1. Processo amministrativo – Edilizia e urbanistica – Elusione giudicato sul silenzio P.A. – Non sussiste – Fattispecie  

2. Espropriazione per pubblica utilità  Vincolo preordinato all’esproprio – – Disponibilità  lotti in capo al Comune – Qualificazione del vincolo 

3. Espropriazione per pubblica utilità  – Piano regolatore generale – Natura ed efficacia del vincolo espropriativo – Fattispecie

1. Non sussiste violazione o elusione del giudicato da parte della P.A., nel caso in cui il Tar, nel giudizio sul silenzio serbato in ordine alla richiesta di concessione del permesso di costruire, si sia limitato a sollevare dubbi sulla coerenza dell’interpretazione delle N.T.A., senza tuttavia emanare una decisione suscettibile di fare stato inter partes. 

2. Laddove il Comune abbia la disponibilità  dei lotti come proprietario, dopo averli espropriati in attuazione di un Piano di zona, rende di fatto irrilevante, a fini della qualificazione del vincolo, la circostanza che la realizzazione delle opere di E.R.P. potrebbe essere eseguita anche da privati, circostanza dirimente ai fini del discrimine fra vincoli conformativi e vincoli espropriativi, solo se la destinazione a impianti o opere di interesse generale sia perseguibile anche per iniziativa dei proprietari, senza necessità  di ablazione dei suoli. 

3. Coerentemente con l’orientamento della Corte europea dei diritti dell’uomo che ravvisa la violazione dell’art. 1 del primo protocollo aggiuntivo della Carta EDU, nella prenotazione sine die della proprietà  privata, non è sufficiente, perchè possa dirsi solo conformativo, che il vincolo sia impresso da uno strumento generale; o, come nel caso in esame, nelle N.T.A., aventi rango regolamentare e suscettibili quindi di ripetuta applicazione, caratteristiche tradizionalmente ritenute incompatibili con la natura concreta e puntuale del vincolo espropriativo (nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che alla destinazione residenziale, prevista per la zona C1 dove ricade l’area della ricorrente, dovesse far seguito il rilascio del permesso secondo le prescrizioni della zona C1, finchè non fosse intervenuto un P.d.Z. che, al contrario del vigente P.E.E.P., annovera detta area fra quelle destinate a E.R.P.).

N. 01088/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00266/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 266 del 2013, proposto da: 
Teresa Leone, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Paccione, con domicilio eletto presso Luigi Paccione in Bari, via Q. Sella, n. 120; 

contro
Comune di Rutigliano, rappresentato e difeso dall’avv. Lorenzo Derobertis, con domicilio eletto presso Lorenzo Derobertis in Bari, via Niccolo’ Pizzoli n.8; Regione Puglia; 

– per l’annullamento
della nota prot n. 021781_12 dell’11 dicembre 2012 di diniego di permesso per costruire e del presupposto parere n. 18893 del 26 ottobre 2011, nonchè
-per l’accertamento della fondatezza dell’istanza di rilascio del permesso per costruire del 30 aprile 2009,
– per il risarcimento danni derivanti dal ritardo nel provvedere e dal diniego.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Rutigliano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2014 la dott.ssa Maria Colagrande e uditi per le parti i difensori Luigi Paccione e Lorenzo Derobertis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Teresa Leone è proprietaria di un’area censita al catasto del Comune di Rutigliano al foglio 6, particella 1670, ricadente in zona C, zona di espansione edilizia, per la quale il PRG approvato il 31 marzo 2005 prevede la destinazione a edilizia residenziale pubblica nelle aree non edificate.
La ricorrente, infatti, dopo aver chiesto il permesso per costruire con istanza del 30 aprile 2009 e dato seguito in fase istruttoria all’invito ad integrare la produzione documentale, ha impugnato il silenzio dell’amministrazione comunale che, nonostante il preavviso di diniego, non aveva concluso il procedimento con un provvedimento espresso.
Alla sentenza n. 1881/2012, con la quale il TAR Puglia Bari ordinava al Comune di pronunciarsi sull’istanza della ricorrente, faceva seguito il provvedimento di diniego dell’11 dicembre 2012, impugnato con il ricorso in decisione per i seguenti motivi:
1) Nullità  ex art. 21 septies l. 241/90. Violazione o elusione del giudicato formatosi sulla sentenza del Tar Bari sezione III del 7 novembre 2012 n. 1881, in quanto il diniego, motivato con il rilievo che l’intervento edilizio sarebbe incompatibile con l’art. 33 delle NTA del PRG, sarebbe contrario al giudicato della sentenza 1881/12 con la quale il TAR, accogliendo il ricorso, nella parte motiva ha espresso dubbi sulla rigida interpretazione data dal Comune dell’art. 33 delle NTA del PRG, secondo la quale i suoli ricadenti nella zona C1 di espansione, ove non già  compresi in un piano attuativo, sono destinati esclusivamente a edilizia residenziale pubblica, benchè il Comune sia dotato di un piano per l’edilizia economico popolare che non comprende il suolo appartenente alla ricorrente.
2) Eccesso di potere per contraddittorietà , difetto assoluto di istruttoria, carente motivazione, illogicità  manifesta, erronea presupposizione – Sviamento di potere e di procedura: il PRG che imprime al suolo della ricorrente la destinazione ad ERP è stato adottato prima del PEEP, non dopo, come asserito dal Comune per sottrarsi al vincolo del giudicato.
3) Violazione di principi costituzionali di certezza del diritto, di tutela della proprietà  privata e di libertà  di iniziativa economica (articoli 42 e 41 Cost.) – Violazione e falsa applicazione dell’art. 51 della l. 865/71 – Eccesso di potere per perplessità , illogicità  e ingiustizia manifesta, contraddittorietà  – Sviamento di potere, perchè il provvedimento giustifica il diniego opposto all’istanza della ricorrente in quanto “l’amministrazione comunale ha facoltà  di redigere un piano ex art. 51 della legge 865/71 includendo anche l’area di proprietà  della Signora Leone”, benchè il Comune di Rutigliano sia dotato di PEEP e l’adozione del piano ex art. 51 sia possibile solo in mancanza di un PEEP ;
4) Violazione dei principi costituzionali di certezza del diritto, di tutela della proprietà  privata e di libertà  di iniziativa economica (artt. 42 e 41 Cost.) – Violazione dell’art. 20 del D.P.R. n. 380/ 01 in relazione all’art. 33 NTA del PRG del Comune di Rutigliano e in relazione al piano di zona del Comune di Rutigliano definitivamente approvato con deliberazione di Consiglio comunale n. 38 del 24.5.2005, perchè nell’interpretazione autentica dell’art. 33 NTA, data dall’amministrazione a riscontro delle osservazioni della ricorrente (recepita poi nella delibera n. 462 della Giunta regionale del 20 aprile 2004 di approvazione del PRG), si dà  atto che l’individuazione di un’area come soggetta ad ERP è rinviata ad un piano di zona da adottarsi ai sensi dell’art. 35 della l. 865/71, così confermandosi che il vincolo di destinazione della aree C1 ad interventi di ERP è subordinato alla inclusione delle stesse in un PEEP, e comunque il vincolo imposto dall’art. 33 delle NTA è da ritenersi decaduto, sia per effetto del decorso del quinquennio dalla data di approvazione del PRG, sia per effetto dell’adozione del PEEP che non comprende il suolo di proprietà  della ricorrente.
5) Eccesso di potere per contraddittorietà  dell’azione amministrativa e difetto di istruttoria -Violazione dei doveri di collaborazione procedimentale – Violazione dei principi di buona fede e correttezza perchè il Comune, in seno al procedimento conclusosi con il diniego impugnato, prima ha sollecitato il deposito di documenti integrativi dell’istanza poi ha opposto la destinazione urbanistica impressa dall’art. 33 delle NTA del PRG.
6) In via gradata, illegittimità  dell’art. 33 delle NTA del PRG perchè irrazionale e contraddittoria, ove interpretata come un limite che, nel prescrivere la destinazione ad ERP dei suoli ricadenti in zona C1 non compresi in piani attuativi, da un lato impone ai privati di proporre un piano particolareggiato, dall’altro impone una destinazione incompatibile con siffatta iniziativa, con decorrenza dalla entrata in vigore del PRG.
La ricorrente chiede poi accertarsi la fondatezza della domanda di rilascio del permesso per costruire e il risarcimento dei danni derivanti dal ritardo nell’istruzione del procedimento e dal diniego definitivo da accertarsi mediante consulenza tecnica d’ufficio..
Il Comune si è costituito deducendo in rito l’irricevibilità  del ricorso nella parte in cui si impugna l’art. 33 delle NTA del PRG per motivi che avrebbero dovuto essere fatti valere nei termini di decadenza e chiedendo nel merito il rigetto del ricorso.
1. Osserva il Collegio preliminarmente che non ricorre la dedotta violazione o elusione del giudicato perchè nella sentenza n. 1881/2012 il TAR Bari si è limitato a sollevare dubbi sulla coerenza dell’interpretazione dell’art. 33 data dal Comune, tenuto conto che l’area della ricorrente non figura nel PEEP, senza adottare in merito alcuna decisione o declaratoria suscettibile di fare stato inter partes con la garanzia della intangibilità  del giudicato.
2. Nel merito il ricorso è fondato.
L’art. 33 delle NTA stabilisce sulla proprietà  della ricorrente, ricadente nella zona C di espansione di PRG, un vincolo di destinazione a edilizia residenziale pubblica.
E’ controverso fra le parti se il vincolo impresso al suolo di proprietà  della ricorrente abbia natura conformativa – come tale non soggetto a decadenza – o espropriativa, pertanto decaduto perchè non reiterato nei cinque anni successivi alla sua adozione, con conseguente pieno diritto della ricorrente di ottenere il permesso per costruire alle condizioni stabilite dal PRG per la zona C 1 di espansione.
L’art. 39 del d.P.R. 327/01, che riconosce l’esistenza di vincoli sostanzialmente espropriativi, e l’orientamento della CEDU che promuove una penetrante tutela dell’integrità  del diritto di proprietà  nei confronti della mano pubblica, inducono a ritenere che non basta, perchè possa dirsi solo conformativo, che il vincolo sia impresso da uno strumento generale o, come nel caso in esame, nelle norme tecniche di attuazione, aventi rango regolamentare e suscettibili quindi di ripetuta applicazione, caratteristiche tradizionalmente ritenute incompatibili con la natura concreta e puntuale del vincolo espropriativo.
Infatti nonostante l’astrattezza e generalità  delle previsione de qua è evidente che la localizzazione nella zona C destinata ad espansione edilizia, comporta già  una conformazione della proprietà  privata che poi subisce un’ulteriore tipizzazione ad opera dello stesso strumento di pianificazione generale che la destina solo ad opere di edilizia residenziale pubblica nel caso non sia compresa in un piano attuativo, determinandone così la riduzione delle possibilità  edificatorie connesse alla localizzazione in zona C.
Occorre pertanto stabilire se una tale riduzione delle facoltà  edilizie incida il diritto di proprietà  al punto da svuotarne il contenuto, qual è desumibile dalla conformazione urbanistica della zona ove ricade il suolo di proprietà  della ricorrente (zona C di espansione intensiva).
E’ agevole dedurre che la condizione prevista dall’art. 33 delle NTA, secondo la quale per le zone C1 non ancora pianificate, la destinazione d’uso è esclusivamente quella residenziale pubblica, pone la destinazione ad ERP ad un secondo livello di pianificazione che, nell’alternativa fra edilizia privata e edilizia pubblica, entrambe compatibili con l’edilizia residenziale intensiva della zona C1, stabilisce in via esclusiva quella pubblica per le zone non pianificate.
Ne consegue che la destinazione ad edilizia residenziale delle aree comprese nella zona C1 di PRG subisce, per effetto di detta disposizione, una significativa riduzione della iniziale vocazione edificatoria.
Che tale riduzione implichi un vincolo sostanzialmente espropriativo è dimostrato poi dal fatto che alle osservazioni avanzate dalla ricorrente durante la formazione del PRG il Comune ha risposto precisando che “l’individuazione di un’area come soggetta all’edilizia residenziale pubblica attraverso un piano di zona sia in pratica rinviata all’applicazione di tutto quanto previsto dalla Legge 865 e come questa consideri la prelazione dei proprietari delle aree alla assegnazione dei lotti dei piani di zona”.
Ebbene, l’assegnazione dei lotti ai proprietari è prevista dall’art. 35 della l. 865/71, richiamato nella integrazione dell’art. 33 delle NTA, disposta in seguito all’accoglimento delle osservazioni della ricorrente, e postula che il Comune ne abbia la disponibilità  come proprietario dopo averli espropriati in attuazione di un piano di zona.
Tale circostanza rende di fatto irrilevante, a fini della qualificazione del vincolo, la circostanza che la realizzazione delle opere di ERP potrebbe essere eseguita anche da privati, circostanza dirimente ai fini del discrimine fra vincoli conformativi e vincoli espropriativi, solo se la destinazione ad impianti o opere di interesse generale sia perseguibile anche per iniziativa dei proprietari, senza necessità  di ablazione dei suoli (Consiglio di Stato, sez. IV, 11/09/2012, n. 4820 T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 16/09/2013, n. 1001).
E’ pertanto dimostrato che il vincolo di che trattasi sia preordinato all’esproprio e dunque soggetto alla decadenza prevista dall’art. 2 l. 19 novembre 1968 n. 1187 ormai intervenuta, essendo stato il PRG approvato il 31 marzo 2005.
Peraltro il PEEP adottato dopo il PRG si configura come variante di questo nella parte in cui localizza le opere di ERP su determinate aree, fra le quali non figura il suolo di proprietà  della ricorrente, con ciò revocando il vincolo ad esso impresso dall’art. 33 delle NTA.
Risulta pertanto fondato il quarto motivo con il quale la ricorrente deduce la decadenza o comunque il venir meno del vincolo e, per conseguenza, l’illegittimità  del diniego motivato sul presupposto che detto vincolo sia ancora efficace.
3. Il provvedimento gravato inoltre oppone all’istanza di rilascio del permesso, per costruire opere edilizie private, un diniego fondato sulla possibilità  che avrebbe il Comune di redigere un piano ex art. 51 l. 85/71 che includa anche la proprietà  della ricorrente.
Ebbene tale motivazione, oltre ad essere incompatibile con l’art. 33 NTA che rinvia per l’attuazione della destinazione ad ERP delle aree della zona C 1 alla redazione di un piano di zona inclusivo dell’area della ricorrente con la diversa procedura dell’art. 35 l. 865/71, non tiene conto del fatto che nel Comune di Rutigliano il piano di zona PEEP esiste, mentre, invece la procedura acceleratoria prevista dall’art. 51 per far fronte a sopravvenute esigenze abitative di interesse sociale, ne postula l’inesistenza o l’esaurimento (Consiglio di Stato, sez. IV, 29/08/2002, n. 4341).
Pertanto, prima di fare ricorso alla localizzazione degli interventi di ERP con la speciale procedura dell’art 51 l. 865/71 l’Amministrazione comunale è tenuta a reperire delle aree da destinare all’edilizia popolare all’interno del piano di zona vigente, che per ragioni di certezza, economicità  ed imparzialità  dell’azione amministrativa vincola il Comune a realizzare il fabbisogno abitativo stimato secondo i parametri dettati dalla l. 167/62 nell’ambito del piano, dal quale non si può prescindere per intraprendere scelte urbanistiche diverse con la procedura speciale di cui all’art. 51 cit. (C.d.S., Sez. IV, 23 gennaio 1992 n. 80), fatta eccezione per il caso in cui il piano, ancorchè esistente, abbia esaurito le proprie possibilità  edificatorie (Cons. giust. amm. siciliano, 13 ottobre 1998 n. 607).
L’applicazione di tali principi al caso concreto fa ritenere fondato anche il terzo motivo di ricorso.
Infatti il provvedimento gravato, nel ricondurre il diniego impugnato alla possibilità  di provvedere ex art. 51 l. 865/71, presuppone erroneamente che l’area della ricorrente, pur non essendo compresa nel PEEP, potrebbe nondimeno essere attratta alla destinazione di ERP tramite detta procedura, da un lato ignorando il rapporto di inderogabile sussidiarietà  fra il piano di zona per l’ERP – della cui esistenza lo stesso provvedimento dà  atto – e la procedura stabilita dall’art 51, dall’altro ponendosi in contrasto con lo stesso art. 33 NTA che, nell’interpretazione data dall’Amministrazione comunale recepita dalla Giunta regionale in sede di approvazione del PRG, è previsto sia attuato, e in concreto è stato attuato con l’approvazione de PEEP successiva all’approvazione del PRG, ai sensi dell’art. 35 della l. 865/71.
E allora, in conclusione e in coerenza con l’orientamento della Corte europea dei diritti dell’uomo che ravvisa la violazione dell’art. 1 del primo protocollo aggiuntivo della Carta CEDU (sentenza Scordino 15 luglio 2004 – ricorso 36815/97 paragrafi 71, 94-99) derivante dalla situazione di incertezza in cui si trovano i privati derivante dall’imposizione di vincoli di inedificabilità  virtualmente perpetui, quand’anche si volesse prescindere dalla natura espropriativa del vincolo di destinazione ad ERP deve ritenersi che alla destinazione residenziale, prevista per la zona C1 ove ricade l’area della ricorrente, debba far seguito il rilascio del permesso secondo le prescrizioni della zona C 1, finchè non intervenga un piano di zona che, al contrario del PEEP vigente, annoveri detta area fra quelle destinate ad ERP, non potendosi ammettere una prenotazione sine die della proprietà  privata che la renda di fatto inutilizzabile sia per edilizia privata – in quanto destinata a edilizia pubblica – sia per tale ultima finalità , finchè manca un piano di zona di fatto, precludendo al proprietario pure il ristoro consistente in un indennizzo.
In conclusione per le ragioni spiegate, assorbita ogni altra questione, la domanda di annullamento deve essere accolta.
Il Collegio non può invece accertare la fondatezza dell’istanza riscontrata con il diniego impugnato poichè il procedimento di rilascio del permesso per costruire, avviato con la richiesta di integrazioni documentali dalle quali dipende la possibilità  del rilascio del permesso senza necessità  di un piano attuativo, implica valutazioni tecniche del materiale istruttorio, rimaste incompiute, riservate all’Amministrazione comunale.
Neppure può accogliersi la domanda di risarcimento, anche solo limitata al ritardo, non corredata dall’allegazione dei fatti costitutivi, nè può procedersi all’accertamento dei danni mediante CTU, da ritenersi inammissibile ove sia finalizzata, come nel caso in esame, a colmare le lacune assertive o probatorie della parte istante.
Le spese vengono liquidate tenendo conto della parziale soccombenza della parte ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il Comune di Rutigliano al pagamento delle spese di giudizio che, previa compensazione per un terzo, si liquidano in complessivi € 3.000 oltre accessori di legge e spese generali.
Contributo unificato rifuso, ai sensi dell’art. 13 comma 6 bis.1 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/09/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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