversa, quali istallazioni militari e di pubblica sicurezza, carceri, cimiteri, fiera, Palazzo di Giustizia, Stadio Comunale e simili.
Secondo i ricorrenti, queste strutture, a causa dell’inserimento nel Comparto n. 28 del PRG, denominato “Complesso Sportivo”, potrebbero essere realizzate solo in base ad un piano particolareggiato di iniziativa pubblica, mai approvato, nè sarebbe possibile immaginarne l’adozione in considerazione della difficile situazione finanziaria in cui versa il Comune di Foggia, che con apposita Delibera di Giunta ha imposto l’indirizzo di non reiterare i vincoli espropriativi decaduti. A ciò si aggiungerebbe il rilievo secondo cui, nel medesimo comparto, diversi fondi sarebbero già  stati ritipizzati e resi edificabili.
Essi contestano ancora la possibilità  di riscontrare un eventuale interesse privato alla realizzazione di strutture pubbliche come quelle previste dall’art. 13 NTE, oltre al fatto che nelle vicinanze dell’area in questione sarebbero già  presenti strutture analoghe, come evidenziato nella Relazione del Perito di parte, prodotta in giudizio.
A.3 – Violazione del principio di proporzionalità .
Secondo i ricorrenti, le ragioni sopra evidenziate sarebbero comunque ostative al raggiungimento dello scopo eventualmente riconducibile all’imposizione del vincolo conformativo, zona “F”, oltre che impositive di un sacrificio sproporzionato rispetto alla utilità  minima che ne potrebbe ricavare la collettività , in considerazione della presenza di numerose strutture di pubblico interesse nella zona.
A.4- Disparità  di trattamento. Violazione degli artt. 3 e 97 Cost.
Delibere commissariali adottate per riqualificare zone bianche, nel medesimo Comune di Foggia avrebbero utilizzato diversi criteri di valutazione, tenendo conto anche dell’esigenza di omogeneizzare la tipizzazione urbanistica dell’area di intervento alle circostanti zone residenziali di completamento. Tale ultimo criterio, richiamato dallo stesso Commissario ad Acta, ing. Nicola Giordano, in precedenti delibere, non sarebbe stato seguito nel caso in esame, imponendo egli una destinazione fortemente disomogenea all’area rispetto a quelle adiacenti.
B. Motivi riguardanti la reiterazione del vincolo.
B1. – Contraddittorietà  con la Relazione del Dirigente del Servizio Urbanistica del Comune di Foggia, del febbraio 2014, che si conclude con l’integrale richiamo della Delibera di Giunta n. 7 del 23.01.2014, la quale esclude la reiterazioni di vincoli decaduti, in considerazione degli oneri economici che ne deriverebbero per l’amministrazione comunale. L’atto del Commissario ad Acta non terrebbe conto dell’atto di indirizzo della Giunta.
B2. – Violazione degli artt. 3 L. 241/1990 e art. 9, comma 4, D.P.R. 327/2001. Insufficiente istruttoria e motivazione. Violazione dei principi in materia di reiterazione dei vincoli espropriativi.
La reiterazione di un vincolo imporrebbe una motivazione più accurata con annesso approfondimento istruttorio, con riferimento espresso all’individuazione di un pubblico interesse specifico, dei quali, invece, difetterebbe la delibera gravata.
– Quanto alla particella 456:
C. 1 – Travisamento ed errore nei fatti. Omessa o insufficiente istruttoria.
La sede stradale non coprirebbe l’intera particella, coincidendo essa con il suo lato lungo per la sua larghezza, pari a 13,5 m, per un totale di mq 855,9 a fronte di mq 880 complessivi, come risulterebbe dalla perizia di parte. La residuale area di 24,1 mq, essendo adiacente alla particella 457, avrebbe dovuto essere riqualificata cumulativamente con questa.
D.1 – Ai sensi dell’art. 114, commi 1 e 6 c.p.a., i ricorrenti richiedono la riforma della delibera, con qualificazione dell’area come “Zona residenziale di espansione di tipo C ex D.M. 1444/1968”, secondo la disciplina prevista dall’art. 34.2-b delle NTE del PRG del Comune di Foggia.
In subordine le parti richiedono:
D.2- l’annullamento della delibera e la condanna dell’amministrazione o del Commissario ad Acta ad adottare il provvedimento richiesto, ai sensi dell’art. 34, lett. c, comma 1 c.p.a., di destinazione dell’area a “Zona C”.
D.3- la nomina di un nuovo Commissario ad Acta;
Si è costituita in giudizio la Regione Puglia per resistere al ricorso.
Essa eccepisce, in primo luogo, l’improcedibilità  del ricorso in quanto avente ad oggetto un atto inserito all’interno di un procedimento non concluso, dovendo la variante urbanistica essere approvata con deliberazione della Giunta Regionale.
Con riferimento alla nullità  della delibera per violazione del giudicato della sentenza n. 611/2013, osserva come quest’ultima abbia riconosciuto l’obbligo di provvedere sull’istanza di ritipizzazione, senza però alcun obbligo conformativo idoneo a vincolare l’amministrazione sulla scelta della destinazione urbanistica da imprimere all’area, attesa la discrezionalità  sottesa all’attività  di pianificazione.
Ai sensi dell’art. 34, comma 2, c.p.a. sarebbe precluso al giudice pronunciarsi su poteri amministrativi non ancora esercitati, e ciò in considerazione della mancata conclusione del procedimento di ritipizzazione, sopra evidenziata
Inoltre, il Commissario ad Acta non avrebbe reiterato il vincolo preordinato all’esproprio, destinando l’area a “Zona F”, prevedendo la possibilità  di intervento privato, trasformando il vincolo in conformativo e non precludendo la possibilità  di edificazione, con l’attribuzione di un indice pari a 1,00 mc/mq.
Alle censure relative alle carenze istruttorie, la Regione replica insistendo con la mancata conclusione del relativo procedimento. Con riferimento, infine, a quelle sulla disparità  di trattamento, la Regione osserva che la variante impressa dall’ing. Nicola Duni ad altro suolo è stata annullata con sentenza del Consiglio di Stato n. 5307/2012 .
Con atto depositato il 03.10.214, si è costituito in giudizio il Comune di Foggia, deducendo l’inammissibilità  del ricorso nei confronti dell’amministrazione. Il Commissario ad Acta agirebbe, infatti, come organo ausiliario del giudice, avverso i cui atti sarebbe riconosciuta anche al Comune la possibilità  di proporre impugnazione. E’ per questo che nessuna titolarità  dell’atto potrebbe essere riconosciuta in capo al Comune, risultando inammissibili le censure ad esso opposte dai ricorrenti.
Con successiva memoria i ricorrenti hanno replicato, in particolare, ai rilievi della Regione.
All’udienza camerale del 15.10.2014, sentite le parti che hanno reciprocamente insistito per l’accoglimento delle pretese contrapposte, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1) La controversia ha ad oggetto la Deliberazione del Commissario ad Acta con cui è stata adottata la variante al PRG del Comune di Foggia per la riqualificazione urbanistica del suolo di proprietà  dei ricorrenti, censito al catasto al fg. 93, p.lle 456 e 457.
L’atto costituisce esecuzione della sentenza di questa Sezione del Tribunale n. 611/2013, che ha sancito l’obbligo di provvedere sull’istanza di riqualificazione urbanistica dell’area di proprietà  dei ricorrenti su cui erano impressi vincoli qualificati di natura espropriativa, scaduti.
Il Commissario ad Acta, ing. Nicola Giordano, con la gravata deliberazione, ha attribuito alla particella 457 la destinazione urbanistica “F”- “Attrezzature pubbliche di interesse generale. Altre infrastrutture- Nuove”, nell’ambito del Comparto n. 28 del PRG (maglia 1091 del “Monitoraggio Quantitativo delle aree “F”e “Sp” di cui al D.M. 1444/68 -marzo 2013), con la disciplina dell’art. 13 delle NTA del PRG e con prescrizioni speciali. Ha previsto nell’area, in alternativa all’intervento dell’amministrazione comunale, quello del privato.
Per la particella 456, corrispondente alla sede stradale pubblica di Via Luigi Einaudi, è stata prevista la cessione gratuita, in qualità  di opera di urbanizzazione primaria.
I ricorrenti contestano, per la particella 457, la reiterazione del vincolo espropriativo scaduto, che sarebbe, peraltro, avvenuta senza adeguata motivazione e senza previsione del relativo indennizzo e, per la particella 456, la previsione della completa cessione gratuita, residuando un’area non coperta da sede stradale pubblica.
2) Preliminarmente va esaminata l’eccezione, sollevata dalla Regione Puglia, di improcedibilità  conseguente alla impugnazione di un atto non ancora efficace, come sarebbe la delibera di adozione della variante al PRG, in quanto non ancora sottoposta alla approvazione regionale.
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, gli atti di adozione e di approvazione del piano regolatore possono essere impugnati autonomamente e distintamente, ancorchè si tratti di una facoltà  e non di un onere. Il piano regolatore e, conseguentemente, anche le sue varianti, infatti, una volta adottati, nella misura in cui sono suscettibili di applicazione, sono atti immediatamente lesivi e direttamente impugnabili (ex multisConsiglio di Stato, IV, 11 settembre 2012, n. 4828).
Nel caso in esame la variante è stata adottata, seguendo l’iter previsto dalla legge regionale 31/5/1980 n. 56, “tutela ed uso del territorio”, all’art.16, secondo cui le “varianti al PRG ¦ seguono il procedimento di adozione e approvazione del PRG”, la cui autonoma impugnabilità  discende dal carattere costitutivo degli effetti, che ad essa si ricollegano.
La cesura è, pertanto, priva di fondamento.
3) Va, altresì, disattesa l’eccezione di inammissibilità  sollevata dal Comune di Foggia fondata sul presunto difetto di legittimazione passiva.
E’ nota al Collegio la questione, tuttora dibattuta e posta a sostegno della pretesa del Comune, circa i rapporti tra Commissario ad Acta ed amministrazione inadempiente, finalizzata principalmente al riconoscimento o meno della legittimazione attiva al ricorso dell’ente, che vede contrapposti due diversi orientamenti: “la tesi che sostiene che il Commissario ad Acta non può essere considerato organo dotato di propria autonoma soggettività  fa discendere da tale premessa l’impossibilità  di riconoscere al Comune la legittimazione al ricorso avverso un provvedimento che, essendo stato assunto in sua sostituzione e a causa della sua inerzia, deve ritenersi a lui imputabile (Cons. Stato, Sez. IV, 8 giugno 2000 n.3280; T.A.R. Napoli, 21 aprile 1997 n.1023); la tesi che invece riconosce al Comune la possibilità  di insorgere contro gli atti del sostituto e che è assolutamente prevalente nella giurisprudenza del Giudice di appello (Consiglio Stato, Sez. IV, 6 aprile 2000 n.1982; Sez. V, 6 ottobre 1999 n.1332, Sez. IV, 8 luglio 1995 n.1034)” (Cons. Stato, sez. V, sent. 28 dicembre 2011, n.6953).
Nel caso in esame, tuttavia, il Comune non rivendica la propria legittimazione attiva al ricorso, quanto l’esclusione di quella passiva.
A riguardo occorre chiarire che l’atto del Commissario, nei confronti dei terzi, può essere considerato alla stessa stregua di un atto comunale, sicchè infondata è ogni pretesa di difetto di legittimazione passiva. Il Collegio fa proprio, in proposito, l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, “il potere del commissario nominato per provvedere in sostituzione del Comune inerte, pur attuandosi in un rapporto intersoggettivo con il Comune sostituito, produce tuttavia nei confronti dei terzi i medesimi effetti che avrebbe prodotto il provvedimento comunale e perciò, nei loro confronti, l’atto del commissario può essere considerato alla stessa stregua dell’atto comunale e conseguentemente va impugnato nei confronti del Comune medesimo” (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. II – sentenza 24 gennaio 2014 n. 506 e Consiglio Stato, Sez. V, 6 ottobre 1999, n.1332).
A ciò si aggiunga che l’atto gravato incide sulla pianificazione urbanistica del territorio alle cui sorti proprio l’amministrazione comunale non può restare estranea, riconoscendosi per questo all’ente, come sopra evidenziato la possibilità  di opporsi anch’esso agli atti adottati dal Commissario ad Acta, oppure di farne propri gli effetti, potendo svolgere in tal caso un ruolo attivo ad adiuvandum.
Deve, pertanto, respingersi la pretesa di estraneità  al giudizio del Comune.
4) Prima di esaminare nel merito la delibera gravata, occorre soffermarsi sull’oggetto del giudizio di ottemperanza, in considerazione della pluralità  di domande avanzate dai ricorrenti.
Ai sensi dell’articolo 114 comma 6 c.p.a., il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta ottemperanza. La norma prevede l’istituto del reclamo di fronte al giudice della ottemperanza sia a fronte di attività  di stretta attuazione del comando di natura vincolata, che di quelle caratterizzate dalla natura discrezionale dell’esercizio del potere amministrativo da parte del commissario ad acta. Il potere del giudice dell’ottemperanza consiste nella verifica dell’adempimento dell’obbligo di conformarsi al giudicato, sicchè imprescindibile è il riferimento al preciso contenuto degli obblighi che discendono dalla sentenza di cui si chiede l’esecuzione, di cui può chiarirsi il significato, senza tuttavia stravolgerne la portata (Cfr. Cons Stato, sez. V, sent n. 6953 del 28.12.2011).
Nella sentenza 611/2013 il contenuto degli obblighi di provvedere è rinvenibile nei seguenti passaggi principali:
a) “alla luce di tale limitazione della iniziativa alla sola “mano pubblica” i vincoli imposti sulle aree in questione presentano indubbio carattere espropriativo e devono conseguentemente ritenersi decaduti a seguito dell’inutile decorso del termine quinquennale previsto dalla citata disposizione normativa” da cui consegue l’obbligo del “Comune di provvedere a dettare una nuova disciplina urbanistica, mediante una variante specifica oppure una variante generale”;
b) “in materia di pianificazione urbanistica, la sentenza che chiude il giudizio avverso il silenzio deve limitarsi ad accertare l’inadempimento all’obbligo di provvedere a causa dell’illegittimità  del silenzio, individuando altresì un ulteriore termine nel quale la p.a. dovrà  provvedere; ciò in quanto, trattandosi di attività  altamente discrezionale, la potestà  giurisdizionale del giudice non può sovrapporsi alle valutazioni riservate all’amministrazione, spettando questo compito, nell’ipotesi di ulteriore ed insistente inerzia dell’amministrazione soccombente, al commissario ad acta da nominarsi in sede di ottemperanza, il quale potrà  agire sostituendosi all’organo dell’amministrazione rimasto ulteriormente inadempiente; al riguardo il comma 3 del citato art. 31 del Decreto Legislativo 2 luglio 2010 n. 104 espressamente dispone: “Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività  vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità  e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione.”
Ne consegue che, acclarato l’obbligo dell’amministrazione di riqualificare l’area dei ricorrenti, la potestà  giurisdizionale del giudice in sede di esecuzione del giudicato, se da un lato, non può sovrapporsi alle valutazioni discrezionali riservate alla sfera esclusiva propria dell’amministrazione concernente la pianificazione urbanistica generale, dall’altro, deve verificare e assicurare il rispetto della normativa procedimentale e della disciplina sostanziale dei contenuti delle varianti e degli stessi strumenti di programmazione.
5) Dopo aver stabilito che i provvedimenti adottati dal Commissario ad acta sono impugnabili mediante reclamo (art. 114, comma 6, c.p.a.) e definito i contenuti dell’obbligo di provvedere derivanti dalla sentenza della cui ottemperanza si tratta nel presente giudizio, a maggior chiarimento del quadro di riferimento entro cui procedere nel sindacato della gravata delibera, il Collegio ritiene utile richiamare quanto affermato dal Consiglio di Stato che si è già  pronunciato su analoga vicenda verificatasi proprio nel Comune di Foggia, condividendone i principi.
Il giudizio aveva anch’esso ad oggetto un caso di silenzio a fronte di un’istanza di ritipizzazione per vincoli decaduti. Nella relativa sentenza (Sezione IV, n. 5307 del 17.10.2012) si è stabilito che, “una volta scaduti, ai sensi dell’art. 2 L. 19 novembre 1968 n. 187, i vincoli urbanistici sulle relative aree è dunque consentita in linea di principio la tipizzazione giurisdizionale del silenzio davanti al giudice amministrativo (Cfr.: Cons. Stato Sez. IV 13 giugno 2011 n. 3591: Cons. Stato, Sez. IV, 29 maggio 2008 n. 2572 e Cass. civ., Sez. I, 31 maggio 2008 n. 8384), tuttavia tale rimedio incontra precisi limiti.
Nel caso in cui la materia del contendere concerne comunque attività  di pianificazione, la sentenza che chiude il giudizio iniziato con il suddetto rito si limita infatti solo ad accertare l’inadempimento all’obbligo di provvedere a causa dell’illegittimità  intrinseca del silenzio e, di per sè, non garantisce la piena e totale soddisfazione della pretesa sostanziale.
La nuova definizione della destinazione urbanistica di un terreno già  soggetto a vincoli espropriativi, concerne infatti una scelta di alta discrezionalità  amministrativa, che appare fungibile in ambito giudiziario, solo se, ed in quanto, si salvaguardino gli equilibri della pianificazione esistente dell’intero ambito territoriale comunale.
(¦)In base ai principi dell’imparzialità  e del buon andamento della funzione amministrativa, l’intervento del commissario ad acta in materia deve dunque rispettare non solo i profili procedimentali per l’approvazione della regolamentazione urbanistica, ma deve farsi carico di salvaguardare anche gli equilibri ed i contenuti generali della pianificazione, onde evitare che scelte estemporanee ed unidirezionali pregiudichino definitivamente “qualità  della vita” delle nostre città .
(¦)Dunque il commissario ad acta non può limitarsi a far luogo all’adozione di scelte urbanistiche parziali, atomistiche ed estemporanee ma deve inserire le variazioni di singole aree interessate nell’ambito dell’esistente disciplina generale del territorio comunale, non potendosi ammettere la possibilità  di una normazione urbanistica circoscritta ad una singola particella del territorio” (Così, Cons. Stato, sez. IV, sent n. 5307 del 17.10.2012).
Nella medesima sentenza si è, altresì, chiarito che “la ritipizzazione di un’area presuppone quindi che il Commissario ad acta:
— tenga puntualmente conto del contesto del suolo in questione, costituito cioè sia dall’intero territorio comunale e sia dall’ambito della zona in cui è inserito;
— sia comunque coerente alle scelte pianificatorie generali e con l’assetto di fatto del territorio nel suo complesso;
— rappresenti correttamente tutti gli interessi procedimentalmente interferenti sulla fattispecie e, soprattutto, le previsioni urbanistiche del piano regolatore in base ai quali possono essere dedotti i criteri per operare la nuova qualificazione della specifica area e provveda al conteggio all’attualità  dello stato di realizzazione degli standard;
– operi una specifica verifica del livello degli standard e del mantenimento degli equilibri della pianificazione;
— tipizzi il suolo in rapporto alla diversità  di situazioni obiettive, previa verifica all’attualità  del provvedimento di adozione della variante e dello stato concreto degli standard e dei servizi pubblici onde assicurare la quantità  minima di spazi in generale e specifica per le zone territoriali omogenee in questione, apportando le variazioni alla dotazione degli standard conseguenti alla nuova destinazione edilizia (ex art. 4 D.M. 2 aprile 1968 n. 1444)” (Cons Stato, sez. IV, sent. n. 5307 del 17.10.2012).
6) Il Collegio, non trovando nel caso in esame ragioni per discostarsi da quanto appena richiamato, intende procedere alla verifica della delibera gravata sulla base dei presupposti e dei principi sopra indicati, al fine di dimostrare che, se la struttura generale della deliberazione sembra tener conto dei presupposti richiamati, il contenuto si rivela lacunoso, contraddittorio ed apodittico, tanto da fondare l’accoglimento del ricorso.
A) Contesto del suolo.
Il punto 2.01 delle delibera n. 145 adottata dal Commissario ad Acta specifica che il suolo di cui al fg. 93 p.lle 456 e 457, inedificato ed incolto, “è sito nell’ambito di un tessuto cittadino prevalentemente urbanizzato”.
B) Scelte pianificatorie generali e assetto di fatto del territorio nel suo complesso.
Il punto 2.02 della deliberazione cita: il Piano Generale del Comune di Foggia approvato con D. G. R. n. 154 del 10.02.2009, evidenziando la destinazione omogenea della zona in cui si colloca il suolo dei ricorrenti e la sua tipizzazione come “Zona F -Attrezzature pubbliche di interesse generale – Altre infrastrutture – Nuove – Comparto n. 28”; il “Monitoraggio quantitativo delle Aree “F” e SP” di cui al DM 1444/68 redatto dall’Ufficio Tecnico Comunale, trasmesso al SUR in data 25.05.2010, che cataloga la Zona F come maglia NA072, con la disciplina dell’art. 13.04 (rectius 13.d) delle NTA del PRG.
Il successivo punto 2.03 riporta integralmente l’art. 13 delle NTA, che, dopo aver stabilito che “l’edificazione delle attrezzature previste nelle varie zone F avverrà  secondo le leggi ed i regolamenti specifici emanati dalle autorità  competenti in ciascuna materia ed, inoltre, nel rispetto delle prescrizioni contenuti nei punti seguenti”, tra i quali il punto 13.d) si riferisce alle “Altre infrastrutture”, stabilendo che per queste aree “valgono le disposizioni fissate dagli organi competenti”.
C) Interessi interferenti e stato di realizzazione degli standard.
Il punto 3.03, nei “Considerato” della Deliberazione, si riferisce alla necessità  di procedere alla nuova tipizzazione che “abbia natura non ablatoria e sia realizzata attraverso l’iniziativa privata in regime di economia di mercato, escludendosi in particolare, in mancanza di concreti impegni finanziari in merito da parte del Comune di Foggia, ed al fine di evitare ulteriori contenziosi – la mera reiterazione di vincoli preordinati all’esproprio necessitante peraltro di puntuali motivazioni anche sotto l’aspetto del fabbisogno”.
Il successivo punto 3.04 richiama il sopra indicato “Monitoraggio quantitativo delle Aree F e Sp di cui al DM 1444/68” nel quale si indica una “dotazione pro-capite di zone F ex art. 4 DM 1444/68 pari a circa mq/ab 21,65, a fronte del dato attuale della popolazione comunale censita nel 2011 di 147.036 abitanti; pertanto la superficie oggetto del presente provvedimento pari a mq 7.650, risulta del tutto ininfluente dell’ambito del suddetto monitoraggio delle Zone F”.
Nel punto 3.05 si ritengono i contenuti e le risultanze del citato “Monitoraggio” “congruenti” con le indicazioni derivanti dalla complessiva pianificazione urbanistica generale del Comune di Foggia.
D) Verifica del livello degli standard e del mantenimento degli equilibri della pianificazione.
E) Attualità  del provvedimento di adozione della variante e dello stato concreto degli standard e dei servizi pubblici, sulla base delle situazioni obiettive.
Con riferimento ai punti D ed E, il suindicato punto 3.05 della deliberazione elenca, (in modo sintetico e sommario come espressamente affermato dal Commissario ad Acta) dati fondamentali per quanto attiene alla popolazione ed alla adozione dei servizi.
Nel punto 3.06 si riportano alcuni punti del Monitoraggio, tra i quali quello in cui si evidenzia “la mancanza a tutt’oggi di un’attività  concretamente preordinata alla fissazione di precisi indici di intervento, manca proposta di piano particolareggiato, anche di iniziativa privata” .
Il punto 3.08 ribadisce “lo stato di fatto insediativo ed urbanizzato dell’ambito circostante il suolo in argomento”, richiama la necessità  del conseguimento dell’interesse generale e del massimo vantaggio per la collettività , “fermo restando l’evidente suscettività  a carattere edificatorio della zona interessata, oggettivamente riscontrabile nel contesto urbano di riferimento”.
7) Da quanto evidenziato emergono vizi del gravato provvedimento, che comportano l’accoglimento del ricorso, l’annullamento della deliberazione e la necessità  di rideterminazione sull’istanza di riqualificazione dei suoli in questione.
Emerge, in primo luogo, la contraddittorietà  degli elementi rilevati dal Commissario ad Acta, che, pertanto, non sono idonei a giustificare la scelta operata nell’attribuzione della destinazione urbanistica all’area di proprietà  dei ricorrenti.
Nella gravata delibera, più specificamente, da un alto, si rileva che l’area si inserisce in un contesto cittadino urbanizzato e che la relativa superficie è “ininfluente” rispetto al monitoraggio delle “Zone F”, dall’altro, si afferma genericamente di confermare per la p.lla 457, la destinazione urbanistica “Zona F”, senza motivare sull’esigenze che hanno imposto la scelta, mentre per la p.lla 456 si prevede la cessione gratuita in quanto corrispondente a sede stradale, senza specificazioni relative ad eventuali parti residue.
Che l’area sia inserita in contesto urbanizzato è confermato dalla Relazione del Dirigente dell’Ufficio Urbanistica e dalle ortofoto ad essa allegate. Nessuna giustificazione sull’esigenza di limitare l’indice di fabbricabilità  (IFT 1,0 mc/mq) dell’area è fornita nel provvedimento gravato. La necessità  dell’illustrazione dell’iter motivazionale delle scelte compiute è imposta dalla situazione in cui concretamente versa il contesto in cui le aree si inseriscono, essendo evidente lo stato di edificazione complessivo della zona, come riconosciuto dallo stesso Commissario ad Acta, oltre che sostenuto dalla perizia di parte.
Inoltre, tale indice, proprio in quanto privo di giustificazione e in controtendenza rispetto all’effettivo stato dei luoghi circostanti, non può ritenersi idoneo a dimostrare che non si sia operata la mera reiterazione del decaduto vincolo di inedificabilità , risultando la previsione della deliberazione di dubbia attuazione in considerazione del concreto stato dei luoghi. Nè in tal senso può ritenersi sufficiente la previsione della possibilità  intervento dei privati nella realizzazione dei servizi di interessi generali.
Per questi ultimi, oltre ai dati ripresi dal Monitoraggio quantitativo delle Aree “F” e SP” di cui al DM 1444/68 del marzo 2013, redatto dal Servizio Urbanistica Comunale, manca un riferimento specifico allo stato concreto degli standard e dei servizi pubblici presenti.
I medesimi dati del Monitoraggio, inoltre, renderebbero, secondo quanto indicato dal Commissario ad Acta, l’area oggetto di riqualificazione, ininfluente nell’ambito del monitoraggio delle zone “F”.
A ciò si aggiunga che nessun dato è idoneo a smentire quanto sostenuto dai ricorrenti circa la presenza di strutture nella zona, quali spazi destinati a verde pubblico, tiro a segno militare, Palazzo di Giustizia, servizi sanitari, sportivi e scolastici.
Il Collegio ha già  ribadito che la potestà  di pianificazione del territorio spetta all’Amministrazione comunale (nel caso di inadempimento del preciso obbligo di adempiere in tal senso, al Commissario ad Acta), alla quale è connaturata la facoltà  di limitare l’edificabilità  su determinate aree a specifiche categorie e tipologie di opere. Tuttavia, è altrettanto incontrovertibile che tale potestà  non si sottrae all’onere motivazionale, tanto più che nel caso in esame viene impressa la medesima destinazione urbanistica, “Zona F”, di quella impressa in precedenza e scaduta, seppur con la previsione di interventi consentiti da parte del proprietario privato.
La scelta operata dal Commissario non è sorretta dal riferimento all’effettiva disciplina esistente del territorio comunale, rinvenendosi un generico richiamo ai principi generali senza un concreto riscontro sull’effettivo stato dei luoghi. Essa, piuttosto, trova un esplicito richiamo alla mancanza della capacità  del Comune di Foggia di sostenere gli oneri finanziari derivanti dalla mera reiterazione di vincoli preordinati all’esproprio, come emerge nel punto 3.03 della deliberazione.
In tal senso, è legittimo dubitare che la nuova destinazione impressa abbia effettivamente natura conformativa, limitandosi la delibera a richiamare integralmente l’art. 13 NTE e a consentire l’intervento diretto da parte del privato condizionato al rispetto delle prescrizioni speciali dettate.
Il richiamato art. 13, peraltro, indica, quale modalità  ordinaria e prevalente di utilizzo delle aree F l'”acquisizione o esproprio” dell’area da parte dell’amministrazione Comunale. Prevede, in via residuale ed eccezionale, la possibilità  di realizzazione delle attrezzature e degli impianti di interesse pubblico da parte di altri soggetti. Condiziona, però, tale intervento alla compatibilità  del medesimo “con gli indirizzi generali e con i programmi comunali” e all’inserimento dello stesso in “uno studio urbanistico sufficientemente esteso ed organico e cioè il Piano Particolareggiato di servizi contenente la puntuale individuazione delle tipologie di servizi”.
In assenza del Piano particolareggiato, diviene impossibile prevedere l’intervento di soggetti diversi rispetto all’ente locale e l’astratta previsione diviene fattispecie non suscettibile di concreta attuazione. Ne consegue il rischio che la tipizzazione impressa si traduca in uno svuotamento del diritto di proprietà  senza la previsione di adeguato ristoro.
Nel gravato provvedimento, il Commissario ad Acta dà  atto dell’assenza di tale Piano, citando al punto 3.06 un passaggio del “Monitoraggio” del marzo 2013 più volte richiamato. Tuttavia, egli non fornisce alcun elemento idoneo a spiegare come poter ritenere rispettata la condizione imposta dall’art. 13 NTE, pure integralmente citato, circa la possibilità  di intervento di altri soggetti nella utilizzazione delle aree “F”.
Ne deriva che nel caso in esame, l’onere motivazionale da cui desumere le ragioni fondanti la scelta della destinazione urbanistica impressa all’area è imposto, non solo, dallo specifico obbligo di ritipizzare un’area soggetta a vincolo espropriativo scaduto, nel rispetto dei presupposti sopra indicati, ma anche dalla necessità  di rendere coerente tale scelta con la disciplina generale del territorio comunale.
A ciò si aggiunga l’assenza di ogni riferimento istruttorio idoneo a verificare l’effettiva integrale copertura del manto stradale della particella n. 456.
Nè alcun sostegno al superamento delle lacune istruttorie e motivazionali evidenziate nella gravata deliberazione, fornisce la relazione del Dirigente dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Foggia che si limita in modo apodittico a sostenere le scelte operate dal Commissario.
L’unico dato che si rinviene sulle Aree F è quello relativo alla loro diminuzione, giustificata, oltre che da una verifica della specifica tipologia di quanto realizzato nell’area, dalle varianti resesi nel tempo esecutive, ad ulteriore riprova della necessità  di un riferimento approfondito ed aggiornato al contesto di riferimento.
8. Per tutto quanto esposto, la deliberazione gravata deve essere annullata. L’incarico conferito all’ing. Nicola Giordano, quale Commissario ad Acta, deve ritenersi esaurito avendo egli svolto l’attività , in luogo dell’Amministrazione, per la quale era stato nominato, che, tuttavia, viene travolta integralmente dalla presente pronuncia. A fronte della persistente inerzia del Comune di Foggia, per procedere all’adempimento dell’obbligo di provvedere sull’istanza di tipizzazione delle aree di proprietà  dei ricorrenti, in esecuzione della sentenza di questo Tar n. 611/2013, viene nominato un nuovo Commissario ad Acta, in accoglimento dell’istanza dei ricorrenti, il quale dovrà  rideterminarsi secondo le indicazioni fornite dal Collegio, entro centoventi giorni dalla data di comunicazione e o notificazione della presente sentenza.
9. Le spese, secondo la regola della soccombenza, sono poste a carico del Comune di Foggia, nell’importo liquidato il dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto:
– accoglie il reclamo ai sensi dell’art. 114 comma 6 cpa e per l’effetto, annulla la deliberazione n. 145 del 04.03.2014;
– nomina quale Commissario ad Acta il Dirigente dell’Ufficio Assetto del Territorio della Provincia di Foggia, o un funzionario da lui delegato, il quale, in esecuzione del giudicato della Sentenza TAR Puglia Bari n. 611/2013 ed in conformità  alle indicazioni fornite in motivazione, provvederà  con un atto espresso sull’istanza di ritipizzazione delle aree in proprietà  dei ricorrenti in luogo e vece dell’Amministrazione municipale inadempiente, curando l’intero iter procedimentale, entro il termine di 120 giorni decorrenti dalla comunicazione in via amministrativa, o notificazione di parte se antecedente, della presente sentenza.
Condanna il Comune di Foggia al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi € 2.000,00 (euro duemila/00), comprensivi di onorari, diritti e spese, oltre I.V.A e C.P.A.
Contributo unificato rifuso ai sensi dell’art 13 comma 6 bis.1 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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