1. Edilizia e urbanistica – Edilizia residenziale pubblica – PEEP – Variante al piano – Notificazione – Necessità  – Fattispecie

2. Processo amministrativo – Piena conoscenza e conoscenza integrale – Peculiarità  – Specificità  dei motivi di ricorso ex art. 40 c.p.a. – Necessità  conoscenza integrale – Fattispecie

3. Edilizia e urbanistica – PEEP – Piano scaduto – Riadozione – Procedura ex art. 3 e ss. L. 167/72 – Fattispecie

1. Ai sensi dell’art. 8, co. 5, della L. 167/1962, il provvedimento che incide su diritti esclusivi dei proprietari di fondi inclusi in piani di ERP, destinati ad essere espropriati, deve essere notificato agli interessati; conseguentemente tutti gli ulteriori ed eventuali atti del procedimento devono seguire la medesima procedura in quanto proiettano il vincolo oltre il termine, scaduto il quale l’originario provvedimento ablatorio sarebbe privo di efficacia, se non nullo per carenza di potere. (Nel caso di specie, è stato rilevato che la pubblicazione della delibera di variante al PEEP nell’albo pretorio non ha rilievo per i proprietari, con riferimento ai quali la legge prescrive la notifica individuale).
2. Premesso che, secondo i principi di elaborazione giurisprudenziale, la piena conoscenza dell’atto consiste nella consapevolezza della lesività  dello stesso (che è condizione dell’azione), mentre la conoscenza integrale del provvedimento influisce sul contenuto del ricorso e sulle concrete ragioni di impugnazione (e dunque, sulla causa petendi), la piena (e non integrale) conoscenza del provvedimento non consente di proporre un ricorso con indicazione di motivi specifici, immune dall’inammissibilità  prevista dall’art. 40 c.p.a. (Nel caso di specie, è stato ritenuto che non è sufficiente la menzione delle delibere di approvazione delle varianti al PEEP nell’epigrafe dei decreti di occupazione, in quanto – pur avendo reso nota l’esistenza dei provvedimenti lesivi – non consente agli interessati di conoscerne l’effettivo contenuto e di proporre specifici motivi di impugnazione).
3. La realizzazione delle previsioni di un piano attuativo scaduto è possibile solo rinnovandone il processo di formazione che deve seguire la procedura ordinaria prevista dagli artt. 3 e seguenti della L. 167/1962, mediante l’adozione da parte del Comune seguita dall’approvazione della Regione. (Nel caso di specie, è stato ritenuto che la variante al piano – non potendo assumere natura di mera proroga, posto che alla data della sua adozione il piano era già  scaduto – costituisca una sostanziale riadozione del piano originario).

N. 01367/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00696/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 696 del 2014, proposto da: 
Francesco Arbore, Rosario Arbore, Cataldo Arbore, Concetta Arbore, rappresentati e difesi dall’avv. Vincenzo Prudente, con domiciliati ex lege presso Segreteria T.A.R. Bari, in Bari, piazza Massari; 

contro
Comune di Cerignola, rappresentato e difeso dagli avv. Angela Paradiso, Giuliana Nitti, con domicilio eletto presso Francesco De Robertis, in Bari, via Davanzati n. 33; 

nei confronti di
Cadinvest S.r.l.; 

per l’annullamento
del provvedimento n. prot. 5835, emesso in data 10 marzo 2014 dal Dirigente del “Settore urbanistica e PRG” del Comune di Cerignola con il quale si ordinava l’occupazione d’urgenza delle aree ivi descritte in comproprietà  dei ricorrenti, nonchè degli atti presupposti, connessi e conseguenti ed in particolare della deliberazione del Consiglio Comunale di Cerignola n. 60 del 13/06/1996 (progetto di variante al PEEP – comprensorio “E”).
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cerignola;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2014 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori Vincenzo Prudente e Francesco De Robertis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
I ricorrenti sono proprietari di terreni agricoli, censiti al foglio 201, particella 594, foglio 200, particelle 16 e 62 del catasto del Comune di Cerignola, dotato di PEEP adottato con delibera 187/76 e approvato dalla Regione Puglia con delibera n. 2474 del 28.10.77, che secondo i ricorrenti sarebbe scaduto il 28.10.95 per decorso del termine di validità  – diciotto anni – previsto dall’art. 9 l. 167/62.
In data 13 giugno 1996 il Comune di Cerignola, sul presupposto che il PEEP fosse ancora in vigore perchè prorogato di due anni, ai sensi dell’art. 9 comma 2 l. 167/62, con la delibera consiliare n. 60 ha approvato la variante al PEEP ai sensi dell’art. 34 l. 865/71, dando atto che il PEEP si era così rinnovato per altri 18 anni fino al 13.6.2014.
In seguito a tale delibera veniva notificato ai ricorrenti, in date comprese fra il 17 e il 18 dicembre 2013, un primo decreto di occupazione d’urgenza dei terreni di loro proprietà , contenente nel preambolo l’espressa menzione della delibera presupposta e di altre due delibere n. 36/99 e 51/03, parimenti aventi ad oggetto varianti al PEEP, cui faceva seguito, in mancanza di esecuzione del primo decreto, la notifica del secondo decreto di occupazione del 10.3.2013 oggetto di gravame.
Sia la delibera sia il decreto di occupazione sono impugnati per violazione di legge (art. 2 d.P.R. 327/01, art. 3 e ss., 8 e 9 l. 167/62), illegittimità  derivata; eccesso di potere per carenza dei presupposti.
I ricorrenti contestano che il PEEP fosse stato prorogato per due anni, ai sensi dell’art. 9 secondo comma l. 167/62 e per questo ancora in vigore alla data di adozione della delibera impugnata.
Considerato poi che la delibera impugnata qualifica la variante come mera modifica di alcuni elementi del piano senza alcuna incidenza sulla struttura, dimensionamento e perimetrazione – tanto da approvarla con la procedura semplificata prevista dall’art. 34 l. 865/71 – escludono che essa possa avere una durata diversa da quella del piano, perchè tale effetto sarebbe riconducibile solo alle varianti strutturali o sostanziali, come tali autonome rispetto al piano originario, tanto da avere durata, come il piano originario, di 18 anni.
Pertanto i ricorrenti osservano che la variante impugnata se ha natura di variante non strutturale deve ritenersi inefficace ab origine perchè adottata dopo il 28.10.1995, quando il PEEP era ormai scaduto, o per sopravvenuta scadenza maturata il 28.10.1997, ove si ammetta che il piano fosse stato prorogato per ulteriori due anni.
Se invece si ritiene abbia natura di variante strutturale, tale cioè da rinnovare l’adozione del piano con le modifiche sostanziali apportate, la variante impugnata è illegittima perchè è stata adottata con procedura semplificata in luogo della procedura ordinaria prescritta dall’art. 3 e ss. l. 167/62.
Si è costituito il Comune di Cerignola che ha eccepito,
– la tardività  del ricorso poichè i ricorrenti avrebbero impugnato la delibera n. 60/96 oltre i sessanta giorni decorrenti dal 17-18 dicembre, data in cui ricevettero la notifica del primo decreto di occupazione che ne faceva menzione nel preambolo;
– la inammissibilità  del ricorso perchè la Cadinvest s.r.l., chiamata in qualità  di controinteressata, non sarebbe tale perchè assegnataria di suoli diversi da quelli appartenenti ai ricorrenti.
Accolta la domanda cautelare, il ricorso è passato in decisione sulle opposte conclusioni delle parti, avendo il Comune dedotto l’improcedibilità  per sopravvenuta carenza di interesse al ricorso in ragione del fatto che, nelle more del giudizio, la variante approvata con la delibera impugnata è venuta a scadenza naturale.
 

Deve essere esaminata preliminarmente l’eccezione di irricevibilità  del ricorso perchè notificato oltre il termine di decadenza decorrente, secondo la parte resistente, dalla conoscenza della delibera del Consiglio comunale n. 60/1996, riconducibile alla notifica del decreto di occupazione d’urgenza del 12.12.2013 perfezionatasi per i ricorrenti fra il 17 e il 18 dicembre 2013.
Infatti il Comune sostiene che la delibera in questione era chiaramente menzionata nell’epigrafe nel primo decreto di occupazione d’urgenza quale atto presupposto e come tale conosciuto nella sua carica lesiva.
Il Comune afferma inoltre che l’inammissibilità  del ricorso sarebbe comprovata dalla natura meramente esecutiva del decreto di occupazione d’urgenza censurato non per vizi propri, ma solo per illegittimità  derivata dai vizi dell’atto presupposto che i ricorrenti avrebbero dovuto pertanto impugnare tempestivamente.
Ciò premesso è incontestato che la lesione lamentata dai ricorrenti faccia capo alla delibera n. 60/1996 del Consiglio comunale.
E’ dunque evidente che la ricevibilità  di tutti i motivi di ricorso dipende dall’accertamento della tempestività  dell’impugnazione della delibera consiliare n. 60/96 sulla quale detti motivi convergono.
Premesso che il provvedimento che incide sui diritti esclusivi dei proprietari dei fondi inclusi in piani di ERP destinati ad essere espropriati, deve essere notificato agli interessati, ai sensi dell’articolo 8, comma 5, della legge 18 aprile 1962, n. 167, deve ritenersi che anche gli atti ulteriori ed eventuali del procedimento che ne prolungano l’efficacia, devono seguire la stessa procedura poichè proiettano il vincolo oltre il termine, scaduto il quale, l’originario provvedimento ablatorio sarebbe ormai inefficace, se non addirittura nullo per carenza di potere in concreto.
Pertanto la pubblicazione della delibera all’albo pretorio, che vale ai fini della conoscenza dell’atto per i terzi, non ha rilievo nei confronti dei proprietari per i quali la legge prescrive la notifica individuale.
E’ incontestato che la delibera n.60/1996 non sia stata notificata ai ricorrenti.
Occorre pertanto stabilire se la conoscenza dell’esistenza di tale delibera, attestata nella menzione rinvenibile nell’epigrafe dei provvedimenti gravati, integri la piena conoscenza – equipollente alla notificazione – dalla quale, ai sensi dell’art. 41 del c.p.a., decorre il termine per impugnare.
Richiamati in proposito i principi elaborati dalla giurisprudenza, secondo la quale per piena conoscenza dell’atto deve intendersi la consapevolezza della lesività  dell’atto che è condizione dell’azione, laddove la conoscenza integrale del provvedimento influisce sul contenuto del ricorso e sulla concreta definizione delle ragioni di impugnazione, e quindi sulla causa petendi (C.d.S. sez. IV, 9.1.2014, n. 36), è opinione del Collegio che tali principi debbano essere coordinati con l’art. 40 c.p.a. che prescrive l’indicazione nel ricorso di motivi specifici, soprattutto dopo la novella introdotta dal secondo correttivo al codice del processo amministrativo, che prevede oggi la sanzione di inammissibilità  del ricorso per difetto di specificità  dei motivi.
Se è vero che l’istituto dei motivi aggiunti consente ai ricorrenti di addurre ulteriori ragioni di censura e perfino domande nuove giustificandosi così – per esigenze di certezza dell’azione amministrativa – l’onere per gli interessati di gravarsi degli atti sol che ne percepiscano la portata lesiva, è pur vero che un ricorso affidato solo alla presunta lesività  dell’atto, ove non sia possibile contestare la competenza dell’organo emanante se non con censure manifestamente infondate, va incontro ad inammissibilità  pressochè certa, ben prima della delibazione delle questioni preliminari e incidentali o della proposizione di eventuali motivi aggiunti avverso lo stesso atto, ai sensi degli articoli 49, 60 e 74 c.p.a.
L’inammissibilità  del ricorso principale per difetto di specificità  dei motivi non potrebbe ritenersi esclusa neppure dalla eventuale riserva di proporre motivi aggiunti all’esito dell’istruttoria disposta per acquisire il provvedimento impugnato, sia perchè il giudice può disporre gli accertamenti istruttori solo al fine di valutare l’effettiva fondatezza delle specifiche censure proposte, sia perchè una tale sanatoria – escluso possa ricondursi al fatto che il ricorso principale abbia raggiunto lo scopo ex 156 c.p.c. dovendosi tale effetto al ricorso per motivi aggiunti – dovrebbe essere espressamente prevista quale eccezione alla regola dell’inammissibilità , fermo restando il dubbio che ammettere la sanatoria potendosi proporre motivi aggiunti di fatto equivalga ad una interpretatio abrogans dell’istituto dell’inammissibilità  per difetto di specificità  dei motivi del ricorso principale.
Facendo applicazione di tali principi al caso in esame è evidente che la mera menzione nell’epigrafe dei decreti di occupazione delle delibere, n. 60/97, 36/99 e 51/2003 che hanno approvato altrettante varianti al PEEP, da presumersi tutte lesive, quali atti presupposti del decreto di occupazione, se vale comunque a renderne nota l’esistenza, non consente tuttavia ai destinatari del decreto di occupazione, proprietari delle aree già  comprese nel PEEP, di sapere quale ne sia l’effettivo contenuto, se si tratta di varianti sostanziali o di aggiornamento, che incidono cioè sulla consistenza dei suoli da espropriare o ricognitive del piano, del quale confermano la localizzazione, dovendosi nel primo caso ricondurre la lesione alla proprietà  alla variante sostanziale – purchè si sappia a quale delle tre delibere faccia capo – nel secondo caso al PEEP originario non più impugnabile.
E’ evidente allora, che i ricorrenti, gravandosi di una o di tutte le delibere di variante, non avrebbero potuto dolersi d’altro che della lesione del diritto di proprietà , senza poter allegare, in mancanza di vizi propri del decreto di occupazione, vizi genetici della presupposta variante al PEEP, nè indicare le ragioni di diritto a sostegno del ricorso, a meno di introdurre un ricorso esplorativo con domande ipotetiche e conseguente violazione del parametro di specificità  dei motivi.
Passando ad un’altra questione solo accennata dal Comune occorre dire che non può ascriversi al decreto di occupazione impugnato, natura meramente confermativa del precedente notificato il 17-18 dicembre 2013, avente analogo contenuto, non portato ad esecuzione entro i tempi previsti.
La mera conferma non autonomamente impugnabile, infatti interviene su una situazione che trae la sua disciplina da un precedente atto amministrativo e solo da quello, cui deve pertanto essere rivolta la reazione del soggetto inciso.
Invece nel caso in decisione il decreto del 10 marzo 2014 è un atto dotato di propria autonomia perchè dispone l’occupazione dei suoli dei ricorrenti in tempi stabiliti ex novo, avendo il primo decreto ormai esaurito i suoi effetti perchè non portato ad esecuzione nel termine previsto, con conseguente venir meno della sua carica lesiva e dell’interesse dei destinatari ad impugnarlo.
Anche l’eccepita inammissibilità  per mancata notifica ad un controinteressato deve essere disattesa.
Infatti i ricorrenti validamente hanno esteso il contraddittorio alla Cadinvest s.r.l. assegnataria di alcuni lotti impegnati dal PEEP, sebbene non coincidenti con quelli di proprietà  dei ricorrenti, in quanto la sorte di tutti i provvedimenti di assegnazione, quale ne sia l’oggetto, dipende dall’esito della domanda di annullamento della delibera 60/96 che ne è il presupposto.
Occorre ora accertare se, come dedotto dal Comune, ma contestato dai ricorrenti, la domanda sia improcedibile per la scadenza del termine di validità  del PEEP maturata nel corso del giudizio.
La circostanza è incontestata ma non preclude a questo Tribunale di pronunciarsi, sia pure incidentalmente, sul merito del ricorso, se non altro perchè, avendo i ricorrenti sostenuto che la delibera in questione è intervenuta quando ormai il PEEP era scaduto e con esso il vincolo preespropriativo impresso ai suoli loro appartenenti, hanno dichiarato di avere interesse all’accertamento dell’illegittimità  della delibera impugnata, onde è derivata la permanenza del vincolo, al fine di chiedere in separato giudizio il risarcimento dei danni che ne sono derivati.
Venendo dunque al merito del ricorso rileva il Collegio che, nonostante la delibera impugnata postuli la proroga biennale del PEEP, risulta incontestato che il piano in realtà  non fu prorogato per i due anni successivi alla scadenza, nè il Comune ha provato il contrario.
Dovendosi dunque considerare il piano ormai scaduto al 28.10.1995 e rilevato che la realizzazione delle previsioni di un piano attuativo scaduto è possibile solo rinnovandone il procedimento di formazione (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 25.7.2011, n. 1979; T.A.R. Marche Ancona, 3.6.2003, n. 468) deve ritenersi che la delibera impugnata sia in sostanza una riadozione del piano originario che avrebbe dovuto seguire la procedura ordinaria di cui agli articoli 3 e seguenti della l. 167/62, con l’adozione da parte del Comune seguita dall’approvazione della Regione, che in specie però è mancata.
Neppure può ascriversi alla delibera in questione la natura di una mera proroga del PEEP perchè la proroga, quale prolungamento dell’efficacia di un termine presuppone necessariamente che il termine da prorogare sia in corso (T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 23.4.2012, n. 1080) mentre è pacifico che alla data di adozione della delibera il PEEP era ormai scaduto.
Ne consegue che la delibera impugnata e, in via derivata, il decreto di occupazione d’urgenza del 13 marzo 2014 devono essere dichiarati illegittimi.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
– Dichiara l’improcedibilità  della domanda di annullamento;
– Dichiara – ex art. 34, c. 3 c.p.a. – l’illegittimità  del provvedimento del Comune di Cerignola n. prot. 5835 del 10 marzo 2014 e della deliberazione del Consiglio Comunale di Cerignola n. 60 del 13/06/1996 avente ad oggetto l’approvazione del progetto di variante al PEEP – comprensorio “E”, nella parte in cui dispone che resterà  in vigore per 18 anni.
– Condanna il Comune di Cerignola al pagamento delle spese, che liquida in € 2000,00 oltre accessori di legge.
Contributo unificato rifuso, ai sensi dell’art. 13 comma 6 bis.1 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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