1.   Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Permesso di soggiorno – Diniego di rinnovo – Omessa traduzione – Conseguenze
   
    2. Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Permesso di soggiorno – Condanna penale per violazione diritto d’autore – Diniego rinnovo – Art. 26 comma  7 bis D. Lgs. 286/1998 –  Legittimità 
 


3. Procedimento amministrativo – Partecipazione – Attività  vincolata – Preavviso di rigetto – Omessa comunicazione – Illegittimità  – Non sussiste


4.  Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Permesso di soggiorno – Sentenza ex art. 444 c.p.p. – Equiparabilità  a sentenza di condanna – Diniego di rinnovo – Legittimità  – Ragioni

1. La mancata traduzione dei provvedimenti concernenti l’ingresso, il soggiorno o l’espulsione degli stranieri in una lingua a loro conosciuta ovvero quanto meno in lingua inglese, francese o spagnola non comporta l’illegittimità  del provvedimento in quanto la previsione contenuta nell’art. 2, comma 6, del D.Lgs. 286/1998 non incide sulla correttezza del potere esercitato ma è tesa esclusivamente a rendere effettivo il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost., legittimando la concessione dell’errore scusabile.


2.  La giurisprudenza ha da tempo chiarito che la norma di cui all’art. 26, comma 7bis, del D.Lgs. 286/1998, trova applicazione anche nel caso di richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, con la conseguenza che se lo straniero ha commesso uno dei reati indicati dalla norma medesima, la sua domanda di rinnovo deve essere respinta.


3. In tema di rinnovo del permesso di soggiorno, deve ritenersi operante un meccanismo di automatismo espulsivo, di cui all’art. 26 comma 7 bis, D.Lgs. 286/1998, nel caso di condanne per reati in materia di diritto d’autore, atteso che è la stessa disposizione a prevedere che l’Amministrazione è tenuta a negare il permesso di soggiorno senza compiere valutazioni sulla pericolosità  sociale del soggetto; pertanto, trattandosi di atti a contenuto vincolato è pacifico che non sia necessaria la comunicazione di avvio del procedimento.  


4.  L’art. 26 comma 7 bis, del D.Lgs.286/1998 impone all’autorità  di disporre la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione con accompagnamento alla frontiera dello straniero qualora sia condannato in via definitiva per specifici reati senza che la legge operi distinzioni in relazione al tipo di rito processuale seguito per giungere alla condanna definitiva; ne consegue che anche la sentenza di patteggiamento per i predetti reati legittima la revoca del permesso e l’espulsione atteso che, peraltro, l’equiparazione tra la sentenza di patteggiamento e la sentenza di condanna è sancita espressamente dal comma 1 bis dell’art. 445 c.p.p.. 

N. 01064/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01274/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1274 del 2007, proposto da: 
K. M., rappresentato e difeso dall’avv. Antonia De Mitrio, con domicilio eletto presso Antonia De Mitrio in Bari, Via Dante, n. 97; 

contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, Questura di Bari, in persona del Questore pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le dello Stato di Bari, domiciliata in Bari, Via Melo, n. 97; 

per l’annullamento
del decreto del Questore della Provincia di Bari Cat.A.11/2007/IMM.N.23/P.S. del 18.06.2007, notificato il 03.07.2007, avente ad oggetto il rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno, nei confronti del cittadino senegalese K.M.;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’Udienza Pubblica del giorno 26 giugno 2014 la dott.ssa Flavia Risso e uditi per le parti i difensori avv. Raffaella Paradiso, su delega dell’avv. Antonia De Mitrio e avv. dello Stato Giovanni Cassano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Il Sig. K. M. con il ricorso indicato in epigrafe impugna il provvedimento del Questore della Provincia di Bari avente ad oggetto il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno.
Il ricorrente, nei confronti dell’atto impugnato, deduce i seguenti motivi di censura: eccesso di potere per mancata traduzione del provvedimento in lingua araba o nell’idioma dallo stesso conosciuto; violazione di legge per la mancata comunicazione di avvio del procedimento di revoca del permesso di soggiorno e per violazione dell’art. 26, comma 7 bis del D.Lgs. n. 286 del 1998.
Con atto depositato in data 28.9.2007 si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Questura di Bari.
Con Ordinanza n. 867 del 10.10.2007 questo Tribunale ha respinto la domanda di misure cautelari.
DIRITTO
1. – Con il primo motivo di ricorso il Sig. K. M.deduce l’illegittimità  del provvedimento impugnato per non essere stato tradotto in lingua araba o nell’idioma dallo stesso conosciuto, venendo così a ledere gravemente il suo diritto di difesa.
Tale motivo di ricorso è infondato in quanto la mancata traduzione del diniego del permesso di soggiorno in una lingua conosciuta dallo straniero non comporta l’illegittimità  del provvedimento, ma semmai legittima la concessione dell’errore scusabile.
Secondo la giurisprudenza prevalente “la mancata traduzione dei provvedimenti concernenti l’ingresso, il soggiorno o l’espulsione degli stranieri in una lingua a loro conosciuta ovvero quanto meno in lingua inglese, francese o spagnola non costituisce un vizio di legittimità , in quanto la relativa previsione (art. 2 comma 6, d.lg. n. 286 del 1998) non incide sulla correttezza del potere esercitato, ma è tesa esclusivamente a rendere effettivo il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost., per cui tale mancata traduzione non rende nullo o annullabile l’atto assunto dall’Amministrazione, ma in ipotesi legittima la concessione dell’errore scusabile, in caso di ritardo nella proposizione del gravame” (di recente: T.A.R. Torino, sez. II, 24 settembre 2013, n.1039; T.A.R. Roma, sez. II, 1 ottobre 2013, n. 8525; T.A.R. Napoli, sez. VI, 7 novembre 2013, n. 4988).
2. – Con il secondo motivo di ricorso il Sig. K. M. lamenta l’illegittimità  del provvedimento impugnato per la mancata comunicazione di avvio del procedimento, citando giurisprudenza relativa al caso di revoca del permesso di soggiorno.
Anche tale motivo di ricorso non merita accoglimento.
La revoca del permesso di soggiorno (essendo atto discrezionale) deve effettivamente essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento. Non così nel caso di atti a contenuto vincolato, come quello oggetto del presente giudizio, in relazione ai quali è pacifico che non sia necessaria la comunicazione di avvio del procedimento (di recente: T.A.R. Umbria, 23 luglio 2014, n. 405; T.A.R. Napoli – Campania, sez. III, 13 maggio 2014, n.2624; T.A.R. Roma – Lazio, sez. I,
1 aprile 2014, n. 3546).
Nel caso di specie, il rinnovo per permesso di soggiorno è stato negato dall’Amministrazione perchè il ricorrente è stato condannato con sentenza emessa in data 7.2.2006, divenuta irrevocabile, del Tribunale in composizione monocratica di Ferrara, a mese uno di reclusione ed € 250,00 di multa, per il reato di introduzione nello Stato di prodotti con segni falsi continuato di cui all’art. 474 c.p. Quando viene consumato uno dei reati indicati dall’art. 26, comma 7 bis del D.Lgs. n. 286 del 1998 (tra cui quello di cui all’art. 474 c.p.) il legislatore impone all’Amministrazione di procedere alla revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero.
Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che “L’art. 26 comma 7 bis, d.lg. n. 286 del 1998 configura come edittalmente ostativa alla permanenza dello straniero soggiornante per lavoro autonomo nel territorio nazionale la condanna con provvedimento irrevocabile per uno dei reati previsti, tra l’altro, dall’art. 474 c.p. In tema di rinnovo del permesso di soggiorno, deve infatti ritenersi operante un meccanismo di automatismo espulsivo, di cui all’art. 26 comma 7 bis, d.lg. n. 286 del 1998, così come modificato dalla l. n. 189 del 2002, nel caso di condanne per reati in materia di diritto d’autore, atteso che è la stessa citata disposizione a prevedere che l’Amministrazione è tenuta a negare il permesso di soggiorno senza compiere valutazioni sulla pericolosità  sociale del soggetto” (di recente T.A.R. Milano, sez. III, 6 novembre 2013, n. 2436).
3. – Con il terzo motivo di ricorso il Sig. K. M. deduce l’illegittimità  del provvedimento impugnato in quanto l’Amministrazione avrebbe fatto applicazione della norma di cui all’art. 26, comma 7 bis, del D.Lgs. n. 286 del 1998, fuori dai casi in essa contemplati. Più nello specifico, il ricorrente sostiene che la norma de qua debba trovare applicazione solo in relazione alla revoca del permesso di soggiorno e non in relazione alle domande di rinnovo dello stesso.
Anche tale motivo di ricorso risulta essere palesemente infondato.
La giurisprudenza ha da tempo chiarito che la norma di cui all’art. 26, comma 7 bis, del D.Lgs. n. 286 del 1998 debba trovare applicazione anche nel caso di richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, con la conseguenza che, se lo straniero ha commesso uno dei reati indicati dalla norma medesima, la sua domanda di rinnovo deve essere respinta (T.A.R. Milano, sez. III, 6 novembre 2013, n. 2436).
4. – Infine, con l’ultimo motivo di ricorso, il Sig. K.M., deduce la violazione dell’art. 26, comma 7 bis, del D.Lgs. n. 286 del 1998 anche sotto il diverso profilo dell’aver considerato una sentenza di patteggiamento al pari di una sentenza di condanna. Sul punto si evidenzia che il legislatore impone all’Amministrazione di disporre la revoca (ovvero di negare il rinnovo) qualora lo straniero venga condannato per uno dei reati in essa previsti. Il legislatore non opera alcuna distinzione tra i diversi riti processuali che hanno caratterizzato il giudizio penale. Sul punto, la giurisprudenza ha osservato che “L’art. 26 comma 7 bis, del d.lgs. n. 286 del 1998 impone all’autorità , automaticamente e senza alternativa, di disporre la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione con accompagnamento alla frontiera dello straniero, qualora l’interessato sia condannato in via definitiva per specifici reati, senza che la legge operi distinzioni in relazione al tipo di rito processuale penale seguito per giungere alla condanna definitiva del ricorrente: ne consegue che anche la sentenza di patteggiamento per i predetti reati legittima la revoca del permesso e l’espulsione”.
In ogni caso, l’equiparazione tra la sentenza di patteggiamento e la sentenza di condanna, oltre ad essere sancita espressamente dal comma 1 bis dell’art. 445 del c.p.p. “….la sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2 (¦) Salve diverse disposizioni di legge, (¦) è equiparata a una pronuncia di condanna.”, è stata ribadita sia dal giudice amministrativo (T.A.R. Bari – Puglia, sez. III, 13 settembre 2011, n.1312; T.A.R. Trento, sez. I, 29 gennaio 2014, n. 20), sia dal giudice ordinario (Cass. pen., sez. IV, 22 novembre 2007, n. 2987). Sul punto ci si limita a citare la Cassazione “Come hanno infatti ritenuto le sezioni unite di questa Corte con le due sentenze n. 17781 e 17782, entrambe del 29.11.2005, “la sentenza di patteggiamento, in ragione dell’equiparazione legislativa ad una sentenza di condanna in mancanza di una espressa previsione di deroga, costituisce titolo idoneo per la revoca, a norma dell’art. 168 c.p., comma 1, n. 1, della sospensione condizionale della pena precedentemente concessa”. Come è specificato nelle ampie motivazioni delle citate sentenze delle SS.UU., il riferimento legislativo è quello di cui all’art. 445 c.p.p., comma 1 bis, il quale dispone che “salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna” (Cass. pen., sez. IV, 22 novembre 2007, n. 2987).
Anche tale motivo di ricorso quindi non può essere accolto.
5. – Per quanto riguarda, infine, il rilievo secondo il quale si è in presenza di un reato per il quale vi è il beneficio della concessione di indulto ex Legge 31 luglio 2006, n. 241, ci si limita ad osservare che l’indulto è causa di estinzione della pena e non del reato, pertanto “¦non comporta alcuna conseguenza sugli accadimenti storico-giuridici della commissione del reato e dell’intervenuta pronuncia di condanna e comunque “non estingue …neppure gli altri effetti penali della condanna”, ai sensi dell’articolo 174, I comma, del codice penale” (T.A.R. Aosta, 14 novembre 2007, n. 138; T.A.R. Bari, sez. II, 3 aprile 2007, n. 947).
Il ricorso pertanto deve essere respinto.
Vista la peculiarità  delle questioni affrontate, si ravvisano eccezionali ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Flavia Risso, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/09/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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