1. Processo amministrativo – Principi generali  – Sentenza di rigetto – Non sospesa in appello – Esecutività  provvedimenti impugnati 


2. Processo amministrativo – Giudizio sul silenzio – Processo penale – Attinenza tra provvedimenti –  Conseguenze


3. Processo amministrativo – Giudizio sul silenzio – Sospensione accreditamento ex art. 24, comma 4 ter, L.R. n. 15/2002 – Omessa ripresentazione istanza  – Inesistenza obbligo p.A. di pronunciarsi 

1. In assenza di sospensione cautelare da parte del Consiglio di Stato, la sentenza di primo grado che abbia respinto il ricorso e gli atti impugnati sono da ritenersi esecutivi.


2. Quando vi è diretta attinenza tra i provvedimenti presi in considerazione nel processo penale pendente e i provvedimenti oggetto d’impugnazione dianzi al G.A., deve ritenersi manifesta l’infondatezza della domanda avverso il seilnzio della P.A. proposta innanzi a quest’ultimo.


3. In tema di sospensione dell’accreditamento ex art. 24, comma 4 ter, L.R. n. 15/2002, la ricorrente deve nel termine di 8 mesi, prorogabili per altri otto, rifare istanza di accreditamento; scaduto tale termine, essa decade dal diritto di ottenere un espresso provvedimento relativo alla determina di riferimento: da cui la legittimità  del silenzio serbato dalla p.A..

N. 00194/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00896/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 896 del 2013, proposto da: 
A.I.Q.F. – Associazione Italiana Qualità  e Formazione, rappresentato e difeso dagli avv. Carlo Vantaggiato e Paolo De Giorgi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Nicola Giglione in Bari, viale O. Flacco N. 11/7; 
contro
Regione Puglia, rappresentata e difesìa dall’avv. Sabina Ornella Di Lecce, con domicilio eletto in Bari, presso il settore legale dell’Ente, Lungomare Nazario Sauro, 31-33; 
per l’annullamento
del silenzio opposto dalla Regione Puglia all’istanza del 25.03.2013, pervenuta all’Ente in data 16.04.2013, con cui la ricorrente ha richiesto “l’annullamento e/o la revoca della determina del Dirigente del Servizio Formazione Professionale n. 151 del 10.02.2010” (all. n. 1);
per l’accertamento e la declaratoria dell’obbligo
della Regione Puglia di provvedere sulla predetta istanza;
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2013 il dott. Antonio Pasca e uditi per le parti i difensori avv. Giovanni Morelli, su delega degli avv.ti C. Vantaggiato e P. De Giorgi e avv. Sabina O. Di Lecce;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
La ricorrente, iscritta nell’elenco regionale dei soggetti accreditati per la formazione professionale, svolge attività  formativa e di aggiornamento professionale attraverso la gestioni di corsi finanziati da Enti pubblici, nonchè di corsi di specializzazione organizzati e finanziati in forma privata.
In relazione a quanto sopra, la ricorrente ha gestito corsi di formazione finanziati nell’ambito del POR 2000/2006 e DEL P.O. Puglia FSE 2007/2013.
Con determina dirigenziale n. 251/2000 la Regione Puglia ha sospeso, ex art. 24 comma 4 ter L.R. 15/02, l’accreditamento regionale sino all’esito delle indagini in corso presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce relativa a fatti connessi alla gestione e alla contabilità  dell’attività  formativa di che trattasi.
La ricorrente ha impugnato la predetta determina dirigenziale innanzi a questo Tribunale con ricorso n. 536/2010, respinto con sentenza Tar Bari n. 1867/2010, impugnata innanzi al Consiglio di Stato con appello n. 135/2011, tuttora pendente.
La ricorrente, a seguito delle dimissioni spontanee presentata da Trezza Luigi (Presidente dell’Associazione all’epoca dei fatti oggetto delle indagini penali) ed essendo in sua vece nominata Presidente Santoro Domenica, ha chiesto alla Regione Puglia – con istanza del 25/3/2013 – l’annullamento o revoca della determina dirigenziale 151/2010, in relazione alla circostanza che l’imputazione formulata all’esito delle indagini penali ha riguardato soggetti, amministratori o soci ormai del tutto estranei alla compagine societaria.
Nell’inerzia della Regione, la ricorrente ha proposto il ricorso in esame per ottenere la declaratoria di illegittimità  del silenziose, deducendo i seguenti motivi:
Violazione falsa applicazione art. 24 comma 4 ter, L.R. 15/2002; Eccesso di potere per erronea presupposizione, travisamento, contraddittorietà  e ingiustizia manifesta, nonchè violazione dell’art. 2 della L. 241/90;
1) Violazione falsa applicazione art. 24 comma 4 ter, L.R. 15/2002; Eccesso di potere per erronea presupposizione, travisamento, contraddittorietà  e ingiustizia manifesta, nonchè violazione dell’art. 2 della L. 241/90, diverso profilo;
Si è costituita in giudizio la Regione Puglia, contestando le avverse deduzioni, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità  del ricorso, ed in subordine, pervenirsi alla reiezione dello stesso.
Rileva il collegio che il ricorso è infondato.
Ed invero, le indagini in sede penale hanno portato alla contestazione nei confronti dei responsabili di gravi fatti reato, come quello di cui all’art. 24 del D.lgs 231/01, in relazione all’ottenimento illeciti finanziamenti regionali, in concorso con vari discenti, di cui al POR 2000/2006 (bando -Bollenti spiriti) e al PO Puglia 2007/2013 (bando – Ritorno al futuro), quello di cui agli artt. 81, 110, 61 n.7 e 640 bis c.p., truffa aggravata e quello di cui all’art. 482 c.p. falso ideologico, quest’ultimo contestato esclusivamente nei confronti del Trezza.
Deve ricordarsi che il ricorso proposto dalla ricorrente avverso predetta determina dirigenziale è stato respinto con sentenza di questo Tribunale n. 1867/2010.
Ciò premesso, la vicenda penale ha riguardato ben cinque soggetti facenti parte della compagine societari con diverse funzioni, cui i fatti di rilevanza penale sono stati contestati in concorso ex art. 110 c.p..
Rileva il collegio che la vicenda di che trattasi risulta sub judice in relazione alla pendenza del giudizio in appello innanzi al Consiglio di Stato, risultando comunque, esecutiva la sentenza del Giudice amministrativo di primo grado che ha sancito la legittimità  dell’impugnata sospensione cautelare dell’accreditamento e degli atti di liquidazione sino all’esito delle indagini.
In assenza di sospensione cautelare da parte del Consiglio di Stato, l’esecutività  della citata sentenza comporta il ritenere legittimo la determina di che trattasi.
Non può condividersi l’assunto di parte ricorrente secondo cui la sospensione cautelare dovrebbe considerarsi efficace sono all’esito delle indagini, in considerazione del fatto che il termine di indagine risulta chiaramente e logicamente utilizzato in senso generico e atecnico, dovendosi intendere come riferito alla conclusione complessiva della vicenda penale, in ipotesi in senso favorevole agli imputati.
Nel caso di specie, non solo la vicenda penale non risulta definita, ma altresì le indagini penali hanno portato alla formale contestazione dei fatti reato sopra indicati.
La gravità  di tali fatti e la diretta attinenza con i provvedimenti di liquidazione delle somme in quanto relativi proprio alle vicende oggetto di contestazione penale, portano a ritenere la manifesta infondatezza dell’istanza.
Nè alcuna rilevanza in senso contrario può annettersi alla circostanza delle intervenute dimissioni del sig. Trezza, atteso che i benefici connessi al profitto dell’illecita attività  contestata risultano complessivamente riferiti al soggetto ricorrente al di la della concreta compagine sociale.
Peraltro, l’art. 24, comma 4/ter, della L.R. citata risulta correttamente applicata, configurandosi peraltro la Regione Puglia soggetto passivo dei reati contestati, dovendosi conseguentemente ritenere la disposta sospensione cautelare quale attività  vincolata.
Senza peraltro considerare che, nelle more, è intervenuta una nuova disciplina dell’accreditamento con espressa previsione del termine di otto mesi (successivamente prorogato di ulteriori otto mesi) di validità  provvisoria dell’accreditamento con seguito con la precedente normativa, termine finalizzato a consentire tutti gli adempimenti necessari per conseguire il nuovo accreditamento.
Tale termine è scaduto in data 29/8/2013 e la ricorrente non ha neanche presentato istanza alcuna per ottenere il nuovo accreditamento, dovendosi allo stato ritenere la ricorrente soggetto non accreditato.
Non ricorreva pertanto l’obbligo giuridico di provvedere sull’istanza di che trattasi, in quanto inammissibile ed manifestamente infondata.
Il ricorso va dunque respinto.
Ricorrono ragioni equitative per dichiarare compensate tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente FF, Estensore
Francesca Petrucciani, Primo Referendario
Oscar Marongiu, Referendario
 
 
 
 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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