1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Costruzioni abusive – Ordine di demolizione – Istanza di sanatoria – Inefficacia ingiunzione – Non sussiste – Fattispecie


2. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Costruzioni abusive – Giudizio penale – Sanzioni amministrative – Competenza autonoma p.A. – Fattispecie


3. Procedimento amministrativo – Partecipazione – Ordinanza demolizione – Notificazione – Al comproprietario – Legittimità  – Fattispecie


4. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Costruzioni abusive – Ordine di demolizione – Atto vincolato – Partecipazione di tutti i comproprietari al procedimento – Non necessaria 


5. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Costruzioni abusive – Ordine di demolizione – Motivazione – Non necessaria

1. Nell’ambito di un procedimento amministrativo per la demolizione di opere abusive, non è necessaria la rinnovazione dell’ingiunzione originaria a fronte della domanda di accertamento in conformità , non essendo previsto da alcuna norma il venir meno dell’efficacia dell’ordine di demolizione. (Nel caso di specie, è stato escluso che l’istanza di sanatoria possa configurarsi come fatto idoneo a rendere inefficace l’originario provvedimento sanzionatorio, anche in considerazione del fatto che sulla natura abusiva dell’opera da demolire si sono espressi la pubblica amministrazione e il giudice penale).


2. L’autorità  amministrativa, indipendentemente dall’esito del giudizio penale instaurato, è titolare di pieni e autonomi poteri di valutazione della fattispecie abusiva edilizia e può adottare nell’ambito della propria sfera di apprezzamento, i necessari provvedimenti sanzionatori. (Nella fattispecie, è stata rigettata l’eccezione di improcedibilità  del ricorso per l’intervenuta sentenza del giudice penale in considerazione del fatto che l’ordine di demolizione è sottratto alla regola del giudicato sicchè ne è sempre possibile la revoca o la sospensione, con la conseguenza che la valutazione dell’Amministrazione sull’abusività  dell’opera diviene decisiva anche ai fini della permanenza di valore dell’ordine di demolizione pronunciato in sede penale).


3. Ai fini della legittimità  del procedimento amministrativo, è sufficiente la notifica dell’ordinanza di demolizione delle opere abusive e degli atti consequenziali ad uno solo dei comproprietari e, in ogni caso, al responsabile dell’abuso. (Nel caso di specie, è stato accertato che l’opera abusiva è riferibile al solo ricorrente, peraltro qualificatosi, nell’istanza di sanatoria, possessore degli immobili sui quali è stato realizzato il manufatto abusivo).


4. La natura di atto vincolato e dovuto dell’ordinanza di demolizione – da emettere a seguito di mero accertamento tecnico della consistenza delle opere realizzate e del carattere abusivo delle stesse – rende superfluo ogni accertamento in ordine alla lesione del diritto di difesa e di partecipazione dei comproprietari al relativo procedimento amministrativo.


5. Non è richiesta una motivazione circa la sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione di opere abusive, non essendo configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente che il tempo non può legittimare in via di fatto. 

N. 01345/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01609/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1609 del 2007, proposto da: 
A. L., rappresentato e difeso dall’avv. Rosa Petruzzelli, con domicilio eletto presso Rosa Petruzzelli in Basi-S.Spirito, c.so Umberto, n. 16/C; 

contro
Comune di Bitonto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Sorgente, con domicilio eletto presso Carlo Ciarmoli in Bari, c.so Cavour, n. 124; 

per l’annullamento
della Ordinanza di demolizione di opere abusive n.130 del 6 luglio 2007 e notificata il 24.7.2007, con cui il Dirigente del Settore Territorio ha ingiunto al sig. A. L. di provvedere entro il termine di 90 gg. a decorrere dalla notifica della succitata ordinanza alla demolizione dell’opera abusiva nella stessa descritta, con l’avvertenza che, trascorso infruttuosamente, il termine suindicato, si agirà  ai sensi di legge;
nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso, consequenziale ed esecutivo afferente al sopracitato provvedimento impugnato.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bitonto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Saverio Profeta e Domenico Curigliano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Il Sig. L. A. ha impugnato l’ordinanza di demolizione di opere abusive n. 130 del 06.07.2007, notificata il 24.07.2007, a firma del Dirigente del Settore Territorio del Comune di Bitonto.
Il provvedimento gravato si basa sulle risultanze di un verbale di accertamento del 28.02.2007 della Polizia Municipale, nel quale si evidenzia che il sig. A. ha realizzato, in assenza di titolo abilitativo, su suolo identificato al catasto al foglio di mappa 28, particella 178, in zona agricola E/1, secondo il PRG vigente del Comune di Bitonto, un manufatto con pareti in cemento armato ed una recinzione in muratura di altezza pari a m. 3,20.
Il ricorrente riferisce di aver ottenuto in data 15.05.1995 l’autorizzazione dal Comune di Bitonto per l’esecuzione di lavori di recinzione di un suolo identificato catastalmente al foglio 28, particelle 300, 301 e 178, di comproprietà  con i Sigg. Vito Santoruvo e Michele Santoruvo.
Aggiunge che prima dell’autorizzazione del Comune aveva ottenuto anche il nulla osta del confinante EAAP, oggi Acquedotto Pugliese spa, che aveva condizionato l’edificazione del muro di recinzione al rispetto dell’altezza massima di un metro dal piano di campagna con sovrastante ringhiera in ferro.
Alla luce di quanto riferito, secondo il ricorrente, il gravato provvedimento sarebbe illegittimo in quanto adottato ad oltre dieci anni dalla conclusione dei lavori.
Indica quali motivi di ricorso:
1) Violazione dell’art. 31 del D.P.R. 380/2001: il Comune non avrebbe notificato alcun atto del procedimento, tanto meno il gravato provvedimento, agli altri comproprietari del suolo su cui insistono le opere ritenute abusive.
2) Violazione delle norme sul procedimento amministrativo, in particolare, l’art. 7 della L. 241/1990 e dell’art. 24 Cost.: la mancata notifica a tutti i comproprietari avrebbe impedito alle parti di esercitare il proprio di diritto di difesa e di partecipazione al procedimento amministrativo.
3) Eccesso di potere per travisamento dei fatti; genericità  assoluta; errore di presupposto e difetto di motivazione: l’ordinanza di demolizione non terrebbe conto del fatto che l’opera di recinzione sarebbe stata assentita dal Comune circa dieci anni prima e non fornirebbe alcuna adeguata motivazione.
Si è costituito il Comune di Bitonto per resistere al ricorso.
Con ordinanza n. 64 del 03.04.2014 sono stati disposti incombenti istruttori al fine di acquisire elementi aggiornati circa la situazione di fatto e di diritto, successiva all’adozione dell’atto impugnato.
Con memoria depositata in data 16.09.2014, il Comune di Bitonto ha sostenuto l’improcedibilità  del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse a seguito della sentenza n. 98/2010 del Tribunale di Bari, sez. distaccata di Bitonto, pronunciata in sede penale, con cui è stata disposta la demolizione dei manufatti abusivi.
Nel merito si oppone ai motivi di ricorso, richiamando la giurisprudenza che esonera l’amministrazione dall’obbligo di compiere accertamenti giuridici circa l’esistenza di particolari rapporti interprivati tra l’autore dell’abuso e proprietari, ritenendo prevalente l’interesse ad un’efficace repressione degli abusi edilizi.
Con riferimento al secondo motivo di ricorso, espone come la partecipazione al procedimento da parte degli altri comproprietari non avrebbe comportato alcun vantaggio agli interessati, attesa la natura vincolata dell’ordine di demolizione.
Sul terzo motivo afferma che il decorso del tempo, nel caso in esame non provato, non incide sulla legittimità  del provvedimento, trattandosi di abuso edilizio, la cui natura pacificamente riconosciuta è quella di illecito permanente.
La motivazione del provvedimento, infine, si desumerebbe dal contrasto dell’opera con la vocazione agricola del suolo.
Con istanza del 26.09.2014, il ricorrente ha richiesto il rinvio dell’udienza di merito, in attesa degli esiti dell’istanza di sanatoria presentata per gli immobili oggetto del gravato provvedimento di demolizione.
All’udienza pubblica del 29.10.2014, sentita la difesa delle parti e rinnovata la richiesta di rinvio da parte del ricorrente, la causa è stata trattenuta in decisione.
I. In via preliminare, il Collegio ritiene di non poter accogliere l’istanza di rinvio, trattandosi di gravame da lungo tempo pendente e completo nei suoi elementi conoscitivi, in quanto le esigenze di effettività  della tutela impongono la definizione del giudizio.
Ogni profilo relativo all’improcedibilità  per sopravvenuta presentazione dell’istanza di sanatoria a cui parte ricorrente ha ancorato la richiesta di rinvio, del resto, è ininfluente sul thema decidendum, in questa sede in rilievo, e viene superato dall’infondatezza del ricorso, per le ragioni che saranno di seguito evidenziate.
Tali considerazioni impongono di ricordare che, nell’ambito di un procedimento amministrativo per la demolizione di opere abusive, non è affatto necessaria la rinnovazione dell’ingiunzione originaria a fronte della domanda di accertamento in conformità : nessuna norma, infatti, prevede il venir meno dell’efficacia dell’ordine di demolizione (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, sent. 1994 del 18.04.2014 e sez. V, sent. n. 2562 del 09 maggio 2006).
L’istanza di sanatoria non dà  luogo ad alcuna modifica sostanziale della preesistente realtà  giuridica tanto più che nel caso in esame, in cui sull’abusività  dell’opera si sono espressi sia l’amministrazione comunale che il giudice penale, sicchè essa non può configurarsi come fatto idoneo a rendere inefficace l’originario provvedimento sanzionatorio.
Ad ulteriore sostegno di quanto sostenuto, si osserva come l’istanza versata in atti risulta generica e priva dei requisiti di legge, oltre ad essere inidonea a superare la condizione richiesta dalla legge, di conformità  dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione del medesimo, sia alla data di presentazione della domanda, atteso che l’opera realizzata contrasta con la disciplina urbanistica ed edilizia del PRG vigente, essendo essa compresa in zona tipizzata a verde agricolo E/1.
II. Infondata è, altresì, l’eccezione di improcedibilità  per l’intervenuta sentenza del Tribunale di Bari, Sezione distaccata di Bitonto, n. 98/2010, con cui è stata disposta la demolizione dei manufatti abusivi, sollevata dal Comune di bi Bitonto, con memoria del 16.09.2014.
Innanzitutto, si osserva come l’accertamento amministrativo opera su un piano differente e dunque, non coincidente con quello processuale penale, tanto che i relativi giudizi, quello penale e quello amministrativo sono indipendenti, sicchè non è possibile riconoscere carattere di pregiudizialità  dell’uno o dell’altro, nè altre forme di reciproco condizionamento sul rito, potendo al più l’uno avvalersi delle conclusioni dell’altro a supporto della decisione. In tal senso consolidato è l’orientamento giurisprudenziale al quale il Collegio aderisce, secondo il quale “l’autorità  amministrativa è titolare, indipendentemente dall’esito del giudizio penale instaurato, di pieni ed autonomi poteri di valutazione della fattispecie abusiva edilizia e può adottare, nell’ambito della propria sfera di apprezzamento, i necessari provvedimenti sanzionatori” (T.A.R. Lazio, sez. II, 22 ottobre 1991, n. 1607; T..A.R. Lazio, sez. Latina, 22 gennaio 1993, n. 57; da ultimo Cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. n.4684 del 11.03.2014).
Inoltre, secondo la consolidata giurisprudenza della Cassazione, l’ordine di demolizione delle opere abusive è sottratto alla regola del giudicato, sicchè ne è sempre possibile la revoca (in presenza di atti amministrativi incompatibili con la sua esecuzione) ovvero la sospensione (quando sia ragionevolmente prospettabile che, nell’arco di tempi brevissimi, la P.A. adotterà  un provvedimento incompatibile con la demolizione). (Cass. Pen., Sez. III, sentenza 11 settembre 2014, n. 37473).
Ne consegue che la valutazione dell’amministrazione sull’abusività  dell’opera diviene decisiva anche ai fini della permanenza di valore dell’ordine di demolizione pronunciato in sede penale.
A ciò si aggiunga che l’ordinanza gravata è stata pronunciata in data antecedente alla sentenza penale, sicchè pur nell’autonomia dei due provvedimenti, in assenza di norme che pongano regole su eventuali profili di pregiudizialità , è da ritenersi che la sentenza penale non abbia fatto altro che rafforzare i profili di abusività  dell’opera, sulla base dei quali l’amministrazione aveva già  esercitato i poteri sanzionatori di competenza.
III. Nel merito il ricorso, come già  anticipato, è infondato.
La difesa del Comune controdeduce ai tre motivi di ricorso, argomentando in modo corretto e convincente.
IV. Circa la ritualità  dell’ingiunzione di demolizione, si osserva che il Sig. A. nella gravata ordinanza è indicato come autore dell’abuso.
La suindicata sentenza del Tribunale di Bari, sezione staccata di Bitonto, ha confermato, del resto, che egli abbia realizzato, in qualità  di committente delle opere, manufatti senza permesso di costruire.
Nessun dubbio può, pertanto, permanere sull’esatta individuazione del responsabile dell’illecito, come emerge nella gravata ordinanza.
A questo si aggiunga, oltre alla previsione dell’art. 31 del D.P.R. 380/2001, quanto più volte ripetuto dal consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai fini della legittimità  dell’iter procedimentale posto in essere dall’Amministrazione per il ripristino dei valori giuridici offesi dalla realizzazione dell’opera abusiva, è sufficiente la notifica dell’ordinanza di demolizione, così come degli atti consequenziali, ad uno solo dei comproprietari e in ogni caso al responsabile dell’illecito (ex multis, Consiglio di Sato, Sez. IV., sent. 3029 del 15.05.2009 e T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV sent. n. 711 del 30.01.2014).
Da ultimo, non è trascurabile il dato che emerge da tutta la documentazione versata in atti, ossia che essa è riferibile o destinata unicamente al ricorrente e mai agli altri soggetti indicati quali comproprietari. La stessa istanza di sanatoria da ultimo presentata è a firma dal solo ricorrente, che si qualifica quale “possessore degli immobili”.
V. I rilievi appena evidenziati sono idonei a superare anche il secondo motivo di ricorso su presunti vizi procedimentali e violazione del diritto di partecipazione e difesa.
Del resto, la natura di atto vincolato e dovuto dell’ordinanza di demolizione, da emettere all’esito di un mero accertamento tecnico della consistenza delle opere realizzate e del carattere abusivo delle medesime, rende superfluo ogni ulteriore approfondimento sulla questione della partecipazione al procedimento (Ex multis, T.A.R. Puglia Bari, sez. III, sent. 2139 del 12.12.2012; Cons. Stato, sez. IV, sent. 1814 del 30 marzo 2000).
VI. Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente richiama l’autorizzazione alla realizzazione della recinzione, lamentando la contraddittorietà  e il difetto di motivazione dell’ordinanza di demolizione e la lesione dell’affidamento maturato circa la conformità  a legge dell’opera realizzata.
L’infondatezza di queste ulteriori censure si desume dal testo dell’ordinanza gravata che contiene la descrizione dell’abuso: essa non si riferisce solo alla recinzione, ma ad un “manufatto realizzato con pareti in cemento armato e solaio in latero cemento della superficie di mq 32,00 ed un’altezza di mt. 3,00”. Della recinzione si evidenzia espressamente l’altezza, pari a mt 3,20, dato quest’ultimo che conferma la violazione dell’accordo raggiunto con l’EAAP, oggi Acquedotto Pugliese, che aveva dato il consenso alla sua realizzazione a condizione che per essa si rispettasse l’altezza massima di un metro, come riferito anche nel ricorso introduttivo del presente giudizio e confermato dalla nota del 17 marzo 1995 dell’EAAP, versata in atti.
Sotto altro profilo, va rilevato che – secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, che la Sezione condivide – non è richiesta una motivazione circa la sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non essendo configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione d’illecito permanente, che il tempo non può legittimare in via di fatto.(cfr. da ultimo Cons. St. Sez. V 27.08.2014 n. 4381).
VII. Ad ulteriore e definitiva conferma della legittimità  del gravato provvedimento adottato dal Comune di Bitonto, è sufficiente da ultimo richiamare le previsioni del PRG, già  menzionati, che per l’area interessata dagli abusi contestati al ricorrente prevedono la destinazione a verde agricolo E/1, per la quale non si rinviene deroga al divieto di costruire.
Per tutto quanto esposto il ricorso deve essere respinto.
VIII. Concorrono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese tra le parti, tenuto conto dell’intera vicenda processuale e della lunga durata del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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