1. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Richiesta di chiarimenti ex art. 112, co. 5, c.p.a. – Legittimazione attiva – Parte privata – Sussiste.


2. Giurisdizione – Giurisdizione del G.A. – Giudizio di ottemperanza – Richiesta di chiarimenti ex art. 112, co. 5 c.p.a. – Questioni involgenti rapporti tra parti private – Sussiste

 
1. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 112, commi 1 e 2, e 114 co. 7 c.p.a,  i soggetti legittimati a chiedere chiarimenti, ai sensi dell’art. 112, co. 5, c.p.a., siano tutte le parti soccombenti interessate (oltre che il commissario ad acta), a prescindere dalla natura giuridica della parte stessa (pubblica o privata).


2. Il ricorso proposto al fine di ottenere chiarimenti, ai sensi dell’art. 112, co. 5 c.p.a. – che si configura come domanda “autonoma” (che si avvia con “ricorso”) e distinta rispetto alla azione di ottemperanza “pura” ex art. 112, co. 2 c.p.a. – è esperibile dinanzi al G.A. in considerazione delle innumerevoli disposizioni contenute nel c.p.a. (art. 112, commi 1 e 5, c.p.a. e art. 114, co. 6 e 7, c.p.a.) che lo disciplinano direttamente o indirettamente e che presuppongono la giurisdizione dello stesso giudice amministrativo.  àˆ, quindi, fisiologico che il G.A. conosca di tutte le questioni inerenti l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali che lo stesso ha emesso (cfr. art. 114, comma 6 c.p.a.), anche se involgenti rapporti tra parti private, come nel caso di specie.
 

N. 00924/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00438/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 438 del 2014, proposto da Giovanni Panaro s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Michaela De Stasio e Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto in Bari, via Pizzoli, 8;

contro
Comune di Alberobello;

nei confronti di
Inedil s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Alberto Bagnoli, con domicilio eletto in Bari, via Dante Alighieri, 25;
Marco Pasquale;
Ivone Domenico;
Angiulli Gianfranca;
Palmisano Angelo;

al fine di ottenere
chiarimenti in ordine alle modalità  di ottemperanza della sentenza n. 1279/2013 del T.A.R. Puglia, sede di Bari, Sez. I, nella parte relativa alla statuizione sulle spese di lite;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di INEDIL s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti gli artt. 112 e ss. cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2014 per le parti i difensori avv.ti Vito Aurelio Pappalepore e Alma Lucia Tarantino, su delega dell’avv. Alberto Bagnoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso r.g. n. 1699/2007 la società  Giovanni Panaro s.p.a. impugnava dinanzi al T.A.R. Puglia, sede di Bari le delibere con le quali il Consiglio comunale di Alberobello adottava il Piano attuativo di iniziativa privata denominato “Terminal turistico”.
Il giudizio veniva definito con sentenza n. 1279/2013, depositata il 29.8.2013, che dichiarava inammissibile il ricorso.
Nell’epigrafe di detta sentenza si indicano quali controinteressati le seguenti cinque parti: INEDIL s.r.l., Marco Pasquale, Ivone Domenico, Angiulli Gianfranca e Palmisano Angelo, tutti rappresentati e difesi nell’ambito del giudizio r.g. n. 1699/2007 dall’avv. Alberto Bagnoli.
Con riguardo alle spese di lite il dispositivo della sentenza in esame così dispone:
«Condanna la ricorrente alla rifusione in favore del Comune di Alberobello e dei controinteressati delle spese di lite, che si liquidano in euro 1.800 oltre accessori di legge per ciascuna di dette parti.».
La società  ricorrente provvedeva, su richiesta del Comune di Alberobello, al pagamento delle spese di lite, nella misura indicata in sentenza.
Con atto di precetto notificato contestualmente alla sentenza in data 18.3.2014 INEDIL s.r.l. intimava il pagamento dell’importo complessivo di € 2.435,54.
La Giovanni Panaro s.p.a. provvedeva anche a detto pagamento, a mezzo di assegno circolare di pari importo tratto su Monte dei Paschi di Siena s.p.a. (n. 6066164867-09), intestato in favore della predetta società  INEDIL s.r.l., trasmesso con raccomandata in data 25.3.2014, precisando – nella missiva di accompagnamento – «… che con detto pagamento deve intendersi soddisfatta ed integralmente adempiuta la statuizione sulle spese legali di € 1.800,00 oltre accessori di legge, per i “controinteressati”, unitariamente considerati».
Tuttavia, la società  INEDIL s.r.l. restituiva l’assegno con missiva del 26.3.2014, asserendo che la causale sarebbe stata errata ed, in particolare, che «… la somma intimata con il precetto notificatoVi è dovuta esclusivamente a questa società  in virtù della sentenza del TAR Bari n. 1279/2013, così come rilasciata alla medesima e notificataVi unitamente al precetto», aggiungendo «che si procederà  all’esecuzione forzata per il recupero della somma precettata».
La società  Giovanni Panaro s.p.a. proponeva, pertanto, istanza ex art. 112, comma 5 cod. proc. amm. al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità  di ottemperanza della sentenza n. 1279/2013 (passata in giudicato).
In particolare, secondo la tesi sostenuta dalla controinteressata INEDIL, a ciascuno dei cinque controinteressati dovrebbe essere corrisposta – in forza del dispositivo della sentenza n. 1279/2013 – la somma di € 1.800,00 oltre accessori di legge (totale: € 1.800,00 oltre accessori x 5).
All’opposto, la società  Giovanni Panaro s.p.a. opina nella istanza ex art. 112, comma 5 cod. proc. amm. nel senso che la somma a liquidarsi debba essere quella statuita in sentenza senza alcuna moltiplicazione, in quanto il riferimento contenuto nel dispositivo (“per ciascuna di dette parti”) riguarderebbe le due parti processuali costituite, cioè il Comune di Alberobello ed i “controinteressati” (tutti unitariamente rappresentati e difesi nel giudizio r.g. n. 1699/2007 dall’avv. Alberto Bagnoli).
Si costituiva la società  INEDIL s.r.l., resistendo al gravame.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che la domanda di cui all’istanza ex art. 112, comma 5 cod. proc. amm. sia ammissibile e debba essere accolta.
Preliminarmente, reputa questo Giudice che la questione debba essere definita con provvedimento giurisdizionale avente la forma di sentenza (ex art. 33, comma 1, lett. a) cod. proc. amm.) e nella specie di sentenza avente forma semplificata ex art. 114, comma 3 cod. proc. amm. (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 17 dicembre 2012, n. 6468 e T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 1° dicembre 2011, n. 2812).
L’azione in esame, che Cons. Stato, Sez. IV, 17 dicembre 2012, n. 6468 configura come domanda “autonoma” e distinta rispetto alla azione di ottemperanza “pura” ex art. 112, comma 2 cod. proc. amm., è evidentemente esperibile dinanzi al giudice amministrativo, in considerazione delle innumerevoli disposizioni, contenute nel codice del processo amministrativo (art. 112, commi 1 e 5 cod. proc. amm. ed art. 114, commi 6 e 7 cod. proc. amm.), che la disciplinano direttamente o indirettamente e che presuppongono la giurisdizione dello stesso giudice amministrativo.
E’, quindi, fisiologico che il giudice amministrativo conosca di tutte le questioni inerenti l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali che lo stesso ha emesso (cfr. art. 114, comma 6 cod. proc. amm.), anche se involgenti – come accaduto nel caso di specie – rapporti tra parti private (ricorrente e controinteressato).
Ne consegue il rigetto della eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dalla controinteressata INEDIL e fondata sulla natura privatistica del credito, oggetto di contestazione in questa sede, derivante dal dispositivo della sentenza n. 1279/2013.
In secondo luogo, devono ritenersi legittimate ad agire ex art. 112, comma 5 cod. proc. amm. (“Il ricorso di cui al presente articolo può essere proposto anche al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità  di ottemperanza”) tutte le parti interessate (oltre che il commissario ad acta ai sensi dell’art. 114, comma 7 cod. proc. amm.), a prescindere dalla natura giuridica della parte stessa (pubblica o privata).
Del resto, se Cons. Stato, Sez. IV, 17 dicembre 2012, n. 6468 afferma la legittimazione attiva della parte pubblica soccombente, specificando che la parte vittoriosa non ha alcun interesse (e quindi non è legittimata) a chiedere i chiarimenti in ordine alle modalità  di ottemperanza (potendo quest’ultima domandare immediatamente l’ottemperanza della sentenza ai sensi dell’art. 112, comma 2 cod. proc. amm. ovvero la condanna della Amministrazione nelle ipotesi contemplate dall’art. 112, comma 3 cod. proc. amm.), è solo perchè l’azione ex art. 112, comma 5 cod. proc. amm. era stata in concreto proposta dalla stessa Amministrazione soccombente nel giudizio di cognizione.
Nello stesso senso (vale a dire non ammettere la legittimazione ad agire ex art. 112, comma 5 cod. proc. amm. della parte privata vittoriosa, potendo la stessa agire in forza dell’art. 112, comma 2 cod. proc. amm. per l’ottemperanza della sentenza) si è espresso Cons. Stato, Sez. V, 19 giugno 2013, n. 3339.
Non vi sono, dunque, ragioni per escludere una estensione della legittimazione attiva alla proposizione dell’azione ex art. 112, comma 5 cod. proc. amm. a tutte le parti soccombenti, a prescindere dalla loro natura giuridica, e quindi anche alle parti private (nel caso di specie la ricorrente Giovanni Panaro s.p.a. soccombente nel giudizio di cognizione r.g. n. 1699/2007).
In tale direzione depone la previsione dell’art. 112, comma 1 cod. proc. amm. secondo cui i provvedimenti del giudice amministrativo debbono essere eseguiti, oltre che dalla pubblica amministrazione, anche dalle altre parti. Quindi, se anche le parti private soccombenti (ricorrente o controinteressato) sono tenute ad eseguire i provvedimenti del giudice amministrativo, anche a queste parti dev’essere riconosciuta la legittimazione ad agire “al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità  di ottemperanza”.
Analogamente è possibile far leva sulla constatazione della differente formulazione dell’art. 112, comma 2 cod. proc. amm. rispetto alla precedente previsione della legge T.A.R. n. 1034/1971 (art. 37).
Se infatti l’art. 112, comma 2 cod. proc. amm. contempla in generale l’azione di ottemperanza al fine della “attuazione” delle sentenze, l’art. 37 legge T.A.R. prevedeva specificamente l’ottemperanza al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo dell’autorità  amministrativa di conformarsi, in quanto riguarda il caso deciso, al giudicato.
Pertanto, l’art. 37 legge T.A.R. aveva un ambito operativo molto più limitato e contemplava un vincolo diretto esclusivamente nei confronti dell’Amministrazione; l’attuale configurazione dell’azione di ottemperanza è invece estesa, potendo la stessa dirigersi anche nei confronti delle parti private.
Si è già  detto che il comma 5 dell’art. 112 cod. proc. amm. delinea – come sottolineato da Cons. Stato n. 6468/2012 – un’azione autonoma che si avvia con “ricorso”.
L’art. 114, comma 7 cod. proc. amm. prevede, tra i soggetti legittimati attivi alla domanda de qua, anche il commissario ad acta.
Il tenore letterale di tale ultima disposizione (“Nel caso di ricorso ai sensi del comma 5 dell’articolo 112, il giudice fornisce chiarimenti in ordine alle modalità  di ottemperanza, anche su richiesta del commissario”) e l’utilizzo della locuzione “anche” sono chiaramente sintomatici del fatto che tutte le parti soccombenti (pubbliche o private) del giudizio di cognizione possono chiedere chiarimenti al giudice amministrativo.
Inoltre, in virtù dell’art. 114, comma 6 cod. proc. amm. “Il giudice conosce di tutte le questioni relative all’ottemperanza ¦”.
Infine, si rammenta che secondo Cons. Stato, Sez. VI, 26 marzo 2014, n. 1472 (detta sentenza richiama il principio di diritto di cui a Cons. Stato, Sez. VI, 19 giugno 2012, n. 3569):
«¦ L’art. 112, comma 5, cod. proc. amm., prevede che il ricorso di ottemperanza può essere proposto anche al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità  di esecuzione: lo scopo perseguito è quello di consentire alle parti interessate, in attuazione del principio di celerità  nella definizione delle controversie, di ottenere le indicazioni necessarie ad evitare che venga posta in essere una attività  di violazione o elusione del giudicato (Cons. Stato, sez. VI, 19 giugno 2012, n. 3569).
Si tratta di un’azione esecutiva di accertamento volta ad eliminare possibili incertezze nella fase di attuazione del rapporto processuale definito con una sentenza passata in giudicato. ¦».
Detta ultima decisione è stata resa dal Consiglio di Stato nell’ambito di un giudizio finalizzato a rendere chiarimenti ex art. 112, comma 5 cod. proc. amm., richiesti dalla società  Crescent s.r.l., in ordine all’ottemperanza della sentenza n. 6223/2013 dello stesso Consiglio di Stato.
Nell’ambito del giudizio di appello concluso con la citata sentenza n. 6223/2013 la società  Crescent risulta essere soggetto controinteressato interventore ad opponendum.
L’esito di detto giudizio vede la società  Crescent soccombente.
Dal chè se ne può ricavare ulteriore conferma in ordine alla circostanza della certa legittimazione attiva del soggetto privato (parte soccombente nel giudizio di cognizione) rispetto all’azione ex art. 112, comma 5 cod. proc. amm.
Ciò premesso, appare condivisibile l’interpretazione che del dispositivo fornisce l’odierna istante società  Panaro s.p.a.
La somma da liquidarsi deve essere quella statuita in sentenza senza alcuna moltiplicazione, in quanto il riferimento contenuto nel dispositivo (“per ciascuna di dette parti”) riguarda le due parti processuali costituite, cioè il Comune di Alberobello da un lato ed i “controinteressati” (tutti unitariamente rappresentati e difesi nel giudizio r.g. n. 1699/2007 dall’avv. Alberto Bagnoli) dall’altro.
Anche l’atto di costituzione in giudizio dei controinteressati è unitario, come unitaria è la procura stesa in calce all’atto di costituzione, come parimenti unitari sono stati i successivi scritti difensivi proposti per la società  INEDIL a r.l. ed altri (cfr. memoria difensiva depositata il 15.5.2013).
Inoltre, l’opposta tesi si porrebbe in contrasto con il disposto dell’art. 4, comma 4 D.M. n. 140/2012, in tema di liquidazione giudiziale dei compensi professionali, secondo cui “qualora l’avvocato difenda più persone con la stessa posizione processuale il compenso unico può essere aumentato fino al doppio”.
Seppure l’incremento è meramente discrezionale, come tale sottoposto all’apprezzamento dell’organo giudicante, lo stesso, se disposto non può mai eccedere la misura massima del “doppio”, mentre la tesi sostenuta da INEDIL porterebbe alla non condivisibile conclusione che lo stesso dovrebbe essere quintuplicato.
In tal senso si è espressa Cass. civ., Sez. VI, 29 novembre 2012, n. 21320:
«In tema di compensi di avvocato, il criterio della parcella unica, che esclude la possibilità  di moltiplicare le liquidazioni (salva la possibilità  di aumento) in caso di difesa di più parti aventi identica posizione processuale (nella specie, tre controricorrenti difesi dal medesimo difensore, il quale aveva presentato tre distinti controricorsi di uguale contenuto), deve essere utilizzato anche dopo l’abrogazione delle tariffe professionali, tenuto conto che l’art. 4, comma 4, d.m. 20 luglio 2012 n. 140, il quale ha dato attuazione all’art. 9, comma 2, d.l. 24 gennaio 2012 n. 1, convertito in l. 24 marzo 2012 n. 27, espressamente stabilisce che, in tale situazione, il compenso unico può essere aumentato fino al doppio.».
In conclusione, la domanda di cui al ricorso ex art. 112, comma 5 cod. proc. amm., proposta dalla Giovanni Panaro s.p.a., va accolta e, per l’effetto, si fornisce nei sensi che precedono il chiarimento richiesto.
Pertanto, la statuizione in ordine alle spese di lite di cui al dispositivo della sentenza n. 1279/2013 di questo Tribunale deve essere intesa nel senso che i controinteressati cui la società  ricorrente (soccombente nel giudizio r.g. n. 1699/2007) deve corrispondere la somma di € 1.800,00, oltre accessori come per legge, debbono essere unitariamente considerati e che il riferimento contenuto nel dispositivo (“per ciascuna di dette parti processuali”) riguarda le due parti processuali costituite, e cioè il Comune di Alberobello ed i controinteressati (INEDIL s.r.l., Marco Pasquale, Ivone Domenico, Angiulli Gianfranca e Palmisano Angelo, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Alberto Bagnoli nel giudizio di cognizione r.g. n. 1699/2007) unitariamente considerati, senza alcuna moltiplicazione.
In considerazione della natura e della peculiarità  della presente controversia, nonchè della novità  della questione affrontata, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità  per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, fornisce i chiarimenti richiesti nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore
Maria Grazia D’Alterio, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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