1. Pubblica sicurezza – Misure di prevenzione – Avviso orale – Art. 4, L. n. 1423/1956 – Contenuto e finalità 

2. Pubblica sicurezza – Misure di prevenzione – Avviso orale – Giudizio pericolosità  soggetto destinatario avviso – Presupposti

3. Pubblica sicurezza – Misure di prevenzione – Avviso orale – Assenza di addebiti specifici – Legittimità  

4. Pubblica sicurezza – Misure di prevenzione – Avviso orale – Valutazione merito – Sindacato G.A. – Limiti

5. Pubblica sicurezza – Misure di prevenzione – Avviso orale – Natura preventiva – Valutazione indiziaria – Ammissibilità  e sufficienza

 

1. L’avviso orale di cui all’art. 4 della l. 27 dicembre 1956, n. 1423, come modificato dalla legge n. 327 del 1988, consiste nell’avvertimento indirizzato alla persona interessata, della sussistenza di sospetti a suo carico per cui si profilano “elementi di fatto” che facciano ritenere l’appartenenza a una delle categorie previste dall’art. 1 della L. n. 1423/1956 e non ha altro effetto se non quello di consentire la proposta all’Autorità  giudiziaria, entro tre anni dall’avviso stesso, di applicazione delle misure di prevenzione. 


2. Il giudizio sulla pericolosità  sociale del soggetto avvisato ai sensi dell’art. 4 della l.  27 dicembre 1956 n. 1423 non richiede la sussistenza di prove compiute sulla commissione di reati, essendo sufficienti anche meri sospetti su elementi di fatto tali da indurre l’Autorità  di polizia a ritenere sussistenti le condizioni di pericolosità  sociale che possano dar luogo, da parte del Giudice, all’applicazione delle misure di prevenzione antisociali. 

3. Risulta legittimo procedere all’avviso orale di cui all’art. 4 della l. 27 dicembre 1956, n. 1423 prodromico alla possibile applicazione di misure di prevenzione qualora si verifichino i presupposti di cui all’art. 1 della stessa legge, anche in assenza di addebiti specifici, purchè emerga una situazione rivelatrice di personalità  incline a comportamenti asociali o antisociali. 

4. Il giudizio di pericolosità  sociale che giustifica l’avviso orale di cui all’art. 4 della l. 27 dicembre 1956, n. 1423, come modificato dalla legge n. 327 del 1988, è tipica valutazione di merito dell’amministrazione procedente sindacabile dal giudice amministrativo limitatamente ai profili di abnormità  dell’iter logico o di incongruenza della motivazione. 

5. L’avviso orale di cui all’art. 4 della l. 27 dicembre 1956, n. 1423, come modificato dalla legge n. 327 del 1988, avendo natura preventiva, può essere sorretto anche solo da una valutazione di carattere indiziario di portata generale fondata su elementi di fatto significativi nel loro complesso.

N. 01108/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00549/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 549 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi D’ Ambrosio, con domicilio eletto presso Luigi D’Ambrosio in Bari, Piazza Garibaldi, n. 23; 

contro
Questura di Bari, in persona del Questore pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distr.le dello Stato di Bari, domiciliata in Bari, Via Melo, n. 97; 

per l’annullamento
del provvedimento a firma del Questore della Provincia di Bari in data 28.2.2008 recante avviso “ai sensi dell’art. 4 legge 1423/56, così come modificato dall’art. 5 legge 327/88, perchè cambi condotta, non dando luogo a sospetti ulteriori col suo comportamento, e lo informa che, in caso di persistenza in azioni non conformi alla legge, lo proporrà  al competente Tribunale per l’applicazione di più gravi misura di prevenzione di cui all’art. 3 legge 27.12.1956, n. 1423 e successive modifiche”, nonchè di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorchè non conosciuto;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Questura di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 giugno 2014 la dott.ssa Flavia Risso e uditi per le parti i difensori avv. Luigi D’ambrosio e avv. dello Stato Donatella Testini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con il ricorso indicato in epigrafe, il ricorrente impugna l’atto del 28.2.2008 con cui il Questore della Provincia di Bari lo ha avvisato “perchè cambi condotta, non dando luogo a sospetti ulteriori col suo comportamento, e lo informa che, in caso di persistenza in azioni non conformi alla legge, lo proporrà  al competente Tribunale per l’applicazione di più grave misura di prevenzione di cui all’art. 3 legge 27.12.1956, n. 1423 e successive modifiche”.
Contro l’atto impugnato il ricorrente deduce le seguenti censure: violazione e falsa applicazione dell’art. 1, 3 e 4, L. 27.12.1956, n. 1423; violazione e falsa applicazione dell’art. 3, L. n. 241/1990; eccesso di potere per contraddittorietà , ingiustizia manifesta, motivazione carente, difetto di istruttoria, illogicità , travisamento, sviamento.
Con atto depositato in data 19.4.2008 la Questura di Bari si è costituita in giudizio.
Con atto depositato in data 9.5.2008 il Sig. -OMISSIS- ha presentato motivi ulteriori al ricorso originario.
All’Udienza Pubblica del 26 giugno 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.
1. – Con il primo motivo di ricorso, il Sig. -OMISSIS- afferma che l’atto impugnato si fonda non su elementi di fatto, ma su meri sospetti.
Il ricorrente afferma di essere stato attinto dalla misura di prevenzione dell’avviso orale nonostante egli fosse al tempo persona priva di precedenti penali (a dimostrazione di tale assunto il ricorrente allega copia del Certificato del Casellario Giudiziale del 13.3.2008), di aver mantenuto tale status e, per i fatti antecedenti all’atto impugnato, di essere stato assolto da ogni addebito. Egli afferma di non essere abitualmente dedito a traffici delittuosi, di non vivere abitualmente con proventi di attività  delittuose e di non convivere con persone dedite ad attività  delinquenziali.
Per quanto riguarda i reati presi in considerazione dall’Amministrazione ai fini dell’adozione dell’atto impugnato, il Sig. -OMISSIS- afferma, per quel che attiene ai “precedenti di polizia per violazione norme iva e altro”, di essere stato assolto dall’ascritto reato; per quel che attiene alla denuncia dello stesso “in stato di arresto per estorsione, in data 30.11.2007”, che “nell’istaurando processo penale saranno acquisite prove assolutorie già  raccolte dagli organi inquirenti in sede di istruzione probatoria”, in particolare, “¦è già  agli atti dell’indagine dichiarazione di altro indagato, assolutoria delle posizioni dell’odierno ricorrente”.
Al punto 1.4. del ricorso, “per mero tuziorismo ed in via di estremo subordine”, il ricorrente evidenzia altresì che “Le misure di prevenzione del crimine postulano una prognosi fondata su elementi di fatto che richiedono una soglia di probabilità  qualificata in ordine alla commissione di reati, non potendosi fondare su mere ipotesi logiche” e che “la Questura ha irragionevolmente attratto a mere presunzioni (¦) l’avviso teso a prevenire condotte illecite¦”.
Nell’atto di “motivi ulteriori”, il ricorrente afferma che dal registro delle notizie di reato non risultano “iscrizioni suscettibili di comunicazione” e che dal certificato dei carichi pendenti risultano tre procedimenti penali. In relazione a questi ultimi, il ricorrente evidenzia che, per quanto riguarda il primo, egli era soltanto una vittima e, per quanto riguarda il secondo, che vi è stata rimessione di querela. Il terzo sarebbe il procedimento penale per estorsione citato nell’atto impugnato, in relazione al quale, nel ricorso introduttivo, il ricorrente ha addotto l’esistenza di prove assolutorie già  raccolte dagli organi inquirenti in sede di istruzione probatoria e, più nello specifico, di una dichiarazione di altro indagato che sarebbe assolutoria delle sue posizioni.
La normativa vigente all’epoca dell’adozione del provvedimento impugnato era la Legge n. 1423 del 1956.
Più nello specifico e per quanto rileva in questa sede, l’art. 1 stabilisce che i provvedimenti ivi previsti si applicano nei confronti di:
1) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi;
2) coloro che – per la condotta ed il tenore di vita – debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, vivere abitualmente, anche in parte, di proventi di attività  delittuose;
3) coloro che – per il loro comportamento – debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità  fisica o morale dei minorenni, la sanità , la sicurezza o la tranquillità  pubblica”.
Il successivo art. 4 (come modificato dall’art. 5 della Legge 3.8.1988, n. 327) dispone, inoltre, che l’applicazione dei provvedimenti di cui all’art. 3 (sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più province, obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale) è consentita dopo che il Questore nella cui provincia la persona dimora ha provveduto ad avvisarla oralmente che esistono sospetti a suo carico e ad indicare i motivi che li giustificano, invitando la persona destinataria a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo il processo verbale dell’avviso al solo fine di dare allo stesso data certa.
Alla stregua delle richiamate disposizioni, l’avviso orale di cui all’art. 4 della Legge n. 1423 del 1956, come modificato dalla Legge n. 327 del 1988, consiste, pertanto, nell’avvertimento della sussistenza di sospetti a carico di una persona, per la quale si profilano “elementi di fatto” che facciano ritenere l’appartenenza ad una delle categorie previste dall’art. 1 della Legge n. 1423 del 1956 e non ha altro effetto se non quello di consentire la proposta all’Autorità  giudiziaria, entro tre anni, di applicazione delle misure di prevenzione.
La giurisprudenza, nell’interpretare la normativa ora richiamata, ha da tempo chiarito che il giudizio sulla pericolosità  sociale del soggetto avvisato non richiede la sussistenza di prove compiute sulla commissione di reati, essendo sufficienti anche meri sospetti su elementi di fatto tali da indurre l’Autorità  di polizia a ritenere sussistenti le condizioni di pericolosità  sociale che possano dar luogo, da parte del giudice, all’applicazione delle misure di prevenzione antisociali (Cons. Stato, sez. I, 28 giugno 2011, n. 1206; Consiglio di Stato, sez. VI, 18 ottobre 2010, n. 7570).
Pertanto, risulta legittimo procedere all’avviso orale anche in assenza di addebiti specifici, purchè emerga una situazione rivelatrice di personalità  incline a comportamenti asociali o antisociali (Cons. Stato, sez. I, 28 giugno 2011, n. 1206; Consiglio di Stato, sez. VI, 18 ottobre 2010, n. 7570; Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 1984, n. 312; sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7581).
Il giudizio di pericolosità  sociale che giustifica l’avviso de quo “¦è tipica valutazione di merito, che sfugge al sindacato di legittimità  del giudice amministrativo se non sotto profili di abnormità  dell’iter logico o di incongruenza della motivazione” (Cons. Stato, sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7581), profili che, nel caso di specie, non sussistono.
Questo Collegio ritiene che la valutazione effettuata dalla Questura non abbia i caratteri nè dell’abnormità , nè dell’incongruenza.
Dal provvedimento impugnato si evince che i dubbi sulla correttezza della condotta di vita del ricorrente si fondano sui seguenti elementi di fatto:
– “¦precedenti di polizia per violazione norme iva ed altro”;
– arresto per estorsione, in data 30.11.2007;
– frequentazione di pregiudicati con precedenti per reati contro il patrimonio e altro;
– condotta pregressa.
Dalla stessa lettura del ricorso e dell’atto di motivi ulteriori emerge che nel certificato dei carichi pendenti del ricorrente risultano essere trascritti tre procedimenti penali (Cfr. Allegato n. 9 depositato dal ricorrente in data 16.5.214).
A nulla rileva l’affermazione del ricorrente, in relazione al primo procedimento penale, di essere stato vittima e di aver agito in danno dei soggetti che hanno dato impulso alle indagini avviate dalla Procura. A nulla rileva altresì, per quanto riguarda il terzo procedimento penale, l’addotta esistenza di prove assolutorie della posizione del ricorrente. Ciò in quanto, a prescindere dallo stesso esito dei giudizi penali (per il primo procedimento penale cfr. sentenza del Tribunale di Bari – Sezione Distaccata di Rutigliano, n. 28 del 2011 – Allegato n. 2 e per il terzo procedimento cfr. sentenza della Corte d’Appello di Bari, Sez. III, n. 1144 del 4.4.2013 – Allegato n. 1, depositate dal ricorrente in data 16.5.2014), gli elementi di fatto sopra indicati, erano già  di per sè sufficienti a fondare i sospetti sulla correttezza della condotta di vita del ricorrente.
Non risulta essere determinante neppure il fatto che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari avesse rilasciato un certificato con il quale si comunicava che a nome del ricorrente “non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazioni ex art. 110 bis disp.att. e 335 co. 3 e 3 bis c.p.p. alla data del 15.4.2008”. Sul punto, ci si limita a ricordare che, proprio ai sensi del comma 3 bis dell’art. 335 c.p.p. “Se sussistono specifiche esigenze attinenti all’attività  di indagine, il pubblico ministero, nel decidere sulla richiesta, può disporre con decreto motivato, il segreto sulle iscrizioni¦”.
Del pari non rileva la sentenza n. 360 del 2007 (RGNR nn. 4390 – 4910 del 1995) depositata dal ricorrente sempre in data 16.5.2014, in quanto si tratta di assoluzione del ricorrente per intervenuta prescrizione. Nè rilevano le sentenze n. 1144/2013 e n. 28/11 perchè intervenute comunque successivamente al provvedimento impugnato. Tali decisioni non possono intervenire “retroattivamente” eliminando i sospetti che legittimamente erano sorti in capo all’Amministrazione sulla base del contesto sintomatico esistente all’epoca dell’adozione dell’impugnato provvedimento..
A ciò si aggiunga che dalla documentazione allegata dall’Amministrazione al fine di comprovare la fondatezza del provvedimento impugnato si evince, tra l’altro, che il Sig. -OMISSIS-:
– in data 13.7.1989 è stato denunciato, in stato di libertà , per ricettazione;
– in data 7.10.1996 è stata emessa ordinanza di custodia cautelare domiciliare nr. 4910/95 RG -n. 5076/95 RGGIP, emessa dal GIP presso il Tribunale di Trani, afferente il reato di associazione per delinquere finalizzata all’appropriazione indebita, riciclaggio, falso ed altro;
– in data 15.10.2005 è stato destinatario di querela per il delitto di cui all’art. 646 c.p. (appropriazione indebita);
– in data 7.8.2006 è stato controllato dai militari dell’Arma di Bari, in Viale Europa di Bari, mentre era in compagnia di due persone censurate;
– in data 29.11.2007 è stato tratto in arresto per i delitti di associazione per delinquere, estorsione ed altro;
– in data 4.3.2008 è stato controllato da personale dipendente del Commissariato di P.S. di Bitonto in Piazza Marena di Bitonto, mentre era in compagnia di una persona censurata.
In conclusione, dalla lettura di tutti gli atti di causa emerge che, al momento in cui l’avviso è stato emanato, esisteva un contesto generale tale da giustificare l’adozione nei confronti del ricorrente del provvedimento impugnato.
L’avviso orale, avendo natura preventiva, può essere sorretto anche solo da una valutazione di carattere indiziario di portata generale fondata su elementi di fatto significativi nel loro complesso (Cons. Stato, sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7581).
Tale motivo di ricorso risulta pertanto infondato e va respinto.
2. – Per quanto riguarda la censura di difetto di motivazione, questo Collegio si limita ad osservare che dalla lettura del provvedimento impugnato emerge la sussistenza di idonea e sufficiente motivazione.
Il provvedimento impugnato indica sinteticamente, ma in modo ben intellegibile, numerosi presupposti di fatto (già  indicati al punto 1. di questa sentenza) giustificativi della determinazione adottata.
Per quanto riguarda, infine, la censura relativa al difetto di istruttoria, si osserva che la motivazione indicata nel provvedimento, nonchè la relazione e la documentazione depositata in atti dall’Amministrazione smentiscono l’assunto del ricorrente.
In particolare, dalla relazione dell’Amministrazione depositata in atti in data 9.5.2008, emergono dettagliati elementi di fatto (già  indicati al punto 1. di questa sentenza) che comprovano la correttezza della misura di prevenzione contestata.
Anche tale motivo di ricorso risulta pertanto essere infondato.
Alla luce di quanto sopra esposto il ricorso deve essere respinto.
Considerata la peculiarità  della questione sottesa al presente giudizio, questo Collegio ritiene che sussistano eccezionali ragioni per compensare integralmente le spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Vista la richiesta dell’interessato e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità  della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati nella predetta istanza.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Flavia Risso, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/09/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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