1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Permesso di costruire in sanatoria – Ristrutturazione – Diniego – Legittimità  – Contraddittorietà  con precedente provvedimento – Irrilevanza 

2. Procedimento amministrativo – Rapporto tra provvedimenti aventi lo stesso oggetto – Contraddittorietà  del provvedimento successivo legittimo con precedente inoppugnato – Presupposti per riesame – Sussistenza –  Fattispecie
 

1. L’istanza di sanatoria riguardante opere edilizie già  assentite con precedente permesso di costruire (illegittimo ma rimasto inoppugnato) vincola l’Amministrazione a compiere una valutazione complessiva dell’intervento edilizio proposto in sanatoria, a nulla rilevando la precedente qualificazione – restauro conservativo –  delle stesse opere data nel primo provvedimento sicchè è legittimo il diniego di sanatoria che, qualificando come ristrutturazione tutti gli interventi proposti, travolga anche quelli a sentiti con il primo permesso di costruire, da sottoporre ad un riesame da parte dell’amministrazione. 

2. Qualora l’atto impugnato risulti conforme al canone e ai criteri di legittimità , la contraddittorietà  con precedente provvedimento illegittimo, rimasto inoppugnato,  non può condurre alla sua caducazione giurisdizionale, ma costituisce il presupposto per imporre alla p.A. un riesame in autotutela anche del primo provvedimento (nella specie trattasi  un permesso di costruire che,  avendo assentito opere di ristrutturazione edilizia in contrasto con lo strumento urbanistico,, qualificandole come restauro conservativo, risulta in contrasto con un successivo diniego di permesso di costruire in sanatoria avente ad oggetto le stesse opere ricomprese nell’istanza).

N. 00510/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00487/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 487 del 2012, proposto da: 
Gavetone S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Domenico Costantino, Michele Costantino, con domicilio eletto presso Michele Costantino in Bari, via Cairoli n.114; 

contro
Comune di Trani, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Colella, con domicilio eletto presso Mara Caponio in Bari, corso Mazzini n.136/D; 

per l’annullamento, previa sospensione
– del provvedimento n. 2759, (prot. Gen. 45263), adottato dal Dirigente della IV Ripartizione dell’ufficio Tecnico Comunale della Città  di Trani, il 27 gennaio 2012 (e notificato, in pari data), di diniego di permesso di costruire in sanatoria, nonchè degli atti presupposti e connessi.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Trani;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2014 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori Domenico Costantino e Domenico Colella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
La società  ricorrente ha chiesto ed ottenuto un P.C. (permesso di costruire) teso al restauro e risanamento conservativo di “Villa Turrisana”, immobile padronale e di pregio sito nella omonima contrada tranese, costituito da un piano terra, primo piano e suppenne (cioè soffitta).
Il titolo edilizio (n. 61 del 6.9.2010) ha consentito la realizzazione di varie opere ed in particolare la modifica degli accessi a piano terra, la sostituzione – con variazione dell’altezza e delle relative volumetrie distribuite nei due piani – dell’orizzontamento (cioè del piano di calpestio) tra primo piano e piano suppenne, la variazione distributiva degli spazi interni del primo piano – mediante modifica delle tramezzature e diversa divisione degli ambienti – la realizzazione di due terrazzi (uno al piano primo , l’altro al piano suppenne), la sistemazione della facciata.
Con ordinanza del 15.9.2011 è stata disposta la sospensione dei lavori, attesa la riscontrata difformità  tra il titolo edilizio e le opere realizzate.
Con successiva ordinanza n. 19 del 4.10.2011 è stata disposta la demolizione delle opere difformi consistenti (testualmente):
– -nella demolizione di quasi tutto il livello intermedio tra primo piano e suppenne (tranne che per alcuni muri perimetrali), con costruzione di nuove strutture, con elevazione di pilastri e travi in c.a.;
– – nella diversa realizzazione del vano ascensore in c.a. presente al livello del piano primo, ma non riportato nell’elaborato progettuale del P.C.
 

In data 16-18-12-2011, la Gavetone srl ha depositato, presso il Comune odierno intimato, una domanda di permesso di costruire in sanatoria avente ad oggetto (tanto si legge nell’istanza stessa) da un lato le opere di sostituzione dell’orizzontamento intermedio tra primo piano e piano suppenne (v. pag. 5 istanza) con specifica indicazione:
– della realizzazione di struttura antisismica che regga il nuovo orizzontamento che costituisce la copertura del piano primo, coincidente con il piano di calpestio del piano secondo (ex piano suppenne);
– di diminuzione dell’altezza netta del primo piano e realizzazione di nuove tramezzature;
– dell’utilizzo della volumetria così recuperata (tramite abbassamento della quota del soffitto del primo piano e conseguente recupero di altezza nel piano superiore) nell’ex suppenne che diventa, a tutti gli effetti, un secondo piano calpestabile ed utilizzabile;
– della realizzazione di pilastri che partendo dal piano terra arrivino fino al secondo piano;
dall’altro (v. pag. 7, rigo 4 e ss) il diverso posizionamento del vano ascensore.
L’istanza così formulata (di cui tuttavia, non sono noti gli allegati progettuali, mai depositati dalle parti) è stata respinta con il provvedimento indicato in epigrafe che, esclusa la natura di restauro conservativo degli interventi, nel loro complesso individuati, ha negato la possibilità  di sanarli.
Di tale diniego la società  ricorrente contesta l’eccesso di potere per contraddittorietà  ed irragionevolezza, nonchè in ragione della erronea qualificazione dei lavori, di cui ribadisce la natura di restauro conservativo.
All’udienza del 19.3.2014, dopo ampia discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso non è fondato.
Ritiene la Sezione che il punto di partenza dell’esame delle censure mosse debba essere rappresentato dalla puntuale ricognizione degli esiti della disposta verificazione, con cui si è chiesto di indicare la consistenza dei lavori effettuati e assentiti.
La verificatrice, con elaborato che si segnala per coerenza, precisione e congruità  , meritando, per ciò, un giudizio di piena attendibilità , ha compiuto un esame complessivo dell’intera vicenda soffermandosi: 1) sul titolo edilizio rilasciato; 2) sulle opere effettivamente realizzate; 3) nonchè dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria.
Questo il quadro che se ne ricava.
Il P.C. n. 61/2010 ha autorizzato gli interventi già  sinteticamente descritti, qualificandoli di restauro conservativo.
Da un compiuto esame degli elaborati progettuali emerge, tuttavia, che la sostituzione dell’orizzontamento tra primo piano e piano suppenne avrebbe comportato il ribasso dell’altezza del primo piano a mt 3,20 netti e la trasformazione del piano suppenne (che altro non era se non una soffitta non abitabile) in un secondo piano di pari altezza netta di 3,20 netti.
La risistemazione degli spazi interni del primo piano altro non è se non la suddivisione dello stesso in 9 camere con annessi bagni. Altrettante camere con servizi sarebbero state create nell’ex piano suppenne, trasformato in un secondo piano fruibile.
Un ulteriore elemento (non evidenziato nell’elaborato, ma facilmente desumibile dall’esame degli elaborati grafici depositati unitamente al P.C.) è rappresentato dalla radicale trasformazione delle facciate laterali della villa, determinata dalla necessità  di fornire le nuove stanze realizzate di idonee finestre; sicchè la originaria fila di aperture del primo piano risulta da un lato modificata (con ridimensionamento delle finestre), dall’altro sormontata dalle luci del secondo piano (ex suppenne).
Il che ben si spiega in quanto la originaria villa padronale avrebbe dovuto trasformarsi, nei programmi della proprietà , in una struttura ricettiva.
La corposità  degli interventi programmati e (incredibilmente) assentiti, determinanti la trasformazione degli ambienti interni, con totale riposizionamento dei muri divisori e di quelli portanti, nonchè delle facciate laterali e posteriori, consentito – ed anzi imposto – dal riposizionamento del piano di calpestio interposto tra primo e secondo piano, rende del tutto chiaro che le opere da realizzarsi, indicate in progetto, avrebbero dovuto -ab initio- correttamente essere qualificate come ristrutturazione edilizia (implicante la creazione di un nuovo organismo, benchè nella medesima “scatola”) tesa a trasformare una villa padronale di due piani abitabili in una struttura ricettivo-alberghiera di tre piani.
Se per ciò, come pare assodato, le prescrizioni urbanistiche escludevano interventi di ristrutturazione edilizia, risulta del tutto evidente che il P.C. n. 61/2010 non avrebbe dovuto essere rilasciato, vista la reale portata dei lavori da realizzarsi.
In questo quadro di già  lampante illegittimità  degli interventi edilizi riguardanti Villa Turrisana, si inserisce la seconda tranche di opere, eseguite dalla proprietà  che, diversamente da quanto indicato in progetto (v. pagg. 15 e ss. relazione di verificazione) ha realizzato al piano terra vari pilastri in c.a. visibili e non nascosti nelle murature portanti (si tratta di 11 pilastri circa).
Al primo piano è stata demolita la parete esterna nord – ovest e ricostruita con blocchi di tufo nuovi (con conseguente dispersione degli originali materiali), mentre le pareti posteriori e laterale sud-est non esistono più (la proprietà  assume in ragione degli straordinari eventi atmosferici che hanno determinato il crollo di una parete, ma sarebbe interessante disporre sul punto specifici accertamenti peritali tesi a verificare la plausibilità  di tale allegazione, cui non si procede in questa sede, in quanto non rilevanti ai fini del presente giudizio).
Successivamente al sopralluogo effettuato, nonchè all’ordinanza di demolizione n. 19/2011, la Gavetone srl ha presentato istanza di permesso di costruire in sanatoria.
Il Collegio non è stato posto in condizione di visionare gli elaborati progettuali che hanno accompagnato tale istanza (perchè non prodotti dalle parti), tuttavia essa, nel descrivere le opere da sanare, indica sostanzialmente – e tanto viene indicato in modo estremamente sintetico dal Collegio, ma è confermato dalla lettura puntuale del contenuto dell’istanza – tutto ciò che è stato realizzato, ivi compresi anche i lavori già  assentiti dal P.C. 61/2011, cui si aggiungono le ulteriori modifiche effettuate in fase di esecuzione.
Su tale richiesta è, come già  chiarito, intervenuto il diniego impugnato in questa sede che, riconducendo le opere al corretto concetto di ristrutturazione edilizia, ne ha negato la sanabilità .
Qui si evidenzia il vero punto critico della vicenda sottoposta all’esame del Collegio, rappresentato dalla circostanza che la più macroscopica illegittimità  amministrativa si annida in un atto non impugnato in questa sede – ed ormai inoppugnabile- : il P.C. 61/2010, il cui divieto di disapplicazione è principio da ritenersi consolidato.
Eppure risulta altrettanto evidente che, se è consentito a questo Giudice un sindacato sul rapporto e non solo sull’atto, non può che concludersi che gli interventi di cui si chiede la sanatoria, in uno con quelli assentiti dal P.C. 61/2011, rappresentano una non consentita ristrutturazione edilizia “mascherata” da restauro conservativo che ha condotto, in ultima analisi, alla demolizione integrale di tutto il primo piano e piano suppenne di Villa Turrisana, inesorabilmente ed irreversibilmente modificata nella sua originaria consistenza (sul punto le fotografie allegate alla relazione di verificazione risultano più eloquenti di qualunque descrizione, raffigurando un edificio di cui il primo piano ed il suppenne sono del tutto scomparsi).
Alla luce di tale punto fermo, vanno esaminate le doglianze di parte ricorrente che sostanzialmente lamenta che le opere realizzate (primo fra tutti il riposizionamento del piano di calpestio tra primo piano e suppenne), risultano essere regolarmente assentite dal P.C. 61/2010 e conformi, nella sostanza, al titolo edilizio, sicchè le ulteriori modifiche operate di cui si chiede la sanatoria poco aggiungerebbero a quanto già  assentito (ed anzi sarebbero, per quanto riguarda i pilastri in cemento armato, necessari per sorreggere il già  autorizzato riposizionamento del piano di calpestio).
Sennonchè il Collegio non può esimersi dal formulare una prima considerazione relativa alla contraddittorietà  del comportamento della stessa ricorrente che da un lato sostiene che gli interventi realizzati (pur sempre qualificati quale restauro conservativo) sono, nella gran parte, riconducibili a quanto assentito con P.C. 61/2010 e dall’altro formula un’istanza di sanatoria, per c.d., omnicomprensiva che riguarda tutte le opere già  realizzate nel loro complesso (anche quelle di cui si sostiene la conformità  al P.C.), sicchè delle due l’una: o le opere realizzate sono nella gran parte conformi al P.C. – ed allora non si comprende la necessità  di ricomprenderle in un’istanza di sanatoria- ovvero sono abusive – ed allora ben si comprende la necessità  della richiesta sanatoria-.
Ma a prescindere da ciò, quello che preme evidenziare in questa sede è che la stessa richiedente ha riproposto all’amministrazione una valutazione complessiva dell’intervento edilizio cui sottoporre Villa Turrisana, intervento che comprende sia le opere già  oggetto di P.C. (ad esempio il riposizionamento dell’orizzontamento tra primo piano e suppenne), sia le ulteriori innovazioni apportate e non indicate nell’originario progetto (più importanti fra tutti sono i pilastri in c.a. – in parte nascosti nella muratura divisoria, in parte visibili).
Dunque, l’amministrazione è stata chiamata a valutare il complessivo intervento edilizio. Ciò sulla scorta dello stesso atto di impulso della ricorrente.
Pertanto, risultando l’amministrazione vincolata a replicare all’istanza per come proposta, ha (questa volta) correttamente inquadrato giuridicamente gli interventi edilizi, qualificandoli di ristrutturazione edilizia.
Il diniego espresso si caratterizza, pertanto, per la sua natura vincolata, a fronte della reale sostanza delle complessive opere programmate (prima con il P.C. 61/2010, poi con la richiesta sanatoria) dalla proprietà  di Villa Turrisana.
Nota dissonante nell’agire amministrativo resta, invece, il più volte citato titolo edilizio.
La relazione di verificazione, unitamente alle valutazioni espresse dal Collegio con la presente motivazione non possono che imporre, al Comune intimato di esaminarne nuovamente la legittimità  in sede di autotutela, risultando il pregio dell’immobile un elemento da tenere in seria considerazione in sede di bilanciamento tra l’interesse pubblico al rispetto del principio di legalità  e quello privato.
Con il che si supera anche la censura di contraddittorietà  dell’azione amministrativa.
E’ ben vero, infatti, che il Comune intimato (stranamente sempre nella persona del medesimo funzionario, Dirigente della competente ripartizione) ha assentito (con il P.C. 61/2010) opere di cui ha, in gran parte, successivamente, escluso la legittimità .
Tuttavia, poichè l’atto impugnato in questa sede è conforme al canone ed ai criteri di legittimità , la contraddittorietà  con un precedente atto illegittimo, non può condurre alla sua caducazione giurisdizionale.
In ragione delle riscontrate illegittimità  dell’azione del Comune intimato che ben giustificano la proposizione del ricorso, le spese vanno integralmente compensate. Quelle di verificazione, seguendo lo stesso principio, vengono poste a carico delle parti in solido e liquidate in dispositivo.
Non si procede a trasmissione degli atti alla competente sede della Procura della Repubblica, risultando in atti che la vicenda è stata già  oggetto di esame da parte dell’autorità  inquirente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa integralmente le spese legali tra le parti.
Pone le spese di verificazione – che liquida in euro 2.539,88, in favore dell’ Agenzia del Territorio, in persona dell’ ing. Stefania Antonia Marino, verificatrice a ciò delegata -a carico delle parti in solido.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
Cesira Casalanguida, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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