Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Autorizzazione paesaggistica – Rilascio – Discrezionalità  – Sindacabilità  – Limiti
 

Il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesistica involge l’apprezzamento di interessi pubblici e privati e si caratterizza per gli ampi margini di discrezionalità  amministrativa, tecnica ed istituzionale, come tale censurabile esclusivamente nell’ipotesi in cui si ravvisino vizi macroscopici (nella specie, il TAR ha potuto riscontrare che l’Amministrazione regionale, nel negare il rilascio dell’autorizzazione alla coltivazione di una cava, aveva illustrato adeguatamente il valore paesistico dell’area interessata ed aveva chiarito che i miglioramenti progettuali proposti dall’impresa non erano risultati sufficienti ad escludere l’incompatibilità  dell’attività  estrattiva con la ridetta zona).

N. 00597/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00912/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 912 del 2008, proposto da F.lli Gernone di Gernone Gervasio & C. s.n.c., rappresentata e difesa dall’avv. Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto in Bari, via Pizzoli, 8;

contro
Regione Puglia;
Comune di Apricena;

per la declaratoria di nullità  di diritto ovvero, in subordine, per l’annullamento
della determinazione dirigenziale della Regione Puglia n. 24 del 3.4.2008, comunicata con nota del 18.4.2008, prot. n. 3650/C, successivamente pervenuta, recante diniego di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e udito nell’udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2014 per la parte ricorrente il difensore avv. Vito Aurelio Pappalepore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO e DIRITTO
L’odierna ricorrente F.lli Gernone s.n.c. inoltrava in data 7.6.2001 istanza ai sensi degli artt. 8 e 12 legge regionale n. 37/1985 per essere autorizzata alla coltivazione di cava per la produzione di pietrisco, brecciolino e sabbione in un’area sita in località  “Posta Giannina” nel Comune di Apricena.
La superficie in parola (di 10 ettari) ricade in una zona tipizzata dal vigente strumento urbanistico generale del Comune di Apricena come “zona agricola povera”.
La società  istante si era determinata a progettare la bonifica e la riattivazione di detto sito a fini estrattivi.
In particolare dai risultati delle analisi di laboratorio emergeva che i campioni prelevati presso il potenziale bacino potessero soddisfare la commessa che alla impresa ricorrente era stata richiesta dalla società  Ferrovie Italiane.
In data 28.2.2002 l’interessata integrava la propria istanza con un elaborato per la valutazione di impatto ambientale.
Con nota del 21.3.2002 il Settore Industria Estrattiva trasmetteva la documentazione prodotta dalla società  istante agli Uffici tenuti, ai sensi dell’art. 13, comma 7 legge regionale n. 37/1985, ad esprimere parere (i.e. Assessorato all’Urbanistica; Ispettorato Ripartimentale delle Foreste; Soprintendenza per i bb. aa. aa.; Soprintendenza Archeologica; Comune di Apricena).
Prendeva, quindi, le mosse, parallelamente all’istruttoria principale, il procedimento di VIA ex legge regionale n. 11/2001 di competenza del Settore Ecologia della Regione Puglia.
In data 11.4.2002 il Settore Industria Estrattiva trasmetteva alla società  istante la nota n. 3150/2002.
Su altro fronte (quello relativo alla VIA) con nota del 2.5.2002 la ricorrente notificava al Settore Ecologia della Regione Puglia l’avvenuta pubblicazione dello studio di impatto ambientale (S.I.A.) nei termini di legge.
In data 2.5.2002 interveniva il primo parere richiesto dal Settore Industria Estrattiva della Regione, e cioè quello della Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia (secondo cui “la zona nella quale ricade la cava non è interessata da vincoli archeologici”).
Seguiva il parere n. 9981 del 4.6.2002 della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio secondo cui “la zona in oggetto non ricade in area d’interesse storico-artistico vincolata ai sensi del dlgs n. 490/1999 titolo I”.
In data 11.7.2002 interveniva il parere favorevole del Comune di Apricena per la valutazione di impatto ambientale.
In data 3.12.2002 con nota n. 9888 il Settore Ecologia della Regione Puglia invitava la proponente ad approfondire alcuni aspetti dell’attività  progettata.
La società  provvedeva a riscontrare le nuove richieste documentali.
Il Dirigente del Settore Ecologia con determina n. 60/2003 esprimeva valutazione favorevole di impatto ambientale, subordinatamente alla osservanza di determinate condizioni indicate nel provvedimento.
Essendo alcune delle prescrizioni indicate nella menzionata determina n. 60/2003 a tal punto rilevanti da comportare un dimezzamento dei potenziali volumi lapidei estraibili, nonchè un aumento dei costi di ripristino, l’Ufficio Minerario Regionale con nota n. 55 del 25.8.2003 invitava la società  a ripresentare la relazione tecnica economica relativa alla chiesta autorizzazione, al fine di consentire una nuova valutazione in ordine alla fattibilità  dell’intervento.
In considerazione del carattere antieconomico dell’esercizio dell’attività  estrattiva alle condizioni poste, con nota dell’1.9.2003 la società  sottoponeva al Settore Ecologia della Regione le proprie deduzioni tendenti a dimostrarlo.
Pertanto, l’Ufficio, acquisito il parere del Comitato Regionale VIA nella seduta del 17.9.2003, prendeva atto della richiesta di riesame, accettando che venissero consentite alcune indicazioni proposte dalla società  istante.
La VIA positiva, così come emendata, veniva comunicata dalla società  proponente con nota del 22.10.2003 all’Ufficio Minerario regionale allo scopo di confermare la ritrovata fattibilità  dell’intervento senza necessità  di revisione della relazione economica.
Tuttavia, con provvedimento n. 339/2004 la Giunta regionale negava la richiesta di autorizzazione paesaggistica “in quanto la coltivazione della cava, così come proposta, comporta l’annullamento dei valori paesaggistici presenti sia sul sito direttamente interessato che nei suoi immediati dintorni, così come individuati dal PUTT/P della Regione Puglia, oltre che un grave pregiudizio degli stessi beni e valori paesaggistici presenti in un ambito territoriale di più vasta percezione”.
A tale decisione la Regione giungeva sulla base della considerazione della realizzazione di un fronte (ampio e profondo) di scavo che si sarebbe dovuto realizzare, della presenza dell’area di coltivazione della cava nelle vicinanze di un’arteria stradale ad altissima frequentazione in un ambito territoriale di grande visibilità .
L’Ufficio, pur dando atto che il sito interessato dall’intervento non fosse compreso da alcuna area protetta (Parco, SIC o ZPS), perveniva a conclusioni negative “per la presenza nell’immediato intorno del sito” di “un bene” costituito dal “Tratturello Ponte di Brancia-Campolato” “classificato quale ambito di tipo B” e un’area boscata costituita da macchia mediterranea “ricompresa nell’ambito di tipo C”.
La società  ricorrente insisteva con proprie deduzioni perchè fosse meglio approfondito il tema della compatibilità  ambientale dell’intervento.
Con nota del 15.10.2004 la F.lli Gernone s.n.c. inoltrava formale richiesta di riesame del diniego di autorizzazione paesaggistica per “ottimizzazione progettuale”.
L’interessata in data 23.2.2005 integrava l’istanza di riesame, inviando su supporto informatico il “fotorendering” del progetto di cava, utile a valutare, attraverso la simulazione virtuale dello stesso, il reale impatto dell’intervento sul territorio circostante.
Il Settore Urbanistico regionale forniva riscontro alle richieste della società  con la nota del 13.4.2005.
Detta nota, sostanzialmente recante un nuovo diniego di autorizzazione paesaggistica, veniva impugnata dinanzi al T.A.R. Puglia, sede di Bari con ricorso r.g. n. 951/2005.
La menzionata nota regionale del 13.4.2005 si fondava essenzialmente sulla presenza di beni paesaggistici nell’area interessata con permanenza di impatti visivi negativi.
Questo Tribunale con ordinanza n. 545/2005 accoglieva l’istanza di sospensiva ai fini del riesame.
La suddetta ordinanza cautelare veniva notificata alla Regione Puglia che tuttavia rimaneva inerte.
In esecuzione della misura cautelare la Regione con determinazione n. 184/2005 rinnovava il diniego di autorizzazione paesaggistica.
Anche la determinazione n. 184/2005 veniva impugnata con ricorso per motivi aggiunti.
La causa veniva quindi introitata per la decisione e decisa con sentenza del T.A.R. Bari n. 408/2006 di improcedibilità  per quanto concerneva l’impugnazione originaria e di reiezione in riferimento ai motivi aggiunti.
La società  proponeva appello dinanzi al Consiglio di Stato avverso la sentenza del T.A.R. Bari n. 408/2006.
Il Consiglio di Stato con decisione n. 3079/2007 accoglieva l’appello, in parte riformando la decisione del T.A.R. Bari con riferimento al rigetto dell’impugnativa proposta con ricorso per motivi aggiunti.
Secondo il Consiglio di Stato la motivazione del gravato diniego n. 184/2005 era carente: l’Amministrazione avrebbe dovuto precisare adeguatamente gli esatti termini del valore paesistico dell’area ed in che termini i miglioramenti apportati dalla ricorrente all’originario progetto, sollecitati della stessa Amministrazione, non avessero reso l’opera compatibile con l’area stessa.
La menzionata sentenza del Consiglio di Stato n. 3079/2007 passava in giudicato.
La società  deducente successivamente attivava la procedura di ottemperanza dinanzi al Consiglio di Stato.
In seguito veniva comunicata alla ricorrente l’adozione della nuova determina dirigenziale n. 24/2008 recante nuovo diniego di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
Con l’atto introduttivo del presente giudizio la ricorrente F.lli Gernone s.n.c. impugnava la citata determina regionale n. 24/2008.
Deduceva censure così sinteticamente riassumibili:
1) violazione ed elusione di giudicato; violazione dell’art. 21 septies legge n. 241/1990; violazione ed erronea applicazione dei principi generali in tema di esercizio del potere di riesame; eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità , contraddittorietà , travisamento, carente ed erronea motivazione; sviamento: nel ultimo diniego n. 24/2008 la Regione evidenzia, quali elementi preclusivi al rilascio della autorizzazione, la presenza nell’area in esame di un’area boscata e di un bene archeologico costituito da un tratturo, con ciò ponendosi in contrasto – secondo la prospettazione di parte ricorrente – con quanto affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 3079/2007 circa l’assoggettamento dell’area su cui insiste la cava esclusivamente al regime vincolistico riservato dal PUTT/P alle aree di interesse panoramico; la gravata decisione n. 24/2008 sarebbe, quindi, nulla per violazione del giudicato di cui alla sentenza del Consiglio di Stato n. 3079/2007 ovvero sarebbe comunque viziata nella parte in cui introduce nuovi asseriti elementi di preclusione al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, posto che a seguito di un primo giudicato di annullamento deriverebbe il dovere della Amministrazione di esaminare una seconda volta l’affare nella sua interezza, sollevando tutte le questioni rilevanti, con la definitiva preclusione per l’avvenire di tornare a decidere sfavorevolmente in relazione a circostanze non esaminate; sarebbe, altresì, violato il principio di affidamento di matrice comunitaria; per quanto concerne l’unico aspetto oggetto di approfondimento, e cioè quello relativo all’interesse panoramico, la gravata determina n. 24/2008 sarebbe nulla di diritto per violazione e/o elusione di giudicato in quanto si limiterebbe a riproporre argomentazioni già  disattese dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3079/2007;
2) violazione delle norme e dei principi richiamati nel motivo sub 1; violazione ed erronea applicazione dell’art. 3.10 delle NTA del PUTT/P; violazione ed erronea applicazione dell’art. 3.15 delle NTA del PUTT/P; violazione ed erronea applicazione dell’art. 3.09 delle NTA del PUTT/P; eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità , contraddittorietà , travisamento, carente ed erronea istruttoria, carente ed erronea motivazione; sviamento: gli elementi di fatto posti a fondamento del nuovo diniego non sussisterebbero, avendo la stessa Regione nei precedenti provvedimenti di diniego ritenuto che le modifiche progettuali apportate dalla società  deducente nel 2005 (e cioè all’esito del primo diniego), restringendo l’area oggetto di coltivazione, superano le problematiche relative alla presenza, nell’ambito interessato, del tratturo e dell’area a macchia mediterranea; la Regione avrebbe adottato una motivazione illogica, disseminando l’atto gravato di elementi di equivocità ; peraltro, l’aspetto relativo all’incidenza dei beni e/o ambiti aventi rilevanza paesaggistica sarebbe già  stato oggetto di puntuale studio da parte della stessa Amministrazione regionale in sede di VIA conclusasi con esito favorevole per la società  ricorrente (nella determina dirigenziale regionale n. 60/2003 si evidenziava come “l’area estrattiva in oggetto non ricade in aree definite SIC e ZPS, non interferisce con la conservazione di habitat o specie di interesse comunitario, e si presenta scarsa dal punto di vista vegetativo per via della sua natura calcarea ma registra la presenza di pascolo cespugliato e di olivastri”); pertanto, diversamente da quanto asserito nel quarto provvedimento di diniego impugnato in questa sede, l’area in esame (come rimarcato dalla VIA favorevole) non sarebbe interessata nè dalla zona boscata, nè dal tratturo; inoltre, non sarebbe possibile ipotizzare che la cava rientri in zona boscata, a fronte dell’avvenuto rilascio, da parte della Regione Puglia – Ispettorato Ripartimentale delle Foreste, del parere favorevole all’ampliamento della cava stessa; diversamente da quanto evidenziato nel provvedimento impugnato, sovrapponendo l’area interessata dalla realizzazione della cava all’atlante del PUTT, si riscontrerebbe che la zona interessata dagli ambiti distinti “bosco” lambisce il perimetro della cava; peraltro, stando alla consulenza di parte del geom. Venditti, sarebbe impossibile affermare con assoluta certezza che la cava ricada per poco più di 40 metri nell’area sottoposta a vincolo; non a caso la Regione nel secondo e nel terzo provvedimento di diniego avrebbe attestato il superamento delle ragioni di preclusione correlate alla presenza dell’area boscata; quanto al tratturo, sarebbe sufficiente rinviare al parere favorevole della Soprintendenza; peraltro, il tratturo ritenuto ostativo dalla Regione nel provvedimento censurato non sarebbe sottoposto – secondo quanto evidenziato dal consulente di parte – ad alcun vincolo; si tratterebbe di un tratturo localizzato a più di 650 metri dal confine della cava ed interesserebbe esclusivamente una cava preesistente che non è oggetto di coltivazione; sia nel primo riesame sia nel secondo riesame si sarebbe escluso che il tratturo potesse costituire elemento di criticità ; la Regione nel quarto provvedimento di diniego avrebbe ravvisato un elemento ostativo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica nella presenza di un ambito territoriale distinto costituito dal “Versante”; tuttavia, nei precedenti dinieghi non sarebbe mai stato evidenziato detto elemento di criticità ; si tratterebbe di un elemento poco attendibile, in considerazione della scarsa affidabilità  della scala utilizzata per gli atlanti del PUTT/P; infine, diversamente da quanto asserito a pag. 2 del provvedimento gravato, l’area interessata dalla cava non rientrerebbe in area naturale protetta e, segnatamente, nel Parco Nazionale del Gargano.
Nessuno si costituiva per le parti resistenti.
All’udienza pubblica del 12 febbraio 2014 la causa passava in decisione.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso sia infondato.
A tal riguardo, va richiamato il passaggio fondamentale, ai fini della presente decisione, di Cons. Stato, Sez. VI, 12 giugno 2007, n. 3079:
«¦ Ritiene il collegio che in tale situazione di fatto l’amministrazione abbia l’onere di precisare adeguatamente gli esatti termini del valore paesistico dell’area e perchè i miglioramenti, apportati dalla ricorrente all’originario progetto, sollecitati dalla stessa amministrazione, non rendano l’opera compatibile con la stessa.
L’onere motivazionale appare ulteriormente sottolineato dal fatto che l’opera in questione ha già  superato positivamente la valutazione d’impatto ambientale.
E’, quindi, insufficiente la motivazione del provvedimento impugnato che (come, in realtà , quelli precedentemente adottati nel corso della vicenda) si limita ad esporre il fatto, davvero ovvio, che una cava danneggia la qualità  del paesaggio.
Gli elementi fatti valere dall’appellante dimostrano come, nel caso di specie, la stessa amministrazione non abbia escluso a priori la realizzabilità  dell’iniziativa di cui ora si discute.
Era suo onere, quindi, indicare gli elementi che in concreto rendono il progetto incompatibile con la salvaguardia dell’interesse pubblico.
La censura di difetto di motivazione deve, in conclusione, essere condivisa. ¦».
Il provvedimento contestato in questa sede, in doveroso ossequio al dictum del Consiglio di Stato, così motiva il diniego (cfr. pagg. 3, 4 e 5):
«¦ Gli esatti termini del valore paesistico dell’area fortemente percepibile dalla strada provinciale S. Severo – San Marco in Lamis (antica “Via Sacra Longobardorum”), ai sensi delle disposizioni del vigente piano paesistico sono costituiti da:
– Presenza di un’area boscata. L’area di progetto è interessata dalla presenza di un ambito territoriale distinto “Bosco” (Capo III – componenti botanico-vegetazionali, art. 3.10 – Boschi e macchia). In assenza di Sottopiani e di strumenti urbanistici generali adeguati al PUTT, come nel caso del comune di Apricena, gli elementi presi in considerazione per l’individuazione delle componenti o Ambiti territoriali distinti sono: (i) le perimetrazioni presenti negli atlanti del PUTT; (ii) lo stato dei luoghi.
Con riferimento alle individuazioni contenute negli atlanti del PUTT (serie n. 4 – Boschi Macchia Biotopi Parchi), il piano di coltivazione della cava invade il perimetro dell’area di pertinenza di un bosco di poco più di 40 m a cui vanno aggiunti i 100 metri della area annessa. Con riferimento all’esame dello stato dei luoghi come può facilmente evincersi dalla sovrapposizione del progetto su ortofotocarta, gran parte del piano di coltivazione della cava insiste su un’area di macchia.
Le NTA del PUTT per le aree pertinenza di boschi e macchie escludono perentoriamente escavazioni ed estrazioni di materiali (art. 3.10 pto 4.1.a.4) e per le aree annesse a boschi e macchia escludono attività  estrattive, ad eccezione dell’ampliamento, per quantità  comunque contenute, di cave attive, se funzionali (sulla base di specifico progetto) al ripristino e/o adeguata sistemazione ambientale finale dei luoghi, fattispecie non riconducibile al progetto in esame, atteso che la cava preesistente non risulta essere attiva e, di contro, appare in fase di avanzata rinaturalizzazione. Nè gli ampliamenti proposti possono considerarsi quantità  comunque contenute.
Da quanto innanzi emerge il contrasto dell’intervento proposto con il “bene area boscata”.
– Presenza di un bene archeologico. L’area di progetto è interessata dalla presenza di un ambito territoriale distinto “Tratturo n. 37” denominato “Ponte di Brancia-Campolato” (Capo IV – componenti storico culturali, art. 3.15 – Zone Archeologiche). In assenza di Sottopiani e di strumenti urbanistici generali adeguati al PUTT, come nel caso del comune di Apricena, gli elementi presi in considerazione per l’individuazione delle componenti o Ambiti territoriali distinti sono: (i) le perimetrazioni presenti negli atlanti del PUTT; (ii) lo stato dei luoghi.
Con riferimento alle individuazioni contenute negli attanti del PUTT (serie n. 6 – Vincoli e segnalazioni Architettonico – archeologiche), il progetto della cava invade, con le aree destinate alle attività  complementari (piazzale, impianti di frantumazione, ecc.), il perimetro dell’area annessa per tutto lo spessore di 100 m. Le NTA del PUTT per le aree annesse alle zone archeologiche (“beni tratturali”) escludono perentoriamente interventi comportanti trasformazioni della morfologia e dei caratteri d’uso del suolo (art. 3.15 pto 4.2.a.b).
Da quanto innanzi emerge il contrasto dell’intervento proposto con il “bene tratturo”.
– Presenza di un versante. L’area di progetto è interessata dalla presenza di un ambito territoriale distinto “Versante” (Capo Il – Componenti Geo-Morfo-Idrogeologiche, art. 3.09 – versanti e crinali). In assenza di Sottopiani e di strumenti urbanistici generali adeguati al PUTT, come nel caso del comune di Apricena, gli elementi da prendere in considerazione per l’individuazione delle componenti o Ambiti territoriali distinti sono: (i) le perimetrazioni presenti negli atlanti del PUTT; (il) lo stato dei luoghi.
Con riferimento alle individuazioni contenute negli atlanti del PUTT (serie n. 10 – Geomorfologia), il piano di coltivazione della cava si spiega a valle di un ciglio di scarpata e dunque su un versante (area delimitata da un ciglio di scarpata ed un pianoro); in assenza di sottopiani e di strumenti urbanistici generali adeguati al PUTT l’area annessa ai cigli di scarpata si considera di 50 m. Con riferimento all’esame dello stato dei luoghi, gran parte del piano di coltivazione della cava insiste su un versante. Le NTA del PUTT per aree di pertinenza delle aree di versante nonchè per le aree annesse ai cigli di scarpata prescrivono il mantenimento dell’assetto geomorfologico d’insieme nonchè escludono nuove attività  estrattive, ad eccezione dell’ampliamento, per quantità  comunque contenute, di cave attive, se funzionali (sulla base di specifico progetto) al ripristino e/o adeguata sistemazione ambientale finale dei luoghi (punto 4.2 dell’art. 3.08), fattispecie non riconducibile al progetto in esame, atteso, come già  esplicitato per la presenza di boschi e macchie, che la cava preesistente non risulta essere attiva e, di contro, appare in fase di avanzata rinaturalizzazione. Nè gli ampliamenti proposti possono considerarsi quali quantità  comunque contenute.
Da quanto innanzi emerge il contrasto dell’intervento proposto con il “bene geomorfologia”.
Ritenuto che:
– la proposta progettuale presentata nel 2004 in effetti consiste nella mera riproposizione della precedente con la semplice riduzione di alcuni aspetti dimensionali ritenuti dalla ditta proponente strettamente necessari a non invadere (o ad invadere in piccola parte) il perimetro delle aree annesse agli ambiti territoriali distinti caratterizzati dalla presenza di un bene tratturale e di una area boscata, senza considerare i beni macchia e i beni ciglio di scarpata e versante;
– sia la nuova proposta che quella originaria prevedono un “progetto di recupero” mediante la utilizzazione di tecniche di tipo tradizionale del tutto inefficaci rispetto alla particolare posizione geografica della cava che interessa l’ingresso e la prima altura del promontorio del Gargano che si affaccia direttamente sulla parte di pianura denominata “Alto Tavoliere” nonchè si affaccia sulla S.P. n. 5 “Severo – San Marco in Lamis”, che costituisce altro bene di straordinario valore storico, presente nelle immediate vicinanze del sito della cava;
– la nuova proposta progettuale in effetti consiste nella mera riproposizione di quella originaria con la semplice riduzione di alcuni non significativi aspetti dimensionali;
– permane in tutta la sua ampiezza, sia alla scala locale che alla scala territoriale, la compromissione irreversibile del bene “paesaggistico” in questione, nei termini analitici innanzi richiamati (“bene area boscata”, “bene tratturo”, “bene geomorfologia”);
Vista la documentazione elaborata in sede istruttoria sulla base di cartografia georeferenziata sulla quale è stata operata la sovrapposizione della proposta progettuale nonchè dei beni paesaggistici presenti e consistente in n. 6 tavole in scala 1:5.000 riportanti: 1. – Inquadramento dell’area – Ortofoto; 2. – Corografia I.G.M.; 3. – Planimetria A.T.D.; 4. – Ortofoto georeferenziata con area boscata; 5. – Ortofoto georeferenziata con bene archeologico (tratturo); 6. – Ortofoto georeferenziata con ciglio di scarpata;
Tutto ciò premesso e rilevato, si ritiene di non rilasciare la richiesta autorizzazione paesaggistica, in quanto la coltivazione della cava, così come proposta, comporta l’annullamento dei valori paesaggistici presenti nell’ambito di pertinenza dell’intervento proposto nonchè nell’ambito territoriale di più vasta percezione. ¦».
Come chiaramente evincibile dalla mera lettura della motivazione del gravato diniego n. 24/2008 l’Amministrazione regionale ha precisato adeguatamente – così come richiesto da Cons. Stato n. 3079/2007 – gli esatti termini del valore paesistico dell’area de qua ed in che termini i miglioramenti, apportati dalla ricorrente rispetto all’originario progetto, rendano l’opera comunque non compatibile con l’area in questione.
In ogni caso viene in rilievo una valutazione tecnica espressa dall’Amministrazione regionale in materia ambientale per sua natura caratterizzata da profili particolarmente intensi di discrezionalità  amministrativa, tecnica ed istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, valutazione non sindacabile in sede giurisdizionale (se non a fronte di vizi macroscopici non riscontrabili nella presente fattispecie e di cui parte ricorrente non fornisce alcuna idonea dimostrazione).
Si veda a tal proposito T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 24 settembre 2013, n. 1339 in tema di provvedimento relativo alla localizzazione di un impianto di smaltimento:
“In tema di localizzazione di un impianto di smaltimento viene in rilievo una tipica valutazione ambientale espressione di ampia discrezionalità  tecnica ed amministrativa, valutazione non sindacabile in sede giurisdizionale (se non a fronte di vizi macroscopici non ricorrenti – in forza delle argomentazioni evidenziate in precedenza – nel caso di specie). Infatti l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità  che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità  amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo.”.
Cons. Stato, Sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640 in tema di valutazione di impatto ambientale ha rimarcato:
“… Circa l’esatta individuazione della natura del potere e l’ampia latitudine della discrezionalità  esercitata dall’amministrazione in sede di VIA, in quanto istituto finalizzato alla tutela preventiva dell’ambiente inteso in senso ampio, il collegio non intende deflettere dagli approdi esegetici cui è pervenuta la più recente giurisprudenza (internazionale e nazionale), da cui emerge la natura ampiamente discrezionale delle scelte effettuate, giustificate alla luce dei valori primari ed assoluti coinvolti (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. VI, 13 giugno 2011, n. 3561; sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246; sez. V, 12 luglio 2009, n. 3770; Corte giust., 25 luglio 2008, c142/07; Corte cost., 7 novembre 2007, n. 367, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, co. 1, e 88, co. 2, lett. d) c.p.a.).
àˆ stato chiarito che nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità  che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità  amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo. …”.
In conclusione, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, non è riscontrabile nel contestato provvedimento negativo n. 24/2008 alcuna violazione/elusione del giudicato formatosi sulla decisione del Consiglio di Stato n. 3079/2007.
Lo stesso, all’opposto, costituisce esatta esecuzione della menzionata decisione del Consiglio di Stato.
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la reiezione del ricorso.
In considerazione della natura e della peculiarità  della presente controversia, nonchè della qualità  delle parti, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità  per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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