1. Espropriazione per pubblica utilità  – Trasformazione bene –  Decreto di esproprio – Mancata adozione  –  Effetto traslativo della proprietà  – Non sussiste


2. Risarcimento del danno – Domanda risarcitoria – Danno da provvedimento illegittimo – Errore scusabile – Prova – Necessità 


3. Risarcimento del danno – Occupazione senza titolo – Danno da illecita occupazione – Quantificazione – Parametro di cui all’art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001 – Applicabilità 


4. Risarcimento del danno – Occupazione senza titolo – Effetti – Risarcimento – Determinazione – Interessi e rivalutazione monetaria – Spettanza – Rilevabilità  d’ufficio – Sussistenza – Ragioni


5. Risarcimento del danno – Occupazione senza titolo – Effetti – Risarcimento – Pregiudizio non patrimoniale – Risarcibilità  – Limiti
 

1. Il comportamento di una p.A., la quale abbia occupato e trasformato un bene immobile per scopi di interesse pubblico in presenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità  e di un legittimo decreto di occupazione d’urgenza, ma senza tuttavia adottare il provvedimento definitivo di esproprio, non può giammai determinare un effetto traslativo della proprietà , ma deve essere qualificato come un’occupazione senza titolo, ossia come un illecito di carattere permanente. Ne segue, da un lato, che il privato rimane in ogni caso proprietario del bene (non potendosi attribuire, neppure alla eventuale domanda risarcitoria per equivalente, efficacia abdicativa della proprietà ), sicchè non può essere risarcito il danno da perdita della stessa; dall’altro, che è obbligo primario dell’Amministrazione procedere al risarcimento integrale del danno da occupazione illecita, mediante restituzione della proprietà  illegittimamente detenuta previa riduzione in pristino (ex art. 2058 c.c.) o in alternativa per equivalente. In tali casi solo un formale atto di acquisizione del fondo riconducibile a un negozio giuridico, ovvero al provvedimento ex art. 42 bis, D.P.R. n. 327 del 2001, introdotto a seguito della declaratoria di illegittimità  costituzionale dell’art. 43 dello stesso decreto, può precludere la restituzione del bene, di guisa che in assenza di un tale atto è obbligo primario dell’Amministrazione quello di restituire il fondo illegittimamente appreso.


2. Al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo non è richiesto un particolare impegno probatorio per dimostrare la colpa dell’Amministrazione, potendo egli limitarsi ad allegare l’illegittimità  dell’atto e spettando all’Amministrazione dimostrare, se del caso, di essere incorsa in un errore scusabile (fattispecie relativa la mancata adozione di rituale decreto di esproprio a seguito dell’occupazione d’urgenza di suoli).


3. Il danno da illecita occupazione va quantificato facendo riferimento al parametro adottato dal legislatore nell’art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001, che, in difetto di prova da parte del ricorrente sulla diversa entità  del danno, va equitativamente determinato in misura pari all’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene: in particolare i danni da risarcire devono essere calcolati assumendo quale capitale di riferimento il valore di mercato delle aree e degli immobili in ciascun anno solare o frazione di anno del periodo di occupazione considerato e, sul valore così determinato, applicando il summenzionato tasso del cinque per cento. La somma complessiva determinata, trattandosi di debito di valore, va rivalutata anno per anno secondo gli indici ISTAT con decorrenza dalla data dell’illecito (nella specie perdita di efficacia del decreto di occupazione di urgenza) oltre interessi legali sulla somma non rivalutata, oltre gli interessi legali sugli importi annui della svalutazione, dalla relativa maturazione (cioè dalla scadenza di ogni anno successivo alla consumazione dell’illecito secondo il cosiddetto criterio “a scalare” individuato dalla Suprema Corte con la sentenza a Sezioni Unite n. 1712/1995).


4. Il credito da illegittima occupazione, trovando origine in un fatto illecito della p.a. ai sensi dell’art. 2043 c.c., costituisce un’obbligazione di valore su cui devono riconoscersi d’ufficio la rivalutazione monetaria nonchè gli interessi legali sulla somma rivalutata, da calcolarsi secondo i criteri enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 1712 del 1995.


5. La circostanza che il nuovo testo dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001 preveda anche (ed “ex novo”) l’indennizzo per il pregiudizio non patrimoniale sofferto, se può essere utilizzato dal giudice come argomento per estendere la responsabilità  risarcitoria della p.a. anche ai pregiudizi non patrimoniali/danni morali patiti dall’interessato, tuttavia non può nascondere che il Giudice proceda ad esaminare la sussistenza (o no) di una autonoma e distinta voce di danno, fondante una altrettanto autonoma e distinta obbligazione risarcitoria. Il che comporta la necessità  della domanda di parte (costituendo il diritto al risarcimento del danno diritto disponibile), le prove sulle quali la domanda si fonda, nonchè il rispetto del doppio grado di giudizio, anche a tutela del diritto di difesa delle altre parti evocate.

N. 01331/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01221/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1221 del 2009, proposto da Gammariello Francesco, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Violante e Michele De Palma, con domicilio eletto presso l’avv. Andrea Violante in Bari, via Abate Gimma, 140;

contro
Comune di Corato;
Istituto Scolastico “Scuola Media Matteo Renato Imbriani” di Corato;
Ministero dell’Istruzione, dell’Università  e della Ricerca;

in via principale:
A) per l’accertamento del diritto, in capo al ricorrente, alla restituzione del terreno in Corato alla contrada Torre Pavone, esteso mq. 1984, in catasto terreni al fg. 31 p.lla 1392 (già  p.lla 509), oggi incorporato nella maggiore consistenza della p.lla 1473 fg. 31, mantenendo le opere nel frattempo realizzate dalla Amministrazione;
a.1) e, per l’effetto, per l’accertamento dell’esatta ubicazione nella mappa catastale del suolo di proprietà  del ricorrente, individuato dall’originaria p.lla 1392 (ex 509/a) di mq. 1984;
a.2) per la condanna del Comune di Corato ed, ove occorra, dell’Istituto Scolastico “Scuola Media Matteo Renato Imbriani”, alla restituzione del terreno di proprietà  del ricorrente, come individuato in ricorso;
B) per l’accertamento del diritto, in capo al ricorrente, al pagamento dell’indennizzo risarcitorio conseguente al mancato godimento del bene per il periodo successivo alla scadenza dell’occupazione legittima;
b.1) e, per l’effetto, per la condanna del Comune di Corato al pagamento dell’indennizzo risarcitorio spettante al ricorrente per il mancato godimento del bene immobile, dalla scadenza del periodo di occupazione legittima sino alla sua materiale restituzione, oltre interessi e rivalutazione monetaria;
in subordine:
C) per il caso in cui il Comune di Corato intendesse invocare l’applicazione dell’acquisizione ex art. 43 T.U. Espropri, per l’accertamento, in luogo della restituzione, del diritto in capo al ricorrente al risarcimento mediante equivalente, ed, in aggiunta, del diritto all’indennizzo risarcitorio conseguente al mancato godimento del fondo dal momento della cessazione dell’occupazione legittima sino ad oggi;
c.1.) e, per l’effetto, per la condanna del Comune di Corato all’indennizzo risarcitorio del danno;
c.2) per la condanna del Comune di Corato all’indennizzo risarcitorio del danno da mancato godimento del bene immobile, dal momento della cessazione dell’occupazione legittima sino ad oggi, oltre interessi e rivalutazione monetaria;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e udito nell’udienza pubblica del giorno 3 luglio 2013 per la parte ricorrente il difensore avv. Paola Violante, su delega degli avv.ti Andrea Violante e Michele De Palma;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO e DIRITTO
L’odierno ricorrente Gammariello Francesco è proprietario di un suolo sito nel Comune di Corato in catasto terreni al fg. 31 p.lla 1392 (già  p.lla 509), oggi incorporata nella maggiore consistenza della p.lla 1473 fg. 31.
La porzione di suolo in esame era oggetto di occupazione temporanea ed urgente e di immissione in possesso in favore del Comune di Corato con decreto n. 1 del 21.1.1988 in esecuzione della delibera di Consiglio Comunale n. 548 del 9.12.1987 di approvazione del progetto dei lavori di variante per la costruzione della nuova sede della Scuola Media “Matteo Renato Imbriani”.
Dopo l’occupazione, il suolo del ricorrente rimaneva inutilizzato sino al 1991 anno in cui avevano inizio i lavori di realizzazione dell’opera pubblica (scuola media) che proseguivano senza che venisse mai adottato, con specifico riferimento al fondo per cui è causa, il decreto di esproprio definitivo dell’area interessata dalla realizzazione dell’edificio e del giardino pertinenziale recintato.
Con frazionamento del 18.9.2001 prot. n. 4510 la particella 509 del foglio di mappa 31 veniva frazionata nelle seguenti particelle: p.lla 1392 (ex 509/a) di mq. 1284, p.lla 1394 (ex 509/c) di mq. 8, entrambe utilizzate come cortile della scuola media Imbriani, p.lla 1393 (ex 509/b) della superficie di mq. 218,00, occupata dalla sede stradale della nuova viabilità  (tronco A).
In particolare, con decreto definitivo di esproprio n. 28/02 del 15.4.2002 veniva eseguita l’espropriazione a favore del Comune di Corato della sola p.lla 1393 foglio 31 della superficie di mq. 218,00 costituente area di sedime della nuova viabilità  di collegamento tra Via Castel del Monte e via Generale Ameglio, con corresponsione di una indennità  di esproprio quantificata in € 8.735,11 accettata dallo stesso Gammariello.
Tuttavia, nessun provvedimento ablativo veniva emesso relativamente alla p.lla 1392 (ex 509/a) di mq. 1984 ed alla p.lla 1394 (ex 509/c) di mq. 8, costituenti il cortile scoperto della scuola media.
Successivamente le p.lle 1392 e 1394 venivano soppresse ed unite, insieme ad altre particelle, alla p.lla 337 del foglio di mappa 31, che, a sua volta, veniva soppressa con altro tipo di frazionamento, così dando luogo a nuove particelle tra cui la p.lla 1473 comprendente l’area di sedime della ex p.lla 1392 (ex 509/a) di mq. 1984.
Con il presente ricorso il Gammariello chiedeva, in via principale, il riconoscimento del proprio diritto (e la consequenziale condanna del Comune di Corato) alla restituzione dell’area di cui alla p.lla 1392 (ex 509/a) e del diritto alla corresponsione del risarcimento del danno da mancato godimento derivante dall’occupazione sine titulo a partire dalla scadenza del periodo di occupazione legittima ed, in subordine, laddove il Comune intenda avvalersi del potere di esproprio in sanatoria di cui all’art. 43 Testo Unico delle espropriazioni (ora art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001) per il riconoscimento del danno da mancato godimento derivante dall’occupazione sine titulo e del danno da perdita della proprietà .
Con ordinanza istruttoria n. 1589/2012 questo Giudice nominava consulente tecnico d’ufficio l’arch. Michele Sarcina e lo incaricava di fornire risposta al seguente quesito:
“accerti il consulente tecnico d’ufficio l’esatta ubicazione nella mappa catastale del suolo di proprietà  del ricorrente Gammariello Francesco, individuato dall’originaria particella 1392 (ex 509) in catasto terreni al fg. 31 di mq. 1984, lo stato dei luoghi ed il valore venale del suolo oggetto di causa alla data dell’8.3.1991 (data di cessazione del periodo di occupazione legittima di cui al decreto di urgenza n. 1 del 21.1.1988 iniziato con l’immissione in possesso risalente all’8.3.1988) ed alla data dell’8.3.1993 (risultante dalla proroga di cui all’art. 22 legge n. 158/1991), tenuto conto della sua destinazione urbanistica previo accertamento della stessa e del carattere edificabile o non edificabile del fondo in esame; accerti, altresì, a titolo di danno da occupazione illegittima, l’ammontare degli interessi moratori sul valore del bene, assumendo – in tal caso – quale capitale di riferimento il relativo valore di mercato in ciascun anno del periodo di occupazione illegittima considerato”.
In data 9 marzo 2013 il consulente incaricato depositava relazione peritale.
L’Amministrazione comunale, pur essendo stata destinataria di rituale notifica, non si costituiva in giudizio.
Alla pubblica udienza del 3 luglio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso sia fondato nei limiti di seguito esposti.
Per quanto concerne la domanda restitutoria azionata dal Gammariello nei confronti del Comune di Corato, va evidenziato quanto segue.
Dal punto di vista fattuale, la circostanza relativa all’occupazione della particella 1392 (ex 509) in catasto terreni al fg. 31 di mq. 1984 e al suo protrarsi, senza che sia intervenuto alcun decreto di espropriazione (con consequenziale perdita di efficacia del provvedimento di occupazione n. 1/1988), è rimasta incontroversa.
Non sussiste, quindi, alcun atto/fatto acquisitivo della proprietà  da parte dell’Amministrazione comunale.
Deve, dunque, essere riconosciuta la persistenza della proprietà  della particella 1392 (ex 509) in catasto terreni al fg. 31 di mq. 1984 (la cui esatta ubicazione è stata individuata nell’allegato n. 9 alla relazione del c.t.u. depositata in data 9 marzo 2013) in capo all’istante Gammariello Francesco.
Pertanto, non essendo stato adottato alcun provvedimento di espropriazione in sanatoria ai sensi dell’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001, deve essere disposta la restituzione di tale terreno a spese del Comune di Corato e deve pronunciarsi nei confronti della suddetta Amministrazione la condanna unicamente al risarcimento del danno subito dal Gammariello per effetto dell’occupazione senza titolo (a partire dal 9 marzo 1993 [tenuto conto della proroga legislativa di due anni di cui all’art. 22 legge n. 158/1991] a tutt’oggi [data dell’udienza pubblica del 3 luglio 2013], vale a dire a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del decreto di occupazione d’urgenza n. 1/1988 [avente originariamente durata di tre anni dalla data di immissione in possesso risalente all’8 marzo 1988]).
Deve, tuttavia, escludersi la rimozione delle opere nel frattempo realizzate dalla Amministrazione su detta area, come espressamente richiesto dall’interessato a pag. 11 dell’atto introduttivo (“¦ A) accertare il diritto, in capo al ricorrente, alla restituzione del terreno in Corato alla contrada Torre Pavone, esteso mq. 1984, in Catasto Terreni al Fg. 31 p.lla 1392 (già  p.lla 509), oggi incorporato nella maggiore consistenza della p.lla 1473 fg. 31, mantenendo le opere nel frattempo realizzate dalla p.a. ¦”).
A tal riguardo, ha recentemente evidenziato T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 10 gennaio 2013, n. 20 con argomentazioni condivise da questo Collegio:
«¦, il comportamento di una pubblica amministrazione, la quale abbia occupato e trasformato un bene immobile per scopi di interesse pubblico in presenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità  e di un legittimo decreto di occupazione d’urgenza, ma senza tuttavia adottare il provvedimento definitivo di esproprio, non può giammai determinare un effetto traslativo della proprietà , ma deve essere qualificato come un’occupazione senza titolo, ossia come un illecito di carattere permanente (T.A.R. Liguria, 5 novembre 2012, n. 1373; Cons. di St., IV, 29.8.2012, n. 4650; T.A.R. Sicilia, III, 2.12.2010, n. 14232).
Ne segue da un lato che il privato rimane in ogni caso proprietario del bene (non potendosi attribuire, neppure alla eventuale domanda risarcitoria per equivalente, efficacia abdicativa della proprietà  – cfr. Cons. di St., IV, 2.9.2011, n. 4970), sicchè non può essere risarcito il danno da perdita della stessa (Cons. di St., sez. IV, 29 agosto 2012, n. 4650, 29.8.2011, n. 4833; T.A.R. Liguria, I, 23.11.2011, n. 1635); dall’altro che è obbligo primario dell’amministrazione procedere al risarcimento integrale del danno da occupazione illecita, mediante restituzione della proprietà  illegittimamente detenuta previa riduzione in pristino (ex art. 2058 c.c.) o – in alternativa – per equivalente.
In tali casi solo un formale atto di acquisizione del fondo riconducibile a un negozio giuridico, ovvero al provvedimento ex art. 42 bis D.P.R. 327/01, introdotto a seguito della declaratoria di illegittimità  costituzionale dell’art. 43 dello stesso decreto, può precludere la restituzione del bene: di guisa che in assenza di un tale atto è obbligo primario della Amministrazione quello di restituire il fondo illegittimamente appreso (T.A.R. Palermo, sez. II, 23 ottobre 2012, n. 2072; T.A.R. Piemonte, sez. I, 21 settembre 2012, n. 996; C.d.S. n. 4970/2011).
Correlativamente, mantenendo il privato la proprietà  di quest’ultimo, egli non ha alcun titolo per chiedere un risarcimento commisurato alla perdita della proprietà  del fondo, potendo invece agire per la restituzione di esso e per il risarcimento del danno conseguente al mancato godimento del bene durante il periodo di occupazione illegittima (TAR Puglia-Bari sez. II n. 2131/08). ¦».
Inoltre, secondo Cons. Stato, Sez. IV, 29 agosto 2011, n. 4833 “In caso di espropriazione illegittima, l’intervenuta realizzazione dell’opera pubblica non fa venire meno l’obbligo dell’amministrazione di restituire al privato il bene illegittimamente appreso; e ciò perchè la costruzione dell’opera pubblica e l’irreversibile trasformazione non determinano effetti preclusivi o limitativi della tutela in forma specifica del privato. La realizzazione dell’opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sè un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell’acquisto, come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà , per cui solo il formale atto di acquisizione dell’amministrazione può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà  in altri comportamenti, fatti o contegni.”.
Nel caso di specie il Gammariello può, pertanto, legittimamente agire per la restituzione della particella 1392 (ex 509) in catasto terreni al fg. 31 di mq. 1984 (con espresso mantenimento delle opere nel frattempo realizzate dall’Amministrazione) e per il risarcimento del danno conseguente al mancato godimento del bene durante il periodo di occupazione illegittima, con esclusione del risarcimento del danno da perdita della proprietà .
Indubbi sono nella fattispecie oggetto del presente giudizio la sussistenza del fatto illecito posto in essere dal Comune di Corato e il nesso di causalità  con il danno da occupazione illecita della particella 1392 (ex 509) in catasto terreni al fg. 31.
Il Comune di Corato è il soggetto cui è imputabile l’illecito aquiliano subito dal Gammariello con riferimento alla menzionata particella 1392 (ex 509) in catasto terreni al fg. 31 in quanto ente che ha adottato il decreto di occupazione n. 1/1988 e soggetto occupante (a cui favore è stata disposta l’occupazione).
Altrettanto chiara è la sussistenza dell’elemento soggettivo dell’illecito aquiliano in capo alla Amministrazione Comunale, valutato alla stregua dei criteri elaborati dalla giurisprudenza per il giudizio sulla colpa dell’Amministrazione.
Secondo l’orientamento prevalente, al privato non è chiesto un particolare sforzo probatorio, potendo invocare l’illegittimità  del provvedimento quale presunzione (semplice) della colpa.
Spetta a tal punto all’Amministrazione dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità  del fatto, d’influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, d’illegittimità  derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità  della norma applicata (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2013, n. 798; Cons. Stato, Sez. V, 19 novembre 2012, n. 5846; Cons. Stato, Sez. V, 14 settembre 2012, n. 4894).
In concreto, nessuna perplessità  suscita la circostanza dell’inefficacia del decreto sindacale di occupazione n. 1/1988 cui non ha mai fatto seguito il decreto di esproprio relativamente al terreno in esame.
Ricorre, quindi, nel caso concreto quell’inescusabilità  dell’errore amministrativo che integra la fattispecie risarcibile.
Nè l’Amministrazione comunale ha dedotto alcun elemento a propria discolpa, non essendosi costituita nel presente giudizio.
Ai fini della quantificazione del ristoro per l’indebita occupazione, occorre tener conto che l’illecito permanente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 2 dicembre 2011, n. 6375) deve essere risarcito per ogni anno di abusiva occupazione (a partire, nel caso di specie, dal 9.3.1993).
In conclusione, in mancanza d’indicazione e deduzioni più puntuali, deve ritenersi che per il periodo di occupazione senza titolo vada computato a titolo risarcitorio l’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene (cfr. parametro forfettario ed operante in via automatica codificato attualmente dall’art. 42 bis, comma 3, secondo inciso d.p.r. n. 327/2001, disposizione suscettibile di applicazione analogica in quanto espressione di un principio generale).
Come condivisibilmente affermato da T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 6 novembre 2012, n. 9052 tale parametro può essere oggetto di applicazione analogica:
«¦ Quanto poi al tasso di interesse da applicare al valore venale del bene, il Collegio ritiene che nella fattispecie in esame debba farsi applicazione analogica del già  ricordato art. 42-bis, comma 3, secondo periodo, del d.P.R. n. 327/2001 (che non appare direttamente applicabile perchè nel caso in esame Roma Capitale non ha adottato il provvedimento di acquisizione sanante), secondo il quale “per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità  del danno, l’interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma”. Pertanto, non avendo il ricorrente fornito la prova di una diversa entità  del danno, i danni medio tempore subiti possono essere calcolati applicando il tasso d’interesse del cinque per cento annuo. ¦».
Sempre la citata sentenza del T.A.R. Lazio, Roma n. 9052/2012 evidenzia che “¦ b) i danni da risarcire devono essere calcolati assumendo quale capitale di riferimento il valore di mercato delle aree e degli immobili oggetto dei provvedimenti annullati con la sentenza del T.A.R. del Lazio n. 1860/1993 in ciascun anno solare o frazione di anno del periodo di occupazione considerato; c) sul valore annuo determinato come precede deve essere applicato il tasso di interesse del cinque per cento; …”.
Applicando il tasso di interesse del 5% annuo di cui al suddetto parametro legislativo dal 9.3.1993 al 3.7.2013 sul valore di mercato del fondo in ciascun anno solare o frazione di anno del periodo di occupazione considerato (secondo i valori indicati nella tabella di cui alle pagg. 12 e 13 della relazione del c.t.u. depositata in data 9.3.2013) si giunge al risultato di € 179.835,65 (quale somma complessiva da attribuirsi al deducente a titolo di risarcimento del danno patrimoniale da occupazione senza titolo).
Di seguito si riportano le modalità  di calcolo anno per anno dell’interesse secondo il criterio legislativamente determinato dall’art. 42 bis, comma 3, secondo inciso d.p.r. n. 327/2001 (i.e. Interessi = (Capitale X Giorni X Tasso [5%]) / 36500)):
1) periodo: 09/03/1993 – 31/08/1993 – 176 giorni – capitale: € 138.301,80 – interessi: € 3.334,40;
2) periodo: 01/09/1993 – 31/08/1994 – 365 giorni – capitale: € 140.652,93 – interessi: € 7.032,65;
3) periodo: 01/09/1994 – 31/08/1995 – 365 giorni – capitale: € 145.716,44 – interessi: € 7.285,82;
4) periodo: 01/09/1995 – 31/08/1996 – 366 giorni – capitale: € 153.730,84 – interessi: € 7.707,60;
5) periodo: 01/09/1996 – 31/08/1997 – 365 giorni – capitale: € 158.496,50 – interessi: € 7.924,82;
6) periodo: 01/09/1997 – 31/08/1998 – 365 giorni – capitale: € 160.398,45 – interessi: € 8.019,92;
7) periodo: 01/09/1998 – 31/12/1998 – 122 giorni – capitale: € 163.125,23 – interessi: € 2.726,20;
8) periodo: 01/01/1999 – 31/12/1999 – 365 giorni – capitale: € 163.614,60 – interessi: € 8.180,73;
9) periodo: 01/01/2000 – 31/12/2000 – 366 giorni – capitale: € 166.886,90 – interessi: € 8.367,21;
10) periodo: 01/01/2001 – 31/12/2001 – 365 giorni – capitale: € 171.225,95 – interessi: € 8.561,30;
11) periodo: 01/01/2002 – 31/12/2002 – 365 giorni – capitale: € 174.308,02 – interessi: € 8.715,40;
12) periodo: 01/01/2003 – 31/12/2003 – 365 giorni – capitale: € 178.142,80 – interessi: € 8.907,14;
13) periodo: 01/01/2004 – 31/12/2004 – 366 giorni – capitale: € 181.349,37 – interessi: € 9.092,31;
14) periodo: 01/01/2005 – 31/12/2005 – 365 giorni – capitale: € 184.250,96 – interessi: € 9.212,55;
15) periodo: 01/01/2006 – 31/12/2006 – 365 giorni – capitale: € 187.751,73 – interessi: € 9.387,59;
16) periodo: 01/01/2007 – 31/12/2007 – 365 giorni – capitale: € 190.380,25 – interessi: € 9.519,01;
17) periodo: 01/01/2008 – 31/12/2008 – 366 giorni – capitale: € 195.330,14 – interessi: € 9.793,26;
18) periodo: 01/01/2009 – 31/12/2009 – 365 giorni – capitale: € 198.650,75 – interessi: € 9.932,54;
19) periodo: 01/01/2010 – 31/12/2010 – 365 giorni – capitale: € 201.034,56 – interessi: € 10.051,73;
20) periodo: 01/01/2011 – 31/12/2011 – 365 giorni – capitale: € 204.653,18 – interessi: € 10.232,66;
21) periodo: 01/01/2012 – 31/12/2012 – 366 giorni – capitale: € 210.383,47 – interessi: € 10.547,99;
22) periodo: 01/01/2013 – 03/07/2013 – 184 giorni – capitale: € 210.383,47 – interessi: € 5.302,82.
Dovendosi applicare analogicamente – come detto – il parametro legislativo del 5%, questo Collegio ritiene, pertanto, di discostarsi sul punto dalle conclusioni cui perviene il c.t.u. che, viceversa, utilizza il criterio dell’interesse moratorio (cui in passato faceva riferimento il previgente art. 43, comma 6, lett. b) d.p.r. n. 327/2001 e la giurisprudenza amministrativa [cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 29 agosto 2011, n. 4833]) sui singoli valori immobiliari individuati per ciascun anno (dal 1993 al 2012).
Ciò premesso, la complessiva somma come sopra determinata riconosciuta al Gammariello (€ 179.835,65) a titolo di risarcimento del danno patrimoniale da illecito aquiliano della Amministrazione, trattandosi di debito di valore, va rivalutata anno per anno secondo gli indici ISTAT con decorrenza dalla data dell’illecito (i.e. momento storico [9.3.1993] di perdita di efficacia della decreto di occupazione d’urgenza n. 1/1988 in forza del quale il ricorrente ha subito l’occupazione della particella 1392 [ex 509] in catasto terreni al fg. 31), oltre interessi legali sulla somma non rivalutata, oltre gli interessi legali sugli importi annui della svalutazione, dalla relativa maturazione (cioè dalla scadenza di ogni anno successivo alla consumazione dell’illecito secondo il cosiddetto criterio “a scalare” individuato dalla Suprema Corte con la sentenza a Sezioni Unite n. 1712/1995).
Sul punto, Cass. civ., Sez. I, 4 febbraio 2010, n. 2602 ha riaffermato la permanente validità  del principio del riconoscimento d’ufficio della rivalutazione monetaria nonchè degli interessi legali sulla somma rivalutata e dei criteri enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 1712 del 1995 in tema di computo di rivalutazione ed interessi nelle obbligazioni di valore quali quelle derivanti – come nel caso di specie – da fatto illecito: “Il credito da occupazione appropriativa, trovando origine in un fatto illecito della p.a. ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., costituisce una obbligazione di valore su cui devono riconoscersi d’ufficio la rivalutazione monetaria nonchè gli interessi legali sulla somma rivalutata, da calcolarsi secondo i criteri enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 1712 del 1995.”.
Le somme eventualmente già  erogate al ricorrente devono essere detratte da quelle dovute in forza della presente sentenza.
Quanto alla domanda relativa al risarcimento del pregiudizio non patrimoniale asseritamente patito dal Gammariello in conseguenza della occupazione illecita, la relativa consistenza non è chiaramente definita negli atti difensivi, nè supportata da idonea prova, il cui onere ricadeva – ai sensi dell’art. 64 cod. proc. amm. – sulla parte ricorrente.
Invero, come evidenziato da Cons. Stato, Sez. IV, 9 gennaio 2013, n. 76, “La circostanza che il nuovo testo dell’art. 42 bis d.P.R. n. 327/2001 preveda anche (ed “ex novo”) l’indennizzo per il pregiudizio non patrimoniale sofferto, se può essere utilizzato dal giudice come argomento per estendere la responsabilità  risarcitoria della p.a. anche ai pregiudizi non patrimoniali/danni morali patiti dall’interessato, tuttavia non può nascondere che, nel caso di specie, il giudice proceda ad esaminare la sussistenza (o meno) di una autonoma e distinta voce di danno, fondante una altrettanto autonoma e distinta obbligazione risarcitoria. Il che comporta la necessità  della domanda di parte (costituendo il diritto al risarcimento del danno diritto disponibile), le prove sulle quali la domanda si fonda, nonchè il rispetto del doppio grado di giudizio, anche a tutela del diritto di difesa delle altre parti evocate.”.
Sempre il Consiglio di Stato nella citata decisione n. 76/2013 ha sottolineato che il comma 1 dell’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001, nella parte in cui prevede una liquidazione automatica e forfettaria del pregiudizio non patrimoniale da utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico cui segue il provvedimento di esproprio in sanatoria, non è immediatamente applicabile alla diversa ipotesi – ricorrente nel caso di specie – del risarcimento del danno, in ordine al quale (ed allo specifico profilo del ristoro del pregiudizio non patrimoniale) detta disposizione può essere considerata solo come espressione di un principio generale, e non come norma comportante uno specifico ed automatico riconoscimento di tale tipologia di danno risarcibile anche in mancanza di prova sul punto.
Peraltro, la voce di danno in esame non è espressamente menzionata nel ricorso introduttivo; di essa si fa riferimento per la prima volta nel corpo della memoria del Gammariello (non notificata) depositata in data 17 novembre 2011.
Ne consegue che la stessa non può essere riconosciuta al ricorrente.
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende l’accoglimento del ricorso nei limiti indicati in motivazione.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Paventandosi un danno erariale, il Collegio reputa doveroso disporre la trasmissione degli atti del giudizio alla Procura Regionale della Corte dei Conti per quanto di competenza.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, disattesa ogni altra istanza e domanda, lo accoglie nei limiti indicati in motivazione e, per l’effetto:
1) dispone a carico del Comune di Corato ed in favore del ricorrente Gammariello Francesco la restituzione del suolo individuato in catasto dall’originaria particella 1392 (ex 509) in catasto terreni al fg. 31 di mq. 1984 (la cui esatta ubicazione è stata individuata nell’allegato n. 9 alla relazione del c.t.u. depositata in data 9 marzo 2013), con mantenimento delle opere realizzate dalla Amministrazione sull’area in esame;
2) condanna il Comune di Corato a pagare al ricorrente il risarcimento del danno patrimoniale subito a seguito dell’illegittima occupazione dei suoli per mancato godimento computato con le modalità  e nei limiti di cui in motivazione nella misura di € 179.835,65, somma rivalutata alla data odierna con corresponsione di interessi legali sino al soddisfo.
Condanna il Comune di Corato al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente Gammariello Francesco, liquidate in complessivi € 4.000,00, oltre accessori come per legge.
Liquida in favore del consulente tecnico d’ufficio incaricato la somma di € 2.000,00, oltre accessori come per legge, da porre definitivamente a carico del Comune di Corato.
Dispone, altresì, la trasmissione, a cura della Segreteria, di copia del fascicolo d’ufficio e della presente sentenza alla Procura Regionale della Corte dei Conti in Bari per quanto di competenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti e le comunicazioni di rito.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore
Francesca Petrucciani, Primo Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria