Pubblico impiego – Rapporto di servizio – Sospensione facoltativa dal servizio ex art. 92, D.P.R. n. 3/1957 – Ampia discrezionalità  amministrativa – Conseguenze

Il provvedimento di sospensione facoltativa dal servizio ex art. 92, D.P.R. n. 3/1957, è espressione di discrezionalità  amministrativa non sindacabile dinanzi al giudice amministrativo se non in presenza di evidenti profili di incongruità  ed illogicità  suscettibili di palesare, ancorchè in via sintomatica, una distorsione nell’esercizio del potere attribuito; parallelamente, può considerarsi pacifico il principio in base al quale, nel valutare l’opportunità  di mantenere in servizio il dipendente imputato, l’Amministrazione non è tenuta a formulare una articolata esposizione delle ragioni che rendono incompatibile la permanenza in servizio dell’interessato quando dette ragioni possano ricavarsi implicitamente dalla gravità  della fattispecie delittuosa contestata.

N. 00878/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02051/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2051 del 2010, proposto da: 
G. C., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonella Roselli presso la quale elegge domicilio, in Bari, via Dante n. 25; 

contro
Università  degli Studi di Bari, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Gaetano Prudente e Cecilia Antuofermo, con domicilio eletto presso Gaetano Prudente, in Bari, Uff.Leg. Ateneo p.za Umberto I n.1; 

per l’annullamento
del D.R. n. 8517 datato 7 ottobre 2010 con il quale è stata disposta la sospensione facoltativa dal servizio del ricorrente, ex art. 92 del D.P.R. 3/1957, per la durata di mesi sei,
oggetto di impugnazione con il ricorso introduttivo;
del D.R. n. 9654 del 15.12.2010, di parziale rettifica del D.R. n. 8517 del 7 ottobre 2010 con riduzione del periodo di sospensione,
impugnata con motivi aggiunti;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università  degli Studi di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 maggio 2013 il dott. Marco Poppi e uditi per le parti i difensori delle parti presenti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con decreto ex art. 429 c.p.p. del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Bari datato 1 ottobre 2010, il ricorrente, all’epoca Professore ordinario di Statistica sociale presso la Facoltà  di Economia dell’Università  di Bari, veniva rinviato a giudizio per i reati previsti e puniti agli artt. 1 e 2 della L. n. 425/1925 (“falsa attribuzione di lavori altrui”) per aver procurato indebitamente allo studente C. N. una tesi di laurea opera di altri.
La resistente Università , con decreto rettorale n. 8517 del 7 ottobre 2010, valutata la gravità  della condotta addebitata e ritenendo il fatto lesivo dell’immagine e della reputazione dell’Ateneo, applicava al ricorrente la sanzione della sospensione facoltativa dal servizio ex art. 92 del D.P.R. n. 3/1997 per la durata di 6 mesi.
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, notificato il 6 dicembre 2010, il ricorrente, nel frattempo collocato in quiescenza a domanda, impugnava il provvedimento di sospensione deducendone l’illegittimità  per difetto di motivazione, violazione dell’art. 92 del D.P.R. n. 3/1957, ed eccesso di potere sotto svariati profili.
La resistente Università  si costituiva in giudizio con atto depositato il 18 gennaio 2011 confutando le avverse doglianze e chiedendo la reiezione del ricorso.
Nel frattempo, il Rettore, con provvedimento n. 9654 del 15 dicembre 2010, preso atto dell’intervenuta cessazione del presupposto rapporto di servizio a far data dal 1 novembre 2010, modificava il precedente decreto n. 8517 limitatamente alla durata della sospensione già  determinata, disponendo che il Prof. C. rimanesse sospeso sino al 31 ottobre 2010.
Il ricorrente, con motivi aggiunti notificati il 24 febbraio 2011, impugnava l’intervenuta modifica riproponendo le medesime censure già  formulate con il ricorso introduttivo.
L’Università , con atto depositato il 5 aprile 2013, replicava a tale ulteriore iniziativa processuale riaffermando la legittimità  del proprio operato, insistendo per il rigetto del ricorso.
All’esito della pubblica udienza del 16 maggio 2013, la causa veniva trattenuta in decisione.
Con un unico e articolato motivo di ricorso, il Prof. C. contesta l’operato della resistente Università  deducendo che il provvedimento di sospensione non sarebbe stato preceduto da alcun accertamento istruttorio nè risulterebbe essere sorretto da un adeguato supporto motivazionale in quanto basato su un mero richiamo all’intervenuto rinvio a giudizio a proprio carico.
Un tale automatismo, che la normativa prevede unicamente in relazione all’istituto della sospensione obbligatoria dal servizio ex art. 91 del medesimo decreto, violerebbe l’art. 92 del D.P.R. n. 3/1957 che subordina l’adozione della sospensione facoltativa alla ricorrenza di “gravi motivi” da esplicitarsi nel provvedimento.
L’operato dell’Ateneo resistente sarebbe, pertanto, ispirato ad una logica punitiva contrastante con la natura non disciplinare dell’istituto della sospensione facoltativa e non sarebbe frutto di alcuna obiettiva valutazione delle responsabilità  del ricorrente, peraltro, tutte ancora da accertarsi in sede penale.
Difetterebbe ulteriormente un riferimento al necessario rapporto di causalità  fra “gli aspetti salienti del reato”, richiamati nel provvedimento impugnato, e la ritenuta negativa incidenza del fatto Secondo il ricorrente risulterebbe irrilevante, inoltre, il riferimento, anche questo contenuto nell’atto censurato, alla “notevole risonanza ambientale” dei fatti: elemento questo che potrebbe configurarsi con riferimento all’intera inchiesta giudiziaria e non anche alla singola posizione del ricorrente che si allega essere coinvolto nella vicenda oggetto di indagini solo marginalmente.
L’affermata marginalità  della condotta del ricorrente evidenzierebbe ulteriormente, da parte dell’Autorità  procedente, una palese violazione del principio di proporzionalità  essendo il Prof. C. estraneo ai fatti più gravi coinvolgenti gli altri imputati.
Le suesposte doglianze sono infondate.
Preliminarmente il collegio rileva che il ricorrente, nel presente giudizio, contesta un provvedimento espressione di discrezionalità  amministrativa non sindacabile in questa sede se non in presenza di evidenti profili di incongruità  ed illogicità  suscettibili di palesare, ancorchè in via sintomatica, una distorsione nell’esercizio del potere attribuito.
Evidenze che, come si argomenterà  non sono ravvisabili nel caso di specie.
L’art. 92 del D.P.R. n. 3/1957, prevede che “il ministro può, per gravi motivi, ordinare la sospensione dell’impiegato dal servizio anche prima che sia esaurito o iniziato il procedimento disciplinare”.
Circa la consistenza e articolazione del supporto motivazionale, può considerarsi pacifico il principio in base al quale, nel valutare l’opportunità  di mantenere in servizio il dipendente imputato, l’Amministrazione non è tenuta a formulare una articolata esposizione delle ragioni che rendono incompatibile la permanenza in servizio dell’interessato quando dette ragioni possano ricavarsi implicitamente dalla gravità  della fattispecie delittuosa contestata.(Cons. Stato, Sez. V, 16 marzo 1999, n. 262).
Il richiamato orientamento trova conferma anche nella più recente giurisprudenza laddove è stato chiarito “che il provvedimento di sospensione cautelare di un pubblico impiegato sia adeguatamente motivato con il solo riferimento al titolo dei reati contestatigli, quando questi ultimi si riferiscono a fatti specificamente attinenti alla sfera dell’Amministrazione e trovano origine proprio dalle funzioni esercitate dall’impiegato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 15 novembre 2001, n. 5832)” (Cons. St. Sez. V, 23 agosto 2008, n. 4384)
Esposto nei suindicati termini il contesto normativo e giurisprudenziale rilevante quale parametro di legittimità  dell’operato della resistente Università , con riferimento al caso di specie, deve rilevarsi che, come evidenziato dal Rettore nel provvedimento impugnato, “i fatti contestati in sede penale si riferiscono a circostanze specificamente attinenti alla sfera dell’Amministrazione universitaria e trovano origine proprio dalle funzioni di docente universitario esercitate dal Prof. Cusatelli Giorgio”.
In presenta di una simile fattispecie, e nonostante l’illustrata assenza di un onere di approfondita motivazione a carico dell’Università , il Rettore, in ordine alla specificazione degli interessi pubblici esposti a pregiudizio in ragione della condotta del ricorrente, ha motivato evidenziando “che il profilo saliente del reato determinante il rinvio a giudizio arreca grave nocumento al buon nome dell’Università  degli Studi di Bari la quale ha l’obbligo di salvaguardare la propria immagine e reputazione”, precisando ulteriormente “che allo stato l’immagine e la reputazione di questa Università  subirebbero notevole pregiudizio per la presenza in servizio del prof. Cusatelli Giorgio, la cui condotta ha determinato notevole risonanza ambientale, attese la peculiarità  e la delicatezza delle funzioni esercitate dalla stessa, in virtù del proprio status di docente universitario per il quale intrattiene rapporti diretti con gli studenti universitari”.
Emerge dall’esame dei suesposti contenuti che, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, l’Amministrazione non ha posto in essere alcun automatismo fra l’intervenuto rinvio a giudizio del docente e la successiva adozione del provvedimento di sospensione del medesimo.
Come sopra evidenziato, infatti, il Rettore ha illustrato i fatti acquisiti a presupposto del proprio agire così come ha adeguatamente illustrato gli interessi pubblici coinvolti ed ha adeguatamente esposto le ragioni in base alle quali ha ritenuto l’opportunità  di ricorrere alla misura della sospensione.
Ne deriva, pertanto, l’infondatezza del dedotto difetto di motivazione atteso che
i richiamati contenuti della determinazione censurata sono tali da rendere pienamente comprensibile l’iter logico seguito dall’Amministrazione nell’addivenire alla definizione del procedimento nei sensi in questa sede censurati.
Parimenti infondato è il dedotto difetto di istruttoria per omessa valutazione delle personali responsabilità  del prof. Cusatelli, “peraltro ancora da accertare in via definitiva in sede penale” che, all’evidenza, implicherebbe un giudizio che non compete all’Autorità  amministrativa.
Avuto riguardo alla natura degli interessi pubblici coinvolti dall’agire amministrativo, nessun rilievo nel senso invocato dal ricorrente assume, infine, la circostanza (rappresentata con memoria depositata il 24 aprile 2013) che lo studente N.C. (in ipotesi, favorito dal Prof. C.) non avrebbe presentato il “modulo tesi” firmato dal ricorrente “nè tanto meno la tesi” trattandosi, anche in questo caso, di argomentazioni difensive eventualmente spendibili in sede penale, così come sarà  detta ultima sede che dovranno essere comprovati come “assolutamente investenti” i fatti reato addebitati.
Per quanto precede il ricorso deve essere respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente la pagamento delle spese di giudizio che liquida in € 2.500,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Marco Poppi, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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