1.  Ambiente ed Ecologia – Inquinamento – Impianto per telefonia mobile – Autorizzazione – Parere favorevole dell’ARPA – Diniego del Comune – Illegittimità 


2.  Ambiente ed ecologia – Inquinamento – Impianto per telefonia mobile – Valutazione della lesività  dei campi elettromagnetici – Competenza dello Stato


3.  Ambiente ed ecologia – Inquinamento – Impianto per telefonia mobile – Localizzazione – Regolamento regionale 14/2006 – Criteri orientativi

1. Il conseguimento del parere favorevole dell’ARPA Puglia alla realizzazione di una stazione radio base per telefonia cellulare comporta il riconoscimento della compatibilità  dell’impianto con i limiti di legge per le emissioni elettromagnetiche. Per tale motivo deve ritenersi illegittimo il diniego espresso dal Comune sulla base di argomentazioni legate alla concentrazione di impianti nella zona prescelta.


2. Il potere a contenuto pianificatorio dei Comuni di fissare, ai sensi dell’art. 8, u.c., L. n. 36/2001, criteri localizzativi per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici deve tradursi in regole ragionevoli, motivate e certe, poste a presidio di interessi di rilievo pubblico, ma non può tradursi in un generalizzato divieto di installazione nelle zone urbanistiche identificate, in quanto le limitazioni riferite ai limiti massimi di esposizione all’elettromagnetismo, essendo funzionali non al governo del territorio, ma alla tutela della salute da immissioni radioelettriche, sono riservate allo Stato attraverso l’individuazione di puntuali limiti di esposizione, da introdursi con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’Ambiente di concerto con il Ministro della Salute.


3. La disposizione posta dall’art. B del Regolamento Regionale n. 14/2006, circa l’installazione di un numero di impianti “preferibilmente non superiore a due” per ogni sito, non individua un divieto assoluto di collocazione di più di due impianti, ma solo un criterio di orientamento tendenziale, da verificare in concreto anche alla luce delle emissioni prodotte, atteso che la normativa riguardante gli impianti di telefonia, contenuta nel D.Lgs. n. 259/2003, assimila tali impianti alle opere di urbanizzazione primaria (art. 86, comma 2), rendendone possibile l’installazione in tutte le zone del territorio comunale.

N. 00463/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01500/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1500 del 2008, proposto da: 
Vodafone Omnitel N.V., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Valentina Quero, con domicilio eletto presso quest’ultima in Bari, via della Resistenza, 48/H2; 

contro
Comune di Monte Sant’Angelo; 

per l’annullamento
della nota prot. n.8320 del 3.7.2008, in pari data trasmessa all’interessata a mezzo fax, con la quale il Settore Sicurezza e Annona del Servizio Ambiente del Comune di Monte Sant’Angelo ha negato l’autorizzazione richiesta dalla Società  Vodafone Omnitel N.V. in data 30.6.2008, congiuntamente a Telecom Italia S.p.a., per l’istallazione di una stazione radio base per telefonia cellulare su infrastrutture di TLC preesistenti da modificare per renderle idonee alla coubicazione presso la Centrale Telecom, in Via Cimitero;
di ogni atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso, ancorchè non conosciuto dalla ricorrente.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 marzo 2013 la dott. Francesca Petrucciani e udito per la ricorrente il difensore avv. Valentina Quero;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe la Vodafone Omnitel NV ha impugnato il provvedimento n. 8320 del 3.7.2008, con il quale il Comune di Monte Sant’Angelo le ha negato l’autorizzazione, richiesta unitamente a Telecom Italia, per l’installazione di una stazione radio base per telefonia cellulare su infrastrutture preesistenti.
La ricorrente ha esposto di possedere la licenza, rilasciata dal Ministero delle Comunicazioni, per l’espletamento del servizio di comunicazione elettronica in tecnologia GSM-UMTS-Wi-Fi sul territorio nazionale; tale licenza le impone di garantire un adeguato livello di qualità  del servizio, con progressiva copertura di tutto il territorio nazionale mediante la realizzazione di una propria rete di stazioni radio base; alla licenza consegue, ai sensi dell’art. 26 D.lgs. 259/03, il diritto di richiedere le autorizzazioni o presentare le dichiarazioni per installare le infrastrutture, assimilate ex lege alle opere di urbanizzazione primaria ed aventi carattere di pubblica utilità .
Ha dedotto, altresì, di avere presentato in data 30 giugno 2008 richiesta di autorizzazione, congiuntamente a Telecom Italia s.p.a., per la realizzazione di una stazione radio base per telefonia cellulare con sistema UMTS da ubicarsi nel Comune di Monte Sant’Angelo presso la centrale Telecom, in attuazione degli accordi stipulati tra le due società  per la condivisione degli impianti.
Con il provvedimento impugnato il Comune di Monte Sant’Angelo ha comunicato alla ricorrente il diniego all’installazione dell’impianto.
A sostegno del ricorso sono state sollevate le seguenti censure:
1. violazione e falsa applicazione degli artt. 86 e ss. D.Lgs. 259/2003, dell’art. 8 L. 36/2001 e dell’art. 6 L.R. 5/2002, violazione del D.P.C.M. 8 luglio 2003, eccesso di potere, in quanto una delle ragioni poste a fondamento del diniego era la concentrazione di impianti nella zona e il contrasto con i principi del Regolamento regionale 14/2006, mentre l’installazione di impianti quali quello progettato dalla Vodafone è subordinata unicamente al rispetto del limite di 6 v/m fissato dal D.P.C.M. dell’8.7.2003, limite posto a tutela della salute e la cui verifica rientra nella competenza dell’autorità  statale; inoltre il parere dell’ARPA, del quale il Comune aveva evidenziato l’assenza, non era condizione per il titolo edilizio ma solo per l’attivazione dell’impianto;
2. violazione ed erronea applicazione dell’art. B del Regolamento Regionale n. 14/2006, eccesso di potere, in quanto il Comune aveva richiamato tale disposizione come ostativa all’installazione di più di due impianti nella medesima localizzazione, mentre il criterio posto dal Regolamento era l’installazione di un numero di impianti “preferibilmente non superiore a due”, con conseguente possibilità  di autorizzare anche un numero superiore;
3. violazione della disciplina che promuove la coubicazione e condivisione dei siti (Dir. Consiglio 2002/21/CE, D.Lgs. 259/2003, art. 49, comma 1, lett. f), art. 86, comma 2, art. 89, commi 1 e 2).
La ricorrente ha chiesto, altresì, la condanna dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno, quantificato in non meno di euro 52.000 mensili, con interessi e rivalutazione, o nella maggior somma che si è riservata di documentare in corso di giudizio.
Nessuno si è costituito per l’Amministrazione resistente.
Alla pubblica udienza del 6 marzo 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato.
Preliminarmente deve evidenziarsi che, con nota del 20 febbraio 2013, l’ARPA Puglia ha rilasciato parere favorevole alla realizzazione dell’impianto oggetto di controversia, rilevando la compatibilità  dell’impianto “con i limiti di legge attualmente vigenti, in relazione anche ad altri impianti radio emittenti presenti sul territorio e/o in fase di realizzazione”.
Il conseguimento del parere favorevole, con il riconoscimento della compatibilità  dell’impianto con i limiti di legge per le emissioni elettromagnetiche, dimostra che non sussiste una delle condizioni ostative riportate dal Comune nella motivazione del provvedimento impugnato, con conseguente fondatezza del relativo motivo di doglianza.
Va comunque esaminato anche il secondo motivo, con il quale è stata contestata la seconda circostanza posta a fondamento del provvedimento impugnato, ovvero la condizione, posta dall’art. B del Regolamento Regionale n. 14/2006, circa l’installazione di un numero di impianti “preferibilmente non superiore a due” per ogni sito.
Deve rilevarsi, in merito, che la normativa riguardante gli impianti di telefonia, contenuta nel D.Lgs. 259/2003, assimila tali impianti alle opere di urbanizzazione primaria (art. 86, comma 2), rendendone possibile l’installazione in tutte le zone del territorio comunale.
La scelta di inserire le infrastrutture di reti di telecomunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria esprime un principio fondamentale della legislazione urbanistica, come tale di competenza dello Stato.
La giurisprudenza, nel delineare il confine tra le competenze statali e quelle comunali in materia, ha affermato che, nel rilascio delle autorizzazioni in questione, i Comuni hanno l’obbligo di rispettare la normativa statale e regionale; di conseguenza, il potere a contenuto pianificatorio dei Comuni di fissare, ai sensi dell’art. 8 ultimo comma, L. n. 36 del 2001, criteri localizzativi per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici deve tradursi in regole ragionevoli, motivate e certe, poste a presidio di interessi di rilievo pubblico, ma non può tradursi in un generalizzato divieto di installazione in zone urbanistiche identificate. Tale previsione verrebbe infatti a costituire un’inammissibile misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile, in contrasto con l’art. 4, L. n. 36 del 2001, che riserva alla competenza dello Stato la determinazione, con criteri unitari, dei limiti di esposizione, dei lavori di attenzione e degli obiettivi di qualità , in base a parametri da applicarsi su tutto il territorio dello Stato (da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, 15 giugno 2011, n. 3646).
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 331/2003 ha, infatti, chiarito che nell’esercizio dei suoi poteri, il Comune non può rendere di fatto impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, trasformando i criteri di individuazione, che pure il Comune può fissare, in limitazioni alla localizzazione con prescrizioni aventi natura diversa da quella consentita dalla legge quadro n. 36 del 2001.
Le limitazioni alla localizzazione, specie ove riferite ai limiti massimi di esposizione all’elettromagnetismo sono infatti funzionali non al governo del territorio, ma alla tutela della salute dai rischi dell’elettromagnetismo e si trasformano in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che la legge riserva allo Stato attraverso l’individuazione di puntuali limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità , da introdursi con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’Ambiente di concerto con il Ministro della Salute (in tal senso, fra le tante, Cons. Stato, IV, 3 giugno 2002, n. 3095, 20 dicembre 2002, n. 7274, 14 febbraio 2005, n. 450, 5 agosto 2005, n. 4159; sez. VI, 1° aprile 2003, n. 1226, 30 maggio 2003, n. 2997, 30 luglio 2003, n. 4391; 26 agosto 2003, n. 4841, 15 giugno 2006, n. 3534).
Infine vi è da osservare che l’art. 90 del citato D.Lgs. n. 259/2003 dispone che gli impianti in questione e le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalità  hanno “carattere di pubblica utilità “, con possibilità , quindi, di essere ubicati in qualsiasi parte del territorio comunale, essendo compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche (residenziale, verde, agricola, ecc.: cfr., in tal senso, C.G.A. ordinanza 5 luglio 2006, n. 543; Cons. Stato, sez. VI, 4 settembre 2006, n. 5096; T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, 9 marzo 2011, n. 419).
Alla luce di tali considerazioni deve ritenersi che la citata disposizione del Regolamento regionale debba essere interpretata nel senso di individuare non un divieto assoluto di collocazione di più di due impianti, ma solo un criterio di orientamento tendenziale, da verificare in concreto anche alla luce delle emissioni prodotte; in tal senso depone, del resto, lo stesso tenore letterale della norma, nella quale è inserito l’avverbio “preferibilmente”.
Deve concludersi, pertanto, per la fondatezza anche del secondo motivo di impugnazione, in quanto, da un lato, il provvedimento impugnato si è limitato a richiamare la disposizione del Regolamento regionale asseritamente ostativa senza individuare in concreto le circostanze che deponevano per la non autorizzabilità  dell’impianto e, sotto altro profilo, il menzionato parere favorevole dell’ARPA, emesso previa verifica delle emissioni anche degli altri impianti, consente di ritenere soddisfatte le esigenze di tutela alla base della citata disposizione del Regolamento comunale.
Il ricorso va quindi accolto, con assorbimento del terzo motivo.
Deve invece essere respinta la domanda risarcitoria, in quanto enunciata esclusivamente nell’oggetto del ricorso e nelle conclusioni ma non sorretta da alcuna allegazione, nè specificazione delle voci di danno lamentate, nè prova.
Le spese di lite possono essere compensate attesa la mancata costituzione del Comune e la parziale soccombenza sulla domanda risarcitoria.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Francesca Petrucciani, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/04/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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