1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio- Espropriazione per pubblica utilità  – Cessione volontaria – Sopravvenuto difetto di interesse


2. Risarcimento del danno – Espropriazione per pubblica utilità  – Occupazione senza titolo – Risarcimento del danno – Reintegrazione in forma specifica – Limiti


3. Giurisdizione – Espropriazione per pubblica utilità  – Occupazione senza titolo – Risarcimento del danno – Giudicato dell’A.G.O. –  Domanda dinanzi al giudice amministrativo  – Inammissibilità  

1. La cessione volontaria dei suoli in favore dell’ente espropriante, intervenuta dopo l’instaurazione del giudizio avverso gli atti della procedura espropriativa, determina il sopravvenuto difetto di interesse alla decisione nel merito, in quanto incompatibile con la volontà  di coltivare la lite.


2.   Nell’ambito di una procedura espropriativa, in assenza di un atto latu sensu “ablativo” (come il provvedimento ex art. 42bis D.P.R. 327/2001), non si determina alcun effetto traslativo della proprietà  in capo alla p.A. Di conseguenza, deve escludersi la risarcibilità  del danno da perdita della proprietà  del fondo, potendo invece ammettersi la domanda di restituzione del bene.


3.   La sentenza dell’A.G.O. che ha condannato l’Amministrazione a risarcire il danno da illegittima occupazione ovvero per “occupazione appropriativa” è idonea ad escludere ulteriori richieste risarcitorie dinanzi al giudice amministrativo, in considerazione del principio secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile.

N. 00849/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00229/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 229 del 2003, proposto da: 
Di Sabato Dante Mario Italo, Di Sabato Michele, Di Sabato Renato, Di Sabato Rita, Di Sabato Teodomiro, rappresentati e difesi dall’avv. Vincenzo Sica, con domicilio eletto presso Mario De Bartolo in Bari, via Putignani, n.142; 

contro
Comune di Castelnuovo della Daunia; 

e con l’intervento di
principali:
Modestina Di Sabato, Gioachino Di Sabato, Rosanna Di Sabato, Nicola Di Sabato, Teodomiro Di Sabato, rappresentati e difesi dall’avv. Vincenzo Sica, con domicilio eletto presso Mario De Bartolo in Bari, via Putignani, n.142; 

per la condanna del comune di castelnuovo della daunia
a) per i terreni occupati a seguito di dpu (e per ciò interessati dalla procedura espropriativa mai portata a termine):
1) il risarcimento del danno derivante dalla “occupazione appropriativa”.
2) nonchè l’indennità  per il periodo di occupazione legittima, oltre interessi legali e rivalutazione della stessa;
b) per i terreni illegittimamente occupati senza previa dpu:
1) la restituzione o, in subordine e laddove questa non dovesse essere considerata possibile, il risarcimento del danno per la perdita di proprietà .
2) gli interessi compensativi per il periodo precedente, a partire dalla data di spossessamento, nonchè la rivalutazione monetaria sino alla data della sentenza e gli interessi legali.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 aprile 2013 il dott. Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori avv. Vincenzo Sica;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con il ricorso n.229/2003, i ricorrenti, condomini parziali iure ereditario di alcuni fondi, chiedono il ristoro (la dizione è volutamente generica) per l’occupazione, di cui contestano la legittimità  , di tre porzioni distinte di suolo appartenenti al loro dante causa, interessate (a diverso e vario titolo di cui si darà  conto nel prosieguo) da diverse procedure espropriative mai portate a termine, tutte relative a particelle (432,20 e110) di cui al foglio 32 .
Per maggiore chiarezza espositiva, esse sono così individuabili:
– 1) suolo di mq 24 (ex particella 432) di cui alla DGC 294/1986, oggetto di decreto di occupazione di urgenza n. 15/1987.
-2) suolo di oltre mq 1400 (pari a mq 740,95 ex particella 20 + mq 669,50 ex particella 110), frutto dell’occupazione di parte della particella 20 e di parte della particella 110, di cui alle DGC nn.129/1986 e 288/1990 (quest’ultima integrativa della prima), oggetto di decreto di occupazione di urgenza n. 1/1991, destinato a opere di urbanizzazione del PEEP.
– 3) suolo non meglio identificato nella propria consistenza, oggetto di possibile sconfinamento da parte del Comune, in fase esecutiva della procedura di esproprio sub 2.
Relativamente ai fondi sub 1 e 2, deducono la mancata adozione del decreto di esproprio e la conseguente illegittima occupazione degli stessi, a far data dalla scadenza del decreto di occupazione di urgenza.
Relativamente al suolo sub 3 deducono (a titolo dubitativo e chiedendone l’accertamento peritale tramite incombenti istruttori) il difetto di qualsivoglia titolo a supporto dell’occupazione.
Rilevano la intervenuta integrale ed irreversibile trasformazione di tali fondi.
Chiedono:
A) per i terreni occupati a seguito di DPU (e per ciò interessati dalla procedura espropriativa mai portata a termine):
1) il risarcimento del danno derivante dalla occupazione appropriativa;
2) nonchè l’indennità  per il periodo di occupazione legittima, oltre interessi legali e rivalutazione della stessa;
B) per i terreni illegittimamente occupati senza previa DPU (cioè quelli oggetto di possibile sconfinamento):
1) la restituzione o, in subordine e laddove questa non dovesse essere considerata possibile, il risarcimento del danno per la perdita di proprietà .
2) gli interessi compensativi per il periodo precedente, a partire dalla data di spossessamento, nonchè la rivalutazione monetaria sino alla data della sentenza e gli interessi legali.
Con successivo atto di intervento, agli originari ricorrenti (proprietari pro quota di parte soltanto degli immobili in questione), si sono uniti gli ulteriori coeredi, formulando anch’essi richieste di ristoro per le medesime illegittime occupazioni.
Le conclusioni degli intervenienti, parzialmente difformi da quelle degli originari ricorrenti, sono state poi integralmente uniformate a quelle di questi ultimi, come da verbale di udienza del 25.10.2012.
Deve, dunque, rilevarsi che, a seguito di atto di intervento (da qualificarsi come intervento principale, ammissibile in quanto si verte in materia di diritti soggettivi devoluti alla giurisdizione del g.a.), la domanda di ristoro risulta proposta dalla totalità  dei comproprietari rappresentanti, pro quota, i 60/60 dei fondi de quibus agitur.
Il Collegio ha disposto, con la nomina di verificatore, adempimenti istruttori volti a verificare la consistenza dei terreni occupati, lo stato dei luoghi (se oggetto di trasformazione irreversibile o meno) e l’esistenza di eventuali sconfinamenti.
Gli esiti della prima verificazione possono essere così riassunti:
A) la striscia di 24 mq (indicata sub 1 della presente motivazione) è stata oggetto di occupazione a seguito del summenzionato decreto di occupazione di urgenza, mai seguito da decreto di esproprio. Essa risulta adibita ad uso pubblico, perchè trasformata in marciapiede lungo il margine di una pubblica via.
B) In merito agli altri terreni oggetto del decreto n.1/91 e di eventuali sconfinamenti, la verificazione ha indicato l’esistenza di “sconfinamenti”, ma non ha chiarito esattamente come abbia inteso tale dizione, restando dubbia la circostanza che con tale termine l’esperto abbia inteso alludere a sconfinamenti nel senso di ampliamento senza titolo dell’occupazione di terreni ulteriori rispetto a quelli oggetto di decreto n.1/1991 (ovverosia sconfinamenti di fatto nell’occupazione).
Tuttavia, un dato è apparso estremamente chiaro all’esito del primo accertamento, dato, altresì, estremamente rilevante ai fini del decidere e che la difesa di parte ricorrente ha inspiegabilmente sottaciuto:
– alcune particelle usate per la viabilità  perimetrale del PEEP e oggetto del presente giudizio, sono state già  oggetto di risarcimento disposto dal giudice civile con sentenza n. 177/2000 del Tribunale di Lucera. Infatti, tali terreni sono stati oggetto di domanda giudiziaria di risarcimento per illegittima occupazione ovvero “occupazione appropriativa” (previa dichiarazione di nullità  del precedente atto di cessione volontaria riguardante gli stessi), proposta dinanzi al Tribunale di Lucera che ha accolto la domanda risarcitoria con la sentenza appena citata, condannando il Comune al relativo risarcimento.
Non risulta che la sentenza sia passata in giudicato, ma tanto può desumersi in via induttiva, in quanto i ricorrenti non hanno dedotto che la stessa sia stata gravata (ipotesi, questa, peraltro inverosimile, in quanto gli stessi risultavano vittoriosi). Nè analoga controdeduzione risulta formulata dal Comune, sicchè deve presumersi che la stessa sia divenuta definitiva.
Il Collegio ha, pertanto, rilevato che alcuni fondi (la cui consistenza non è stata esattamente illustrata con la prima verificazione ), oggetto dell’odierna domanda, sono stati già  oggetto di ristoro in sede civile.
Ha, pertanto, disposto un supplemento di verificazione, al quale si rinvia integralmente, che ha consentito di accertare che, tranne i 24 mq trasformati in marciapiede, tutti i suoli, oggetto del presente giudizio sono stati:
– o oggetto di ristoro monetario disposto con sentenza n.177/2000 del tribunale di Lucera (che ha condannato il Comune al relativo risarcimento);
– ovvero oggetto di cessione volontaria stipulata dinanzi al notaio il 5.12.2003 (cioè poco dopo l’introduzione del giudizio).
Conclusivamente, pertanto, salvo il marciapiede di cui si è già  detto, tutti gli ulteriori suoli oggetto della presente controversia sono stati, comunque, oggetto di diversi atti o negoziali o giudiziari in favore dei ricorrenti o del loro dante causa.
Quanto agli “sconfinamenti”, qualunque sia il significato che il verificatore abbia inteso attribuire a tale dizione, essi risultano, di fatto coperti dai precedenti atti dispositivi/giudiziari in quanto o sono stati oggetto di cessione o di risarcimento ex sent. civile n. 177/2000.
Sulla scorta di tali esiti istruttori deve, pertanto concludersi che:
– per i suoli oggetto di cessione volontaria, successiva all’instaurazione del giudizio, l’atto dispositivo, incompatibile con la volontà  di coltivare la lite, determina il sopravvenuto difetto di interesse alla decisione nel merito, essendosi le parti spogliate della proprietà  dei beni di cui inizialmente hanno reclamato giudizialmente il ristoro monetario.
– analogamente è a dirsi per i suoli oggetto di sentenza n. 177/2000 per cui deve dichiararsi l’inammissibilità  del ricorso in virtù del principio del ne bis in idem.
Non può neppure accogliersi la richiesta di pagamento di una somma a titolo di ristoro per l’occupazione dei terreni oltre il termine di occupazione legittima, in quanto da un lato la sentenza civile già  citata ha già  disposto sulla relativa domanda e, comunque, deve ritenersi idonea ad escludere ulteriori richieste risarcitorie in considerazione del principio che il giudicato copre il dedotto ed il deducibile.
D’altro canto la cessione volontaria stipulata nel 2003, per i restanti terreni, ha analoga funzione dispositiva omnicomprensiva di tutte le pretese connesse all’occupazione dei relativi suoli.
Quanto alla richiesta di pagamento dell’indennità  per il periodo di occupazione legittima, oltre interessi legali e rivalutazione della stessa, non può che rilevarsi il difetto di giurisdizione del Tar.
A norma dell’art. 53, co 3, del T.U. espr, resta, ferma, infatti, per tali controversie la giurisdizione del Giudice Ordinario (V. Cass. n. 23/2011 e CDS n. 804/2011).
Resta all’esame del Collegio la sorte del terreno di 24 mq circa, di cui si proceduto, peraltro, anche a stimare il valore.
Senonchè, proprio in sede di discussione finale, la Sezione ha reso edotto il difensore di parte ricorrente del mutato orientamento giurisprudenziale, di recente seguito da questo Giudice, in ordine alla risarcibilità  del danno per perdita di proprietà  di un bene di cui si allega la irreversibile trasformazione a seguito di incompiuta procedura espropriativa.
Lo ha, pertanto, invitato a precisare le sue conclusioni specificando se, intendesse eventualmente chiedere in via subordinata o sostitutiva la restituzione del bene, invece, del risarcimento del danno.
La difesa ha, tuttavia, insistito per la richiesta risarcitoria.
Sul punto, non possono, pertanto, che richiamarsi i principi affermati nel precedente della Sezione, a cui si rinvia (sent. di questo Tar n. 522/2013 resa su ricorso n. 1761/2010), che escludono la risarcibilità  del danno da perdita di proprietà , ammettendo solo la restituzione del bene. Tanto sul presupposto che, in assenza di un atto latu sensu”ablativo” ( comprendente anche il provvedimento ex art. 42 bis dpr 32772001), la proprietà  non può che rimanere in capo all’originario titolare del bene, senza che la irreversibile trasformazione possa determinare danno da perdita di proprietà .
Per le ragioni appena esposte il ricorso non può trovare accoglimento.
Nulla per le spese, non essendosi il Comune costituito.
Restano, tuttavia a carico dei ricorrenti le spese di verificazione che vengono liquidate in dispositivo e nella misura richiesta dal verificatore, attesane la congruità , con provvedimento contestuale da qualificarsi, sul punto, decreto di liquidazione con il conseguente regime giuridico.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
– in parte lo rigetta;
-in parte lo dichiara inammissibile;
– in parte lo improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse;
– in parte dichiara il difetto di Giurisdizione in favore del Giudice ordinario.
Nulla per le spese, salvo quelle di verificazione che vengono definitivamente poste a carico dei ricorrenti in solido e si liquidano in Euro 3.147,64 omnicomprensivi (da cui detrarre, in sede di pagamento, gli acconti eventualmente già  corrisposti) in favore del verificatore Ing. B.E. di Lullo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 11 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
Oscar Marongiu, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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