1. Espropriazione per pubblica utilità  – Occupazione illegittima – Acquisizione sanante da parte della p.A. – Competenza – Consiglio comunale 
2. Espropriazione per pubblica utilità  – Occupazione illegittima – Acquisizione sanante da parte della p. A. – Comunicazione di avvio del procedimento – Necessità .
3. Espropriazione per pubblica utilità  – Occupazione illegittima – Acquisizione sanante da parte della p.A. – Obbligo di motivazione – Necessità  

1. La competenza all’adozione del provvedimento di acquisizione sanante è riservata, per giurisprudenza costante, al Consiglio comunale perchè riconducibile al novero dei provvedimenti di acquisizione di cui alla lett. l) dell’art. 42, comma 2, D.L. n. 267/00, così ricomprendendo anche l’ipotesi di acquisto di immobili disciplinata dall’art. 42 bis del D.P.R. n. 327/01.
2. Il procedimento ex art. 42 bisD.P.R. n. 327/01 è altamente discrezionale perchè è espressamente richiesta la valutazione degli interessi in conflitto con motivazione rafforzata. L’emersione dell’interesse privato ha dunque un’importanza primaria, sia perchè consente all’interessato di dare un apporto che altrimenti resterebbe fuori del procedimento, con conseguente impedimento della piena valutazione degli interessi in conflitto, sia perchè l’acquisizione o la restituzione del bene non sono gli unici esiti possibili del procedimento ex art. 42 bis, che proprio grazie al confronto fra i portatori di interessi opposti, ben potrebbe concludersi con un accordo sostitutivo con reciproco vantaggio.
3. L’adozione del provvedimento di cui all’art. 42 bisD.P.R. n. 327/2001 deve postulare, con evidenze rinvenibili nel proprio apparato motivazionale rafforzato, che non siano percorribili altre ragionevoli alternative all’acquisizione d’autorità  (quali ad esempio una transazione o la riedizione del procedimento espropriativo), cui corrisponde il tangibile interesse del proprietario di conseguire un corrispettivo di cessione eventualmente più cospicuo dell’indennizzo previsto dalla legge.

N. 00750/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00769/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 769 del 2012, proposto da: 
Mario Bucci, rappresentato e difeso dagli avv. Vincenzo Antonucci, Mario Bucci, con domicilio eletto presso Salvatore Basso in Bari, corso Mazzini, n.134/B; 

contro
Comune di Sannicandro Garganico, rappresentato e difeso dall’avv. Carolina Leggieri, con domicilio eletto presso Giacomo Porcelli in Bari, corso Vittorio Emanuele n. 143; 

nei confronti di
Francesco Napolitano, Domenico Napolitano, Antonio Napolitano, A. Maria Napolitano; 

per l’annullamento
-del decreto n. 1 del 16 marzo 2012, notificato al ricorrente in data 22 marzo 2012 e nuovamente il 05.04.12, del Responsabile del servizio lavori pubblici ” patrimonio, del Comune di San Nicandro Garganico, di acquisizione, ai sensi dell’art. 42 bis del d.p.r. n. 327 del 2001 e s.m.i., al patrimonio
indisponibile del Comune di San Nicandro Garganico delle aree identificate nel catasto terreni dello stesso comune al fg. 55/b:
1–) particella n. 4081 (ex 2215 in parte) di are 00.04
2–) id ” 4086 (ex 2385 in parte) di are 01,29
3–) id ” 4088 (ex2219 in parte) di are 01.03
4–) id ” -224 (per intero) — di are 00.68
5–) id ” 4083 di are 00.28
6–) id n. 4084 (di are 00.27-per intero)
– di ogni altro provvedimento ad esso connesso, presupposto prodromico, coevo e consequenziale, ancorchè non conosciuto e ferma ed impregiudicata facoltà  di proporre motivi aggiunti avverso provvedimenti non conosciuti, nè resi conoscibili dall’amministrazione.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di San Nicandro Garganico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 aprile 2014 la dott.ssa Maria Colagrande e uditi per le parti i difensori Francesca Benedetto e Carolina Leggieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Mario Bucci espone di essere proprietario di diversi terreni censiti in Catasto al fg. 55B alle particelle nn. 4081-4086-4088 e possessore delle contigue particelle distinte al fg. 55/B nn. 254 1176, 1775, 224, quest’ultima di proprietà  di Napolitano Anna Maria, Napolitano Antonio Napolitano Domenico, e Napolitano Francesco, già  oggetto di giudizio per l’accertamento di intervenuta usucapione in capo al ricorrente.
Con decreto n. 1 del 26 marzo 2012 e del Responsabile del servizio lavori pubblici – patrimonio del Comune di S. Nicandro, sono stati acquisiti al patrimonio indisponibile del Comune, ai sensi dell’art. 42 bis del d.P.R. 327/01, alcuni terreni identificati al fg. 55/B alle particelle 4081, 4086, 4088, 224, 4083 e 4084, fra i quali quelli di proprietà  del ricorrente
Il ricorrente insorge avverso l’unilaterale acquisizione dei suoi beni per i seguenti motivi:
1) incompetenza: il provvedimento ex art. 42 bis d.P.R. 327/01 deve essere adottato con delibera del Consiglio comunale, ai sensi dell’art. 42 d.lg. 267/00;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 42 bis d.P.R. 327/01, violazione dell’art 3 l. 241/90, eccesso di potere per motivazione insufficiente: nel provvedimento gravato non vi è menzione della attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che giustificano l’emanazione del decreto di acquisizione, nè dell’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione, quali la riedizione del procedimento di espropriazione o un accordo con il proprietario per la cessione volontaria delle aree occupate;
3) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 e seguenti della l. 241/90: al ricorrente non è stata data comunicazione dell’avvio del procedimento e dunque gli è stato precluso di promuovere in sede procedimentale l’emersione del proprio interesse in confronto con quello pubblico, considerata la natura discrezionale del procedimento desumibile dal disposto dell’art. 43 d.P.R. 337/01.
Si è costituito il Comune di S. Nicandro ed ha eccepito:
a) la nullità  del ricorso perchè non sono chiaramente indicate nel ricorso le particelle che il ricorrente lamenta essere state acquisite al patrimonio del Comune e le particelle di cui si dichiara proprietario non coincidono con quelle che sono oggetto del decreto di acquisizione;
b) carenza di interesse con riferimento ai terreni di cui il ricorrente si assume possessore, in ragione del fatto che per alcuni di essi (particelle 4081, 4086, 4088) la situazione di fatto risulta esclusa dalla destinazione a strada pubblica e per un altro (particella 224) pende giudizio di accertamento dell’acquisto per usucapione.
Nei termini di rito il ricorrente ha depositato memoria nella quale solleva la questione di legittimità  costituzionale dell’art. 42 bis d.P.R. 327/01, richiamando la sentenza n. 441 del 13 gennaio 2014 della Corte di cassazione a Sezioni unite.
Respinta la domanda cautelare, all’udienza del 16 aprile 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
Devono essere esaminate preliminarmente le eccezioni di nullità  del ricorso e carenza di interesse sollevate dalla parte resistente.
La prima eccezione – nullità  del ricorso per indeterminatezza dell’oggetto – è infondata.
Anche se i terreni di proprietà  dell’esponente sono indicati in più parti del ricorso, in modo che non sempre c’è coincidenza fra il contenuto di una citazione e l’altra, tuttavia da un confronto fra ricorso e provvedimento, è agevole desumere quali fra i terreni espropriati coincidono con quelli di cui il ricorrente si professa proprietario o possessore.
Pertanto non essendoci nel ricorso alcun elemento che possa far desumere che il ricorrente intenda dolersi dell’ablazione solo di alcuni dei suoi beni, si deve presumere che l’impugnazione sottenda l’interesse ad ottenere l’annullamento del provvedimento relativamente a tutti i terreni in esso elencati, che il Comune ha individuato – particelle 4081, 4086,4088- come appartenenti al ricorrente.
Anche la seconda eccezione – carenza di interesse perchè il ricorrente agisce come possessore – è infondata perchè il ricorrente stesso afferma di essere possessore o proprietario per usucapione solo di alcuni dei terreni oggetto di acquisizione sanante, mentre per altri vanta un acquisto ad altro titolo (particelle 4081, 4086,4088); pertanto, solo limitatamente a questi ultimi, sussiste l’interesse a ricorrere.
Peraltro il Comune affermando che detti terreni sono da decenni destinati al pubblico transito, introduce un’eccezione di usucapione incompatibile con il procedimento di espropriazione, che implica, fin dal suo avvio e fino al termine dell’occupazione legittima (Cons. St., sez. IV, ord. n. 3596/2010), il riconoscimento della proprietà  in capo all’espropriando.
Solo dopo la scadenza di tale termine decorre il possesso utile all’usucapione che in specie non risulta compiuta, in quanto la dichiarazione di pubblica utilità  e l’occupazione d’urgenza sono state disposte rispettivamente con provvedimenti dell’11 agosto 2004 e 11 marzo 2005.
Sul primo motivo di ricorso – Incompetenza del provvedimento impugnato.
La censura è fondata.
La competenza all’adozione del provvedimento di acquisizione sanante è riservata, per giurisprudenza costante, al Consiglio comunale perchè riconducibile al novero dei provvedimenti di acquisizione di cui alla lett. l) dell’art. 42, comma 2, d. lg. 18 agosto 2000, n. 267 che dispone doversi adottare con delibera consiliare gli : “acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del Consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della Giunta, del segretario o di altri funzionari”, così ricomprendendo anche l’ipotesi di acquisto di immobili disciplinata dall’art. 42 bis del d.P.R. 327/01 (C.d.S., sez. V, 13 ottobre 2010, n. 7472, e sez. III, 31 agosto 2010, n. 775).
Ne consegue che il provvedimento impugnato, siccome adottato dal funzionario del Servizio lavori pubblici e patrimonio, deve essere annullato.
Anche le altre censure meritano di essere vagliate, in considerazione del fatto che la presente decisione è resa a contraddittorio integro anche nei confronti del Comune che eventualmente darà  nuovo impulso al procedimento, disponendone la rimessione all’organo competente. Pertanto nel quadro di un processo amministrativo che continuamente elabora modelli di effettiva tutela della situazione sostanziale, il Collegio aderisce alla giurisprudenza che ritiene lo scrutinio di altri motivi di ricorso, dopo la declaratoria di incompetenza, compatibile con il divieto ex art. 34 c.p.a. del g.a. di pronunciarsi su poteri non ancora esercitati.
Da un lato infatti l’esame degli ulteriori motivi di ricorso, ha ad oggetto un’attività  amministrativa già  compiuta, dall’altro ha l’indubbio valore di chiarire la res dubia su aspetti anche sostanziali del provvedimento gravato, suscettibile di essere adottato nuovamente, di guisa che è interesse di entrambe le parti, ferma restando la rispettiva sfera di autonomia e competenza, che la successiva azione amministrativa non incorra negli stessi altri vizi che potrebbero affliggere l’atto viziato da incompetenza.
Venendo al terzo motivo di ricorso, che precede logicamente l’esame del secondo, deve ritenersi fondata la censura di illegittimità  – violazione dell’art. 7 l. 241/90 – per omessa comunicazione di avvio del provvedimento, circostanza peraltro non contestata dal Comune.
Occorre premettere che il procedimento ex art. 42 bis d.P.R. 327/01 è altamente discrezionale perchè è espressamente richiesta la valutazione degli interessi in conflitto con motivazione rafforzata (Consiglio di Stato, sez. VI, 09/06/2010, n. 3655).
L’emersione dell’interesse privato ha dunque un’importanza primaria, sia perchè consente all’interessato di dare un apporto che altrimenti resterebbe fuori del procedimento, con conseguente impedimento della piena valutazione degli interessi in conflitto, sia perchè l’acquisizione o la restituzione del bene non sono gli unici esiti possibili del procedimento ex art. 42 bis, che proprio grazie al confronto fra i portatori di interessi opposti, ben potrebbe concludersi con un accordo sostitutivo con reciproco vantaggio.
La pretermissione dell’interessato impedisce con ogni evidenza tale possibile esito che il ricorrente ha espressamente ipotizzato, nè il Comune, da parte sua, ha provato che tale possibilità  fosse esclusa o non praticabile o che l’apporto del ricorrente sarebbe stato inutile ai fini dell’adozione del provvedimento gravato.
Quanto appena detto consente di ritenere fondato anche il secondo motivo di ricorso sotto il profilo della insufficiente motivazione del provvedimento.
Infatti, in linea di principio, è opportuno rammentare che l’illegittimità  del procedimento di espropriazione comporta per la pubblica amministrazione che non intenda procedere alla restituzione, ai sensi dell’art. 936 c.c., l’obbligo di acquisire il bene occupato o consensualmente, promovendo una transazione o la riedizione del procedimento espropriativo.
A questi possibili esiti si aggiunge il procedimento ex art. 42 bis d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 che postula non praticabili le altre ipotesi, tant’è che, come detto, è richiesta una motivazione rafforzata della decisione di procedere con l’acquisizione sanante.
Ebbene in concreto non risulta affatto dal provvedimento impugnato che il Comune abbia vagliato la possibilità  di percorrere ragionevoli alternative all’acquisizione d’autorità , come prescritto dall’art. 42 bis citato, cui corrisponde il tangibile interesse del proprietario di conseguire un corrispettivo di cessione eventualmente più cospicuo dell’indennizzo previsto dalla legge.
In conclusione, il provvedimento impugnato deve essere annullato.
Le spese seguono la soccombenza e, ferma la statuizione sulle spese della fase cautelare, sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto, annulla l’atto impugnato nella parte in cui riguarda aree di proprietà  del ricorrente.
Condanna il Comune di San Nicandro al pagamento delle spese di giudizio che liquida in € 2.000 oltre accessori.
Contributo unificato rifuso, ai sensi dell’art. 13 comma 6 bis.1 del d.P.R. 115/2002
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/06/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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