1. Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Autorizzazione paesaggistica – Opera non ultimata – Rinnovo – Diniego – Limiti  
2. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Azione di nullità  per violazione del giudicato – Presupposti

1. Ai sensi dell’art. 146 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, il rinnovo dell’autorizzazione paesaggistica previsto dopo cinque anni dalla sua emanazione qualora l’opera che ne è oggetto non sia stata ancora ultimata, è funzionale ad accertare  che non si siano nel frattempo verificate sopravvenienze tali da giustificare una diversa valutazione della  compatibilità   paesaggistica dell’intervento progettuale originariamente autorizzato: in mancanza di tale verifica, il diniego di rinnovo da parte della Soprintendenza deve considerarsi emanato in violazione della disposizione di legge citata (nella specie, nel provvedimento oggetto del giudizio di ottemperanza  la Soprintendenza aveva espressamente affermato che il diniego di rinnovo fosse scaturito dall’impianto generale dell’intervento e non dalla realizzazione  di opere in difformità  rispetto al progetto originariamente autorizzato).


2. Attesa la natura conformativa del giudicato amministrativo nei confronti dell’Amministrazione procedente, la nullità  per violazione del giudicato, ai sensi dell’art. 114 comma 2 lett. b) del c.p.a. del provvedimento emanato si configura ogni qualvolta l’Amministrazione eserciti una riedizione del potere che, in quanto tale, non tenga  conto del contenuto conformativo della sentenza. (Nella specie il TAR, nell’annullare il provvedimento del Soprintendente, aveva ritenuto illegittime  le modalità  di esercizio del potere di verifica della perdurante compatibilità  paesaggistica dell’opera ai sensi dell’art. 146 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in quanto non erano emerse  sopravvenienze progettuali che avrebbero potuto inficiare l’originaria compatibilità  del progetto assentito). 

N. 00913/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00443/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 443 del 2014, proposto da: 
Baia di Manaccora S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Enrico Follieri e Ilde Follieri, con domicilio eletto presso Fabrizio Lofoco in Bari, via Pasquale Fiore, n. 14; 

contro
Soprintendenza per Beni Architettonici e Paesaggistica per le Province di Bari, Foggia, Barletta – Andria- Trani; Ministero per i Beni e le Attività  Culturali, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale di Stato Di Bari, presso il cui studio in Bari, via Melo, n. 97, elegge domicilio ex lege;
Comune di Peschici; 

per la dichiarazione di nullità  o l’annullamento
del provvedimento del 21.2.2014, prot. n. 0002440 Cl. 34.04.02/15.203, della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Bari, Barletta-Andria-Trani-Foggia, con il quale, in violazione della sentenza, passata in giudicato del TAR Puglia, Bari Sez. III, n. 654/2007, è stato espresso il vincolante parere contrario al completamento delle opere relative ai volumi da delocalizzare nell’ambito del PIRT “Baia di Manaccora”, con delibera di G.R. della Puglia n. 19/2005 delibera di C.c. del Comune di Peschici n. 53/2005, di cui all’atto di convenzione del 12.7.2006 n.166 di repertorio.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e le Attività  Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visto l ‘art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Enrico Follieri e Giuseppe Zuccaro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
L’odierna ricorrente riferisce di aver presentato in data 27.07.2012 al Comune di Peschici istanza per il rinnovo dell’autorizzazione paesaggistica n. 55 del 26.09.2006 relativa alla realizzazione di un Piano di Intervento di Recupero del Territorio (P.I.R.T.). L’intero intervento non sarebbe stato concluso, per una serie di ragioni, tra le quali la realizzazione delle opere a stralci (ovvero per gradi dopo le demolizioni) e un contenzioso con la Soprintendenza.
Il Piano, infatti, dopo un lungo iter procedimentale, nel corso del quale sono state apportate varie integrazioni e modifiche, ha ottenuto i nulla osta definitivi, sia dalla Giunta della Regione Puglia con delibera n. 819 del 21.06.2005 che, successivamente, dal Comune di Peschici con il citato provvedimento n. 55 del 29.06.2006.
Quest’ultimo è stato, tuttavia, annullato con Decreto prot. n. 7946 del 22.11.2006 dalla Soprintendenza per le Province di Bari, Foggia, Barletta – Andria- Trani, a sua volta successivamente annullato con sentenza di questa Sezione del Tar Puglia Bari, n. 654 del 07.03.2007.
La ricorrente riferisce di aver potuto dar inizio ai lavori di realizzazione del P.I.R.T. solo in seguito al passaggio in giudicato della suindicata sentenza.
Ritenendo motivato il ritardo nella conclusione del Piano, in data 27.07.2012 presentava al Comune la richiesta di rinnovo dell’autorizzazione paesaggistica, il quale sua volta, con nota prot. n. 37, del 09.01.2013, inviava la richiesta alla Soprintendenza per il rilascio del relativo parere. Quest’ultima, dopo aver comunicato preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10 bis della L.241/1990, in data 21.01.2014, ha espresso parere contrario al rilascio del nullaosta per il rinnovo.
Avverso tale parere la ricorrente ha proposto ricorso per ottemperanza, volto alla dichiarazione di nullità  per violazione del giudicato, formatosi a seguito della sentenza Tar Puglia, Bari, sez. III, n. 654 del 7.03.2007, e in subordine, azione di annullamento del medesimo atto della Soprintendenza.
1. La ricorrente con riferimento all’azione di nullità  per violazione del giudicato, riferisce che, con la sentenza richiamata, è stato annullato il decreto prot. 7946 del 22.11.2006, con cui la medesima Soprintendenza di Bari aveva annullato il nullaosta paesaggistico del Comune di Bari.
Tra le motivazioni della sentenza, la ricorrente evidenzia come sia censurato l’operato della Soprintendenza che, nell’annullare il nullaosta paesaggistico, non avrebbe effettuato alcun raffronto tra la progettazione esecutiva e il P.I.R.T, su cui la stessa amministrazione aveva già  espresso parere favorevole, nè avrebbe evidenziato elementi sopravvenuti o difformità  dell’intervento richiesto rispetto alle soluzioni progettuali previste nel P.I.R.T.
Il giudicato intervenuto vincolerebbe al rispetto di quanto espressamente sancito in sentenza, ossia che “la Soprintendenza in sede di esame di legittimità  del nulla osta rilasciato dal Comune sull’istanza del permesso di costruire avrebbe soltanto dovuto verificare se il progetto esecutivo prodotto fosse conforme al P.I.R.T. che la stessa Soprintendenza aveva già  in linea generale ritenuto di approvare sotto il profilo paesaggistico”. Da tale statuizione, secondo la ricorrente, non si potrebbe prescindere nell’adozione di tutti gli atti posti in esecuzione del P.I.R.T. La Soprintendenza avrebbe dovuto limitarsi, in occasione del riesercizio del potere per il rilascio del parere relativo al rinnovo dell’autorizzazione paesaggistica, alla verifica di conformità  al P.I.R.T. Ad operare in tal senso è sembrata intenzionata la medesima amministrazione quando, con nota dell’11.12.2013, ha richiesto al Comune di relazionare circa la presenza di interventi ulteriori rispetto a quelli oggetto di autorizzazione.
Il diniego opposto con il provvedimento del 21.02.2014, prot. n. 24240, invece, non si baserebbe su contrasti con il P.I.R.T., ma su questioni già  vagliate favorevolmente al momento di autorizzazione del medesimo Piano.
E’ per questo che ai sensi dell’art. 114 comma 4 lett. b), cpa, la società  ricorrente propone ricorso per ottemperanza con cui deduce la nullità  dell’atto impugnato per violazione/elusione del giudicato formatosi sulla sentenza Tar Puglia, Bari, sez. III, n. 654 del 7.03.2007.
La ricorrente chiede, altresì, l’annullamento dell’atto gravato, nell’ipotesi in cui, l’atto della Soprintendenza non si ritenga adottato in violazione del giudicato.
I motivi di ricorso sono:
2. Violazione dei principi in tema di rapporto tra pianificazione esecutiva e singolo provvedimento attuativo. Eccesso di potere per sviamento e contraddittorietà .
La Soprintendenza ha già  espresso parere favorevole, dal punto di vista paesaggistico, al P.I.R.T., per cui in sede di rinnovo del nullaosta avrebbe dovuto limitarsi a valutare la conformità  degli elaborati esecutivi al P.I.R.T., senza rimettere in discussione le soluzioni già  oggetto di precedenti determinazioni. Il provvedimento, conformemente a pronunce su casi analoghi del Consiglio di Stato, sarebbe viziato sotto il profilo della contraddittorietà  e del difetto di motivazione, in quanto l’atto di annullamento da ultimo adottato non dà  conto di sopravvenuti elementi rispetto a precedenti determinazioni, nè di difformità  o elementi integrativi dei progetti relativi ai singoli interventi (cfr. Cons di Stato, Sez. VI, sent. 5601 del 18.10.2000).
La realizzazione del P.I.R.T. sarebbe perfettamente conforme al progetto.
3. Eccesso di potere per contraddittorietà ; ingiustizia manifesta e sviamento.
I rilievi posti a fondamento del parere contrario della Soprintendenza sarebbero viziati da contraddittorietà  e ingiustizia manifesta, in quanto il P.I.R.T. sarebbe stato approvato solo dopo le modifiche al progetto originario apportate su indicazione della medesima Soprintendenza, elementi che nel gravato provvedimento sarebbero ora dalla stessa contestati.
4. Violazione degli artt. 143 e ss. del D. Lgs. n. 42 del 22.01.2004.
La Soprintendenza avrebbe violato il PUTT/paesaggio approvato con DRG n. 1749 del 15.12.2000 dalla Regione Puglia, adducendo motivazioni del tutto avulse dalle previsioni del piano, confermato anche dal P.P.T.R. (di cui alla D.G.R. n. 022 del 29.10.2013) per i piani esecutivi già  approvati.
5. Violazione del D.M. 15.11.1971 di dichiarazione di notevole interesse pubblico del territorio comunale di Peschici. Errata valutazione dei fatti e delle prescrizioni della dichiarazione. Eccesso di potere per travisamento di errore dei fatti, ingiustizia ed illogicità  manifeste. Difetto assoluto di istruttoria, sviamento di potere. Difetto di motivazione.
L’intervento previsto dal P.I.R.T. sarebbe conforme all’esigenza di delocalizzare alcuni volumi in contrasto con le componenti ambientali e paesaggistiche nel villaggio “Baia di Manaccora”, sulla quale si è espressa favorevolmente anche la Soprintendenza in sede di approvazione del PIRT, mentre nel gravato parere contrario si contesta l’insufficienza della delocalizzazione volumetrica.
Si è costituito in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività  culturali, limitandosi ad opporsi al ricorso, mentre non si è costituito, pur se regolarmente intimato, il Comune di Peschici.
All’udienza camerale del 02.07.2014, sentita la difesa delle parti presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.
Preliminarmente occorre soffermarsi sulla questione relativa al rito da seguire.
A riguardo il Collegio ritiene corretta la prospettazione della domanda con l’azione di ottemperanza, volta alla nullità  dell’atto gravato in quanto elusivo del giudicato formatosi con riferimento alla sentenza pronunciata da questo Tar Puglia, Bari, sez. III, n. 654 del 7.03.2007. I profili di cognizione prospettati da parte ricorrente sono, infatti, da ritenersi riconducibili a quelli di esecuzione, per le ragioni che saranno esposte nel prosieguo, con conseguente improcedibilità , per sopravvenuta carenza di interesse, della domanda di annullamento.
Il giudizio di ottemperanza va, infatti, esperito non solo nell’ipotesi in cui l’Amministrazione osserva un comportamento inerte di fronte ad una sentenza emessa dal giudice, ma anche quando il provvedimento adottato si riveli sostanzialmente elusivo dei principi e delle regole in esso enunciati.
Dal giudicato amministrativo derivano non solo effetti demolitori e ripristinatori, potendo essi estendersi anche sulla successiva attività  dell’Amministrazione che, in sede di esercizio del potere, deve conformarsi ai vincoli a tali fini imposti.
Da quanto sopra discende, ancora, che gli atti adottati che violano il giudicato sono da considerare nulli, ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. b), c.p.a., e avverso gli stessi non deve essere attivato un nuovo giudizio di cognizione, ma il giudizio di ottemperanza, entro i termine di cui al primo comma dell’art. 114 cpa.
Come stabilito dall’Adunanza Plenaria n. 2 del 2013, il giudice dell’ottemperanza è il giudice naturale dell’esecuzione della sentenza, da intendersi più specificamente come conformazione dell’attività  amministrativa successiva al giudicato e delle obbligazioni che da quel giudicato discendono o che in esso trovano il proprio presupposto. A ciò si aggiunge la competenza per le forme di più grave patologia dell’atto, quale è la nullità .
A fronte di un’attività  espressione della riedizione del potere, all’amministrazione competente si impongono precisi limiti e vincoli tra i quali vi è quello di gestire il tratto procedimentale successivo al giudicato di annullamento secondo lealtà  e buona fede oggettiva, per dare concreta attuazione al precetto giudiziale; in tale ottica, la nuova operazione valutativa non deve essere l’espressione di una gestione contraddittoria del potere, in quanto tale contrastante, nella prospettiva pubblicistica, con il principio costituzionale del buon andamento e, in quella privatistica, con i principi di correttezza e buona fede (cfr. Tar Lazio, sez. Terza ter, sent. n. 9705 del 13.11.2013, Tar Campania, Napoli, sez. IV, sent. 2922 del 28.05.2014).
L’Amministrazione, nell’esecuzione del giudicato, secondo giurisprudenza consolidata, è tenuta a uniformarsi alle indicazioni rese dal giudice e a determinarsi secondo i limiti imposti dalla rilevanza sostanziale della posizione soggettiva azionata e consolidata in sentenza, valutando non solo i profili oggetto della decisione del giudice, ma anche quelli comunque rilevanti per provvedere definitivamente sull’oggetto della pretesa, all’evidente scopo di evitare ogni possibile elusione del giudicato (Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 3382 del 27 maggio 2010; Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 1328 del 13 marzo 2000).
Nel caso in esame è da ritenersi che l’azione amministrativa della Soprintendenza non potesse prescindere dal giudicato formatosi, trattandosi di riedizione del potere le cui forme di esercizio sono già  state oggetto di esame da parte del giudice.
Ai sensi dell’art. 146 comma 4 del D. Lgs. n. 42/2004 (nella versione applicabile al caso in esame), l’autorizzazione paesaggistica è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione.
Il relativo procedimento, come delineato dall’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004, contempla un parere della Soprintendenza che, per giurisprudenza consolidata, è da ritenersi vincolante, il cui contenuto viene poi recepito in un atto finale dell’ente. Ne deriva che il potere decisionale è nella sostanza attribuito alla Soprintendenza, tanto da essere ritenuto addirittura immediatamente impugnabile, come del resto è avvenuto nel caso in esame (Cfr., ex multis, TAR, Lecce, Sez. I, sent. . 2784 del 3 dicembre 2010; T.A.R. Brescia, Sez. I, sent. n. 598 del 10 aprile 2012; T.A.R. Napoli, Sez. VIII, sent. n. 2087 del 8 maggio 2012).
La ratio del limite temporale del quinquennio è da rinvenirsi nell’esigenza di consentire all’Autorità  preposta la verifica paesaggistica, laddove l’interessato non abbia ancora concluso le opere progettate ed assentite in quel più limitato arco temporale, durante il quale possano verificarsi sopravvenienze tali da giustificare una diversa valutazione sulla compatibilità  paesaggistica dell’intervento originariamente autorizzato.
L’amministrazione è chiamata ad esprimere una rinnovata valutazione sulla compatibilità  dell’opera non ancora ultimata, in chiave di permanente tutela degli interessi paesaggistici coinvolti. L’oggetto della verifica consiste più specificamente nel riscontro della perdurante compatibilità  del progetto in precedenza assentito, con gli interessi paesaggistici, i quali possono mutare assetto e consistenza con il trascorrere del tempo (cfr., al riguardo, T.A.R. Umbria, sent. n. 403 del 1 agosto 2006, n. 403, Cons. Stato Sez. V, sent. n. 6251 del 12 novembre 2002, Cons Stato, Sez. VI, sent. n. 3851 del 17 giugno 2010).
Ebbene, il parere della Soprintendenza del 21.02.2014, oggetto di gravame, non risulta integrare gli estremi del potere decisorio riconosciuto per legge nei termini appena indicati.
E’ proprio dalle modalità  di concreto esercizio del potere che scaturisce l’accoglimento della prospettazione dell’azione di nullità  nelle forme proprie del giudizio di ottemperanza.
Nel punto 2) del provvedimento si legge espressamente che la valutazione paesaggistica negativa “non è scaturita dalla realizzazione delle opere in difformità  rispetto al progetto autorizzato con il n.o.p. n. 55/2006 (¦), bensì dall’impianto generale dell’intervento”. Emerge di tutta evidenza che il parere negativo non si basa su di alcuna sopravvenienza, nè su di alcun mutamento di assetto e consistenza degli interessi paesaggistici, ma su di un giudizio complessivo dell’intervento che non lascia margini di dubbio circa la sua natura elusiva del giudicato formatosi sulla sentenza del Tar Puglia Bari, n. 654 del 7 marzo 2007.
Dal gravato provvedimento emerge che l’amministrazione ha trascurato anche quanto aveva acquisito nel corso dell’istruttoria relativa al procedimento autorizzatorio di cui trattasi. Essa, infatti, come evidenziato dalla ricorrente e confermato dalla documentazione versata in atti, ha richiesto al Comune con nota del 20.09.2013 e successivo sollecito dell’11.12.2013 una relazione sulle opere realizzate nell’ambito dell’esecuzione del P.I.R.T., al fine di verificare se vi fosse rispondenza con quelle di cui all’autorizzazione paesaggistica n. 55 del 26.09.2006 o se vi fossero “ulteriori interventi non contemplati nella originaria soluzione progettuale”.
Nonostante il Comune di Peschici abbia dato riscontro con nota del 13.12.2013, prot. n. 9609, evidenziando che le difformità  rilevate “non sono modifiche di carattere di ubicazioni, di superficie e di volumetria”, oltre ad altri elementi, nel “parere contrario alla realizzazione delle opere richieste” non si rinviene nessun riferimento alla relazione del Comune, nè sono acquisiti elementi dalla medesima.
L’amministrazione espressamente afferma che il diniego non si basa su di alcun sopravvenuto contrasto tra l’intervento programmato e la concreta realizzazione del P.I.R.T., ma “dall’impianto generale dell’intervento”. Così facendo, essa agisce incorrendo negli stessi vizi censurati dalla sentenza passata in giudicato.
Proprio per come concretamente esercitato il potere dalla Soprintendenza, su di esso si proiettano gli effetti vincolanti del giudicato, trattandosi di riedizione del potere, che non coinvolge situazioni nuove.
Il Tar aveva già  censurato l’operato della Soprintendenza per non aver evidenziato “elementi sopravvenuti circa l’adeguamento della progettazione esecutiva al parere favorevole paesaggistico già  rilasciato sul piano urbanistico P.I.R.T., nè difformità  dell’intervento richiesto rispetto alle soluzioni progettuali previste nel P.I.R.T.”
Così delineata la portata precettiva della sentenza in esame, è evidente che l’effetto dalla medesima scaturente non è limitato alla sola caducazione del provvedimento di annullamento del provvedimento n. 55 del 26.09.2006, ma attiene anche alle regole che la Soprintendenza deve seguire nel rilascio del parere nell’ambito del procedimento volto all’autorizzazione paesaggistica per realizzazione del P.I.R.T. Regole, peraltro, conformi alla ratio legis sottesa all’intera procedura e alle ipotesi di rinnovo della medesima.
Nel gravato provvedimento l’amministrazione, escludendo espressamente che il parere negativo sia fondato sulla presenza di difformità  delle opere realizzate, è come se ammettesse di esercitare il potere nelle forme già  censurate in precedenza dalla sentenza passata in giudicata, eludendo così il giudicato.
Alla luce di quanto esposto, il parere contrario della Soprintendenza del 21.02.2014 deve essere considerato violativo del giudicato e pertanto nullo, dovendo la Soprintendenza pronunciarsi verificando se “il progetto esecutivo prodotto sia conforme al P.I.R.T.” approvato, evidenziando gli eventuali elementi sopravvenuti tali da giustificare una diversa valutazione sulla compatibilità  paesaggistica dell’intervento originariamente autorizzato, nel rispetto del giudicato e della ratio legis sottesa al procedimento relativo al rinnovo dell’autorizzazione paesaggistica, di cui all’art. 146, comma 4, D. Lgs n. 42/2004.
In caso di inottemperanza, previa semplice istanza della parte ricorrente, il Tribunale provvederà  alla nomina di un Commissario ad acta.
Dalla nullità  del provvedimento per elusione del giudicato deriva l’improcedibilità  per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda, tesa all’annullamento del medesimo provvedimento.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno poste a carico del Ministero dei Beni e delle Attività  Culturali – Soprintendenza per Beni Architettonici e Paesaggistica per le Province di Bari, Foggia, Barletta – Andria- Trani, in favore della società  ricorrente nella misura di 2.000,00 (euro tremila/00). In considerazione dell’esito del giudizio, vanno invece compensate in relazione al Comune di Peschici, non costituito.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, accoglie la domanda di ottemperanza della sentenza 654/2007 del 07 marzo 2007 e per l’effetto dichiara nullo per violazione del giudicato il parere contrario della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Bari, Barletta-Andria- Trani e Foggia, prot. n. 2440 del 21.02.2014.
Ordina alla Soprintendenza di esprimere il parere prescritto ai fini del completamento delle opere relative ai volumi da delocalizzare nell’ambito del P.I.R.T. “Baia di Manacora”, dando piena ed integrale esecuzione alle statuizioni contenute nella sentenza n. 654/2007 del 7 marzo 2007, entro il termine di giorni 90 (novanta) dalla notificazione o comunicazione della presente decisione, secondo quanto precisato in parte motiva, con l’avvertenza che, in assenza, vi provvederà  un commissario ad acta.
Dichiara improcedibile per sopravventa carenza di interesse l’azione di annullamento avverso il medesimo provvedimento.
Compensa le spese tra la ricorrente e il Comune di Peschici e condanna il Ministero dei Beni e delle Attività  Culturali e del Turismo al rimborso delle spese e onorari di lite nei confronti della ricorrente, nella misura di € 2.000,00 (euro duemila/00) comprensivi di onorari, diritti e spese, oltre I.V.A e C.P.A. oltre alla rifusione del contributo unificato ex art. 13 c 6-bis.1 D.P.R. 30.5.2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
Maria Colagrande, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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