1. Procedimento amministrativo – Silenzio assenso – Provvedimento confermativo – Esercizio del potere di autotutela – Sussiste

2. Espropriazione per pubblica utilità  – Vincolo di inedificabilità  – Destinazione a viabilità  e parcheggio pubblico – Decadenza – Zona bianca – Materiale asfaltatura dell’area – Irrilevanza 

1. Se il procedimento di rilascio del permesso di costruire si è concluso con il silenzio assenso formatosi per decorso del termine previsto dall’art. 20 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, l’istanza del privato volta ad ottenente un provvedimento espresso non può determinare un provvedimento meramente confermativo da parte dell’amministrazione che è chiamata comunque ad esercitare l’autotutela e quindi legittimamente –  come è accaduto nella specie –  all’esito del procedimento di secondo grado può determinarsi con l’annullamento d’ufficio del titolo (permesso di costruire) precedentemente rilasciato, sebbene in forma implicita.

2. L’attuazione di un vincolo espropriativo, qual è quello di destinazione a viabilità  e parcheggio pubblici impresso alla proprietà  della ricorrente, avviene solo con il procedimento di esproprio. La mancata esecuzione di detto procedimento nel termine quinquennale dall’apposizione del vincolo, comporta la configurazione dell’area di interesse come zona bianca, rispetto alla quale  l’attività  materiale di asfaltatura dell’area – giammai sostitutiva della procedura espropriativa ormai scaduta e in assenza di riedizione del vincolo –  dimostra solo che c’è stata un’occupazione abusiva dell’altrui proprietà  che non può avere di certo, sul piano giuridico, effetti favorevoli per il suo autore.

N. 01087/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00662/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 662 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Giuditta Santa Petruzzelli, rappresentato e difeso dagli avvocati Gianfranco Rossi, Natalia Pinto, Giancarlo Russo Frattasi, con domicilio eletto presso Giancarlo Russo Frattasi in Bari, via Putignani, n. 208; 

contro
Comune di Modugno, rappresentato e difeso dall’avv. Cristina Carlucci, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Bari in Bari, Piazza Massari; 

per l’annullamento
– del provvedimento di diniego definitivo del permesso di costruire richiesto dalla ricorrente con l’istanza del 3.1.2013, notificato 1’11.4.2013, a firma del Dirigente del II Settore Urbanistica e Gestione del Territorio del Comune di Modugno, avente ad oggetto:”Richiesta di Permesso di costruire: DINIEGO DEFINITIVO Intervento di realizzazione di recinzione di delimitazione suolo in via Imbriani n. 63 (Mapp. P.lla 1691 foglio 25); in zona omogenea “Zone destinate a viabilità ” del P.R.G.C. Rif. Pratica Ed. N. 7 del 0310112012″;
nonchè
– di ogni atto ai predetti comunque connesso, sia presupposto che consequenziale, ancorchè non conosciuto comunque lesivo, ivi compresi:
– della comunicazione istruttoria prot. n. 31156 del 29.6.2012, richiamata nel provvedimento di diniego e allo stato non conosciuta;
– della nota prot. n. 32246 del 5.7.2012, pervenuta il successivo 10.7.2012, con cui il Responsabile del Procedimento e il Dirigente del II Settore del Comune di Modugno hanno comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza ai sensi dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990;
– della nota prot. n. 004000/0041000 del 3.9.2012, a firma del Responsabile S.U.E. e del Dirigente del II Settore del Comune di Modugno;
– del parere del Responsabile del Servizio LL.PP. del Comune di Modugno prot. n. 0044762 del 28.9.2012 e relativi allegati, richiamati nel provvedimento impugnato e non conosciuti;
– di ogni altro atto istruttorio, ancorchè non conosciuto, comunque lesivo;
nonchè
per l’accertamento del silenzio assenso formatosi sull’istanza della ricorrente;
per il risarcimento del danno subito dalla ricorrente in conseguenza del comportamento tenuto dall’Amministrazione e degli atti dalla stessa adottati.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Modugno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2014 la dott.ssa Maria Colagrande e uditi per le parti i difensori Natalia Pinto e Cristina Carlucci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Giuditta Santa Petruzzelli e Maria Petruzzelli, comproprietarie del suolo ubicato nel Comune di Modugno censito in catasto al foglio 25 particella 1691 con istanza del 3 gennaio 2012 chiedevano il permesso per costruire al fine di realizzare una recinzione lunga circa 10 metri per chiudere il fondo adiacente alla loro abitazione.
Il 5 luglio 2012 il Comune adottava il preavviso di diniego sul presupposto che le istanti non fossero proprietarie del suolo e l’intervento non fosse compatibile con le norme urbanistiche.
Seguivano le osservazioni delle istanti e richieste di ulteriori chiarimenti da parte dell’amministrazione perchè l’odierna la ricorrente, Giuditta Santa Petruzzelli, con nota del 28 gennaio 2012, invitava il Comune a confermare espressamente il silenzio assenso nel frattempo sopravvenuto per decorso dei termini previsti dall’art. 20 del d.lg. n. 380/01.
In data 11 aprile 2013 il Comune negava il permesso per costruire sulla base dei seguenti riscontri:
– sul suolo oggetto di istanza di permesso per costruire è stata edificata la scuola elementare a seguito di esproprio e successiva transazione della controversia sorta in merito, dunque le istanti non ne sono più proprietarie;
– l’intervento proposto non è conforme agli strumenti urbanistici perchè la parte del suolo oggetto dell’intervento edilizio ha destinazione urbanistica a viabilità  stradale e di fatto è già  strada pubblica.
Con il ricorso all’esame, la sola Giuditta Santa Petruzzelli impugna il diniego – chiedendo altresì il risarcimento dei danni per l’attività  illegittima del Comune – per i seguenti motivi,:
1) Violazione e mancata applicazione di legge (art. 20 d.P.R. 380/01, art. 21 quinquies e art. 21 nonies L. 241/1990); violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere per erronea presupposizione, difetto dei presupposti, difetto assoluto di motivazione, difetto di istruttoria, illogicità , perplessità  ed ingiustizia manifesta, contraddittorietà , slealtà , sviamento, in quanto il diniego è illegittimo perchè sopravvenuto quando ormai si era formato il silenzio assenso, nè potrebbe avere l’effetto di revocare o annullare il titolo edilizio maturato con il decorso del tempo poichè non contiene la specifica menzione dei fatti sopravvenuti o dell’illegittimità  del provvedimento ritirato, nè di prevalenti ragioni di pubblico interesse;
2) Violazione e mancata applicazione di legge (art. 1 comma 1, art. 11 e art. 20 del d.P.R. n. 380/01); violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere, per mancanza di motivazione, difetto di istruttoria, presupposti erronei, illogicità , perplessità  ed ingiustizia manifesta, slealtà , sviamento, in quanto nessuna delle circostanze indicate nella parte motiva del diniego dimostrerebbe che il suolo, appartenente alle ricorrenti per successione ereditaria, sia stato acquisito al patrimonio del Comune per espropriazione, mentre la transazione con la quale si stabiliva di comporre tutte le controversie riguardanti le aree espropriate per realizzarvi la scuola, non fa alcun riferimento alla particella 1691 oggetto dell’intervento edilizio negato dal Comune, nè risulta da detta transazione o altrimenti un contenzioso fra il Comune e le germane Petruzzelli che abbia ad oggetto l’espropriazione di detta particella; inoltre la destinazione a viabilità  pubblica non esisterebbe più, perchè il vincolo pre-espropriativo che essa comporta è ormai decaduto.
Accolta la domanda cautelare il Collegio disponeva il riesame dell’istanza e il Comune reiterava il diniego con provvedimento del 13 febbraio 2014 n. 7614, che la ricorrente impugnava con motivi aggiunti, deducendo preliminarmente la nullità  del provvedimento siccome elusivo dell’ordine del giudice, poichè il Comune invece di riesaminare la questione si è limitato a confermare il precedente diniego, e per il resto richiamando i motivi di ricorso già  articolati.
Il Comune si costituiva depositando documenti e, con successiva memoria, resisteva al ricorso sostenendo che per la particella 1691 aveva versato l’indennità  di espropriazione, a seguito della transazione con la quale le germane Petruzzelli avevano abbandonato tutte le liti pendenti su suoli oggetto di espropriazione per la realizzazione della scuola elementare, ivi compresa la particella 1691, parimenti oggetto di contenzioso; sosteneva inoltre che la scadenza del vincolo espropriativo è irrilevante perchè di fatto esso risulta attuato essendo stato, detto suolo, asfaltato dal Comune e già  utilizzato come strada e parcheggio pubblico con conseguente irreversibile trasformazione del fondo.
La ricorrente depositava poi atto di denuncia del 16 ottobre 2013 contro ignoti introdottisi nella sua proprietà , responsabili di atti vandalici e danni stimati con allegata perizia di cui chiede il ristoro con condanna del Comune.
Il ricorso è fondato nei limiti appresso spiegati.
Il provvedimento gravato è stato adottato dal Comune su istanza della ricorrente, intesa a ottenere la conclusione del procedimento con un provvedimento espresso, confermativo del silenzio assenso formatosi per decorso del termine previsto dall’art. 20 d.P.R. n. 380/01.
Il Comune, avendo deciso di dare riscontro ad una tale richiesta, evidentemente informata alla tutela dell’interesse della ricorrente di ottenere un motivato provvedimento favorevole, ha legittimamente avviato un procedimento di secondo grado.
Sarebbe infatti contrario alla ratio semplificatrice del silenzio assenso, oltre che al principio di tipicità  dei provvedimenti amministrativi, ritenere che la p.a. sia tenuta ad emettere un atto meramente confermativo di un provvedimento tacito senza cioè riesaminarlo, su istanza del titolare del permesso formatosi persilentium, in assenza di un interesse, autonomamente apprezzabile rispetto a quello che il silenzio assenso già  soddisfa.
Al contrario, l’interpello rivolto alla p.a. di dare conferma di un atto amministrativo (espresso o tacito) implica la riedizione del potere in autotutela.
Vero è che il diniego impugnato non contiene il dispositivo di annullamento del silenzio assenso, ma ha valore di provvedimento che ne dispone l’annullamento implicito, poichè individua esplicitamente le ragioni di interesse pubblico, incompatibili con l’attività  edilizia proposta dalla ricorrente, nella destinazione a viabilità  pubblica del terreno che si vorrebbe recintare, essendo riconducibile a tale vincolo sia la difformità  dell’opera agli strumenti e norme urbanistiche vigenti, sia, in definitiva, l’illegittimità  del silenzio assenso precedentemente formatosi.
Del resto la giurisprudenza è ormai generalmente orientata a far prevalere il valore sostanziale dell’attività  amministrativa laddove un provvedimento, sia pure carente nelle enunciazioni, contenga, gli elementi congruenti con la causa tipica e ne sia chiaramente intuibile la motivazione riconducibile al tipo legale (Consiglio di Stato, sez. V, 28 giugno 2011, n. 3875, in materia di revoca implicita).
Tali circostanze, per quanto detto, ricorrono in specie e indicano che il provvedimento gravato, nonostante sia rubricato, nella determinazione dirigenziale che l’adotta, solo come diniego del permesso di costruire, postula un annullamento del permesso tacitamente formatosi sul decorso del termine a provvedere.
Pertanto il primo motivo non può essere accolto.
E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso.
Il provvedimento gravato, come la successiva conferma impugnata con motivi aggiunti, nega il permesso per costruire perchè le istanti avrebbero perso la titolarità  dell’immobile interessato dall’intervento oggetto di diniego, in quanto ricadente in un compendio di fondi privati espropriati per realizzare la scuola elementare e l’adiacente parcheggio.
Parte del suolo in questione sarebbe stato occupato dalla scuola e la rimanente parte a destinazione viabilità  pubblica e parcheggio, sarebbe di fatto già  utilizzata a tal fine.
In verità  risulta dai documenti versati in atti che la particella 1691 insieme con al 1692 è il risultato del frazionamento della particella 1168, ma solo la particella 1692 è menzionata nella transazione fra i lotti oggetto di espropriazione, per i quali i privati proprietari abbandonavano i contenziosi in corso con il Comune e si impegnavano a cedere detti lotti a fronte del pagamento della indennità  concordata.
Nulla dimostrano poi i successivi provvedimenti del Comune, che indicano la particella 1691 fra quelle per le quali sono state erogate le indennità  di espropriazione, in mancanza di un atto negoziale, o autoritativo che possa aver determinato il trasferimento della titolarità , dalle germane Petruzzelli, al Comune.
Neppure il fatto che la particella 1691 fosse interessata da un contenzioso non meglio specificato, circostanza che il Comune rinviene nell’atto di citazione del legale della ricorrente introduttivo del giudizio poi abbandonato con la transazione citata, consente di inferire che detta particella sia stata poi ceduta al Comune.
La prima motivazione del diniego è dunque illegittima perchè fondata su un presupposto – trasferimento della particella 1691 al Comune per espropriazione o accordo di cessione per transazione – non dimostrato.
Quanto al vincolo impresso sul suolo in questione, ricadente in zona di PRG a destinazione viabilità  e parcheggi pubblici, il Comune non contesta che sia ormai decaduto, limitandosi ad eccepirne l’attuazione, stante l’uso pubblico e l’irreversibile trasformazione dell’area che ne impedirebbe l’uso rivendicato dalla ricorrente.
In realtà  l’attuazione di un vincolo espropriativo, qual è quello di destinazione a viabilità  e parcheggio pubblici impresso alla proprietà  della ricorrente, avviene solo con il procedimento di esproprio, mentre l’attività  materiale di asfaltatura dell’area indicata dal Comune a sostegno della legittimità  del provvedimento, dimostra solo che c’è stata un’occupazione abusiva dell’altrui proprietà  che non può avere di certo, sul piano giuridico, effetti favorevoli per il suo autore, nonostante l’asserita, da parte del Comune, irreversibile trasformazione del fondo (Consiglio di Stato, sez. IV, 21 maggio 2007, n. 2582, T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 10/01/2013, n. 20, T.A.R. Toscana Firenze, sez. I, 23/10/2012, n. 1707).
Ne consegue che l’intervento di recinzione, oggetto dell’istanza di permesso per costruire, avrebbe dovuto essere vagliato, anche in occasione del riesame sollecitato dal Collegio, tenendo conto che la particella 1691 è da qualificarsi zona bianca per sopravvenuta, indiscussa scadenza del vincolo espropriativo.
Sotto questo profilo si rivelano fondate le censure di difetto di istruttoria ed errore nei presupposti, avanzate con il secondo motivo di ricorso, che, anche per questo, va accolto, assorbita ogni altra censura.
Non può invece accogliersi la domanda di risarcimento dei danni poichè, dalla denuncia depositata in atti, non si evince se gli ignoti autori degli atti vandalici, per i quali si chiede ristoro dei conseguenti danni, si sarebbero introdotti nella proprietà  della ricorrente, priva di alcuna recinzione, prima o dopo il deposito dell’istanza di permesso per costruire o dell’intervenuto silenzio assenso, che avrebbe consentito alla ricorrente di realizzare la recinzione, mentre il non averlo fatto, pur potendo, corrisponde ad una libera scelta della ricorrente stessa che interrompe il nesso di causalità  tra il fatto e il sopravvenuto diniego.
Considerata la peculiarità  della vicenda e la reciproca soccombenza è giusto compensare le spese di causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Contributo unificato rifuso, ai sensi dell’art. 13 comma 6 bis.1 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/09/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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