1. Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Permesso di soggiorno – Diniego di rinnovo – Presentazione della domanda – Termine – Perentorietà  – Non sussiste


2. Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Permesso di soggiorno – Diniego di rinnovo – Valutazione situazione soggettiva complessiva – Necessità  – Fattispecie

1. In mancanza di un’espressa previsione normativa che qualifichi il termine come perentorio, la semplice tardività  della presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro non costituisce di per sè ragione sufficiente a giustificarne il rigetto da parte dell’Amministrazione, mentre la situazione di irregolarità  non sussiste se lo straniero si sia spontaneamente presentato all’autorità  Amministrativa chiedendo il rinnovo del permesso scaduto.


2. àˆ illegittimo il provvedimento di rigetto della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, adottato dall’Amministrazione senza una valutazione della complessiva situazione soggettiva del ricorrente (anche sopravvenuta all’instaurazione del giudizio) che tenga conto della durata della permanenza in Italia dello straniero, del grado di inserimento nel contesto sociale, familiare e lavorativo dello stesso nonchè dei legami con il paese d’origine. (Nel caso di specie, è stato ritenuto illegittimo il diniego di rinnovo per non aver considerato l’inserimento sociale e lavorativo del ricorrente).

N. 00910/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00917/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 917 del 2013, proposto da: 
M. S., rappresentato e difeso dall’avv. Tiziana Sangiovanni, con domicilio eletto presso Tiziana Sangiovanni in Bari, via Napoli n. 138; 

contro
Questura di Bari, Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, presso la cui sede in Bari, via Melo, n. 97 eleggono domicilio ex lege; 

per l’annullamento
del provvedimento di rigetto della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato presentata in data 11.07.2012, Cat. A. 11 2013/Imm. n. 21/P.S, portato a conoscenza solo in data 28.05.2013;
nonchè
di ogni altro atto ad esso presupposto, conseguente e/o comunque connesso,sempre nei limiti dell’interesse.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Questura di Bari e di Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Tiziana Sangiovanni e Giuseppe Zuccaro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1- Espone il ricorrente di essere arrivato in Italia nel 2008 come minore non accompagnato e di essere stato affidato alla zia materna. Dopo aver compiuto il diciottesimo anno di età , ha ottenuto il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, valido fino al 20.01.2012.
Essendosi accorto della scadenza del permesso di soggiorno e di essere privo della copertura assicurativa obbligatoria, si è iscritto presso il Centro per l’Impiego di Rutigliano in data 11.07.2012, inoltrando contemporaneamente la raccomandata relativa alla domanda per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di attesa di occupazione.
Nelle more dell’atteso rinnovo ha lavorato come bracciante agricolo, alternando periodi di svolgimento di lavoro regolare a quelli in cui l’attività  è stata prestata in forme sommerse.
In data 28 maggio 2013 ha ricevuto provvedimento con cui il Questore della Provincia di Bari ha respinto la richiesta di rinnovo. Avverso tale rigetto ha presentato ricorso.
2 – Egli tra i motivi di ricorso deduce:
a) La violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Errata interpretazione dell’art. 5 del D. Lgs. n, 286/1998.
L’amministrazione avrebbe omesso di considerare la complessiva situazione soggettiva del ricorrente, caratterizzata dalla presenza di un vincolo familiare sulla base del quale è stato rilasciato un permesso di soggiorno, che ai sensi dell’art. 5 comma 5 del D. Lgs. n. 286/98 comporta una valutazione diversa delle ipotesi di diniego, non più vincolante ma discrezionale almeno quanto al risultato. La Questura, oltre a non tener conto dei vincoli familiari dello straniero, rilevanti pur trattandosi di ipotesi al di fuori di quella volta alla verifica dei presupposti per l’esercizio del ricongiungimento familiare, non avrebbe tenuto nemmeno conto degli elementi nuovi, rappresentati dal fatto che il ricorrente abbia svolto regolarmente attività  lavorativa nei periodi settembre-dicembre 2012, febbraio-marzo 2013 e maggio-giugno 2013, quindi prima della notifica del diniego, in tal modo violando anche l’art. 5, comma 5, del TU n. 285/1998.
Egli, infatti, ha sempre lavorato in qualità  di bracciante agricolo, come dimostrato dai contratti di lavoro che si sono succeduti tra il 2010 e il 2013, con diverse Ditte operanti nella Provincia di Bari.
La tardiva presentazione della domanda di rinnovo non sarebbe sanzionata da alcuna norma, non comprendendola il citato art 5 comma 5 del D.Lgs. 286/1998 tra le ipotesi tassative di rifiuto o revoca. La perdita del lavoro, a fronte di un lavoratore straniero che abbia risieduto legalmente in un Paese ai fini dell’occupazione, non può da sola causare il “ritiro del permesso di soggiorno”, come stabilito dall’art. 8 della Convenzione OIL 143/1975.
b) La violazione di legge per inosservanza del principio comunitario di proporzionalità .
Quest’ultimo impone, tra l’altro, la gradazione delle sanzioni, che in materia di immigrazione imporrebbe la valutazione della “natura e la gravità  dell’infrazione commessa, della condotta dello straniero, della situazione familiare del ricorrente¦” (arret Boultif c. Suisse del 02.08.2001).
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’interno e la Questura di Bari, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato per resistere al ricorso, chiedendone la reieizione. La Questura, in particolare, ha contestato la fondatezza del ricorso, sostenendo che il diniego è motivato dall’assenza di causa di forza maggiore posta a idonea giustificazione del ritardo nella presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno. Inoltre, il ricorrente non avrebbe prodotto osservazioni alla comunicazione di preavviso di rigetto ai senso dell’art. 10 bis L. 241/1990 del 22.03.2013 e il diniego sarebbe privo di margini di discrezionalità , costituendo piuttosto un atto dovuto.
Con ordinanza n. 428/2013 del 30.07.2013 è stata accolta l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia del gravato provvedimento di diniego.
Con memoria del 14 giugno 2014, il ricorrente ha comunicato che, dal 09.05.2014, svolge attività  lavorativa, quale bracciante agricolo, alle dipendenze dell’azienda agricola del Sig. Rocco Pastore, in Noiacattaro, alla via Spadolini, n. 26, occupazione ottenuta dopo il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di giustizia, rilasciato in data 17.04.2014 dalla Questura di Bari.
All’udienza pubblica del 02 luglio 2014, la causa è stata trattenuta in decisione dopo aver sentito la difesa delle parti.
3 – Il ricorso è fondato.
Rileva in proposito la considerazione, non ignorata neanche dalla Questura, secondo cui la semplice tardività  della domanda di rinnovo non costituisce di per sè sufficiente ragione di rigetto.
La giurisprudenza amministrativa, con orientamento pacifico del tutto condivisibile, ha chiarito che – in mancanza di un’espressa sanzione stabilita dal legislatore – il termine non ha natura perentoria ma semplicemente sollecitatoria, così per quello previsto dall’art. 5, comma 4, del D. Lgs. n. 286/1998 che non contempla alcuna conseguenza sanzionatoria per l’ipotesi di una sua inosservanza; mentre la situazione di irregolarità  non sussiste, se lo straniero si è spontaneamente presentato all’Autorità  amministrativa e ha chiesto, benchè in ritardo, il rinnovo del permesso scaduto (cfr. T.A.R. Trento, sent. n. 216 del 21.06.2013; T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, sent. n. 574 del 12 marzo 2013; T.A.R. Lombardia, Sez. II, sent. n. 2067 del 24 luglio 2012; T.A.R. Salerno, sez. I, sent. n. 2099 del 10 luglio 2008; Consiglio Stato , sez. VI, sent. n. 5240 del 11 settembre 2006).
4 – Ancor più rilevante è il fatto che il provvedimento impugnato non abbia minimamente valutato l’inserimento sociale del ricorrente, il quale si trova in Italia dall’età  di diciassette anni, assieme alla zia materna, lavorando in maniera quasi continuativa e senza commettere reati.
Quanto precede è causa di illegittimità  del diniego gravato, atteso che è invece necessario tener conto della durata della permanenza nel territorio in Italia dello straniero, del grado di inserimento nel contesto sociale, familiare e lavorativo dello stesso, dei legami con il paese d’origine (T.A.R. Piemonte, Sez. I, sent. 419 del 5.4.2013).
L’amministrazione, nel procedere al doveroso riesame della posizione del ricorrente, anche con riguardo al possesso di fonti lecite di sostentamento, dovrà  considerare che questi, sebbene successivamente all’instaurazione del presente giudizio, ha documentato di aver costituito con decorrenza dal 09 maggio 2014, un rapporto di lavoro, con Pastore Giuseppe, quale bracciante agricolo, trovandosi ora, come anche nel periodo di attesa di rinnovo del permesso di soggiorno poi negato col gravato provvedimento di diniego, nella condizione di avere regolare occupazione lavorativa, in quanto titolare di contratto di lavoro subordinato, come dimostrato anche dalla copia della busta paga di maggio versata in atti.
La giurisprudenza ha evidenziato in proposito che “occorre, infatti, riconoscere il giusto rilievo ai fatti sopravvenuti ed alla circostanza che, in rapporto alla situazione lavorativa dell’istante, sussistano tutti i presupposti per il rilascio del citato permesso, dando rilievo alle sopravvenienze capaci di determinare l’accoglimento della pretesa del ricorrente (T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 18.2.2009 n. 163), quali appunto la titolarità  di un nuovo contratto di lavoro” (T.A.R. Lombardia, sez. IV, sent. n. 2584 del 21.11.2013).
5 – In conclusione il ricorso va accolto ma sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio anche in considerazione del comportamento tenuto nella fase procedimentale dal ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento in epigrafe impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
Maria Colagrande, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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