1. Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Emersione lavoro irregolare – Lavoratore – Attività  di assistenza e sostegno alle famiglie – Espulsione automatica – Possibilità  – Esclusione – Ragioni
 
2. Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Permesso di soggiorno – Diniego e revoca – Presupposti – Ragioni
 
3. Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Condanna penale per violazione diritto d’autore -Permesso di soggiorno – Revoca – Espulsione automatica – Legittimità  – Sussiste – Ragioni
 
4. Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Ricongiungimento familiare – Permesso di soggiorno – Diniego – Espulsione automatica – Esclusione – Valutazione – Necessità  – Sussiste
 
5. Pubblica sicurezza – Extracomunitari – Permesso di soggiorno – Diniego – Elementi sopraggiunti – Rilascio – Valutazione – Rilevanza – Presupposti
 
6. Procedimento amministrativo – Partecipazione – Attività  vincolata – Preavviso di rigetto – Omessa comunicazione – Illegittimità  – Non sussiste

1. La dichiarazione di incostituzionalità  (Corte Cost., sent. n. 172/2012) del comma 13, lett. c), dell’art.1-ter del d.l. 1.7.2009, n.78, convertito in legge 3.8.2009, n.102, nella parte in cui fa discendere un diretto automatismo nel rigetto dell’istanza di regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari colpiti da una sentenza di condanna per uno dei reati per i quali l’art.381 c.p.p. permette l’arresto facoltativo in flagranza, riguarda gli stranieri che prestano assistenza e sostegno alle famiglie, e questo sia per la possibilità  di accertare più agevolmente la loro effettiva pericolosità , grazie all’ambito in cui esplicano la loro attività  lavorativa, sia per venire incontro agli interessi dei soggetti deboli che si avvantaggiano dei servizi di assistenza prestati da detti lavoratori.
 
2. L’art.5, comma 5, del D.Lgs. 25.7.1998, n.286, che dispone il diniego del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno o la sua revoca quando manchino o vengano a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso o il soggiorno nel territorio dello Stato appare una norma che risponde al criterio di ragionevolezza, essendo informata all’esigenza di tutela degli interessi di garanzia di un ordinato flusso migratorio e del rispetto dell’ordine e della sicurezza pubblica e risulta rispettosa dei principi costituzionali che demandano alle leggi la regolamentazione della condizione giuridica degli stranieri in conformità  alle norme ed ai trattati internazionali.
 
3. Il meccanismo espulsivo automatico previsto dall’art.26, comma 7-bis, del D.Lgs. 25.7.1998, n.286, per l’extracomunitario soggiornante nel territorio nazionale per svolgere un lavoro autonomo  che si sia macchiato della commissione di reati in materia di diritto d’autore, accertati con condanna con provvedimento irrevocabile, pur riferendosi espressamente alla revoca, deve ritenersi applicabile anche all’ipotesi della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno scaduto e non presenta profili di irrazionalità  e disparità  di trattamento, vista la rilevanza per l’economia nazionale della tutela della proprietà  industriale e dell’uso dei marchi e altri segni distintivi e l’allarme sociale ingenerato dalla commissione dei relativi reati.
 
4. L’art.5, comma 5, del D.Lgs. 25.7.1998, n.286, prevede un’attenuazione al meccanismo espulsivo automatico per lo straniero extracomunitario che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, disponendo che il rifiuto del rilascio, la revoca o il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno -giustificati dalla commissione di reati che ordinariamente vengono considerati ostativi- siano adottati solo all’esito di una valutazione discrezionale che ponderi i vari aspetti contemplati dalla norma (natura ed effettività  dei vincoli familiari dell’interessato, esistenza di legami familiari e sociali con il Paese d’origine e, eventualmente, durata della permanenza nel nostro territorio). 
 
5. L’art.5, comma 5, del D.Lgs. 25.7.1998, n.286, che dispone che nel procedimento di diniego o  revoca del permesso di soggiorno dei cittadini extracomunitari si debbano valutare gli elementi sopraggiunti, si riferisce all’ipotesi, di portata limitata, di completamento di una fattispecie di carenza originaria di un titolo di natura non irrimediabilmente illegale. Viceversa, la norma non può esser invocata dallo straniero al quale sia stata comminata una condanna penale, in quanto questa circostanza rappresenta una causa ostativa al predetto rilascio.
 
6. A sensi dell’art.21-octies della legge 7.8.1990, n.241, è legittimo il provvedimento adottato in assenza del preavviso di diniego di cui all’art.10-bisdella predetta legge allorchè debba rilevarsi che il provvedimento non avrebbe potuto esser diverso da quello assunto dalla p.A. (fattispecie di espulsione automatica di cittadino extracomunitario al quale sia stata comminata una condanna penale per violazione del diritto d’autore). 

N. 00441/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00187/2013 REG.RIC.
N. 01490/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 187 del 2013, proposto da: 
Modou Ndiaye, rappresentato e difeso dall’avv. Uljana Gazidede, con domicilio eletto presso Uljana Gazidede in Bari, via Calefati, 269; 

contro
Ministero dell’Interno, Questura di Bari, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97; 



sul ricorso numero di registro generale 1490 del 2013, proposto da: 
Modou Ndiaye, rappresentato e difeso dall’avv. Uljana Gazidede, con domicilio eletto presso Uljana Gazidede in Bari, corso Mazzini N. 83; 

contro
Questura di Bari, Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97; 

per l’annullamento
quanto al ricorso n. 187 del 2013:
– del provvedimento, Cat. A.11/2012/Imm. N. 38/P.S, del Questore di Bari, adottato il 5.10.2012 e notificato il 2 12.2012, con cui è stato rifiutato al ricorrente il rinnovo del permesso di soggiorno richiesto per motivi di lavoro autonomo;
-di ogni altro atto ad esso presupposto, connesso e consequenziale..
quanto al ricorso n. 1490 del 2013:
– del provvedimento, Cat. A.11/2013/Imm. n.53/P.S., del Questore di Bari adottato il 13.09.2013, con cui è stato confermato il provvedimento Cat. A.11/2012/Imm. n.38/P.S. e, conseguentemente rifiutato al ricorrente il rinnovo del permesso di soggiorno richiesto per motivi di lavoro subordinato;
– nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale a quello impugnato;.
 

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno e di Questura di Bari e di Questura di Bari e di Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2014 il dott. Sergio Conti e uditi per le parti i difensori Uljana Gazidede Uljana Gazidede;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Con ricorso notificato il 31.1.2013 e depositato l’8.2.2013 (rubricato al n. 187 del r.g.r. del 2013), il cittadino extracomunitario Modou Ndiaye impugna il decreto del Questore di Bari, adottato il 5.10.2012 e notificato il 2 12.2012, con cui gli è stato rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno, richiesto per motivi di lavoro autonomo, in quanto è risultato condannato per un reato di cui all’art. 26 comma 7 bis del D.lgs.n. 286/98.
Il ricorrente articola le seguenti doglianze:
1) Violazione dell’art. 5 commi 5 e 9 del D.lgs. n. 286/98.Violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/90. Violazione e falsa applicazione dell’art. 26 c. 7bis del D.lgs.n. 286/98.
2) Violazione dell’art. 1, comma 1, della L. n. 241/90 per lesione del principio del legittimo affidamento.
3) Illegittimità  dell’art. 26 comma 7 del D.lgs.n. 286/98 anche alla luce della sentenza n. 172/2012 della Corte cost.
In data 9.2.2013, si è costituita in giudizio- per l’Amministrazione intimata – l’Avvocatura distrettuale dello Stato, riservandosi la successiva produzione di memorie e documenti.
In data 20.2.2013 l’Avvocatura distrettuale ha depositato la relazione in data 24.10.2013 della Questura di Bari.
Alla camera di consiglio del 21/2/2013 la Sezione ha accolto (ord. N. 123/13) l’istanza cautelare così motivando: “la condanna per delitti in materia di c.d. “tutela del diritto d’autore”, quale automatico ed assoluto dato preclusivo della possibilità  per lo straniero di ottenere o rinnovare il titolo abilitativo della propria presenza in Italia (ex art. 26 comma 7 bis del d.lgs. n. 286 del 1998) non si attaglia anche all’ipotesi in cui lo straniero abbia richiesto il titolo motivato dal rapporto di lavoro subordinato (e non, come dispone la normativa, autonomo), e vi sia stata carenza di valutazioni in ordine alla pericolosità  del medesimo;” soggiungendo che”ad un primo esame sommario proprio della fase cautelare, emergono profili che inducono a ritenere fondato il ricorso, tenuto conto in particolare che l’atto impugnato si appalesa illegittimo in quanto non risulta inviato il preavviso di rigetto che avrebbe consentito al ricorrente di poter proporre la domanda di rinnovo ad altro titolo, ad esempio per lavoro subordinato;”.
Successivamente la Questura di Bari, con provvedimento in data 13.9.2013, ha riesaminato l’istanza di rinnovo del permesso- sulla base della ulteriore documentazione presentata dal ricorrente con richiesta di rilascio di permesso per motivi di lavoro subordinato- ed ha emesso il decreto Cat. A.11/2012/Imm. n.38/P.S., con cui è stato confermato il provvedimento e, conseguentemente rifiutato al ricorrente il rinnovo del permesso di soggiorno;
Con atto notificato il 18.11.2013 e depositato il 20.11.2013 (rubricato al n. 1497 del r.g.r. del 2013), il Modou Ndiaye ha impugnato anche tale atto, deducendo:
1) Violazione di legge: violazione dell’art. 21 octies comma 1 della L. n. 241/90.
2) Violazione di legge: violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/90. Violazione e mancata applicazione dell’art. 5, commi 5 e 9, del D.Lgs. 286/98.
In data 27.11.2013, si è costituita in giudizio- per l’Amministrazione intimata – l’Avvocatura distrettuale dello Stato, che il 12.12.2013 ha depositato la relazione in data 24.10.2013 della Questura di Bari
Alla c.c. del 17.12.2013 la Sezione (ord. n. 721/13) ha accolto l’istanza cautelare, fissando per la discussione di merito l’udienza del 19.3.2014.
In vista della pubblica udienza l’Avvocatura dello Stato ha effettuato, in data 9.1.2014 e 25.1.2014, il deposito di ulteriori relazioni della Questura con relativa documentazione.
Alla pubblica udienza del 19.3.2014 entrambi i ricorsi sono stati trattenuti per la decisione.
DIRITTO
Preliminarmente il Collegio procede alla riunione dei ricorsi in epigrafe che, per la stretta connessione soggettiva ed oggettiva fra essi sussistente, possono essere decisi con un’unica sentenza.
Con il primo ricorso (rubricato al n. 187 del r.g.r. del 2013) è impugnato il provvedimento di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, che è stato motivato dalla Questura con il rilievo che il cittadino extracomunitario odierno ricorrente era risultato condannato per reato di cui all’art. 26 comma 7 bis del D.lgs.n. 286/98.
Con il secondo ricorso (rubricato al n. 1497 del r.g.r. del 2013) viene invece gravato il provvedimento di conferma del diniego emesso dalla Questura a seguito di riesame dell’istanza posta in essere dopo l’accoglimento dell’istanza cautelare nel ricorso 187/13.
In punto di fatto, va premesso che
– il Modou Ndiaye – dopo avere ottenuto, in data 1.8.2003, un primo permesso di soggiorno per lavoro subordinato – ha ottenuto successivi plurimi rinnovi dal 22.10.2004 al 26.4.2011 per lavoro autonomo;
– il predetto cittadino extracomunitario in data 29 maggio 2012 richiedeva il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo;
– il Questore di Bari, con atto del 5 ottobre 2012, rifiutava il rinnovo in quanto aveva rilevato che il richiedente risultava condannato (con la sentenza n. 312, in data 29 settembre 2010, emessa dal Tribunale di Trani- sezione distaccata di Andria) per uno dei reati di cui all’articolo 26 comma 7 bis del D. lgs. n. 286/98;
– successivamente all’accoglimento dell’istanza cautelare (ord. n. 123/13 nel ric. n. 187/13) , il Modou Ndiaye ha presentato alla Questura, in data 29 marzo 2013, nuova istanza di rinnovo del permesso per motivi di lavoro subordinato, in relazione al rapporto di lavoro iniziato in data 27 marzo 2013;
– la Questura, con il provvedimento del 13.9.2013, ha riesaminato l’istanza di rinnovo del permesso anche alla luce della nuova documentazione prodotta, ed ha confermato il precedente decreto di diniego conseguentemente rifiutando al ricorrente il rinnovo del permesso di soggiorno;
I ricorsi non risultano fondati.
Le doglianze svolte nel primo ricorso muovono dalla contestazione della mancata comunicazione del c.d. preavviso di diniego ex art. 10 bis della L 241/90, affermando che – ove questo vi fosse stato – il destinatario avrebbe potuto chiedere di usufruire della sanatoria per l’anno 2012 ovvero richiedere un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, prospettando inoltre l’illegittimità , alla luce della sentenza della Corte cost. n. 172/2012, dell’art. 26 comma 7 bis del D.lgs.n. 286/98.
Con il secondo ricorso vengono reiterate le suddette doglianze nei confronti del provvedimento di conferma, soggiungendosi una censura di incompetenza a provvedere della Questura di Bari, dato che il rapporto di lavoro subordinato asseritamente instaurato era relativo alla provincia di Brindisi.
Le esposte doglianze non possono essere confermate, sicchè il Collegio ritiene di non poter condividere il diverso orientamento espresso nell’ord. cautelare n. 123/13.
Sotto un primo profilo, va osservato che le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 172 del 2012 non sono rilevanti nella fattispecie in esame. Invero, il principio ivi affermato dal Giudice delle leggi – nel dichiarare costituzionalmente illegittimo, in riferimento all’art. 3 Cost., l’art. 1 ter comma 13 lett. c) d.l. 1 luglio 2009 n. 78, introdotto dalla legge di conversione n. 102 del 2009, nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto dell’istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla pronuncia nei suoi confronti di una sentenza di condanna per uno dei reati per i quali l’art. 381 c.p.p. permette l’arresto facoltativo in flagranza, senza prevedere che la p.a. provveda ad accertare che il medesimo rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato – trova giustificazione nel fatto che, per stessa puntualizzazione della Corte, concerne una fattispecie del tutto peculiare, posto che la regolarizzazione introdotta dalla norma sopra citata << riguarda i soli stranieri extracomunitari i quali, da un tempo ritenuto dal legislatore apprezzabile, svolgevano, sia pure in una situazione di irregolarità , attività  di assistenza in favore del datore di lavoro o di componenti della famiglia del predetto, ancorchè non conviventi, affetti da patologie o disabilità  che ne limitano l’autosufficienza, ovvero attività  di lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare. Sono queste, infatti, attività  che per il loro contenuto e per la circostanza di essere svolte all’interno di una famiglia, da un canto, agevolano l’accertamento dell’effettiva pericolosità  dello straniero; e, dall’altro, evidenziano che l’automatismo, nel caso di assistenza in favore di quanti sono affetti da patologie o disabilità  che ne limitano l’autosufficienza, rischia di pregiudicare irragionevolmente gli interessi di questi ultimi>>.
Passando ad esaminare la normativa che si assume violata, va ricordato, in via generale, che l’art. 5, comma 5, del D.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 stabilisce che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, “quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato…”. Come ha chiarito la giurisprudenza, tale disciplina si giustifica in quanto l’interesse degli stranieri a soggiornare nel territorio dello Stato non può essere soddisfatto in maniera incondizionata: in materia vengono in rilievo interessi pubblici di primaria importanza che si oppongono a tale incondizionato riconoscimento; interessi connessi alle esigenze di garanzia di un ordinato flusso migratorio e di garanzia dell’ordine e della sicurezza pubblica (cfr. Cons. St., Sez. VI, 21.4.2008 n. 415). Va peraltro osservato che, già  a livello costituzionale, si è tenuto conto di tali rilevanti interessi pubblici, posto che, con riferimento al diritto alla libera circolazione, la situazione degli stranieri non è uguale a quella dei cittadini: per questi ultimi tale libertà  trova un riconoscimento quasi incondizionato dall’art. 16 della Costituzione; per i primi vale invece l’art. 10, comma secondo, della Costituzione che demanda alle leggi la regolamentazione della loro condizione giuridica in conformità  delle norme e dei trattati internazionali (cfr. Corte Cost. 16.5.2008 n. 148). Non può essere posta in dubbio, infatti, la discrezionalità  del legislatore nel valutare le esigenze di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini, in rapporto a fenomeni di vasta portata che, in un determinato momento storico, possono porre problematiche eccezionali: l’ampiezza del fenomeno migratorio, la registrata crescita di condotte devianti, con conseguente allarme sociale e l’oggettiva difficoltà  di controllo capillare del territorio possono, dunque, porre su una base di ragionevolezza (nei limiti rilevanti sotto il profilo in esame), anche disposizioni molto rigide, che vedano preclusa la permanenza sul territorio nazionale di chi sia stato condannato per determinati reati, nella consapevolezza della impossibilità  di compiere accertamenti approfonditi sulla pericolosità  sociale dei singoli.
àˆ dunque necessario, affinchè lo straniero possa legittimante soggiornare nel territorio dello Stato che questi possegga i requisiti prescritti dalla vigente normativa.
Va inoltre ricordato che mentre il primo periodo del comma 5 dell’art.5 del T.U. del 1998 è rimasto invariato dalla data di entrata in vigore del T.U., per converso l’art.26 c.7 bis dello stesso Testo, – che prevede che la condanna per uno dei reati commessi dal ricorrente comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l’espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica – è stato introdotto per effetto della legge n.189 del 2002, venendo a configurare come ostativa alla permanenza dello straniero soggiornante per lavoro autonomo nel territorio nazionale la condanna con provvedimento irrevocabile per uno dei reati ivi previsti.
Al riguardo va osservato che:
– la norma in parola, dettata testualmente in relazione alla revoca del permesso di soggiorno, è a maggior ragione applicabile in occasione del rinnovo del permesso di soggiorno scaduto, non essendo ragionevole che l’anzidetta causa ostativa possa agire nel corso di validità  del permesso e non anche in siffatta occasione, dovendosi d’altra parte escludere per evidenti ragioni di logica, oltrechè di economicità  dell’azione amministrativa, che il permesso debba prima essere rilasciato per poi essere immediatamente revocato;
– non sussistono criticità  di ordine costituzionale, non essendo ravvisabili profili di irrazionalità  e disparità  di trattamento, tenuto conto dell’ampia discrezionalità  del legislatore di individuare il livello di gravità  ed il ventaglio delle situazioni in contrasto con i valori tutelati, nei quali rientra certamente la proprietà  industriale e l’uso di marchi o altri segni distintivi, se non altro stanti i vantaggi che trae l’economia nazionale dalla produzione e commercio dei relativi prodotti, proprio in quanto differenziati da detti marchi e segni – nonchè il pericolo di ritorsioni commerciali ad opera di paesi stranieri che si ritengano danneggiati dal commercio abusivo praticato in Italia; di qui la sicura rilevanza dei reati di cui trattasi anche sotto l’aspetto dell’allarme sociale, senza che assuma significato in senso contrario la circostanza che gli acquirenti siano consapevoli della non originalità  dei prodotti, in quanto il bene tutelato non è la buona fede dell’acquirente.
Ne segue che in tema di rinnovo del permesso di soggiorno, deve ritenersi operante un meccanismo di automatismo espulsivo, di cui all’art. 26, comma 7 bis, del d.lgs. 286/1998, così come modificato dalla L. n. 189/2002, nel caso di condanne per reati in materia di diritto d’autore, atteso che è la stessa citata disposizione a prevedere che l’Amministrazione è tenuta a negare il permesso di soggiorno senza compiere valutazioni sulla pericolosità  sociale del soggetto. Siffatto automatismo espulsivo è applicabile solo ai reati commessi dopo la sua entrata in vigore. V’è inoltre da aggiungere che l’effetto automaticamente ostativo al rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno può conoscere attenuazioni in base alle norme vigenti, come affermato dalla giurisprudenza maggioritaria del Cons. St. ( cfr. n.6140, 5189 del 2012; n. 6038 del 2011), solo nel caso disciplinato dall’art. 5, comma 5, del t.u. n. 286 del 1998, come modificato dal decreto legislativo n. 5/2007 (si tratta della norma che ha introdotto il secondo periodo del comma 5 dell’art.5 del T.U.). Infatti, “nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività  dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonchè, per lo straniero già  presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”.In presenza di tali condizioni, insussistenti nel caso di specie, i reati che sono considerati normalmente ostativi costituiscono elementi che possono giustificare il diniego del permesso di soggiorno, ma solo all’esito di una valutazione discrezionale che deve metterli in comparazione con l’interesse all’unità  del nucleo familiare e con gli altri elementi indicati dalla norma.
Ne segue che la condotta dello straniero che, nello svolgimento di lavoro autonomo, con contraffazione, alterazione o indebito uso di marchi o di segni distintivi dei prodotti violi le regole poste a tutela dei diritti di proprietà  industriale, in danno del libero dispiegarsi dell’iniziativa economica degli altri soggetti che operano nel settore interessato, è considerata, a livello normativo, di per sè riprovevole ed ostativa alla permanenza in Italia, con la conseguenza che, in presenza di sanzione in sede penale, il provvedimento del Questore, recante diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per lo svolgimento di lavoro autonomo, non deve essere assistito da ulteriore motivazione in ordine agli estremi di pericolosità  sociale.(cfr. Cons. St. n.1784 del 2012; n.4008 del 2011; n.9078 del 2010; in primo grado, ex multis, Tar Milano n.2436 del 2013).
Quanto poi all’inciso “sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità  amministrative sanabili”, recato dal detto art. 5, co. 5 e cui si richiama la difesa del ricorrente, esso si riferisce all’ipotesi che lo straniero non potesse originariamente conseguire il permesso in quanto carente di titolo, e non anche alla diversa ipotesi (che è quella del caso in esame) in cui il rilascio (o il rinnovo) del permesso sia impedito da una specifica causa ostativa quale una pregressa condanna penale – a meno che la sopravvenienza non consista proprio nel venir meno di quella causa ostativa (cfr. Cons. St. n.4008 del 2011).
Altrimenti detto, i nuovi elementi sopraggiunti di cui all’art. 5 comma 5, d.lg. n. 286 del 1998, legittimanti il rilascio del permesso di soggiorno, possono individuarsi solo in circoscritte circostanze originariamente manchevoli, di esclusivo completamento di una fattispecie non irrimediabilmente illegale, e ciò anche per evitare, come è stato osservato, che un’estensiva interpretazione della formula si presti a divenire una sorta di “moltiplicatore implicito” di regolarizzazione degli stranieri, laddove il legislatore, quando abbia inteso sanare, ha eccezionalmente posto in essere tale intento con provvedimenti legislativi specifici e limitati nelle tipologie e nei tempi.
Con riguardo all’evidenziata mancata emissione del preavviso di rigetto, deve osservarsi che l’art. 10 bis, l. n. 241 del 1990 deve essere letto in combinato disposto con l’art. 21 octies della medesima legge; conseguentemente in ipotesi di atto vincolato, la censura di mancata comunicazione di preavviso di rigetto non inficia la legittimità  del provvedimento in applicazione dell’art. 21 octies comma 2, primo periodo, l. n. 241 del 1990, in quanto il contenuto dispositivo del provvedimento oggetto di gravame non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (cfr. ex multis TAR Bari Sez. III 1.8.2013 n. 1225; T.A.R. Catania Sez. IV 08 giugno 2009 n. 1065 ).
Le considerazioni sopra svolte valgono anche per l’atto di conferma oggetto del secondo gravame, in ordine al quale deve solo rilevarsi che non sussiste la divisata incompetenza, dato che non si è trattato di una disamina ex novo di una nuova domanda, ma dell’esecuzione da parte della Questura di quanto richiesto (il riesame) in sede di statuizione cautelare (ord. N. 123/13).
Sussistono giusti motivi – anche in relazione alle differenti conclusioni raggiunte in fase cautelare – per compensare le spese del giudizio.
Il ricorrente va definitivamente ammesso, non risultando i ricorsi manifestamente infondati, al gratuito patrocinio per entrambi i gravami.
Può quindi procedersi, per ragioni d’economia processuale, alla liquidazione del compenso spettante al difensore d’ufficio, ai sensi dell’art. 82, d.P.R. n. 115/2002 – che rimette all’autorità  giudiziaria la liquidazione dell’onorario e delle spese al difensore nei limiti dei “valori medi delle tariffe professionali vigenti”, tenuto conto dell'”impegno professionale”- e dell’art. 130, d.P.R. n. 115/2002 – che in relazione al gratuito patrocinio nel processo amministrativo dimezza i compensi spettanti ai difensori- liquidando, in relazione alla natura della controversia e all’impegno professionale richiesto – la complessiva somma di € 1000,00 a titolo di onorari, diritti e spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, previa riunione degli stessi, li respinge.
Spese compensate.
Ammette definitivamente il ricorrente al gratuito patrocinio e liquida, a tale titolo, al difensore la complessiva la somma di euro 1.000,00 per onorari, diritti e spese relativi al presente grado di giudizio, oltre I.V.A. e C.A.P. dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente, Estensore
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario
 
 
 
 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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