1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Ordinanza di demolizione – Emessa dal Giudice Penale o dalla pA – Natura giuridica
2. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Ordinanza di demolizione – Decorso del tempo – Irrilevante – Ragioni
3. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Ordinanza di demolizione – Decorso del tempo – Irrilevante – Necessità  di motivazione rafforzata – Esclusione
4. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Ordinanza di demolizione – Parere della Commissione edilizia – Necessario ove non soppressa – Onere della prova – In capo al ricorrente

1. L’ordine di demolizione emesso dal Giudice Penale nella fattispecie di cui all’art. 44 T.U. 380/01 è espressione di un potere autonomo dell’autorità  giudiziaria rispetto a quello amministrativo, che non si pone in rapporto alternativo con l’ordine di demolizione, eventualmente già  impartito dalla p.A., ai sensi della stessa disposizione, ma ha la sua ragion d’essere in un criterio di economia e concentrazione degli atti giuridici dipendenti dagli stessi presupposti, come stabilito dall’ art. 44 del d.P.R. n. 380/01, che prevede l’applicazione delle sanzioni amministrative con la sentenza di condanna per lo stesso fatto per il quale ne è prevista l’irrogazione.
2. Nell’ipotesi di realizzazione di opere sine titulo ovvero in totale difformità  da esso, all’estinzione del reato per prescrizione sopravvive la sanzione amministrativa della demolizione, irrogabile dalla pubblica amministrazione finchè dura l’opera abusiva che con esso contrasta o non intervenga il rilascio di un titolo edilizio, perchè permane fino ad allora il pregiudizio dell’interesse primario alla tutela del territorio, non abdicabile dallo Stato, come invece l’interesse alla punizione del colpevole, decorso un certo tempo dalla commissione del fatto di reato. Ne consegue che la sanzione in parola non è mai soggetta a prescrizione, trattandosi di sanzione amministrativa, non punitiva, ma ripristinatoria.
3. L’illecito amministrativo derivante dalla realizzazione di opere edilizie sine titulo ha natura permanente e si estingue solo con il rilascio del titolo edilizio. Pertanto, finchè l’opera abusiva permane resta impregiudicato il potere della p.A., in specie vincolato, di ordinare la demolizione senza peraltro che il decorso del tempo imponga una motivazione rafforzata del provvedimento o giustifichi alcun affidamento sulla sanabilità  dell’opera.
4. L’ingiunzione a demolire le opere edilizie abusive deve essere preceduta dal parere della Commissione edilizia comunale solo se questa risulta fra gli organismi che il Comune può, con proprio provvedimento, qualificare indispensabili entro sei mesi dall’inizio di ogni esercizio finanziario, restando invece soppressi in difetto di tale specifica menzione, ai sensi dell’art. 96 del d.lg. 267/00. In mancanza della prova, gravante sulla ricorrente, del provvedimento comunale che potrebbe aver mantenuto in esistenza la Commissione edilizia, deve presumersi che questa sia stata soppressa e dunque è da escluderne l’inserzione nel procedimento, ai sensi dell’art. 41 L.R. Puglia 56/1980.

N. 01055/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00630/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 630 del 2007, proposto da: 
Cantine Calella S.r.l., rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Caroli – Casavola, con domicilio eletto presso Francesco Caroli – Casavola in Bari, presso l’avv. Ingravallo piazza Umberto, n. 54; 

contro
Comune di Locorotondo; 

per l’annullamento
dell’ordinanza ingiunzione n. 37 prot. n. 4794 del 29.03.2007 del Settore Urbanistica del Comune di Locorotondo, con cui è stato ingiunto alla Cantine Calella s.r.l. la demolizione e la riduzione al pristino stato della porzione di fabbricato a piano terra dello stabilimento vinicolo Cantine Calella s.r.l., ubicata in Via Madonna della Catena n. 13, sulla particella 528 e 374 del foglio di mappa n. 41, in parte insistente su altra proprietà  e in parte a distanza inferiore a mt. 5,00 dal confine, non compresa nella concessione in sanatoria n.1094 del 28.02.2007, nonchè di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, connesso e consequenziale, allo stato non conosciuto.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2014 la dott.ssa Maria Colagrande e uditi per la ricorrente l’Avv Bice A. Pasqualone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
La società  ricorrente ha realizzato nel 1982 l’ampliamento dello stabilimento vinicolo aziendale, sito in Locorotondo, in assenza di titolo edilizio.
Relativamente a tali opere la ricorrente ha presentato in data 24 marzo 1986 istanza di concessione in sanatoria rilasciata dal Comune di Locorotondo il 28 febbraio 2007, con esclusione delle porzioni di fabbricato che occupano in parte la proprietà  confinante e in parte si trovano a distanza inferiore dal confine.
Con ordinanza del 29 marzo 2007 il Comune di Locorotondo ha quindi ingiunto la demolizione di dette opere per gli stessi motivi posti a fondamento del diniego di sanatoria.
La ricorrente insorge avverso l’ingiunzione di demolizione per i seguenti motivi:
1) eccesso di potere ; illegittimità  per intervenuta prescrizione – violazione o errata interpretazione di legge – illegittimità  costituzionale perchè essendo state le opere (oggetto di ordine di demolizione) realizzate oltre venti anni prima – nel 1982 – alla conseguente prescrizione del reato di costruzione abusiva dovrebbe far seguito la prescrizione della sanzione accessoria della demolizione, mentre si esporrebbe a censura di incostituzionalità  l’eventuale interpretazione degli art. articoli 10, 11 e 12 della l. 47/1987 e degli articoli 31 e 33 del d.P.R. n.380/01 secondo la quale la demolizione quale sanzione accessoria, non sarebbe suscettibile di prescrizione.
2) violazione di legge per omessa motivazione su un punto fondamentale – eccesso di potere per irragionevolezza, perchè l’ordine di demolizione si basa solo sulla contrarietà  agli strumenti urbanistici, mentre il lungo lasso di tempo, circa ventun anni, tra l’istanza di sanatoria e l’ordine di demolizione giustifica da un lato un solido affidamento sulla realizzazione del proprio interesse alla sanatoria, dall’altro esige una rigorosa motivazione, in specie mancante, del provvedimento, gravemente pregiudizievole per la ricorrente;
3) violazione dell’art. 41 comma quinto della l. r. n. 56/80 perchè il procedimento sarebbe stato condotto e concluso senza la previa assunzione dei pareri dell’UTC e della Commissione edilizia
4) violazione dell’art. 12 della l. 47/85 e art. 34 e, gradatamente, dell’art. 33 del d.P.R. n. 380/01: mancata previsione dell’impossibilità  della demolizione senza pregiudizio della parte eseguita in conformità  dei provvedimenti autorizzatori o concessori; erronea e/o falsa applicazione dell’art. 31 d.P.R. 380/01; eccesso di potere per travisamento assoluto dei fatti e per difetto assoluto di istruttoria e motivazione perchè, trattandosi, nel caso in esame, di parziale difformità , manca nel provvedimento impugnato la prognosi inerente alla possibilità  di demolire le opere senza pregiudizio della parte eseguita in conformità , come prescritto dall’art. 34 e, seppure si trattasse di totale difformità  ai sensi dell’art. 31 d.P.R. 380/01, come erroneamente ritenuto dal Comune, non si fa luogo a demolizione – ai sensi dell’art. 33 del dpr 380/01 – ma a sanzione pecuniaria, ove il ripristino non sia possibile, dovendosi intendere l’impossibilità  in senso giuridico economico, quando prevalgano ragioni di tutela dell’attività  produttiva, pienamente ricorrenti in concreto;
5) eccesso di potere per illogicità  e contraddittorietà  gravi e manifeste: evidente travisamento dei fatti, perchè le opere da demolire si trovano su suolo altrui e la ricorrente non può provvedere alla demolizione per l’impossibilità  di accedere alla proprietà  di altri e, di contro, ritenere che possa e debba provvedere in tal senso implicherebbe il riconoscimento, sia pure incidentalmente, dell’acquisto per accessione invertita del suolo occupato in buona fede da essa ricorrente, più di venti anni addietro.
Il Comune di Locorotondo non si è costituito.
Accolta la sospensiva, perchè pendeva il giudizio civile per il riconoscimento del diritto dominicale della ricorrente sull’area occupata, e disposta l’acquisizione della sentenza del Tribunale di Bari (che ha condannato la ricorrente alla demolizione e all’arretramento delle opere oggetto dell’ordine impugnato) ed altri documenti, la causa è passata in decisione.
E’ pregiudiziale ad ogni altra questione stabilire se l’ordine di demolizione, impartito ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 380/01, debba essere inteso come sanzione accessiva al reato di abuso edilizio e, come tale, soggetto esso stesso a prescrizione, oppure se si tratti di sanzione non soggetta a prescrizione con conseguente sospetto di incostituzionalità  degli articoli 10,11,e 12 l. 47/85 e degli articoli 31 e 33 del d.P.R. 380/01, per violazione degli art. 3 e 24 Cost. che non tollerebbero un diverso trattamento e limiti al diritto di difesa, laddove la demolizione faccia seguito all’accertamento del reato e sia dunque soggetta a revoca ove il reato risulti prescritto, rispetto al caso in cui non ci sia stato un procedimento penale e la demolizione sia ingiunta senza limitazioni temporali dalla pubblica amministrazione.
Il quadro normativo è il seguente:
L’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 (che riproduce l’art. 7 l. n. 47 del 1985) per le opere eseguite in assenza di titolo edilizio o in totale difformità  o con variazioni essenziali, dispone che “il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita”.
Si tratta di un atto dovuto, nell’esercizio di un potere autonomo dell’autorità  giudiziaria rispetto a quello amministrativo, che non si pone in rapporto alternativo con l’ordine di demolizione, eventualmente già  impartito dalla P.A., ai sensi della stessa disposizione, ma ha la sua ragion d’essere in un criterio di economia e concentrazione degli atti giuridici dipendenti dagli stessi presupposti, come stabilito dall’ art. 44 del d.P.R. n. 380/01 che prevede l’applicazione delle sanzioni amministrative con la sentenza di condanna per lo stesso fatto per il quale ne è prevista l’irrogazione (Cass., Sez. Unite, 24.7.1996, ric. Monterisi).
Ne consegue che la sanzione accessoria della demolizione irrogata dal giudice non può essere pronunciata, ovvero deve essere revocata, se la sentenza pronuncia la prescrizione del reato presupposto, ancorchè accertato negli elementi costitutivi.
Tuttavia, all’estinzione del reato per prescrizione sopravvive la sanzione amministrativa della demolizione, irrogabile dalla pubblica amministrazione finchè dura l’opera abusiva che con esso contrasta o non intervenga il rilascio di un titolo edilizio, perchè permane fino ad allora il pregiudizio dell’interesse primario alla tutela del territorio (Consiglio di Stato, sez. IV, 16 aprile 2010, n. 2160), non abdicabile dallo Stato, come invece l’interesse alla punizione del colpevole, decorso un certo tempo dalla commissione del fatto di reato.
Pertanto l’autore del reato potrà  opporsi alla demolizione disposta dal giudice e ottenerne la revoca, eccependo la prescrizione del reato, ma nulla potrà , per lo stesso motivo, contro la demolizione disposta ex art. 31 dalla P.A. nell’esercizio di un potere autonomo dall’accertamento del reato edilizio, che ha come presupposto l’abusività  dell’opera, anche se il reato prescritto.
Ne consegue che la sanzione in parola, benchè adottabile sulla base di presupposti diversi, da diverse autorità  – quella giudiziaria solo se pronuncia condanna per un reato edilizio, quella amministrativa, se accerta l’abusività  dell’opera – non è mai soggetta a prescrizione, trattandosi di sanzione amministrativa, non punitiva, ma ripristinatoria.
Manifestamente non ricorre dunque la violazione del principio di uguaglianza, nè del diritto di difesa, poichè chiunque detenga un’opera sprovvista di titolo edilizio potrebbe essere destinatario di un ordine di demolizione della P.A., benchè sia intervenuta sentenza di prescrizione del reato edilizio, ovvero nessun procedimento penale sia mai stato avviato.
Il primo motivo deve pertanto essere disatteso e la prospettata questione di incostituzionalità  deve essere dichiarata manifestamente infondata.
E’ poi irrilevante il fatto che la p.a. abbia rilasciato il titolo edilizio dopo 21 anni dall’istanza di sanatoria di opere che la ricorrente sapeva essere abusive, perchè detto titolo riguarda opere diverse da quelle oggetto di ingiunzione, che erano e restano abusive, nonostante il decorso del tempo.
Inoltre l’ordinanza di demolizione adottata dall’autorità  amministrativa, che secondo la ricorrente dovrebbe essere soggetta a prescrizione, in realtà  non sarebbe prescrittibile neppure astrattamente, poichè l’illecito amministrativo, dal quale dipende, ha natura permanente e si estingue con il rilascio del titolo edilizio.
In tal caso, prima ancora che possano decorrere, dalla cessazione della permanenza dell’illecito, eventuali termini di prescrizione, verrebbe meno il presupposto stesso della sanzione ossia l’abusività  dell’opera.
Finchè questa permane resta impregiudicato il potere della p.a., in specie vincolato, di ordinare la demolizione senza peraltro che il decorso del tempo, come detto ininfluente, imponga una motivazione rafforzata del provvedimento o giustifichi alcun affidamento sulla sanabilità  dell’opera in capo alla ricorrente, peraltro pienamente consapevole di aver edificato in difetto di concessione.
Tanto basta per respingere anche il secondo motivo di ricorso.
Anche il terzo motivo, omessa acquisizione dei pareri prescritti dall’art. 41 l.r. 56/80, si rivela infondato perchè l’ingiunzione a demolire le opere edilizie abusive deve essere preceduta dal parere della Commissione edilizia comunale solo se questa risulta fra gli organismi che il Comune può, con proprio provvedimento, qualificare indispensabili entro sei mesi dall’inizio di ogni esercizio finanziario, restando invece soppressi in difetto di tale specifica menzione, ai sensi dell’art. 96 del d.lg. 267/00.
In mancanza della prova, gravante sulla ricorrente, del provvedimento comunale che potrebbe aver mantenuto in esistenza la Commissione edilizia, deve presumersi che questa sia stata soppressa e dunque è da escluderne l’inserzione nel procedimento, ai sensi dell’art. 41 L.R. Puglia 56/1980 (T.A.R. Lecce sez. III 608/2011).
In ogni caso il parere dell’Ufficio tecnico risulta in realtà  essere stato acquisito, mentre la mancata acquisizione del parere della Commissione edilizia, a fronte del riconoscimento, da parte della ricorrente, della abusività  delle opere oggetto dell’ingiunzione, non avrebbe potuto essere di segno opposto alla decisione di ordinare la demolizione assunta dal Comune considerato che la repressione degli abusi edilizi costituisce attività  vincolata della p.a. e per l’adozione dei connessi provvedimenti, come in specie l’ordinanza di demolizione, non è necessario acquisire il parere di organi quali la Commissione edilizia integrata” (C.d.S, V, 9 giugno 2012, n. 3337) ai sensi dell’art. 2 octies l. 241/90.
E’ poi palese che non ricorre nel caso in esame, come invece sostenuto dalla ricorrente nel quarto motivo, un’ipotesi di difformità  parziale dell’opera dal permesso per costruire ex art. 34 che comporta la sanzione pecuniaria – non la demolizione – quando non sia possibile demolire senza pregiudizio delle opere non abusive, nè un’ipotesi di ristrutturazione edilizia ex art. 33 che comporta l’applicazione di una pena pecuniaria in sostituzione della demolizione, ove le opere siano totalmente difformi e non sia possibile la riduzione in pristino stato.
Infatti l’abuso parziale postula un titolo edilizio preesistente e la successiva difformità  dello stato di fatto.
Nel caso in esame, al contrario, il titolo è stato chiesto per la sanatoria di opere totalmente abusive realizzate nel 1982, mentre quando la difformità  è totale, l’applicazione della sanzione pecuniaria, in luogo della demolizione, è ammessa solo per le ristrutturazioni urbanistiche che impediscano la riduzione in pristino, non per il caso di nuova costruzione, di cui si tratta in specie.
Infine non merita adesione nemmeno l’ultimo motivo di ricorso poichè, così come la ricorrente ha realizzato le opere abusive occupando l’altrui proprietà , allo stesso modo e se non vi è altro mezzo, dovrà  rimediare all’illecito così consumato interpellando il proprietario, anche in applicazione analogica degli art 843 c.c. e 936 c.c. che si ispirano alla ratio di consentire l’accesso a chi ha l’interesse o l’obbligo di togliere la cosa propria dal fondo altrui.
Non occorre decidere sulle spese perchè il Comune non si è costituito.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/09/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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