1. Pubblica sicurezza – Informativa prefettizia antimafia – Finalità  – Valutazione discrezionale – Sindacabilità  – Limiti – Onere motivazionale


2. Pubblica sicurezza – Informativa prefettizia antimafia – 
Cointeressenza con soggetto contiguo alla criminalità  organizzata – Possibile ingerenza dell’attività  criminale nell’attività  d’impresa – Esame unitario dei dati raccolti – Motivazione insufficiente – Non sussiste


3. Pubblica sicurezza – Informativa prefettizia antimafia – Libertà  d’impresa e tutela dell’ordine pubblico – Bilanciamento interessi – Elementi sintomatici – Valutazione di efficienza causale


4. Pubblica sicurezza – Informativa prefettizia antimafia – Carenza di attualità  dei dati esaminati – Motivazione aggravata – Fattispecie

1. L’informativa prefettizia in merito alla sussistenza di tentativi d’infiltrazione mafiosa – idonea a determinare l’esclusione dell’imprenditore dalla stipula di contatti che presuppongono partecipazione di un soggetto pubblico e utilizzo di risorse della collettività  – è ispirata alla logica di massima anticipazione dell’azione di prevenzione e, pertanto, prescinde dall’accertamento di singole responsabilità  penali dei soggetti e costituisce espressione di ampia discrezionalità  non suscettibile di sindacato di merito, in assenza di elementi idonei ad evidenziare profili di deficienza motivazionale, illogicità  e travisamento. à‰ sufficiente, dunque, la concomitanza di un quadro di oggettiva rilevanza dal quale desumere, secondo giudizio probabilistico o secondo comune esperienza, l’effettiva possibilità  che sussista o possa sussistere un’attuale ingerenza delle organizzazioni mafiose negli affari.


2. La compresenza, nel C.d.A. di altra società , del legale rappresentante dell’impresa sottoposta a monitoraggio prefettizio e di soggetto contiguo alla criminalità  organizzata, in mancanza di adeguata motivazione alla luce degli elementi acquisiti nell’istruttoria,  non costituisce di per sè elemento di oggettiva significatività , sufficiente a corroborare il giudizio di possibilità  che l’attività  imprenditoriale possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività  criminali o esserne in qualche modo condizionata.


3. Nel prudente bilanciamento fra la libertà  d’iniziativa dell’impresa e la concorrente tutela delle condizioni di sicurezza e di ordine pubblico, cui è diretta la normativa di prevenzione antimafia, gli elementi sintomatici e indiziari che emergano nella fase istruttoria devono quantomeno configurarsi idonei, nella loro emergenza e oggettiva potenzialità , ad indurre con efficienza causale e con carattere di attualità  la situazione di condizionamento, da parte della criminalità  organizzata, dell’impresa sottoposta a monitoraggio.


4. La mancanza di attualità  degli elementi valutati nell’informativa antimafia  impone a carico del Prefetto una motivata esternazione in merito all’idoneità  di quei fatti a introdurre sul piano dell’efficienza causale e dell’attualità , le condizioni di un tentativo di infiltrazione mafiosa, cui far seguire la misura impeditiva del rapporto contrattuale con la p.A. (Nel caso di specie, la valutazione rimessa all’Autorità  prefettizia non è risultata congruamente effettuata nè adeguatamente motivata alla luce del corredo istruttorio).

N. 00245/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00445/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 445 del 2013, proposto da: 
Sofer Carpenterie S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Antonio Magliocca, Rita Ricciardi e Paolo Francesco Ambroselli, con domicilio eletto presso l’avv. Amedeo Bottaro in Bari, via Niccolò Piccinni n. 76; 

contro
Ministero dell’Interno, Prefettura – U.T.G. di Foggia, Prefettura – U.T.G. di Teramo, Prefettura – U.T.G. di Bari, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, n. 97; 

nei confronti di
Consorzio Stabile T&T, Rabbiosi S.p.a.; 

per l’annullamento
previa sospensiva
1) della nota prot. n. 21 del 12 marzo 2013, con la quale la Rabbiosi S.p.A., in relazione ai lavori di raddoppio della linea Caserta-Foggia, dispone la risoluzione di tutti i contratti in essere con la ricorrente;
2) della nota prot. n. 15 del 12 marzo 2013, con la quale il Consorzio Stabile T&T ha invitato la Rabbiosi S.p.a. ad adottare i provvedimenti necessari alla immediata risoluzione dei contratti in essere con la ricorrente, per effetto della informativa antimafia interdittiva adottata dalla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Foggia il 18 febbraio 2013;
3) della informativa antimafia interdittiva prot. n. 274/12 – B7/Area I, adottata il 18 febbraio 2013 dalla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Foggia;
4) della nota prot. n. 2606/Area I del 21 gennaio 2013, con la quale la Prefettura di Teramo ha riferito alla Prefettura di Foggia sul conto della ricorrente;
5) di ogni altro atto investigativo compiuto dalle Forze dell’Ordine in merito alla società  Sofer Carpenterie s.r.l., di estremi e contenuto ignoti;
6) di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente per quanto lesivo della posizione giuridica della ricorrente;
nonchè per il risarcimento di tutti i danni connessi, subiti, subendi e conseguenti.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, della Prefettura – U.T.G. di Foggia e della Prefettura – U.T.G. di Teramo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 novembre 2013 il dott. Oscar Marongiu e uditi per le parti i difensori, avv. Amedeo Bottaro, su delega dell’avv. Antonio Maglionico, e avv. dello Stato Grazia Matteo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
La ricorrente, società  Sofer Carpenterie S.r.l., nell’ambito dei lavori indetti dalla Rete Ferroviaria Italiana – R.F.I. S.p.a. per il raddoppio della linea ferroviaria Caserta-Foggia, ha stipulato in data I marzo 2012 un contratto con la Rabbiosi S.p.a. – impresa esecutrice e socia consorziata del Consorzio Stabile T & T – per la fornitura di ferro sagomato per cemento armato e ferro lavorato in gabbie per pali.
Il Consorzio Stabile T & T, sulla base di un apposito protocollo di legalità  stipulato con R.F.I. S.p.a. e con la Prefettura – U.T.G. di Foggia, ha quindi chiesto a quest’ultima informazioni antimafia sul conto della ricorrente.
Con nota del 3 aprile 2012 la Prefettura – U.T.G. di Foggia ha richiesto alla Prefettura – U.T.G. di Teramo, nel cui territorio la Sofer Carpenterie S.r.l. ha sede, le informazioni ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 252/98 ed eventuali elementi di interesse ai sensi dell’art. 1 – septies del D. L. n. 629/82.
Sulla base delle informazioni trasmesse, il 21 gennaio 2013, dalla Prefettura – U.T.G. di Teramo, il Prefetto di Foggia ha emesso informativa antimafia interdittiva ai sensi dell’art. 91 del D. Lgs. n. 159/2011 (cd. Codice antimafia) nei confronti della ricorrente.
In particolare, il Prefetto di Foggia ha ritenuto “sussistente il pericolo di infiltrazioni mafiose tendenti a condizionare l’attività  imprenditoriale della ditta Sofer Carpenterie S.r.l.” rinvenendo “nella fattispecie in esame un quadro articolato di cointeressenze tra i vertici del gruppo Italfer, che comprende anche la società  Sofer Carpenterie S.r.l. ed altra società  già  oggetto di interdittive antimafia [Straferro Costruzioni S.r.l., facente parte del gruppo Straferro], attesa la rilevante presenza nelle due società  del Sig. G. L., Amministratore Unico della Sofer Carpenterie S.r.l., già  consigliere della società  Colverde S.r.l. che, sulla base delle indagini svolte, costituisce anello di congiunzione tra i gruppi Straferro e Italfer”.
A seguito dell’adozione dell’interdittiva antimafia prefettizia la Rabbiosi S.p.a. ha disposto la risoluzione di tutti i contratti in essere con la ricorrente.
Quest’ultima, pertanto, impugna i provvedimenti in epigrafe con due motivi di ricorso, deducendo in particolare l’illegittimità  della nota della Prefettura di Teramo e dell’informativa emessa dalla Prefettura di Foggia.
Secondo la ricostruzione della ricorrente i fatti e le situazioni indizianti presi in considerazione dal Prefetto di Teramo e, quindi, dal Prefetto di Foggia non sarebbero riferibili alla Sofer Carpenterie S.r.l. e ai suoi amministratori. Le valutazioni che hanno condotto all’interdittiva antimafia sarebbero dunque infondate, viziate da eccesso di potere per travisamento, deficit istruttorio, motivazione apparente, sviamento ed arbitrarietà , abnormità  ed illogicità  manifesta.
Nella prospettazione di parte ricorrente, inoltre, la Prefettura di Foggia avrebbe emesso un’informativa interdittiva tipica sulla base di un’informativa c.d. “atipica” rilasciata dalla Prefettura di Teramo, in contrasto, ratione temporis, con le disposizioni del Codice antimafia, nella parte in cui ha abrogato l’art. 10, comma 9, del D.P.R. n. 252/98, che a sua volta importava nel sistema le informative c.d. “atipiche” ex art. 1 – septies del D. L. n. 629/82.
Si sono costituiti il Ministero dell’Interno, la Prefettura – U.T.G. di Teramo e la Prefettura – U.T.G. di Foggia, chiedendo il rigetto del ricorso.
Alla camera di consiglio del giorno 23 aprile 2013 il Collegio ha disposto incombenti istruttori, chiedendo all’Amministrazione una relazione corredata di ulteriori atti comprovanti in modo più puntuale le ragioni poste a fondamento dell’adozione dell’atto impugnato.
Alla successiva camera di consiglio del 30 maggio 2013 la Sezione, con ordinanza n. 293/2013, ha sospeso i provvedimenti gravati, ritenendo, “nei limiti della sommaria cognizione propria della fase cautelare, che paiono sussistere i presupposti per l’accoglimento dell’istanza cautelare:
a) con riguardo al fumus, sotto il profilo della non evidente univocità  ed oggettiva significatività  degli elementi raccolti nei confronti della ricorrente;
b) con riguardo al periculum, in considerazione della gravità  degli effetti, non solo patrimoniali, derivanti dagli atti impugnati”.
Avverso l’ordinanza n. 293/2013 l’Amministrazione ha proposto appello, respinto dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 3596/2013.
All’udienza pubblica del giorno 14 novembre la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
1. L’informativa antimafia emessa dal Prefetto di Foggia si fonda, come già  evidenziato nella ricostruzione in fatto, sulla ritenuta sussistenza del pericolo di infiltrazioni mafiose tendenti a condizionare l’attività  imprenditoriale della ricorrente.
Lo stesso provvedimento interdittivo costituisce l’esito di un percorso istruttorio nel quale ha svolto un ruolo determinante, secondo quanto emerge dagli atti di causa, l’apporto informativo proveniente dalla Prefettura di Teramo, la cui nota risulta peraltro quasi integralmente trascritta nell’informativa del Prefetto di Foggia.
2. Orbene, con la prima censura la ricorrente deduce l’infondatezza e l’illegittimità  tanto della nota del Prefetto di Teramo quanto dell’informativa del Prefetto di Foggia.
2.1. La prima, che la ricorrente qualifica come informativa atipica, sarebbe viziata in quanto baserebbe il presunto pericolo di condizionamento interamente sul presupposto degli asseriti ed indimostrati legami del sig. L. G., amministratore della società  ricorrente (immune da qualsiasi procedimento e/o provvedimento giudiziario rilevanti ai fini antimafia) con un soggetto terzo, G. S. (nemmeno indagato per le ipotesi di criminalità  organizzata), il quale, a sua volta, intratterrebbe rapporti con elementi appartenenti ad organizzazioni criminali.
2.2. L’informativa interdittiva emessa dal Prefetto di Foggia, d’altro canto, sarebbe illegittima in quanto, seppur resa sulla scorta del quadro meramente indiziario raccolto dalla Prefettura di Teramo, se ne sarebbe tuttavia ampiamente discostata nelle conclusioni in mancanza di alcuna ulteriore istruttoria.
2.3. Il motivo merita accoglimento, per ragioni già  parzialmente anticipate nella fase cautelare, che di seguito si preciseranno ulteriormente.
3. Atteso, tuttavia, che la controversia in argomento verte sulla natura e sull’efficacia delle informative antimafia, pare utile richiamare qui di seguito il quadro normativo di riferimento ed il prevalente orientamento giurisprudenziale formatosi al riguardo, con particolare riferimento agli aspetti che verranno trattati nel prosieguo.
Il quadro normativo di riferimento.
3.1. La materia è oggi disciplinata dalle previsioni contenute nel D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (c.d. “Codice antimafia”), emanato sulla base della delega contenuta nella L. 13 agosto 2010, n. 136 recante “Piano straordinario contro le mafie, nonchè delega al Governo in materia di normativa antimafia”.
I contributi informativi offerti in subiecta materia dalle Prefetture – U.T.G., che in precedenza trovavano fondamento nel quadro normativo delineato dal D. Lgs. n. 490/94 e dal D.P.R. n. 252/98 (oggi abrogati dal Codice antimafia), vanno collocati nel più ampio contesto delle iniziative di prevenzione delle infiltrazioni mafiose nel tessuto economico-sociale, già  di competenza del cessato ufficio dell’Alto Commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa e successivamente delegate in via permanente ai Prefetti delle Province.
L’intento del legislatore è stato quello di accostare alle misure di prevenzione antimafia un altro significativo strumento di contrasto della criminalità  organizzata, consistente nell’esclusione dell’imprenditore, che sia sospettato di legami o condizionamento da infiltrazioni mafiose, dal mercato dei pubblici appalti e, più in generale, dalla stipula di tutti quei contratti che presuppongono la partecipazione di un soggetto pubblico e l’utilizzo di risorse della collettività .
Questo tipo di cautela nasce dalla consapevolezza che proprio nel settore degli appalti pubblici si è registrata una pesante ingerenza delle associazioni mafiose, le quali, grazie alla consolidata capacità  di penetrare nelle strutture istituzionali ed imprenditoriali della società  civile, hanno utilizzato la contrattazione pubblica come sede di sviluppo dei propri affari ed interessi economici. La pericolosità  del “patrimonio mafioso” si è specificata nella pericolosità  dell’impresa mafiosa, o comunque condizionata da infiltrazioni e cointeressenze criminali, suggerendo un’azione preventiva che valga ad estromettere in via definitiva le associazioni a delinquere da un intero settore della vita economica del paese (C.d.S., Sez. V, n. 5710/2000).
3.2. L’entrata in vigore del Codice antimafia, nella parte relativa alla documentazione antimafia, originariamente rinviata, ai sensi dell’art. 119, comma 1, al decorso di “24 mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del regolamento ovvero, quando più di uno, dell’ultimo dei regolamenti” concernenti le modalità  di funzionamento della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, è stata anticipata al 13 febbraio 2013, per effetto delle modifiche apportate al Codice antimafia dal D. Lgs. 15 novembre 2012, n. 218.
Le informazioni prefettizie antimafia prima del D. Lgs. n. 159/2011.
3.3. In precedenza, com’è noto, le cc.dd. informazioni prefettizie antimafia potevano essere ricondotte alle seguenti tre tipologie: a) quelle ricognitive di cause di per sè interdittive, di cui all’art. 4, comma 4, del D. Lgs. n. 490/1994; b) quelle relative ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, la cui efficacia interdittiva discende da una valutazione del Prefetto; c) quelle supplementari (o atipiche), la cui efficacia interdittiva scaturisce da una valutazione autonoma e discrezionale dell’Amministrazione destinataria dell’informativa, previste dall’art. 1 – septies del D. L. n. 629/1982.
La documentazione antimafia nel cd. Codice antimafia (D. Lgs. n. 159/2011).
3.4. Nel nuovo quadro ordinamentale disegnato dal D. Lgs. n. 159/2011 (in particolare al Capo II, intitolato “Documentazione antimafia”, artt. 84 ss.), nell’ambito della documentazione antimafia occorre distinguere tra la comunicazione antimafia e l’informazione antimafia.
Invero, ai sensi dell’art. 84, comma 2, “La comunicazione antimafia consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67”, conseguenti ad un provvedimento definitivo di applicazione della misura di prevenzione o di condanna con sentenza definitiva o, ancorchè non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
L’informazione antimafia, invece, ai sensi del comma 3, “consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67, nonchè, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 91, comma 6, nell’attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società  o imprese interessate indicati nel comma 4”.
Le fonti dalle quali desumere le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva sono indicate al comma 4 e, tra queste, rilevano in particolare, ai fini della vicenda in esame, gli accertamenti di cui alla lett. d), “disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell’interno ai sensi del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, ovvero di quelli di cui all’articolo 93 del presente decreto” e gli accertamenti di cui alla lett. e), “da effettuarsi in altra provincia a cura dei prefetti competenti su richiesta del prefetto procedente ai sensi della lettera d)”.
Vengono in rilievo, inoltre, le disposizioni contenute nei commi 5 e 6 dell’art. 91, che di seguito si riportano:
“5. Il prefetto competente estende gli accertamenti pure ai soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa. Per le imprese costituite all’estero e prive di sede secondaria nel territorio dello Stato, il prefetto svolge accertamenti nei riguardi delle persone fisiche che esercitano poteri di amministrazione, di rappresentanza o di direzione. A tal fine, il prefetto verifica l’assenza delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto, di cui all’articolo 67, e accerta se risultano elementi dai quali sia possibile desumere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, anche attraverso i collegamenti informatici di cui all’articolo 98, comma 3. Il prefetto, anche sulla documentata richiesta dell’interessato, aggiorna l’esito dell’informazione al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa.
6. Il prefetto può, altresì, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa da provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all’attività  delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività  d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività  criminose o esserne in qualche modo condizionata, nonchè dall’accertamento delle violazioni degli obblighi di tracciabilità  dei flussi finanziari di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, commesse con la condizione della reiterazione prevista dall’articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tali casi, entro il termine di cui all’articolo 92, rilascia l’informazione antimafia interdittiva”.
L’informativa prefettizia cd. atipica (o supplementare).
3.5. Ulteriori riflessioni sono necessarie con riguardo a quella che nel vigore della disciplina anteriore al Codice antimafia rappresentava il tertium genusdelle informative prefettizie, ossia la c.d. informativa supplementare o atipica.
Secondo la giurisprudenza (cfr., da ultimo, il quadro ricostruttivo fornito da C.G.A., n. 456/2013), nel nostro ordinamento l’informativa antimafia c.d. atipica (o supplementare), elaborata dalla prassi, trovava il suo fondamento normativo nel combinato disposto dell’art. 10, comma 9, del D.P.R. n. 252/1998 e dell’art. 1 – septies, del D. L. n. 629/1982, convertito con la legge n. 726/1982, nonchè nell’art. 10, comma 7, lett. c), del D.P.R. n. 252/1998, che consentiva al Prefetto di svolgere autonomi accertamenti.
Doveva dunque ritenersi sempre consentito al Prefetto di fornire alle stazioni appaltanti un’informativa atipica. Tuttavia, essa, a differenza di quella c.d. tipica, non aveva carattere (direttamente) interdittivo, ma consentiva alla stazione appaltante l’attivazione di un’autonoma valutazione discrezionale in ordine all’avvio o al prosieguo dei rapporti contrattuali, alla luce dell’idoneità  morale del partecipante alla gara di assumere la posizione di contraente con la P.A. (cfr. C.d.S., Sez. III, n. 5130/2011; Sez. VI, n. 2441/2010; Sez. I, n. 4774/2012).
In altri termini, l’informativa antimafia atipica, ancorchè non fosse priva di effetti nei confronti delle amministrazioni, non ne comprimeva integralmente le capacità  di apprezzamento, con la conseguenza che i provvedimenti di mantenimento o di risoluzione del rapporto dovevano essere comunque il frutto di una scelta motivata della stazione appaltante (sull’attribuzione, alla stazione appaltante destinataria di un’informativa atipica, di spazi valutativi sull’incidenza effettiva degli elementi di apprezzamento forniti dalla Prefettura nella procedura di riferimento, cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 7777/2009; n. 1948/2007; Sez. V, n. 1310/2008).
Orbene, attualmente, per effetto dell’articolo 9, comma 1, lettera b), del D. Lgs. 15 novembre 2012 n. 218, dal 13 febbraio 2013 il D.P.R. n. 252/98 è stato abrogato e, così, le informative atipiche hanno cessato di produrre ulteriori effetti (v. T.A.R. Lazio – Roma, Sez. I, n. 191/2014).
3.6. Nel caso in esame non pare che possano sussistere dubbi sul fatto che l’informativa prefettizia impugnata debba essere ricompresa tra quelle aventi natura “tipica”.
L’informativa del Prefetto di Foggia è stata adottata in data 18.2.2013, quindi successivamente all’entrata in vigore del Codice antimafia, dalle cui disposizioni è disciplinata secondo il principio tempus regit actum.
La nota del Prefetto di Teramo, invece, è stata emessa in data 21.1.2013, ossia anteriormente alla entrata in vigore del Codice antimafia.
Invero, indipendentemente dalla rispettiva data di adozione, nè la nota della Prefettura – U.T.G. di Teramo, nè quella della Prefettura – U.T.G. di Foggia appartengono al novero delle informative prefettizie ccdd. atipiche o supplementari di cui all’art. 1 – septies del D. L. n. 629/82, per le ragioni di seguito esposte.
Come evidenziato nella parte in fatto, la Prefettura di Foggia ha richiesto alla Prefettura di Teramo informazioni ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 252/98 ed eventuali elementi di interesse ai sensi dell’art. 1 – septies del D. L. n. 629/82.
Orbene, le informazioni trasmesse al Prefetto di Foggia dalla Prefettura di Teramo non possono farsi rientrare nella categoria delle informative atipiche, in quanto non già  dirette ad una stazione appaltante cui è rimessa la discrezionale valutazione in ordine all’affidabilità  dell’impresa interessata, ma piuttosto indirizzate, quali elementi informativi, alla Prefettura – U.T.G. competente ad emettere un’informativa tipica di contenuto interdittivo o liberatorio.
Sotto questo profilo nè l’informativa di Teramo, nè quella di Foggia possono ritenersi in contrasto con le disposizioni del Codice antimafia entrate in vigore il 13 febbraio 2013 e, pertanto, deve ritenersi in parte qua infondato il secondo motivo di ricorso.
Il quadro giurisprudenziale.
3.7. Ciò premesso, il Collegio reputa utile un sintetico richiamo ai tratti caratterizzanti l’istituto dell’informativa prefettizia, di cui agli artt. 4 del D. lgs. n. 490/1994 e 10 del D.P.R. n. 252/1998 (ora disciplinato agli artt. 84 ss. del Codice antimafia), come delineati dalla giurisprudenza che si è occupata della materia (cfr. per tutte, C.d.S., Sez. IV, n. 2796/2005 e n. 6187/2003; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, n. 18714/2005, n. 5296/2011):
– si tratta di una tipica misura cautelare di polizia, preventiva e interdittiva, che si aggiunge alle misure di prevenzione antimafia di natura giurisdizionale e che prescinde dall’accertamento in sede penale di uno o più reati connessi all’associazione di tipo mafioso, per cui non occorre nè la prova di fatti di reato nè la prova dell’effettiva infiltrazione mafiosa nell’impresa nè del reale condizionamento delle scelte dell’impresa da parte di associazioni o soggetti mafiosi;
– è sufficiente il “tentativo di infiltrazione” avente lo scopo di condizionare le scelte dell’impresa, anche se tale scopo non si è in concreto realizzato;
– tale scelta è coerente con le caratteristiche fattuali e sociologiche del fenomeno mafioso, che non necessariamente si concreta in fatti univocamente illeciti, potendo fermarsi alla soglia dell’intimidazione, dell’influenza e del condizionamento latente di attività  economiche formalmente lecite, cosicchè anche da una sentenza pienamente assolutoria possono essere tratti elementi per supportare la misura interdittiva;
– gli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione al complessivo quadro indiziario, nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri;
– il rischio d’infiltrazione deve trovare motivazione in circostanze di cui si possa apprezzare l’attualità  al momento della valutazione;
– la formulazione generica, più sociologica che giuridica, del tentativo d’infiltrazione mafiosa rilevante ai fini del diritto comporta l’attribuzione al Prefetto di un ampio margine di accertamento e di apprezzamento, sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di manifesti vizi di eccesso di potere per illogicità , irragionevolezza e travisamento dei fatti.
Si è affermato inoltre, con riguardo alle informative di cui all’art. 10, comma 7, lettera c), del D.P.R. n. 252/1998, che, essendo fondate su valutazioni discrezionali non ancorate a presupposti tipizzati, i tentativi d’infiltrazione mafiosa possono essere desunti anche da parametri non predeterminati normativamente; tuttavia, onde evitare il travalicamento in uno “stato di polizia” e per salvaguardare i principi di legalità  e di certezza del diritto, si è precisato che non possono reputarsi sufficienti fattispecie fondate sul semplice sospetto o su mere congetture prive di riscontro fattuale, occorrendo l’individuazione di idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o collegamenti con la criminalità  organizzata.
3.7.1. Ciò posto, osserva il Collegio che l’informativa prefettizia in merito alla sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nell’impresa è ispirata ad una logica di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, che, come visto, prescinde dall’accertamento delle singole responsabilità  penali dei soggetti, e costituisce espressione di ampia discrezionalità , non suscettibile di sindacato di merito in assenza di elementi atti a evidenziare profili di deficienza motivazionale, illogicità  e travisamento, tenuto conto che la motivazione stessa non si può fondare soltanto su singoli elementi – atomisticamente intesi – ma è basata sulla ricostruzione logica e valutazione sintetica di tutti i dati emersi in sede istruttoria; inoltre, essendo espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto con la criminalità  organizzata, prescinde da rilevanze probatorie tipiche del diritto penale (C.d.S., sez. VI, n. 2867/2006).
Va ribadito, quindi, che la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certo sull’esistenza della contiguità  con organizzazioni malavitose e del condizionamento in atto dell’attività  di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici ed indiziari da cui emergano sufficienti elementi di pericolo di dette evenienze e quindi il tentativo di ingerenza della criminalità  organizzata (C.d.S., sez. VI, n. 3491/2009), purchè di tali aspetti si dia adeguato conto in sede motivazionale, in relazione alle risultanze dell’istruttoria svolta.
In definitiva, principio consolidato che la giurisprudenza osserva in tema di informative antimafia interdittive ai sensi dell’art. 10, comma 7, lett. c), del D.P.R. n. 252/98 è quello secondo cui ai fini dell’esercizio del potere interdittivo è necessario e sufficiente la concomitanza di un quadro di oggettiva rilevanza, dal quale desumere elementi che, secondo un giudizio probabilistico, o anche secondo comune esperienza, possano far presumere non una attuale ingerenza delle organizzazioni mafiose negli affari, ma una effettiva possibilità  che tale ingerenza sussista o possa sussistere (ex multis, da ultimo, C.d.S., sez. VI, n. 1254/2010; T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, n. 248/2010; TAR Reggio Calabria, n. 943/2010).
La vicenda in esame.
4. Muovendo da tali necessarie premesse, il Collegio ritiene che nella fattispecie in esame l’adozione, da parte del Prefetto di Foggia, della misura interdittiva nei confronti della ricorrente non appare coerente, alla luce del complesso degli elementi indiziari raccolti nel corso dell’istruttoria svolta dal Prefetto di Teramo.
4.1. Al riguardo deve rilevarsi la non univocità  degli elementi informativi di cui si dà  conto nella nota della Prefettura di Teramo.
Il richiamato documento, infatti,
a) evidenzia innanzitutto che “dagli accertamenti effettuati – per il tramite delle Forze di Polizia locali e del Centro Operativo D.I.A. di Napoli nonchè con attività  di accertamento e verifica, ex artt. 1 e 1 -bis del D. L. n. 629/82, del Gruppo Interforze istituito presso questa Prefettura – nei confronti della società  in argomento, del rappresentante legale e delle persone fisiche che direttamente o indirettamente controllano la medesima, non sono risultati, allo stato, le situazioni ostative previste dall’art. 10, comma 7, del D.P.R. n. 252/98;
b) aggiunge che “sono emersi elementi oggettivi e soggettivi che confermano una costante contiguità , costituita da stretti rapporti societari e personali, tra S. G. e G. L., entrambi persone di rilievo rispettivamente nel gruppo Straferro e nel Gruppo Italfer che – pur non rilevando, con sufficiente evidenza indiziaria, l’esistenza di un tentativo di infiltrazione mafiosa – rappresentano un sintomo negativo di affidabilità  della società  “Sofer Carpenterie S.r.l.” alla luce delle considerazioni che di seguito si andranno meglio a specificare”;
c) conclude che “alla luce delle riferite risultanze complessivamente emerse nella articolata istruttoria svolta da questa Prefettura nonchè negli accertamenti svolti, ai sensi degli artt. 1 e 1 -bis del D. L. n. 629/82, convertito nella legge 726/82 e successive modificazioni ed integrazioni, dal Gruppo Interforze di questa sede prefettizia, considerata anche la permanenza e l’attualità  dei rapporti tra le società  del Gruppo Italfer e quelle del Gruppo Straferro per il tramite della COLVERDE S.r.l., in cui G. L. riveste ancora la carica di Amministratore Unico, letto il verbale della riunione del Gruppo Interforze in data 16 gennaio 2013 e la relazione conclusiva sull’accesso predisposto con decreto prefettizio Prot. n. 10304 in data 20 aprile 2012, si ritiene che la Sofer Carpenterie S.r.l. possa essere influenzata, nelle scelte e negli indirizzi societari, da un possibile condizionamento e/o infiltrazione da parte di soggetti contigui alla criminalità  organizzata”.
La Prefettura di Teramo, in sostanza, da una parte esclude che sussista una sufficiente evidenza indiziaria in relazione all’esistenza di un tentativo di infiltrazione mafiosa, dall’altra ritiene possibile un condizionamento e/o infiltrazione da parte di soggetti contigui alla criminalità  organizzata.
4.2. Le valutazioni espresse dalla Prefettura di Teramo, sotto questo profilo, possono essere apprezzate in termini di non contraddittorietà  solo se interpretate, complessivamente, nel senso di ritenere che la Sofer Carpenterie S.r.l. possa essere influenzata, nelle scelte e negli indirizzi societari, non in via diretta da parte della criminalità  organizzata, ma indirettamente per il tramite di soggetti contigui alla stessa.
4.2.1. In quest’ottica risultano decisive, ai fini della ricostruzione operata dal Prefetto di Teramo, le cointeressenze tra i vertici del Gruppo Italfer, che comprende anche la società  Sofer Carpenterie S.r.l., e quelli del Gruppo Straferro, che comprende anche la Straferro Costruzioni S.r.l., ossia i rapporti tra G. S. e L. G., atteso che la Straferro Costruzioni S.r.l., di cui è titolare G. S., insieme ad altre società  del gruppo Straferro è stata oggetto di interdittive antimafia emesse dalle Prefetture di Ascoli Piceno e dell’Aquila.
In particolare la connessione tra i due gruppi societari sarebbe evidenziata dalle seguenti circostanze:
– il gruppo Italfer è costituito dalle società  Italfer Lavori S.p.a., Italfer Carpenterie S.r.l. e la ricorrente Sofer Carpenterie S.r.l.;
– la società  Italfer Carpenterie S.r.l. detiene il 33 % del capitale sociale della società  Colverde S.r.l., alla quale partecipa anche la Straferro Costruzioni S.r.l. con una quota del 29,4 %. La società  Colverde S.r.l., sulla base delle indagini svolte per conto della Prefettura di Ascoli Piceno, costituisce anello di congiunzione tra i gruppi Straferro e Italfer nonchè luogo dove si sono svolti alcuni incontri con appartenenti alla criminalità  organizzata;
– figura di spicco del gruppo Italfer risulta L. G., il quale è quotista di maggioranza e riveste incarichi di rilievo nelle società  del gruppo. In particolare, L. G. è Amministratore Unico della Italfer Carpenterie S.r.l. e della Sofer Carpenterie S.r.l., della quale detiene il 68 % della proprietà ;
– G. S. e L. G. erano entrambi consiglieri nel C.d.A. della Colverde S.r.l. Dopo l’adozione, da parte della Prefettura di Ascoli Piceno, dell’interdittiva antimafia nei confronti della Straferro Costruzioni S.r.l., il C.d.A. della Colverde S.r.l. è stato sciolto e L. G. ne è stato nominato Amministratore Unico;
– G. S. e L. G. si sono alternati nell’amministrazione della Eurosider S.r.l., altra società  del gruppo Straferro;
– la Sofer Carpenterie S.r.l. e la Casilina Presagomati S.p.a. (destinataria di provvedimento interdittivo emesso dal Prefetto di Roma) compartecipano nella società  Presagomatoestero S.r.l., in cui, all’epoca della emissione del provvedimento prefettizio a carico della Casilina Presagomati S.p.a., L. G. rivestiva la carica di Amministratore Unico.
4.2.2. Ulteriore rilievo assume, nel percorso argomentativo svolto dalla Prefettura di Teramo, il contenuto di un’intercettazione telefonica – richiamata nelle interdittive antimafia emesse dai Prefetti di Ascoli Piceno e dell’Aquila nei confronti della Straferro Costruzioni S.r.l. – tra alcuni aderenti al clan campano degli Stolder, nel corso della quale il titolare della Straferro Costruzioni S.r.l., individuato poi in G. S., viene menzionato come soggetto sul quale si può fare affidamento – con il contributo di altre ditte, individuate nella Straferro Centro Italia S.r.l. (anch’essa destinataria di provvedimenti interdittivi da parte della Prefettura di Ascoli Piceno) e Sofer – per l’acquisizione di una certificazione SOA, utile per un appalto di lavori sulla A3 Salerno-Reggio Calabria.
4.3. I richiamati elementi oggettivi e soggettivi hanno indotto il Prefetto di Teramo a ritenere che sussista “una costante contiguità , costituita da stretti rapporti societari e personali, tra G. S. e L. G., entrambi persone di rilievo rispettivamente nel gruppo Straferro e nel gruppo Italfer” e che “i rapporti tra G. S. ¦ e L. G. ¦ non sono meramente occasionali ma denotano una stretta connessione anche a livello personale e comunanza di affari, situazioni queste per cui non è possibile ragionevolmente fugare il rischio dell’esistenza di una permeabilità  di L. G. o di sue cointeressenze, societarie o gestionali, con persone colluse con la criminalità “.
La Prefettura di Foggia ha operato un ulteriore salto deduttivo, posto che, dopo aver richiamato le valutazioni espresse dal Prefetto di Teramo e sulla base degli accertamenti in quella sede svolti – non risultando dagli atti di causa che siano stati presi in considerazione ulteriori elementi – tuttavia se ne è discostata, giungendo infatti a ritenere sussistente il pericolo di infiltrazioni mafiose tendenti a condizionare l’attività  imprenditoriale della ricorrente, laddove, come si è visto, la nota del Prefetto di Teramo esclude che sussista una sufficiente evidenza indiziaria relativamente all’esistenza di un tentativo di infiltrazione mafiosa, ritenendo invece possibile un condizionamento e/o infiltrazione da parte di soggetti contigui alla criminalità  organizzata.
4.4. Va, a questo punto, rilevato che la complessiva documentazione versata in giudizio dall’Amministrazione non dà  adeguatamente conto dei passaggi logici che hanno indotto la Prefettura di Teramo a riscontrare una fitta rete di collegamenti e di cointeressenze tra l’attuale amministratore della Sofer Carpenterie S.r.l. ed il titolare della Straferro Costruzioni S.r.l. Così come non sono chiaramente individuate le circostanze che hanno indotto la Prefettura di Foggia a ritenere sussistente, sulla base degli elementi trasmessi dal Prefetto di Teramo, il pericolo di infiltrazioni mafiose tendenti a condizionare l’attività  imprenditoriale della ricorrente.
4.4.1. Quanto ai rapporti tra L. G. e G. S., in particolare, il Collegio non può esimersi dal rilevare che parte degli elementi indiziari presi in considerazione dalla Prefettura di Teramo e, quindi, dalla Prefettura di Foggia, non risultano più assistiti dal requisito dell’attualità . Ciò vale sia con riguardo alla circostanza rappresentata dall’alternanza di L. G. e G. S. nell’amministrazione della Eurosider S.r.l., sia con riferimento ai fatti menzionati nel corso dell’intercettazione telefonica.
Quanto al primo aspetto, deve rilevarsi che L. G. è stato rappresentante legale della Eurosider S.r.l. dall’1.1.1985 al 21.3.1990, dall’1.1.1997 all’1.8.1997 e dall’1.3 al 31.3.1998, mentre dal I.8.1997 al I.3.1998 e dal 31.3.1998 al 27.12.2001 il rappresentante legale è stato G. S.
L’intercettazione telefonica, invece, cui si fa menzione sia nell’informativa del Prefetto di Ascoli Piceno sia in quella del Prefetto dell’Aquila, risale al 2008 (come evidenziato a pag. 3 dell’informativa del Prefetto dell’Aquila). In relazione alla stessa intercettazione, peraltro, si riscontrano diverse imprecisioni ed ambiguità , posto che il contenuto che ne viene riportato nelle due informative non coincide perfettamente, soprattutto con riferimento ai soggetti sui quali, a detta di uno degli intercettati, sembra potersi fare affidamento per l’acquisizione di una certificazione SOA.
4.4.2. La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha, in proposito, chiarito – ed il Collegio non ravvisa ragioni per mutare avviso – che il rischio d’infiltrazione deve trovare motivazione in circostanze di cui si possa apprezzare l’attualità  al momento della valutazione (C.d.S., Sez. V, n. 4135/2006).
In quest’ottica, gli unici elementi ancora provvisti del carattere dell’attualità  sono rappresentati dalla compresenza di L. G. e G. S. nello stesso consiglio di amministrazione della Colverde S.r.l. (almeno fino alla data di adozione dell’interdittiva ai danni della Straferro Costruzioni S.r.l. ad opera del Prefetto di Ascoli Piceno) e dalla partecipazione al capitale sociale di quella società  da parte della Straferro Costruzioni S.r.l. e della Italfer Carpenterie S.r.l. (appartenente, insieme alla ricorrente Sofer Carpenterie S.r.l., al gruppo Italfer).
4.4.3. Orbene, reputa il Collegio che siffatti elementi, alla luce dell’apparato motivazionale degli atti impugnati e del sottostante corredo istruttorio, siano privi del necessario carattere della oggettiva significatività , sicchè il riscontrato pericolo di infiltrazioni mafiose riposa su elementi dubbi e non univoci, che non danno conto dei legami e della contiguità  con esponenti della criminalità  organizzata, incapaci pertanto di corroborare sufficientemente il giudizio di possibilità  che l’attività  imprenditoriale possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività  criminali o esserne in qualche modo condizionata.
La carenza motivazionale, già  riscontrabile nella nota della Prefettura di Teramo in relazione allo specifico aspetto concernente i rapporti di frequentazione tra L. G. e G. S., dei quali non viene adeguatamente tratteggiato l’ubi consistam, si accentua con riguardo all’informativa emessa dal Prefetto di Foggia. Quest’ultima, infatti, non lascia trasparire il percorso logico-motivazionale (nè al riguardo soccorrono le risultanze istruttorie versate agli atti) che ha condotto a ritenere sussistente il pericolo di infiltrazioni mafiose, nonostante la non univocità  in tal senso degli elementi trasmessi dalla Prefettura di Teramo.
Invero, nel prudente bilanciamento fra la libertà  di iniziativa dell’impresa e la concorrente tutela delle condizioni di sicurezza e di ordine pubblico cui è indirizzata la normativa di prevenzione antimafia, il complesso degli elementi sintomatici ed indiziari che emergano nella fase istruttoria che precede l’adozione del provvedimento debbono, quantomeno, configurarsi idonei, nella loro emergenza ed oggettiva potenzialità , ad indurre con efficienza casuale e con carattere di attualità  la situazione di condizionamento da parte della criminalità  organizzata dell’impresa sottoposta a monitoraggio.
Laddove poi, come nel caso in esame, alcuni degli elementi presi in considerazione risultano risalire nel tempo (in particolare per ciò che riguarda il contenuto dell’intercettazione telefonica del 2008), si impone a maggior ragione a carico del Prefetto una motivata esternazione in merito all’idoneità  di quei fatti ad introdurre, sul piano dell’efficienza causale e dell’attualità , le condizioni di un tentativo di infiltrazione mafiosa, cui far seguire la misura impeditiva del rapporto contrattuale con la pubblica amministrazione (cfr. C.d.S., sez. VI, n. 684/2010).
In conclusione, nella specie, alla luce delle coordinate interpretative sopra illustrate, la valutazione rimessa alle cure dell’autorità  di pubblica sicurezza non risulta congruamente effettuata e si palesa affetta, pertanto, dai denunciati vizi di carenza di istruttoria in ordine ai presupposti legittimanti la misura e di difetto motivazione.
L’invalidità  del provvedimento prefettizio si riflette in via derivata sulla nota con la quale la Rabbiosi S.p.A., in relazione ai lavori di raddoppio della linea Caserta-Foggia, ha disposto la risoluzione di tutti i contratti in essere con la ricorrente.
5. La domanda risarcitoria deve invece essere respinta, non avendo fornito la ricorrente nemmeno un principio di prova con riferimento al danno risarcibile.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei sensi di cui sopra, con conseguente annullamento, per quanto di ragione, dei provvedimenti impugnati e salvi gli eventuali ulteriori atti che l’autorità  amministrativa dovesse ritenere di assumere all’esito di nuova e più compiuta istruttoria.
Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, sono poste a carico della Prefettura -U.T.G. di Foggia, mentre possono essere compensate nei confronti delle altre parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.
Condanna la Prefettura – U.T.G. di Foggia al pagamento a favore della ricorrente delle spese ed onorari del giudizio, liquidate nella misura di € 3.000,00 (tremila/00), oltre CU, CPA e IVA come per legge. Spese compensate nei confronti delle altre parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Giuseppina Adamo, Presidente FF
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Oscar Marongiu, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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