Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio –  Atti generali – Immediata impugnazione – Onere – Non sussiste – Ragioni – Fattispecie

I provvedimenti che hanno natura di atti generali sono privi di effetti incidenti direttamente nelle sfere giuridico soggettive dei singoli, pertanto manifestano la loro lesività  solo al momento dell’adozione dell’atto applicativo facendo sorgere in capo al soggetto inciso un onere di tempestiva e contestuale impugnazione. Un’eventuale iniziativa impugnatoria in un momento precedente, infatti, non potrebbe che incorrere in una declaratoria di inammissibilità  per difetto di interesse (nella specie il TAR ha respinto l’eccezione di tardività  delle censure indirizzate nei confronti di deliberazioni regionali di portata generale reputando, in virtù del principio enunciato, corretta la loro impugnazione unitamente all’atto applicativo delle stesse).

N. 00880/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01677/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1677 del 2012, proposto da: 
Cosimo Maria Piazzolla, rappresentato e difeso dall’Avv. Rossella Piazzolla, con domicilio eletto in Bari presso la Segreteria del T.A.R.; 

contro
Azienda Sanitaria Locale Barletta Andria Trani, rappresentata e difesa dall’Avv. Alessandro Delle Donne, con domicilio eletto presso Alfredo Mele, in Bari, via Abate Gimma n.231; 
Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Sabina Ornella Di Lecce presso il quale elegge domicilio, in Bari, lungomare Nazario Sauro nn.31-33; 

per l’annullamento
– dell’atto di diffida n. 057207 prot. emesso dall’ASL BT-Dipartimento di Prevenzione Servizio Igiene e Sanità  Pubblica in data 30 agosto 2012 (in pari data notificato);
nonchè per l’annullamento o disapplicazione
– della deliberazione della Giunta Regionale -Regione Puglia- n. 2234 del 9 aprile 1986;
– della deliberazione della Giunta Regionale -Regione Puglia- n. 7513 del 06.10.1986;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e dell’Azienda Sanitaria Locale Barletta Andria Trani;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 maggio 2013 il dott. Marco Poppi e uditi per le parti i difensori presenti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
L’Azienda Sanitaria di Barletta Andria Trani (di seguito AS BAT), ricevuta segnalazione che il ricorrente, nell’esercizio della propria attività  professionale, rilasciava certificazioni di idoneità  all’attività  sportiva agonistica e ritenuto che ciò non fosse consentito ai sensi della D.G.R. n. 2234 del 9 aprile 1986 (da applicarsi nel testo risultante dalle modifiche apportate con D.G.R. n. 7513 del 6 ottobre 1986), con atto n. 57207, datato 30 agosto 2012, lo diffidava “a eliminare ogni e qualsiasi dicitura riportante autorizzazioni ricevute da questo Ufficio ¦ a non emettere certificazioni di idoneità  all’attività  agonistica (art. 5 D.M. 18.02.1982) senza il possesso degli specifici requisiti e autorizzazione previste dalla vigente normativa ¦ a revocare tutte le certificazioni impropriamente rilasciate”.
Il ricorrente impugnava la richiamata determinazione unitamente, ove necessario, alle presupposte delibere regionali sopra citate, deducendo una pluralità  di profili di illegittimità .
La Regione Puglia e l’A.S.L. BAT si costituivano in giudizio eccependo in via pregiudiziale la tardività  dell’impugnazione riferita ai provvedimenti regionali.
Nel merito entrambe le resistenti contestavano il fondamento delle avverse censure chiedendo il rigetto del ricorso.
Nella camera di consiglio del 17 gennaio 2013 la causa veniva rinviata al merito ed all’esito della pubblica udienza del 16 maggio 2013, trattenuta in decisione.
Il collegio procede con priorità  allo scrutinio dell’eccezione preliminare con cui le resistenti rilevano l’irricevibilità  delle cesure formulate avverso le delibere regionali n.2234/1986 e 7513/1986, in quanto proposte oltre lo spirare del termine decadenziale di impugnazione.
L’inoppugnabilità  di tali atti presupposti, dei quali la diffida in questa sede censurata altro non sarebbe che mero atto attuativo, determinerebbe l’inammissibilità  (per la ASL) o l’improcedibilità  (per la Regione) del ricorso.
L’eccezione è infondata.
Le delibere regionali in questione, in coerenza con la loro natura di atti generali, sono prive di effetti provvedimentali direttamente incidenti nelle sfere giuridico soggettive dei singoli e, pertanto, manifestano la loro lesività  solo al momento dell’adozione dell’atto applicativo facendo sorgere in capo al soggetto inciso un onere di tempestiva e contestuale impugnazione, oltre a quanto si dirà  in prosiegno in ordine alla loro mancanza di lesività  per ulteriori ragioni.
Un’eventuale iniziativa impugnatoria in un momento precedente, infatti, non potrebbe che incorrere in una declaratoria di inammissibilità  per difetto di interesse.
Quanto al merito del ricorso, il dott. Piazzolla, in possesso del titolo di specialista in medicina dello sport ed iscritto alla Federazione Medico Sportiva Italiana (F.M.S.I.), censura l’atto adottato dall’ASL BAT con il quale viene escluso dal novero dei soggetti legittimati al rilascio di certificazioni di idoneità  all’attività  sportiva agonistica (di seguito certificazioni) nonostante ciò sia consentito dalla normativa statale, ritenuta applicabile al caso di specie in quanto non espressamente derogata a livello regionale.
A sostegno della ragionevolezza della propria tesi allega che, in altre Regioni, l’attività  di rilascio delle certificazioni sarebbe disciplinata nei sensi invocati (L.R. Lombardia n. 66/1981 e n. 9/2000, L.R. Lazio n. 24/1997, L.R. Campania n. 14/1996).
Nello specifico, deduce che le già  citate D.G.R. n. 2234 e D.G.R. n. 7513, ancorchè assunte a presupposto dell’atto di diffida, non inibirebbero al medico specialista in medicina dello sport il rilascio delle certificazioni (1° motivo).
Chiarita in tal senso la portata dei provvedimenti regionali, la determinazione interdittiva della ASL BAT si porrebbe in insanabile contrasto con la disciplina nazionale che, come evidenziato, riconoscerebbe tale possibilità  (2° motivo).
In ogni caso, afferma il ricorrente, qualora si volesse riconoscere ai citati atti di Giunta l’effetto inibitorio invocato dalle resistenti, non potrebbe che rilevarsi l’incompetenza dell’organo di governo a dettare una disciplina sostanziale innovativa, trattandosi di materia riservata all’organo consiliare (3° motivo).
Il ricorrente rileva, infine, la violazione del principio di certezza giuridica e di affidamento circa la corretta applicazione dell’art. 5, ultimo comma, della L. n. 33/1980 (4° motivo), la violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990 per omessa adozione della comunicazione di avvio del procedimento (5° motivo) e, infine, ancorchè in forma estremamente generica riprendendo argomentazioni già  spese nei precedenti capi d’impugnazione, il difetto di istruttoria (6° motivo).
Le resistenti Amministrazioni, aderendo ad una opposta opzione interpretativa, contestano la posizione del ricorrente assumendo che la disciplina regionale, intendendo con ciò le due delibere di Giunta, inibirebbe il rilascio delle certificazioni da parte di privati prevedendo un modello incentrato sul solo ricorso a strutture pubbliche o accreditate.
Ai fini di una più agevole comprensione della questione sottoposta all’attenzione del collegio, si rende opportuno richiamare, sia pur sinteticamente, la disciplina normativa rilevante ai fini della presente decisione.
L’art. 5, ultimo comma, del D.L. n. 663/1979 dispone che “l’assistenza sanitaria di cui al primo comma comprende anche la tutela sanitaria delle attività  sportive. Fermo restando quanto disposto dall’art. 61, quarto comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i controlli sanitari sono effettuati, oltre che dai medici della Federazione medico-sportiva italiana [F.M.S.I.], dal personale e dalle strutture pubbliche e private convenzionate, con le modalità  fissate dalle regioni d’intesa con il CONI e sulla base di criteri tecnici generali che saranno adottati con decreto del Ministro della sanità “.
Rilevata “la necessità  di stabilire, ai sensi dell’art. 5 del citato decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito nella predetta legge n. 33/80, i criteri tecnici generali in base ai quali debbono essere effettuati i controlli sanitari di idoneità  alle attività  sportive, per la parte relativa all’attività  agonistica”, l’Autorità  ministeriale adottava il D.M. 18 febbraio 1982, n. 133200, recante “Norme per la tutela sanitaria dell’attività  sportiva agonistica”.
L’art. 2 del provvedimento da ultimo richiamato dispone che “l’accertamento di idoneità , relativamente all’età  ed al sesso, per l’accesso alle singole attività  sportive agonistiche viene determinato dai medici di cui all’art. 5, ultimo comma, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito in legge n. 33/80”.
Quanto alla portata della norma richiamata, la circolare del Ministero della Sanità  del 31 gennaio 1983, stabilisce che per “medici FMSI bisogna intendere coloro che lo Statuto della Federazione stessa definisce soci ordinari e cioè medici in possesso della specializzazione in medicina dello sport o dell’attestato ministeriale di cui alla legge n. 1099/71”.
La circolare dello stesso Ministero della Sanità  del 18 marzo 1996 precisa ulteriormente che “le singole regioni ¦ scelgono la soluzione più idonea per l’accertamento dell’idoneità  alla pratica sportiva agonistica nel loro territorio secondo tre possibili moduli organizzativi ¦ 1) dai servizi pubblici di medicina dello sport; 2) dai centri privati autorizzati e accreditati ai sensi di legge; 3) dai singoli specialisti in medicina dello sport autorizzati a svolgere l’attività  certificatoria in quanto operanti in locali adeguati. Le regioni pertanto nel caso di strutture pubbliche e private definiscono ed applicano criteri di accreditamento in osservanza alle prescrizioni della legislazione di riordino del sistema sanitario ¦ nel caso di singoli medici identificano, tramite specifici elenchi aperti, gli specialisti titolari della funzione”.
Così chiarito il contesto normativo di riferimento, si deve in prima battuta rilevare che la disciplina di rango nazionale riconosce la possibilità  di assicurare le prestazioni in questione, e quindi il rilascio della certificazione di idoneità  alla pratica sportiva agonistica, secondo tre modelli organizzativi, il terzo dei quali, di interesse nel presente giudizio, mediante ricorso all’opera di “singoli specialisti in medicina dello sportin quanto operanti in locali adeguati”.
Tale impianto è, tuttavia, suscettibile di una difforme disciplina trattandosi di materia attribuita alla competenza dell’Ente regionale, come reso evidente dalla espressa riserva contenuta nel medesimo art. 5, ultimo comma, del D.L. n. 663/1979 sopra riportato (“Fermo restando quanto disposto dall’art. 61, quarto comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833”).
Ai sensi del citato art. 61, comma 4, infatti, “fino a quando non sarà  stato emanato il provvedimento di cui al secondo comma del presente articolo, la tutela sanitaria delle attività  sportive nelle regioni che non abbiano emanato proprie norme in materia, continuerà  ad essere assicurata, con l’osservanza dei principi generali contenuti nella legge 26 ottobre 1971, n. 1099 e delle normative stabilite dalle singole federazioni sportive riconosciute dal CONI, secondo i propri regolamenti”.
Ne deriva che la possibilità  di erogare le prestazioni in questione a mezzo di medici privati specializzati deve ritenersi consentita nella misura in cui ciò sia compatibile con il modello prestazionale adottato dalla Regione con propria normativa.
Sul punto si affrontano le inconciliabili posizioni, da un lato, del ricorrente che non ritiene la materia disciplinabile mediante atti dell’organo esecutivo (profilo oggetto di specifica censura con il terzo motivo di ricorso); dall’altro, delle resistenti che, richiamando i più volte citati provvedimenti della Giunta regionale, hanno interdetto al dott. Piazzolla il rilascio delle certificazioni.
Ciò evidenzia come il contrasto fra le parti interessi, altresì, il significato del contenuto dispositivo delle delibere in argomento che il ricorrente ritiene non esplichino gli effetti inibitori invocati dalle resistenti.
Il ricorso, in disparte ogni considerazione circa la ricognizione legislativa effettuata dal ricorrente (LL.RR. di Lombardia, Campania e Lazio) che non rileva ai fini del presente giudizio trattandosi di scelte riservate alla piena discrezionalità  dei singoli legislatori regionali, è fondato in ragione delle censure formulate con il primo e secondo motivo di ricorso.
L’art. 5, ultimo comma, del D.L. n. 663/1979, come anticipato, contempla la possibilità  di assicurare la certificazione mediante tre possibili moduli organizzativi demandando alla Regione la scelta circa il modello da attuarsi nel proprio territorio.
La Regione Puglia, che non si è dotata di una legge regionale in materia, con la delibera n. 2234 di approvazione della disciplina applicativa del D.M. 18 febbraio 1982, ha optato per un sistema incentrato sull’adozione di due dei tre modelli predisposti dalla legge nazionale prevedendo che le certificazioni possano essere rilasciate unicamente dai medici specialisti o dai medici diplomati in medicina dello sport ai sensi della L.n. 1099/1971, dipendenti o convenzionati con le UU.SS.LL. ex art. 48 della L.n. 833/1978, o dai medici specialisti in medicina dello sport operanti presso i Centri di medicina dello sport della FMSI convenzionati.
Analoga possibilità  non è stata riconosciuta ai medici privati in possesso di specializzazione.
La delibera n. 2234, all’epoca della sua approvazione, veniva fatta oggetto di rilievi da parte dalla Commissione di Controllo Regionale che, nella seduta del 10 giugno 1986, avanzava dubbi circa la competenza della Giunta affermando che la disciplina della materia doveva ritenersi riservata al Consiglio regionale e, a tal fine, deliberava di richiedere alla Regione “elementi integrativi di giudizio”.
Per ovviare a quanto rilevato, la Regione Puglia adottava una nuova delibera, la n. 7513, con la quale, precisando la portata della precedente, riconosceva il difetto di competenza della Giunta e precisava che “la delibera n. 2234 ¦ non fa altro che unificare in un testo le procedure e le modalità  che le UU.SS.LL. devono assumere nell’esercizio delle funzioni”.
Sulla base delle precisazioni contenute nel sopravvenuto provvedimento, la Commissione di Controllo, nella seduta del 21 ottobre 1986, preso atto che “con il secondo atto la G.R. chiarisce che il provv. non contiene alcuna disposizione normativa innovatrice – che sarebbe stata di competenza del legislatore regionale e non della G.R. – ma semplicemente la riunione in unico testo della normativa non di posizione regionale vigente” dichiarava “entro i delineati limiti di non avere provvedimenti da adottare”.
Da quanto esposto discende che le delibere regionali n. 2234 e 7513 non contengono, nè potrebbero contenere, una disciplina della materia derogatoria rispetto alla vigente disciplina nazionale pena la fondatezza del dedotto vizio di incompetenza di cui al 3° motivo di ricorso.
Ne consegue che, per tale ragione, e sino ad un eventuale intervento del legislatore regionale, il caso di specie è disciplinato dalla normativa di rango statale.
In particolare trovano applicazione il più volte citato art. 5, ultimo comma, del D.L. n. 663/1979, a norma del quale “i controlli sanitari sono effettuati, oltre che dai medici della Federazione medico-sportiva italiana [F.M.S.I.]”, nonchè, l’art. 2 del D.M. 18 febbraio 1982, n. 133200, da interpretarsi, come correttamente ritenuto dall’Autorità  ministeriale con circolare del 18 marzo 1996, nel senso che l’attività  di rilascio delle certificazioni è demandata ai “singoli specialisti in medicina dello sport autorizzati a svolgere l’attività  certificatoria in quanto operanti in locali adeguati.”.
Il ricorrente, dott. Piazzolla, è medico che, come attestato dall’Università  di Bari in data 27 marzo 2013, ha conseguito il titolo di Specialista in Medicina dello Sport, è socio della Federazione Medico Sportiva Italiana dal 16 gennaio 2009 (tess. N. 19428) ed esercita la propria attività  nei locali siti in Barletta alla via Vecchia Canosa n.8, in relazione ai quali, l’ASL BAT sul presupposto della conseguita specializzazione, con atto del 22 maggio 2012, ha concesso il “NULLA OSTA per l’attività  di MEDICINA DELLO SPORT” ex art. 5, comma 3, della L.R. n. 8/2004.
Dette condizioni consentono al ricorrente, nel rispetto dei protocolli medico sportivi vigenti, il rilascio della certificazione di idoneità  all’attività  sportiva agonistica.
Devono, tuttavia, farsi salvi gli effetti del provvedimento di diffida nella parte in cui diffida il ricorrente “a eliminare ogni e qualsiasi dicitura riportante autorizzazioni ricevute da questo Ufficio¦”.
Come si evince dalle produzioni dell’ASL BAT il dott. Piazzolla appone impropriamente in calce alle certificazioni rilasciate, mediante timbro, la dicitura “A. San. 22/05/2012 n. 036472”.
Il protocollo riportato, come correttamente precisato dalla resistente, non è riferito ad alcuna autorizzazione sanitaria, ma è relativo al nulla osta rilasciato al ricorrente ex art. 5, comma 3, della L.R. n. 8/2004, con il quale l’ASL si è limitata ad assentire, previa verifica dei necessari requisiti, l’utilizzo dei locali dal medesimo adibiti a studio per l’esercizio della propria attività .
Da quanto esposto deriva l’illegittimità  del provvedimento inibitorio adottato a carico del dott. Piazzolla mentre deve riconoscersi, nei sensi e nei limiti esposti, la legittimità  delle impugnate delibere regionali.
Per quanto precede il ricorso deve essere accolto nei descritti termini con annullamento parziale dell’atto di diffida n. 57207 adottato dalla ASL in data 30 agosto 2012, nella parte in cui inibisce al ricorrente il rilascio delle certificazioni di idoneità  all’attività  sportiva agonistica.
Le spese di lite, in ragione della specificità  delle questioni oggetto del giudizio, vengono compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Marco Poppi, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria