1. Espropriazione per pubblica utilità  – Occupazione d’urgenza – Vincoli di inedificabilità  derivanti da P.R.G. – Decadenza – Effetti


2. Espropriazione per pubblica utilità  – Occupazione illegittima – Risarcimento del danno – Prescrizione – Decorrenza – Fattispecie


3. Espropriazione per pubblica utilità  – Occupazione illegittima – Risarcimento del danno – Quantificazione – Criterio – Fattispecie


4. Espropriazione per pubblica utilità  – Occupazione d’urgenza – Risarcimento del danno  Quantificazione – Approvazione sopravvenuta del PUTT – Effetti


5. Espropriazione per pubblica utilità  – Occupazione d’urgenza – Risarcimento del danno – Quantificazione – Mancato godimento del bene – Criterio di stima

1. La decadenza dei vincoli preordinati a futura ablazione, per l’inutile decorso del quinquennio e in assenza del procedimento di variante urbanistica, comporta il venir meno del presupposto dell’esercizio del potere espropriativo con conseguente illegittimità  dei provvedimenti ablatori adottati.


2. In ipotesi di suolo restituito dalla p.A. a seguito di sentenza che ha annullato la procedura espropriativa, la prescrizione della domanda relativa ai dei danni subiti decorre solo dal momento della effettiva restituzione poichè solo da allora il proprietario è in grado di rendersi conto della consistenza e della entità  degli stessi.


3.  In materia di risarcimento per occupazione illegittima possono essere riconoscibili le voci di danno solo nella misura in cui la situazione di fatto (cioè la mancanza di possesso e detenzione del bene, da definirsi contra ius et in iure perchè determinata da una procedura espropriativa poi dichiarata retroattivamente illegittima) abbia determinato una lesione delle prerogative proprietarie (situazione di diritto), creando una sorta di “scollamento” tra situazione di fatto (caratterizzata dalla mancanza del possesso) e situazione di diritto (caratterizzata dalla permanente titolarità  del diritto di proprietà , mai venuto meno, nel caso di specie). Non sono, invece, riconoscibili i detrimenti patrimoniali derivati da mutamenti della situazione di diritto (nella specie la variazione delle potenzialità  edificatorie dei suoli) indipendenti dalla mancanza del possesso.


4. In materia di risarcimento per occupazione illegittima non può essere riconosciuta una voce di danno derivante dal deprezzamento dei terreni conseguente all’approvazione del PUTT (con conseguente modificazione della destinazione urbanistica delle aree espropriate), in quanto ciò significherebbe derogare in modo consistente ed erroneo ai principi in tema di responsabilità  aquiliana, sotto il profilo del necessario nesso causale che deve intercorrere tra l’evento dannoso e la condotta illecita (attiva o omissiva) della p.A..


5. Il danno per mancato godimento o utilizzo del bene deve essere determinato assumendo a valore-base quello di mercato del bene e applicando ad esso il tasso d’interesse legale, da ritenersi quale presumibile e normale indice di redditività  dell’immobile.

N. 00954/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01980/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1980 del 2011, proposto da: 
Nicola Veronico e Maria Carucci, rappresentati e difesi dagli avv. Anna Maria Nico, Onofrio Sisto, con domicilio eletto presso Anna Maria Nico in Bari, via Putignani, n.168; 

contro
Comune di Bari, rappresentato e difeso dall’avv. Mariangela Lioce, con domicilio eletto presso Mariangela Lioce in Bari, c/o Avv. ra Comunale via P. Amedeo, n. 26; 

per la condanna al risarcimento del danno
(ex art. 30 c.p.a.) per illegittima occupazione dei suoli siti in Bari, località  Ceglie del Campo, in catasto al fl. 16, p.lle 281 e 70, rispettivamente di proprietà  dei ricorrenti Veronico Nicola (p.lla 281) e Carucci Maria (p.lla 70).
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2014 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori Antonella Martellotta e Augusto Farnelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
I ricorrenti sono rispettivamente proprietari dei terreni in Bari, località  Ceglie del Campo, in catasto al fgl. 16 , p.lle 281 e 70.
In particolare il sig. Veronico Nicola è proprietario della p.lla 281 e la sig. ra Carucci Maria della p.lla 70.
Detti suoli sono stati interessati da procedura espropriativa ( delibera C.C. Comune di Bari n. 242/84) e da successiva occupazione d’urgenza ( decreto sindacale n.5/84), cui ha fatto seguito l’immissione in possesso in data 14/7/84.
In accoglimento del ricorso n. 1190/84, proposto da essi ricorrenti, il T.A.R. Bari, con sentenza n. 391/85, ha annullato la citata delibera consiliare n.242/84 e gli altri atti del procedimento espropriativo, in relazione alla intervenuta decadenza dei vincoli dei P.R.G. preordinati a futura ablazione, per l’inutile decorso del quinquennio e in assenza del procedimento di variante urbanistica.
Per effetto di quanto sopra, il Comune di Bari, con delibera di G.M. n.6109 del 16/12/94, ha autorizzato la restituzione delle aree illegittimamente occupate in favore dei ricorrenti proprietari, restituzione avvenuta in data 10/5/95, ovvero circa dieci anni dopo la pubblicazione della sentenza.
I predetti terreni sono stati restituiti totalmente incolti e interclusi, a causa della edificazione di aree contigue intervenuta successivamente all’esproprio e all’occupazione.
I ricorrenti, con raccomandata del 21/3/2000, hanno richiesto al Comune di Bari il risarcimento dei danni quantificati in £ 138.379.580, cui ha fatto seguito nota di riscontro del Comune di Bari con cui si riconosceva dovuta ai ricorrenti la sola indennità  di occupazione quantificata in £ 416.117, oltre interessi.
I ricorrenti hanno convenuto in giudizio il Comune di Bari per conseguire il risarcimento dei danni, giudizio definito con sentenza della Corte d’Appello di Bari n.1181/03, con cui, ricondotta la fattispecie nell’ipotesi risarcitoria da illegittima occupazione, è stata dichiarata inammissibile la domanda dei ricorrenti, atteso il difetto di giurisdizione del Giudice adito.
I ricorrenti hanno, per ciò, proposto ricorso in Cassazione per regolamento di competenza (R.G. 2118/04), definito, infine, con sentenza delle SS.UU. Civili della Cassazione n. 3724 del 19/2/07, con cui è stato ritenuto il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario, rientrando la controversia nell’ambito della giurisdizione del Giudice Amministrativo
I ricorrenti hanno, pertanto, avanzato il ricorso in esame al fine di conseguire il risarcimento dei danni subiti a causa della illegittima occupazione delle aree per il periodo dal 18/5/84 (rectius: dal 16/7/84, data di immissione in possesso) al 10/5/95 (data di restituzione dei terreni).
Il Comune di Bari, costituendosi in giudizio ha eccepito preliminarmente l’intervenuta prescrizione estintiva di qualsivoglia pretesa, risultando proposta la domanda risarcitoria solo nell’anno 2000, atteso che la sentenza di annullamento del Giudice Amministrativo è stata pubblicata il 17/10/85.
Sul punto, il Collegio si è già  espresso in fase istruttoria (con l’ord. Coll. n. 1373 depositata il 9.1..2013, all’esito della precedente udienza del 23.7.2013), rigettando la relativa eccezione perchè
solo al momento della riconsegna delle aree i ricorrenti potevano percepire la consistenza di taluni dei profili di danno denunciati, con riferimento, in particolare, alla sopravvenuta totale interclusione delle aree (sul punto si rinvia a quanto statuito nel provvedimento istruttorio 1373/2013 da cui non vi è motivo di discostarsi, non essendo intervenuti, nelle more, ulteriori precisazioni o elementi di giudizio da tenere in considerazione).
E’ stata disposta verificazione, ai sensi dell’art. 66 cod. proc. amm. con nomina, in qualità  di verificatore, del Provveditore Interregionale alle Opere Pubbliche Puglia e Basilicata , con facoltà  di delega, formulando il seguente quesito: “accerti il verificatore l’entità  e l’incidenza economica, in termini di diminuito valore del bene, delle modificazioni dello stato dei luoghi intervenute tra il momento d’inizio dell’illegittima occupazione e quello di restituzione delle aree ai ricorrenti, sia con riferimento allo stato delle colture eventualmente esistenti sul terreno e risultanti dal verbale di immissione in possesso, sia con riferimento alle vicende che hanno portato alla totale interclusione dell’area, sia infine in relazione alle eventuali potenzialità  edificatorie dell’area di che trattasi, prima e dopo il periodo di illegittima occupazione”.
Ai fini di una più agevole comprensione della decisione, occorre prendere le mosse dalla domanda dei ricorrenti, ponendola a confronto con le singole voci di danno che il verificatore ha individuato, meritando la relazione di verificazione alcune puntualizzazioni.
Il complessivo contenuto del ricorso rende convinti che i ricorrenti hanno chiesto la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della illegittima occupazione dei loro suoli decorrente dalla data di occupazione (16/7/84) a quella di restituzione (10/5/95).
Sin qui nulla quaestio.
Ciò che merita di essere puntualizzato, perchè individua in concreto il contenuto della pretesa risarcitoria, sono le singole voci di danno pretese.
I proprietari chiedono, infatti:
1) il risarcimento per la perdita dei frutti degli alberi esistenti al momento dell’immissione in possesso;
2) i danni derivanti dalla sopravvenuta inaccessibilità  dei fondi (per loro natura interclusi, in quanto privi di accesso alla pubblica via) conseguenti all’edificazione, negli anni in cui sono stati privati del possesso, dei fondi confinanti i cui proprietari, fino al 1984, avevano consentito, a titolo di tolleranza e rapporti di buon vicinato, l’attraversamento, pur senza costituzione di servitù di passaggio;
3) il danno derivante dallo “svuotamento del contenuto sostanziale del diritto dominicale sia in relazione al potere di godimento che in relazione al potere di disposizione¦.assimilabile alla perdita della titolarità  formale del diritto” di proprietà .
Il verificatore, dal canto suo, ha:
1) quantificato il valore dei frutti pendenti alla data dello spossessamento che ne ha impedito la raccolta;
2) quantificato i danni da interclusione (rectius: inaccessibilità ) conseguente all’edificazione dei fondi limitrofi;
3) individuato una (non esigua) voce di danno consistente nella perdita delle potenzialità  edificatorie nel periodo di mancato godimento del bene.
Tanto premesso, anticipando l’esito del ragionamento che verrà  di seguito svolto, ritiene il Collegio di dover, in primo luogo, escludere tale ultima voce di danno.
Sul punto deve rilevarsi, in primo luogo, che tale voce non risulta specificamente richiesta dai ricorrenti, sicchè il suo riconoscimento violerebbe il divieto di ultrapetizione.
Ma anche a voler ritenere che la formulazione in termini generali dell’istanza risarcitoria ricomprenda tale titolo, esso è, comunque, da escludere.
La voce in questione è rappresentata dal deprezzamento di ciascun lotto derivante, dopo la data di perdita del possesso, dall’approvazione del PUTT/P che ha destinato a verde le aree in questione.
Il verificatore ha fondato il riconoscimento di tale deprezzamento sull’impossibilità , per i proprietari, di formulare osservazioni nell’ambito del procedimento pianificatorio.
In realtà  tale ricostruzione è del tutto erronea concettualmente.
Sono, infatti, riconoscibili voci di danno solo nella misura in cui la situazione di fatto (cioè la mancanza di possesso e detenzione del bene, da definirsi contra ius et iniureperchè determinata da una procedura espropriativa poi dichiarata retroattivamente illegittima) abbia determinato una lesione delle prerogative proprietarie (situazione di diritto), creando una sorta di “scollamento” tra situazione di fatto (caratterizzata dalla mancanza del possesso) e situazione di diritto (caratterizzata dalla permanente titolarità  del diritto di proprietà , mai venuto meno, nel caso di specie).
Non sono, invece, riconoscibili i detrimenti patrimoniali derivati da mutamenti della situazione di diritto (nella specie la variazione delle potenzialità  edificatorie dei suoli) indipendenti dalla mancanza del possesso.
In tal senso, la inedificabilità  individuata dal verificatore, è del tutto indipendente dalla mancata detenzione dei suoli, nè questa ha in qualche modo inciso perchè, una volta annullati gli atti della procedura espropriativa (peraltro mai giunta alla formale ablazione), era incontrovertibile il diritto di proprietà  dei ricorrenti e questi, in qualità  di proprietari, ben potevano (indipendentemente dal materiale possesso) svolgere tutte le prerogative procedimentali e partecipative in seno al procedimento di pianificazione.
Riconoscere una voce di danno derivante dal deprezzamento dei terreni conseguente all’approvazione del PUTT significherebbe derogare in modo consistente ed erroneo ai principi in tema di responsabilità  aquiliana, sotto il profilo del necessario nesso causale che deve intercorrere tra l’evento dannoso e la condotta illecita (attiva o omissiva).
In particolare, in tale ipotesi, si riconoscerebbe un danno che:
1) non deriva (secondo il principio di causalità  umana) dalla condotta del Comune (perchè lo spossessamento non ha prodotto il danno derivante da approvazione dello strumento urbanistico, non avendo precluso l’esercizio di alcuna prerogativa proprietaria rilevante nel procedimento di approvazione del piano, essendo il danno, invece, direttamente derivante dall’atto adottato all’esito dello strumento di programmazione territoriale);
2) non può definirsi contra ius et iniure, poichè la condotta causativa del danno (cioè l’approvazione dello strumento urbanistico) non risulta essere caratterizzata da alcun profilo di illegittimità .
Dunque, la voce di danno individuata dal verificatore deroga a due principi cardine della responsabilità  aquiliana: 1) quello di causalità ); 2) quello di illiceità  della condotta.
Ciò risulta tanto più convincente laddove si pensi che sin dal 1984 (data di adozione della sentenza di annullamento della procedura ablatoria) i ricorrenti erano ben consci che gli atti di immissione in possesso e tutti quelli della procedura espropriativa erano stati annullati e, per ciò, le loro prerogative proprietarie alla data di approvazione del PUTT (avvenuta solo nella prima metà  degli anni ’90) erano del tutto integre.
Il che significa che i ricorrenti, ben avrebbero potuto esercitare, in qualità  di proprietari (benchè non ancora reintegrati nel possesso) tutte le prerogative partecipative riconosciute dalla legge.
Tali considerazioni – che evidentemente conducono a smentire in parte i risultati della verificazione – impongono, a questo punto, di formulare un giudizio in merito all’attendibilità  della stessa, al fine di individuarne correttamente il valore probatorio.
A ben guardare, infatti, la relazione peritale si manifesta particolarmente attendibile sotto il profilo dell’estimo del valore dei terreni e di tutte quelle operazioni di computo che appartengono alle specifiche competenze del verificatore.
Tanto in ragione dell’assenza di incongruenze; della puntuale indicazione dei criteri di calcolo seguiti e dei parametri di riferimento (ad es. valore al mq dei terreni limitrofi secondo la stima dei valori di compravendita) che si segnalano per la particolare cura nell’individuazione; della particolare competenza tecnica del verificatore, derivante dalla posizione dirigenziale nell’ambito della struttura tecnica cui è preposto.
Tutti tali indici consentono di formulare un giudizio di piena attendibilità  per i profili di natura squisitamente tecnica nella materia dell’estimo.
Diversamente è a dirsi, invece, per la parte inerente l’individuazione delle voci di danno, rispetto alle quali si impone un vaglio critico e particolarmente attento , da parte del Collegio, in quanto tali profili ineriscono la materia squisitamente giuridica e involgono, più che altro, profili di qualificazione delle condotte esaminate e dei danni riscontrati.
Pochi cenni infine, in merito all’utilizzabilità  della consulenza di parte del Comune (che peraltro, nella sostanza attesta che la stima effettuata dal verificatore è corretta).
Essa, a causa del deposito tardivo (il giorno antecedente l’udienza di discussione) non può trovare ingresso nel materiale probatorio usato dal Collegio.
Analoga sorte merita la domanda per i c.d. danni da “inaccessibilità ” di ciascun fondo.
I ricorrenti, per loro stessa ammissione, hanno indicato nel ricorso introduttivo che non erano titolari di alcuna servitù (neppure di fatto) e che il passaggio avveniva a titolo di mera cortesia.
Il riconoscimento di un danno per la voce richiesta comporterebbe il riconoscimento di una utilità  maggiore di quella esistente nel loro patrimonio prima della condotta che sia asserisce essere illecita, poichè esso viene richiesto nella misura necessaria a costituire la servitù di passaggio con le relative opere.
A tale profilo sia aggiunge quello ulteriore che è del tutto indimostrato ed affidato a criteri che derogano alla regola di esperienza dell’ id quod plerumque accidit il presupposto su cui fonda la tesi a sostegno della pretesa risarcitoria, ovverosia che se i ricorrenti fossero stati nel possesso dei beni avrebbero potuto impedire le edificazioni che hanno determinato la interclusione.
Infatti, non emerge che tali edificazioni avrebbero potuto essere impedite dalla posizione di possessori del terreno, posto che il possesso di una servitù di passaggio per mera tolleranza o cortesia del fondo servente è escluso dalla tutela possessoria.
Devono parimenti escludersi i danni pari allo svuotamento del contenuto sostanziale del diritto dominicale, assimilabili alla perdita della titolarità  formale del diritto di proprietà , quantificati, dai ricorrenti in misura pari al valore venale del bene, in quanto, atteso il permanere della titolarità  del diritto di proprietà , essi non trovano alcun fondamento giuridico.
La parte motivazionale fin qui esposta ha riguardato le voci di danno non riconoscibili.
Si procede, ora, a indicare in quali termini la domanda risarcitoria è, invece, accoglibile.
Senz’altro essa merita accoglimento nella parte in cui si lamenta la mancata percezione delle utilità  derivanti dalla raccolta dei frutti pendenti sugli alberi esistenti al momento dell’immissione in possesso.
Il valore degli stessi, attualizzato con accessori (interessi e rivalutazione, cumulabili in virtù della natura di debito di valore) è stato correttamente quantificato dal verificatore (per la indicazione nel dettaglio dei criteri di calcolo si rinvia alla relazione).
Esso è pari a Euro 1.856,17 (dal luglio 1984 al gennaio 2014) per il terreno di proprietà  del sig. Veronico; mentre per il terreno di proprietà  della sig.ra Carucci è pari a Euro 2.445,35 (dal luglio 1984 al gennaio 2014).
Al fine di procedere ad ulteriore attualizzazione fino alla data di pubblicazione della sentenza, ritiene il Collegio di poter procedere in via equitativa, aggiornando le due somme ad euro 1.900,00 per il sig. Veronico e 2.500,00 per la sig.ra Carucci.
L’ulteriore voce di danno la cui domanda è fondata, è quella inerente il mancato godimento e utilizzo del bene per il periodo quasi decennale intercorrente tra l’immissione in possesso e la restituzione.
Essa risulta formulata nella voce omnicomprensiva già  indicata sub 2) delle richieste di parte sopraindicate.
Il risarcimento va determinato in relazione allo spossessamento del terreno a far data dal 16/7/84, poichè l’occupazione è divenuta illegittima ab origine, per effetto della richiamata sentenza del T.A.R. Bari, n. 391/85 che ha annullato tutti gli atti della procedura ablatoria.
In mancanza d’indicazioni e deduzioni più puntuali, deve ritenersi che il risarcimento per il mancato godimento debba calcolarsi assumendo a valore-base quello di mercato del bene, come stimato dal verificatore, applicando ad esso il tasso d’interesse legale, da ritenersi quale presumibile e normale indice di redditività  dell’immobile (v. in tal senso T.A.R. Bari, n. 3403/10)
In particolare, per la concreta determinazione dell’ammontare di tale valore, piuttosto che procedere a supplemento istruttorio a mezzo di ulteriore verificazione (contrario al principio di concentrazione e giusto processo in ragione di esigenze di celerità  nella definizione del presente contenzioso), il Tribunale ritiene di avvalersi del sistema, già  disciplinato dall’art. 35, cpv., del D.Lgs. n. 80/98, e, ora, dall’art. 34, comma 4, del c.p.a., a termini del quale: “In caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, con il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti”.
Per ciò che concerne la determinazione dei criteri di liquidazione del danno, imposta dalla disposizione che precede, possono ritenersi congrue le indicazioni stabilite dall’art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001 (“Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico”), aggiunto dal comma 1 dell’art. 34 D.L. 6 luglio 2011, n. 98, a tenore delle quali “Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità  del danno, l’interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma”.
Tale danno va liquidato dal 16/7/84 al 10/5/95.
Il valore su cui calcolare l’interesse del 5% è quello individuato dal verificatore, pari, alla data del 1985 (cioè approssimativamente quando si è verificata l’immissione in possesso poi divenuta sine titulo), ad Euro 24.976, 19 per ciascun suolo (il valore è stato determinato applicando idonei correttivi al valore di mercato di aree limitrofe, in ragione delle peculiarità  dei terreni).
Tale somma ( pari al 5% di Euro 24.976, 19 ) viene riconosciuta per ciascun anno di occupazione illegittima fino al 10/5/95 (cioè per anni 11).
Ovviamente la somma così individuata, costituendo la sorte capitale di un debito di valore (Cass., I, 4.2.2010, n. 2602), dovrà  essere rivalutata all’attualità  secondo l’indice ISTAT dei prezzi al consumo, mentre sulle somme anno per anno rivalutate dovranno altresì essere corrisposti gli interessi legali fino alla data di deposito della sentenza (v. in tal senso sent. senso T.A.R. Bari, n.142/2014).
Conclusivamente la condanna risarcitoria in favore del sig. Veronico sarà  pari ad Euro 1.900,00, nonchè al danno per occupazione illegittima secondo i criteri sopra enunciati.
In favore della sig.ra Carucci sarà  pari ad Euro 2.500,00, nonchè al danno per occupazione illegittima secondo i criteri sopra enunciati.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza parziale, vengono compensate per 1/3 e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie parzialmente e, per l’effetto, condanna il Comune di Bari al risarcimento dei danni subiti da ciascun ricorrente per l’illegittima occupazione dei terreni, da liquidarsi, da parte dell’Amministrazione resistente, secondo i criteri fissati in parte motiva.
Condanna il Comune di Bari al pagamento in solido, in favore dei ricorrenti Veronico Nicola e Maria Carucci, 2/3 delle spese processuali che liquida in € 2.500, omnicomprensivi, oltre I.V.A. e C.P.A., e spese generali, come per legge, nonchè rifusione del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
Maria Colagrande, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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