Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Decreto di vincolo culturale – Difetto di motivazione – Illegittimità 

Pur riconoscendo la natura ampiamente discrezionale del potere esercitato nell’esigenza di salvaguardare i valori culturali e ambientali (art. 9 Cost.), è da ritenere illegittimo il provvedimento di vincolo che nella relazione storico-artistica che ne forma parte integrante  non contenga una motivazione idonea ad evidenziare l’iter istruttorio seguito nel bilanciamento degli interessi contrapposti e la ratio sottesa alla decisione finale, nè può ritenersi sanato il vizio motivazionale a seguito dell’esecuzione di un’ordinanza istruttoria, stante la inconfigurabilità  di una motivazione postuma del provvedimento.  

N. 00668/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00193/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 193 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Giuseppa Antifora, Giulia Valente, Marco Cosmai, Donato Cosmai, Ar.Co. S.r.l., Elisa Gallo, Grazia Gallo, Ippolita Gallo, Vincenzo Gallo, Rita Simone, Anna Valente, Giulia Valente, Nicola Torchetti, Leonardo Torchetti, Gabriele Torchetti, Nunzia Amoruso, rappresentati e difesi dall’avv. Massimo F. Ingravalle, con domicilio eletto presso Massimo F. Ingravalle in Bari, piazza Garibaldi n.63; 

contro
Direzione Regionale Per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia, Ministero Per i Beni e Le Attività  Culturali, Soprintendenza Per Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Bari,Foggia e Barletta – Andria -Trani, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le Stato di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97; 

per l’annullamento
del Decreto prot. n. 11652 del 28.11.2012 (doc. n. 1), notificato ai ricorrenti successivamente al 12.12.2012, a firma del Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia, con cui, ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. a) del D. Lgs. n. 42/2004 e ss.mm.ii., l’immobile denominato <<Casale e Frantoio ipogeo “Le Pagliarole”>>, di proprietà  dei ricorrenti, sito nel Comune di Bisceglie tra le vie Piave e Pasubio (erroneamente indicata nel decreto come via Alessandro Volta), in catasto al foglio 10, p.lle 196, 1060/p, 200, 2553, 791, 778, 2056/p, 198 sub 1, 199 subb 1-2-3-4-5-6, 792 subb 1-2-3-4-5, 776 sub 5, 777 subb 1-2-3, <<è dichiarato bene di interesse culturale particolarmente importante e viene¦sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nel…Decreto Legislativo 42/2004 e s.m.i.>>:
il provvedimento impugnato viene gravato nella sua interezza, ad eccezione della parte in cui appone il prefato vincolo di tutela al complesso definito nel decreto de quo “Frantoio ipogeo”;
nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto, compresa:
– la “Relazione Storico-Artistica”, con planimetria dell’area oggetto del vincolo de quo, a firma congiunta del Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Provincie di Bari, Barletta-Andria­Trani e Foggia e dell’Arch. Giuseppe Teseo, allegata al decreto impugnato;
– la nota prot. n.12061 del 23.08.2012, a firma del Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Provincie di Bari, Barletta­ Andria-Trani e Foggia, recante notizia dell’avvio del <<procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale…>> dell’immobile surriferito;
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Direzione Regionale Per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia e di Ministero Per i Beni e Le Attività  Culturali e di Soprintendenza Per Beni Architettonici e Paes. Province di Bari, Foggia e Barlatta -Andria – Trani;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 maggio 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti il difensore Massimo Ingravalle;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
I ricorrenti riferiscono di essere comproprietari di un suolo edificabile compreso nel Comparto Urbanistico della maglia n. 89 di P.R.G. del Comune di Bisceglie. Detto comparto costituirebbe un’area di completamento edilizio, composto da suoli e manufatti residuati dallo sviluppo edilizio della citata maglia n. 89 di P.R.G., tipizzata come “Zona omogenea B2” e in parte da suoli appartenenti alla maglia n. 44 di P.R.G., destinata a standards urbanistici.
Lo stato dei luoghi sarebbe caratterizzato da rozze e cadenti costruzioni di fabbrica e, su una parte del sottosuolo dell’area, da un frantoio settecentesco per la macina delle olive, denominato “trappeto ipogeo”, che sarebbe “scollegato” dagli altri immobili e al quale si accede da un varco praticato sul terreno.
I ricorrenti, per mezzo di un costituito Consorzio urbanistico, denominato “Consorzio Comparto 89”, presentavano un “Piano di lottizzazione” per l’edificazione dell’ultimo lotto da completarsi all’interno della “Maglia n. 89” di P.R.G. del Comune di Bisceglie, tipizzata come “Zona omogenea B2”.
La proposta lottizzatoria prevedeva la conservazione del frantoio ipogeo, unitamente ad un progetto di recupero e sistemazione funzionale da effettuare in tempi successivi, e la realizzazione di un nuovo corpo di fabbrica da costruire in area di sedime distinta da quella ove è situato il frantoio, previa demolizione dei manufatti ritenuti privi di elementi di rilievo tale da richiederne qualsiasi forma di tutela.
Con delibera della Giunta comunale n. 52 del 13.02.2012 veniva adottato il suddetto Piano di lottizzazione, in cui il rilascio del permesso di costruire è stato subordinato alla presentazione di un progetto di recupero e risanamento conservativo dell’intero frantoio ipogeo e alla condizione che il completamento del risanamento del medesimo fosse ultimato entro e non oltre il termine di validità  dello stesso permesso di costruire.
All’autorizzazione comunale si è successivamente aggiunto il parere favorevole dell’Ufficio sismico e geologico della Regione Puglia, rilasciato in data 04.01.2013, relativo alla “compatibilità  delle previsioni dell’intervento proposto con le condizioni geomorfologiche dell’area interessata”.
Nell’agosto 2012 giungeva frattanto avviso di avvio del procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale del <<Casale e frantoio -ipogeo le “Pagliarole”>>.
I ricorrenti rimanevano sorpresi dall’estensione del preannunciato provvedimento di tutela non solo al frantoio ipogeo, ma anche ad una vasta area sovrastante comprendente anche il caseggiato, definito “Casale”, inaspettato al punto da indurli ad evidenziare presunte anomalie legate al dato che, all’architetto della Soprintendenza era pervenuta una segnalazione da parte di un privato, che aveva intrattenuto trattative infruttuose con i proprietari dell’area per ottenere una parte dei progettati immobili oggetto del Piano di lottizzazione.
Immediata seguiva l’adozione del decreto di vincolo, con l’allegata “relazione storico-artistica”.
Avverso il Decreto e gli atti ad esso connessi insorgono gli odierni ricorrenti, limitatamente alla parte relativa all’estensione del vincolo al “Casale” (non impugnando, pertanto, l’apposizione del medesimo al “frantoio ipogeo”), ritenendo che detto bene sia sfornito di qualunque interesse storico-artistico e di qualunque nesso con l’altro e che il vincolo azzeri la vocazione edificatoria del suolo, con l’imposizione di un sacrificio economico di rilevante peso rispetto alla res oggetto di tutela.
Avverso provvedimenti gli atti impugnati i ricorrenti opponevano i seguenti motivi di ricorso:
1. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 10, comma 3, lett. a) del D.Lgs n. 42/2004. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 3 L. n. 241/1990 s.m.i.. Violazione del canone di proporzionalità  dell’azione amministrativa. Eccesso di potere sotto svariati profili.
Il gravato decreto di dichiarazione dell’interesse culturale, oltre del frantoio, anche del fabbricato denominato Casale, si basa sull’allegata “Relazione storico-artistica”, in realtà , quasi complessivamente dedicata alla parte di vincolo relativa al frantoio ipogeo, non oggetto di contestazione. Le poche le righe relative al Casale non dedicherebbero alcun rilievo al presunto pregio del medesimo, la cui irrilevanza sarebbe confortata da Relazione di parte, versata in atti, redatta da professionista esperta di tutela del patrimonio storico-artistico.
Con riferimento all’edificio sostengono i ricorrenti:
a) che non sarebbe, in realtà , un Casale;
b) che non costituirebbe un unico e compatto corpo di fabbrica;
c) che non sarebbe affatto in “buono stato di conservazione”, come dichiarato nella relazione;
d) che non avrebbe alcun giardino annesso;
e) che non vi sarebbe, dunque, alcun valore storico-artistico della parte fuori terra e dell’area circostante;
f) che non vi sarebbe alcun collegamento funzionale con il frantoio ipogeo.
2. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, illogicità  manifesta. Sviamento.
L’istruttoria, come confermato dalla citata Relazione di parte, sarebbe stata condotta sulla base delle segnalazioni di un soggetto privato e dell’Associazione “Bisceglie Extramoenia”, senza opportuna indagine storica.
3. Eccesso di potere per violazione del canone di proporzionalità  dell’azione amministrativa.
Il Piano di lottizzazione è stato autorizzato dal Comune di Bisceglie e ritenuto conforme alle previsioni del P.R.G. Da tali atti sono scaturite legittime aspettative sulla valenza edificatoria dell’area, compressa dall’apposizione del vincolo senza una adeguata motivazione.
L’assoggettamento a vincolo estesa agli edifici fuori terra sarebbe carente di adeguata motivazione, a fronte di situazioni differenziate presenti sul suolo. Si tratterebbe di una estensione “abnorme”, per la parte ulteriore rispetto al frantoio ipogeo.
Le Amministrazioni resistenti si sono costituite in giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato.
Con ordinanza del 04.03.2013 n. 332 venivano disposti incombenti istruttori, a cui veniva dato riscontro con nota prot. n. 5362 del 12.04.2013, da parte del Soprintendente per i Beni Architettonici e paesaggistici per le Province di Bari, Barletta-Andria-Trani.
Avverso il contenuto della Relazione il ricorrente presentava motivi aggiunti al ricorso, controdeducendo alle osservazioni contenute nella Relazioni e insistendo per l’accoglimento del ricorso.
I ricorrenti alla Camera di Consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare hanno rinunciato alla medesima ed hanno presentato successivamente memorie a difesa e contro repliche.
La Soprintendenza ha ribadito la legittimità  del gravato provvedimento rilevando che:
a) esisterebbe il nesso tra frantoio e complesso edilizio, oggetto di programma edificatorio, in quanto si tratterebbe di un insieme di manufatti, entro e fuori terra, rappresentanti un importante sistema produttivo. L’insediamento sorto nel corso dei secoli ruoterebbe attorno all’elemento trappeto.
L’oggetto principale di tutela sarebbe l’ipogeo frantoio, collegato ai beni emergenti, che se soggette ad interventi edificatori potrebbero comportare la cancellazione di testimonianze storiche, annullando l’equilibrio che favorisce “la lettura plano-altimetrica del tutto”.
La presunta autonomia del “Casale” non ne annullerebbe il “significato”, presentando l’edificio vani di collegamento con le aree retrostanti, dove si troverebbe l’accesso principale all’ipogeo;
b) il termine “giardino” sarebbe stato usato per indicare “l’area che affianca la dimora principale, vocata ad attività  di tipo rupestre e connessa all’attività  di molitura e premitura delle olive”;
c) la proporzionalità  tra gli ambienti sotterranei e quelli sovrastanti troverebbe conforto nella correlazione funzionale esistenti tra i manufatti ipogei e quelli sub divo.
All’udienza pubblica del 06 maggio 2014, sentite le parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.
Decisiva è l’assenza di adeguata motivazione contenuta nella Relazione storico- artistica, che costituisce parte integrante del Decreto prot. 11652 del 28 novembre 2012, con riferimento alla parte in cui assoggetta a dichiarazione di interesse culturale l’immobile denominato “Casale”.
Come evidenziato nel Decreto appena citato, infatti, la planimetria catastale e la relazione storico-artistica formano parte integrante del medesimo.
E’, perciò, alla relazione storico-artistica che può farsi riferimento per rinvenire le motivazioni sottese al provvedimento di vincolo (Cons. di Stato, Sez. VI, sent. n. 535 del 29 gennaio 2013).
E che le motivazioni non siano adeguatamente esposte in tal documento trova conferma anche nella nota della Soprintendenza prodotta in esito all’ordinanza istruttoria di questa Sezione, che ne ha già  evidenziato le principali lacune.
I ricorrenti deducono, rispetto all’avversato provvedimento di vincolo, il mancato rispetto dei principi del corretto procedimento, sostenendo che tale decreto viola i principi di proporzionalità  e adeguatezza, per aver assoggettato a tutela ai sensi dell’art. 10 comma 3 lett. a) del D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, il complesso denominato “Casale e Frantoio ipogeo”, anzichè limitare la tutela esclusivamente al frantoio ipogeo, con esclusione degli immobili presenti fuori terra ritenuti dalla ricorrente, “privi di interesse”.
Tali censure sono fondate.
Il Collegio riconosce la natura ampiamente discrezionale del potere esercitato nell’esigenza di salvaguardia dei valori culturali ed ambientali (art. 9 Cost.), in attuazione della funzione sociale della proprietà . Tuttavia, pur a fronte di un esiguo sindacato, in sede giurisdizionale, del potere ampiamente discrezionale esercitato, permane, in capo all’autorità  competente, il dovere di fornire una motivazione idonea a fondare il provvedimento adottato nella sua interezza, in cui i vari profili siano trattati in modo proporzionato (Tar Lazio, Sezione Seconda Quater, sent 686 del 21.01.2011).
Nel caso in esame emerge, invece, che la Relazione storico-artistica si dilunga approfonditamente sul frantoio ipogeo mentre, come correttamente rilevato dai ricorrenti, limita la parte relativa al “Casale” ad una sintetica descrizione da cui non si ricavano gli elementi idonei a fondare l’estensione del vincolo a tale parte. Si parla genericamente del “casale” come costituito da un unico corpo di fabbrica, di cui si citano solo l’arco di accesso in pietra, il giardino interno e un varco posto alle spalle del medesimo casale che conduce all’ingresso del frantoio ipogeo. Mancano i dettagli dei singoli beni, la loro descrizione analitica, ogni approfondimento circa la questione dell’inscindibilità  del “Casale” dal frantoio ipogeo. I chiarimenti forniti in esecuzione dell’ordinanza istruttoria, nella quale sono già  stati evidenziati i vizi del provvedimento, non fanno che confermare il difetto di motivazione contenuto dal gravato provvedimento.
Quanto emerso in corso di causa, se da un lato, evidenzia la necessità  di una più approfondita attività  istruttoria relativa all’area sovrastante il frantoio ipogeo, dall’altro, conferma i vizi del provvedimento gravato contestati dai ricorrenti.
Per pacifico orientamento giurisprudenziale, il sistema di tutela del paesaggio rende legittime le limitazioni all’uso della proprietà  dei beni individuati, alla luce dell’equilibrio costituzionale tra gli interessi in gioco, che vede alcune facoltà  del diritto dominicale recessive di fronte all’esigenza di salvaguardia dei valori culturali ed ambientali (art 9 Cost.), in attuazione della funzione sociale della proprietà  (Cons. di Stato, sezione II, n. 1634 del 04 aprile 2013).
E’ per questo che l’amministrazione avrebbe dovuto, nell’adottare il provvedimento e gli atti connessi, evidenziare l’iter istruttorio e motivazionale seguito nel bilanciamento degli interessi contrapposti e la ratio sottesa alla decisione finale.
Da quanto evidenziato deriva che l’Amministrazione, nella propria valutazione discrezionale dell’interesse pubblico a tutelare beni reputati meritevoli di conservazione e tutela, ha agito in modo da rendere viziato il provvedimento in concreto adottato.
Nè il dedotto vizio motivazionale può ritenersi emendato, a seguito dell’esecuzione dell’ordinanza istruttoria, stante la inconfigurabilità  di una motivazione postuma del provvedimento, tanto più se contenuta in una relazione esplicativa prodotta in giudizio in adempimento di incombente istruttorio disposto dal giudice amministrativo, a cui si aggiunge la necessità  dello svolgimento di adeguata attività  istruttoria (Tar Abruzzo, Pescara, sent. 229 del 17 aprile 2014; Cons. di Stato, sez. VI, sent. n. 1418 del 4 marzo 2014; Tar Lazio, Sez. I bis, sent. n. 2912 del 31 maggio 2006).
In conclusione, assorbite le ulteriori censure eccepite, il Collegio osserva che il ricorso va accolto nei limiti di quanto precisato in parte motiva, dai quali discendono anche giusti motivi per compensare le spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il Decreto prot. n. 11652 del 28.11.2012 e la Relazione storico-artistica, limitatamente alla parte relativa alla dichiarazione di bene di interesse culturale dell’immobile denominato “Casale”.
Spese compensate.
Contributo unificato rifuso ex art. 13 c 6-bis.1 D.P.R. 30.5.2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/06/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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