1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatori – Legittimazione e interesse – Vicinitas 


2. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Ricorso – Tardività  – Onere della prova – Sussiste – Fattispecie  

3. Edilizia e urbanistica – qualificazione intervento – Rilevanza N.T.A. – Ininfluenza 

4. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Motivi di ricorso – Accoglimento primo motivo – Assorbimento censure – Ricorso incidentale e motivi aggiunti- Inammissibilità  per sopravvenuto difetto di interesse

1. àˆ infondata l’eccezione di inammissibilità  del ricorso per difetto di interesse riveniente da quello di titolarità  sull’immobile oggetto dei lavori di manutenzione controversi, laddove la ricorrente esibisca in fase istruttoria il contratto di compravendita (nel quale riveste la qualità  di acquirente) di un’unità  immobiliare nel palazzo cui si riferiscono gli atti impugnati , acquisendo, in tal modo la legittimazione e l’interesse alla proposizione del ricorso dalla qualità  di vicino (nel caso di specie, il Collegio ha riconosciuto che tale documento attestasse la posizione di vicinitas alle strutture oggetto di manutenzione-ristrutturazione conferendo in capo alla ricorrente una posizione qualificata e differenziata per contestare i provvedimenti impugnati riguardanti la restante parte dell’immobile nel quale ha un appartamento in proprietà , e tanto, quand’anche non fosse comproprietaria delle parti comuni interessate dagli interventi). 


2. L’eccezione di tardività  del ricorso deve essere provata ( nella specie, peraltro, deve considerarsi che, secondo un principio di ragionevolezza, non è ipotizzabile che la ricorrente avesse conosciuto del titolo immediatamente risultando per tabulas, dalle istanze di accesso, il contrario). 

3. Non ha rilevanza l’esatta qualificazione delle opere come intervento di risanamento o ristrutturazione edilizia, laddove il disposto delle N.T.A., applicabili alla c.d. “zona A2”, consentano, fino all’adozione del P.R.G., solo interventi di manutenzione ordinaria. 

4. L’accoglimento del primo motivo di ricorso, rende del tutto superfluo l’esame delle ulteriori questioni che, anche laddove accolte o respinte non comporterebbero alcuna utilità  maggiore ovvero una modifica della statuizione complessiva di annullamento, determinando l’assorbimento delle altre doglianze e l’inammissibilità  per difetto d’interesse del ricorso incidentale con i relativi motivi aggiunti.

N. 01096/2014 REG.PROV.COLL.
N. 02159/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2159 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Angela Cecilia Mazzarelli, rappresentata e difesa dall’avv. Giacomo Valla, con domicilio eletto presso Giacomo Valla in Bari, via Q. Sella, n.36; 

contro
Comune di Putignano, rappresentato e difeso dall’avv. Rocco Mario Pisconti, con domicilio eletto presso Alessandro Di Cagno in Bari, via Putignani, n.47; 
Soprintendenza Per Beni Architettonici e Paes. Province di Ba,Fg, Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali; 

nei confronti di
P.G.S. Immobiliare S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Federico Carbonara, Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto presso Vito Aurelio Pappalepore in Bari, via Pizzoli, n.8; 

per l’annullamento
quanto al RICORSO PRINCIPALE:
“- del permesso di costruire in variante n. 29/2011 rilasciata alla P.G.S. Immobiliare s.r.l. riguardante i lavori qualificati di “manutenzione straordinaria” del fabbricato sito al C.so Umberto I n. 53;
– di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, compresa la delibera del Consiglio comunale n. 2 dell’11.2.2011, recante “atto di indirizzo per interventi da eseguire su edifici di costruzione ottocentesca o primo novecento ricadente in zona omogenea A2 centrale urbana di interesse ambientale di P.R.G.”, nonchè il permesso di costruire n. 46/2009 del 15.10.2010.”
quanto al RICORSO INCIDENTALE depositato il 7 febbraio 2012:
per l’annullamento, con conseguente declaratoria di inammissibilità  e/o infondatezza del ricorso principale, in parte qua e nei limiti di interesse della P.G.S. Immobiliare s.r.l.,
degli atti con i quali il Comune di Putignano aveva chiesto alla Soprintendenza per Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia il parere reso in data 1° settembre 2010, il suddetto parere, nonchè il permesso di costruire in variante n. 29/2011 rilasciato a favore di essa P.G.S. Immobiliare s.r.l. nella parte in cui richiama detto parere, sia pur “per quanto riguarda i balconi”;
quanto al RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI AL RICORSO INCIDENTALE, depositato il 3 ottobre 2012:
per l’annullamento, con conseguente declaratoria di inammissibilità  e/o infondatezza del ricorso principale, in parte qua e nei limiti di interesse della P.G.S. Immobiliare s.r.l.,
della nota del Comune di Putignano del 16 aprile 2012 e della nota della Soprintendenza per Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia del 18 giugno 2012.
 

Visti il ricorso, il ricorso incidentale e i motivi aggiunti nonchè i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Putignano e di P.G.S. Immobiliare S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2014 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori Giacomo Valla, Rocco Mario Pisconti, Federico Carbonara e Vito Aurelio Pappalepore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
L’odierna ricorrente è proprietaria di un appartamento nell’edificio sito in Putignano v. Umberto I n.53.
L’edificio ricade in zona A2 (zona immediatamente al esterna al centro urbano, classificato A1, caratterizzata da palazzi di costruzione ottocentesca e primi ˜900, oltre ad altri di più recente costruzione) ed è un palazzo di graziosa fattura (anche se non può qualificarsi come opera di straordinario pregio artistico) dell’ ˜800 (v. fotografie in atti), di 4 piani f.t. (un piano terra più tre piani ulteriori), privo di ascensore e sormontato da una sopraelevazione edilizia (di discutibile pregio), realizzata negli anni ’60 ad opera delle allora proprietarie, consistente in due vani di altezza mt. 2,00 adibiti a deposito.
L’immobile, pur se di apprezzabile fattura, non è sottoposto a vincolo culturale.
La zona A2 è normata dalle NTA del PRG agli art. 46 e ss. (v. all. 11 del ricorso introduttivo) che rinviano, in parte, alle prescrizioni di cui agli artt. 42 e 43 previste per la zona A1.
L’odierna controinteressata, società  proprietaria di quasi tutta la restante parte dell’edificio (tranne un appartamento in proprietà  D’Alessandro), intenzionata ad effettuare interventi edilizi sul fabbricato in questione, ha chiesto ed ottenuto un primo PdC (permesso di costruire) recante n. 46/2009 e poi un PdC in variante n. 29/2011.
Il contenuto dei due titoli edilizi può essere così sintetizzato:
– il PdC n. 46/2009 autorizzava la manutenzione straordinaria dell’immobile (con opere di risanamento), senza modifica di unità  immobiliari interne (v. relazione esplicativa depositata dal Comune 14.3.2013, a seguito di incombenti istruttori disposti con ordinanza coll. n.219/2013), escludendo l’installazione dell’ascensore e senza aumento di altezza dei vani deposito.
In particolare aveva buon gioco nella scelta di non autorizzare l’installazione dell’ascensore, un parere reso dalla Sovrintendenza (sulla cui legittimità  e necessità  ci si soffermerà  in prosieguo) in data 18.3.2010, che ne escludeva la compatibilità  con l’immobile, in quanto la realizzazione del vano tecnico per alloggiarlo avrebbe comportato la foratura delle volti a botte dell’edificio, danneggiando, così un elemento architettonico di pregio (suggerendo, altresì di posizionarlo nel cortile interno, all’esterno cioè del corpo del fabbricato).
– Con il PdC in variante n. 29/2011 si autorizzava il “risanamento conservativo e la sostituzione edilizia dell’immobile”, con completa rielaborazione e sostituzione del progetto precedentemente assentito, apportando modifiche non scorporabili rispetto al precedente progetto (si tratta in sostanza di una trasformazione complessiva del progetto e non di aggiunta di singoli interventi distinti e isolabili rispetto all’originario progetto).
Si prevedeva, in particolare, la diversa distribuzione degli alloggi, l’installazione (benchè in posizione diversa, ma non esterna) dell’ascensore e la sopraelevazione a mt. 2,20 dei locali deposito siti sul terrazzo.
Il secondo titolo è, pertanto, integralmente sostitutivo del primo (cioè novatorio).
Si è in presenza, dunque, di una variante essenziale dell’originario PdC (e tanto incide sulla tempestività  del ricorso, come si dirà  nel prosieguo).
Esiste in atti, poi, un ulteriore PdC n. 63/2011 che riguarda una proprietà  diversa da quella delle odierne parti in causa (D’alessandro), autorizzando la fusione di due unità  immobiliari, al fine di consentire l’installazione del vano ascensore.
Con tre motivi di ricorso, la ricorrente, si duole della legittimità  dei titoli edilizi rilasciati dal Comune, denunciandone la contrarietà , prima di tutto, alle NTA che disciplinano gli interventi ammissibili nella zona A2.
Impugna, inoltre, la delibera comunale che ha escluso, interpretando autenticamente le NTA, la necessità  del parere della Soprintendenza per gli interventi edilizi, salvo che l’immobile sia sottoposto a vincolo.
Nel contrastare le censure proposte, sollevando varie eccezioni in rito, la controinteressata ha proposto anche ricorso incidentale, impugnando (dichiaratamente a fini tuzioristici e “nei limiti d’interesse”) gli stessi titoli edilizi, nonchè il precedente parere della Soprintendenza, lamentando, in estrema e doverosa sintesi, che il parere in questione non andasse richiesto, in quanto prescritto, dalle NTA, oltre che dai principi generali dell’ordinamento, per i soli edifici vincolati.
All’udienza del 18.6.2014, dopo una corposa fase cautelare (caratterizzata da alcuni incidenti di esecuzione) e una puntuale istruttoria, necessaria al fine di decidere l’eccezione di intempestività  del ricorso, la causa è stata trattenuta in decisione.
La particolare insistenza delle difese delle parti resistenti sulle eccezioni in rito, impone di trattarle diffusamente.
Infondata in primo luogo è l’eccezione di inammissibilità  del ricorso per difetto della titolarità , in capo alla ricorrente, di alcun diritto di proprietà  (o altro diritto reale od obbligatorio) sull’immobile oggetto dei lavori di manutenzione controversi.
La ricorrente, infatti, con deposito effettuato il 12.1.2012, ha versato nel fascicolo processuale il contratto di compravendita (in cui ella riveste la qualità  di acquirente), di un’unità  immobiliare nel palazzo sito in v. Umberto I n.53 (quello cui si riferiscono gli atti impugnati), così dimostrando la contestata posizione proprietaria, già  allegata in ricorso.
Tanto vale a riconoscere la legittimazione anche nell’ipotesi in cui la stessa non fosse comproprietaria delle c.d. parti comuni interessate dagli interventi, in quanto, la sua evidente posizione di vicinitas alle strutture oggetto di manutenzione-ristrutturazione, comunque, le conferisce posizione qualificata e differenziata, per contestare i provvedimenti impugnati riguardanti la restante parte dell’immobile in cui ella ha un appartamento in proprietà .
Parimenti infondata è l’eccezione di tardività  del ricorso.
Come si è avuto modo di chiarire nella narrativa in fatto, il PdC in variante “stravolge” completamente l’assetto dei lavori precedentemente assentiti.
Le censure mosse, ad un puntuale esame, attengono esclusivamente tale nuovo progetto, il quale unicamente ed esclusivamente autorizza gli interventi avversati dalla ricorrente, concretizzando la necessaria lesività .
Dunque, è dalla conoscenza di tale atto che va calcolato il decorso del termine decadenziale di impugnativa.
Pertanto, del tutto irrilevanti sono gli accessi agli atti esercitati dalla ricorrente che risultano essere tutti antecedenti al PdC in variante n. 29/2011 e, pertanto, non incidono punto, sulla tempestività  del ricorso rispetto a tale ultimo atto.
Orbene, poichè il titolo in questione è stato rilasciato il 29.9.2011 ed il ricorso spedito per la notifica il 5.12.2011, considerato che i titoli edilizi non contemplano un regime di pubblicità  legale, considerato, altresì, che chi eccepisce la tardività  deve darne prova (e le resistenti non hanno fornito prova alcuna della conoscenza del titolo lesivo in data precedente ai 60 giorni antecedenti il 5.12.2011), considerato, inoltre che, secondo un principio di ragionevolezza, non è ipotizzabile che la ricorrente abbia conosciuto del titolo immediatamente (cioè prima del 6.10.2011, si consideri, sul punto, che a seguito delle istanze di accesso, risulta attestazione di ritiro copie il 6.10.2011 seguita da una ulteriore del 29.11.2011 v. all.3 fascicolo controinteressata), l’eccezione è infondata.
Nel merito, è fondato il primo motivo di ricorso, restando tutte le altre questioni (ulteriori doglianze e ricorso incidentale) sostanzialmente assorbite.
Per una più chiara comprensione dei passaggi motivazionali, è opportuno focalizzare l’attenzione, in primo luogo, su ciò che il PdC n. 29/20011 ha assentito.
In estrema sintesi, gli interventi edilizi di rilievo possono essere così descritti:
-inserimento del vano ascensore (inizialmente non assentito in ragione del parere della Soprintendenza) all’interno del corpo di fabbrica, in posizione più arretrata rispetto all’iniziale proposta (benchè la sua realizzazione comporti ugualmente, sia pure in misura più ridotta, la foratura delle volte a botte di alcuni piani dell’edificio);
-aumento di altezza dei vani deposito siti sul terrazzo da mt 2,00 a mt 2,20. Tale circostanza è stata vivamente contestata dalla difesa della PGS (v. pag 10 dell’atto di costituzione) che ha negato, in punto di fatto, che vi sia stato alcun titolo teso all’aumento delle altezze. Senonchè, emerge documentalmente dalla relazione tecnica di accompagnamento all’istanza di variante (v. pag. 3 della relazione tecnica, depositata da parte ricorrente il 26.1.2012) la espressa indicazione di tale aumento di altezza e, conseguentemente, di volumetria;
-modifica della consistenza interna delle unità  abitative, con trasformazione del secondo piano, la cui singola unità  abitativa padronale viene suddivisa in due appartamenti.
Gli interventi così descritti, che la difesa sia del Comune, sia della controinteressata, vorrebbero qualificare come di risanamento conservativo e sostituzione edilizia (a loro dire consentiti dallo strumento urbanistico di dettaglio, ma sul punto ci si soffermerà  in prosieguo), appaiono in realtà  una vera e propria ristrutturazione edilizia.
Infatti, l’organismo edilizio frutto degli interventi assentiti con il PdC n. 29/2011, sarebbe, per la sua consistenza complessiva (soprattutto in relazione alla creazione di una ulteriore unità  abitativa), diverso da quello originario.
Non è, invece, configurabile l’allegato risanamento conservativo in quanto manca, nel caso di specie, il rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali che caratterizzano, a livello definitorio, tale tipo di intervento.
In ogni caso, la esatta qualificazione delle opere in questione come intervento di risanamento o ristrutturazione edilizia, perde di rilevanza laddove si ponga mente all’ineludibile disposto delle NTA applicabili alla zona A2 che consentono, nel caso di specie, solo interventi di manutenzione ordinaria.
Infatti, l’art. 46 NTA del PRG dispone, all’ultimo comma, che, per gli edifici ottocenteschi, valgono le prescrizioni di cui agli artt. 42 e 43.
L’art. 42, a sua volta, dispone che, “Sino all’approvazione del Piano Particolareggiato di Inquadramento e dei susseguenti Piani di recupero, così come individuati dallo stesso Piano Particolareggiato di Inquadramento, nella zona A1 sono consentiti solo interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonchè interventi di accorpamento e frazionamento di unità  immobiliari senza opere”.
Poichè per la zona A2 non risulta ancora adottato lo strumento di dettaglio, deve ritenersi che gli unici interventi consentiti siano quelli di manutenzione straordinaria, ipotesi pacificamente da escludersi (anche dalle stesse difese dei resistenti che non a caso insistono sulla qualificazione come risanamento), attesa la modifica di sagoma e volumetria dell’edificio.
Il Collegio, peraltro, precisa che nemmeno percorribile risulta la tesi proposta dalla società  costruttrice e dal Comune, in base alla quale l’intervento di risanamento conservativo sarebbe ammesso, per le zone A1, dalle NTA del Piano Particolareggiato applicabile a tali zone.
Tale tesi incorre in un evidente distonia interpretativa, laddove pretende di applicare alle zone A2 le prescrizioni delle NTA dello strumento di dettaglio previsto per le zone A1.
Infatti, l’art. 46 rinvia solo agli art. 42 e 43 delle NTA del PRG e non anche alle disposizioni della pianificazione di dettaglio contemplata per le zone A1.
Risulta, pertanto, integrata la censurata violazione delle disposizioni di cui agli artt. 42 e 46 delle NTA, in quanto nella zona A2, fino all’adozione del Piano particolareggiato, non possono effettuarsi nè interventi di ristrutturazione edilizia, nè interventi di risanamento conservativo.
La pronuncia di annullamento, peraltro, va circoscritta, al solo PdC n. 29/2011, in quanto è solo su di esso che si appuntano le censure mosse dalla ricorrente.
Quanto alle altre doglianze ed al ricorso incidentale (con i relativi motivi aggiunti), questi vanno dichiarati rispettivamente assorbite ed inammissibile per difetto d’interesse, in quanto l’accoglimento del primo motivo di ricorso, rende del tutto superfluo l’esame delle ulteriori questioni che, anche laddove accolte o respinte non comporterebbero alcuna utilità  maggiore ovvero una modifica della statuizione complessiva di annullamento del PdC n. 29/2011.
In ogni caso, deve ossservarsi che risulterebbero fondate le argomentazioni proposte con il ricorso incidentale laddove si sostiene che il parere della Soprintendenza vada richiesto solo per gli edifici sottoposti a vincolo (e non anche per quelli ottocenteschi non vincolati), in quanto ciò è esplicitamente prescritto dall’art. 42.
Tanto il Collegio ritiene di chiarire, a fini conformativi dell’operato dell’amministrazione in sede di riedizione del potere di governo edilizio sul palazzo in questione.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, accoglie il ricorso principale e per l’effetto annulla il permesso di costruire rilasciato dal Comune di Putignano n. 29/2011.
Dichiara inammissibile il ricorso incidentale con i relativi motivi aggiunti.
Condanna il Comune di Putignano e la P.G.S. Immobiliare S.r.l. al pagamento in solido delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 3000,00, oltre IVA, CAP e spese generali, nonchè rifusione del contributo unificato, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
Maria Colagrande, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/09/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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