1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Ordinanza di demolizione – Motivazione puntuale  – Necessità  – Non sussiste 


2. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Ordinanza di demolizione – Inottemperanza – Sanzione –  Contenuto tipico


3. Leggi, decreti regolamenti – Incidente  di costituzionalità  – Ingiunzione di demolizione – Esercizio di funzione amministrativa –  – Sanzione conseguente a condanna penale – Rapporto

1. I provvedimenti di repressione degli abusi edilizi, ponendosi quali atti di natura vincolata, non necessitano, di regola, di motivazione particolarmente estesa, essendo sufficiente l’accertamento dell’abuso e l’analitica descrizione delle opere realizzate in assenza di titolo edilizio o in difformità  dallo stesso.


2. Esula dal contenuto tipico dell’ingiunzione a demolire ex art. 31, comma 3, D.P.R. 380/2001, provvedimento avente natura di diffida all’autore dell’abuso finalizzata a consentire al destinatario la spontanea esecuzione dell’ordine demolitorio, l’indicazione della misura dell’area da acquisire, elemento, viceversa, essenziale dell’ordine di acquisizione del bene al patrimonio comunale che viene comminato dall’Amministrazione a titolo di sanzione per l’inottemperanza alla predetta ordinanza.


3. àˆ infondata la questione di legittimità  costituzionale dell’art. 31 comma 9 del d.p.R. 380/2001 (art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47) nella parte in cui la norma attribuisce al giudice penale  il potere di ordinare, con la sentenza di condanna, la demolizione delle opere abusive. L’ordine di demolizione del giudice penale, infatti, ha natura suppletiva rispetto a quello della p.A. competente e si configura come necessaria sanzione – priva di contenuto discrezionale –  conseguente alla sentenza di condanna: non essendo suscettibile di passaggio in giudicato può essere revocato in sede esecutiva, seppur nei limiti di compatibilità  con l’esercizio del potere discrezionale della p.A. che, nell’esercizio della sua autonomia, abbia conferito alla “res” altra destinazione o abbia provveduto alla sua sanatoria.

N. 00435/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00382/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 382 del 2008, proposto da: 
Michele De Sario e Nunzia Romanelli, rappresentati e difesi dagli avv.ti Pasquale Lancellotti e Nicola Fabio De Feo, con domicilio eletto presso lo studio del primo avvocato in Bari, via G. Toma, n. 24;

contro
Comune di Capurso, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Emanuele Petronella, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Bari, via Principe Amedeo, n. 165; 

per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
“dell’ordinanza di demolizione lavori abusivi n. 7 del 24.12.2007, emessa dal Settore assetto del territorio del Comune di Capurso e notificata in data 27.12.2007, con connessa diffida all’ottemperanza e ripristino dello stato dei luoghi e contestuale preavviso di eventuale acquisizione di diritto dei manufatti realizzati e dell’ulteriore superficie di mq. 7.316,00, nonchè di ogni altro atto presupposto, conseguente, e o collegato, anche se sconosciuto.”
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Capurso;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’ordinanza n. 184 del 31 marzo 2008, di rigetto dell’istanza incidentale di sospensione cautelare;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2013 la dott.ssa Rosalba Giansante e udito per la parte resistente il difensore, l’avv. Domenico Petronella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Con ricorso ritualmente notificato il 25 febbraio 2008 e depositato il 6 marzo 2008, i sig.ri Michele De Sario e Nunzia Romanelli hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza del Comune di Capurso n. 7 del 24 dicembre 2007, notificata in data 27 dicembre 2007, di demolizione dei lavori abusivi e ripristino dello stato dei luoghi e contestuale preavviso, in caso di inottemperanza a quanto disposto con la stessa ordinanza, di acquisizione di diritto al Comune di Capurso dei manufatti realizzati e dell’ulteriore superficie di mq. 7.316,00.
In via preliminare i ricorrenti hanno sollevato la questione di incostituzionalità  dell’art. 31, commi 2 e 3 del d.p.r. n. 380 del 2001, in rapporto con il comma 9 dello stesso articolo, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione.
Con un unico motivo di ricorso i sig.ri De Sario e Romanelli hanno poi contestato la legittimità  del provvedimento impugnato, deducendo le seguenti censure: violazione di legge ed eccesso di potere in relazione all’art. 31, comma 3, del d.p.r. n. 380 del 2001 ed all’art. 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990, travisamento dei fatti, sviamento di potere, errata interpretazione dei presupposti di legge, carenza di motivazione del provvedimento.
Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di Capurso, chiedendo il rigetto del gravame.
Entrambe le parti hanno prodotto documentazione ed il Comune resistente ha depositato una memoria per la camera di consiglio.
Alla camera di consiglio del 28 marzo 2008, con ordinanza n. 184, è stata respinta la domanda incidentale di sospensione cautelare.
Il Comune di Capurso ha presentato una ulteriore memoria per l’udienza di discussione.
All’udienza pubblica del 21 febbraio 2013 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e va come tale respinto.
Con un unico motivo di ricorso i sig.ri Michele De Sario e Nunzia Romanelli hanno contestato la legittimità  del provvedimento impugnato, deducendo le seguenti censure: violazione di legge ed eccesso di potere in relazione all’art. 31, comma 3, del d.p.r. n. 380 del 2001 ed all’art. 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990, travisamento dei fatti, sviamento di potere, errata interpretazione dei presupposti di legge, carenza di motivazione del provvedimento.
Parte ricorrente lamenta che Comune di Capurso, in caso di inottemperanza all’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, oggetto di gravame, avrebbe disposto nella medesima ordinanza l’acquisizione di diritto al patrimonio comunale dell’area pari a mq. 7.316,00, superficie che sarebbe esattamente pari a dieci volte l’area dei “manufatti edilizi abusivamente realizzati”, senza motivare su tale punto.
Il motivo è privo di pregio.
Come chiarito dalla prevalente giurisprudenza, già  condivisa da questa Sezione e dalla quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, per giustificare l’ingiunzione di demolizione è necessaria e sufficiente l’analitica descrizione delle opere abusivamente realizzate, in modo da consentire al destinatario della sanzione di rimuoverle spontaneamente, ogni altra indicazione esulando dal contenuto tipico del provvedimento, non occorrendo in particolare anche la descrizione precisa della superficie occupata e dell’area di sedime che dovrebbe essere confiscata in caso di mancata, spontanea esecuzione; elementi questi, invece, necessariamente afferenti la successiva ordinanza di gratuita acquisizione al patrimonio comunale (Tar Bari, Sez. III, 23 giugno 2010, n. 2606; Tar Napoli Sez. III, 12 marzo 2010, n.1420; Tar Lazio, Latina, Sez. I, 6 agosto 2009, n. 780; Tar Veneto, sez. II, 10 giugno 2009, n. 1725; Cons. Stato, sez. IV, 26 settembre 2008, n. 4659; Tar Umbria, 26 gennaio 2007, n. 44).
La previa diffida all’autore dell’abuso è, infatti, finalizzata a consentire al privato la spontanea esecuzione dell’ordine demolitorio, al fine di escludere il perfezionarsi della sanzione acquisitiva a suo danno; la misura dell’area da acquisire, contenuta nell’ordine di demolizione, deve conseguentemente reputarsi meramente indicativa in quanto la corretta determinazione potrà  avvenire soltanto dopo il rituale accertamento, da parte del Comune, dell’inottemperanza all’ingiunzione (cfr. TAR Milano, Sez. II, 26 gennaio 2010, n. 175).
Passando ad analizzare la fattispecie oggetto di gravame il Collegio deve evidenziare che il provvedimento impugnato contiene l’analitica descrizione delle opere abusivamente realizzate e reca l’esplicita indicazione delle conseguenze della mancata demolizione; più specificatamente reca l’espressa indicazione che, in difetto della demolizione, <<¦.si provvederà  ai sensi dell’art. 31 – comma 3 – del D.P.R. 380/2001 ad acquisire di diritto (gratuitamente) al patrimonio comunale¦.e ad adottare i successivi provvedimenti previsti dal precitato art. 31 del D.P.R. n. 380/2001>> (così testualmente a pag. 3 dell’ordinanza); reca inoltre la disposizione della trasmissione della medesima ordinanza al Comando di Polizia Municipale per la conseguente verifica della sua osservanza.
Il provvedimento impugnato, alla luce di quanto sopra esposto, deve quindi ritenersi legittimamente adottato dall’ente locale resistente.
Ritenuto infondato l’unico motivo di ricorso dedotto, il Collegio deve, quindi, esaminare la questione di incostituzionalità  dell’art. 31, commi 2 e 3 del d.p.r. n. 380 del 2001, in rapporto con il comma 9 dello stesso articolo, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione, sollevata da parte ricorrente.
In particolare parte ricorrente dubita della compatibilità  dei suddetti articoli del d.p.r. n. 380 del 2001 con espresso riguardo al potere dell’autorità  amministrativa di ordinare le demolizione/rimozione del manufatto, pendente giudizio penale per lo stesso fatto storico, come nella fattispecie oggetto di gravame, in quanto si porrebbero in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., il diritto di difesa previsto dall’art. 24 Cost. ed il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, ex art. 27 Cost..
Il Collegio, concordando con la prospettazione di parte resistente, ritiene che la questione sia manifestamente infondata.
Il comma 9 dell’art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2001 prevede: “Per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita.”.
Al riguardo la Corte di Cassazione, Sezione VI, con le pronunce del 2 novembre 1990 e 7 marzo 1994, condivise dal Collegio, peraltro pronunce ormai risalenti nel tempo, circostanza questa che si ritiene costituisca ulteriore prova che la questione stessa sia ormai ritenuta pacificamente manifestamente infondata dalla giurispudenza, ha dichiarato la manifesta infondatezza del previgente art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 il cui testo è stato riprodotto nell’art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2001 di cui trattasi.
La Corte di Cassazione ha ritenuto, infatti, manifestamente infondata la questione di legittimità  costituzionale dell’art. 7 della legge n. 47 del 1985 che attribuiva al giudice, come il comma 9 dell’art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2001, il potere di ordinare, con la sentenza di condanna, la demolizione delle opere abusive, poichè l’attribuzione di tale potere al giudice penale non comporta alcuna usurpazione della funzione amministrativa, trattandosi di un intervento di natura suppletiva rispetto ai poteri della P.A.; pur essendo suppletivo l’ordine del giudice, esso non viola tuttavia l’autonomia della p.a., la quale resta libera di provvedere diversamente in merito ordinando, ad esempio, l’acquisizione del manufatto al patrimonio pubblico e rilasciando la concessione in sanatoria.
Secondo la Corte di Cassazione l’ordine di demolizione, previsto dall’art. 7 l. n. 47 del 1985, ha natura amministrativa ed è disposto dal giudice in via di supplenza soltanto quando la pubblica amministrazione non abbia già  eseguito essa stessa la demolizione dalla data della pronuncia giudiziale. L’ordine è quindi un provvedimento dovuto, privo di contenuto discrezionale ed è consequenziale alla sentenza di condanna.
L’ordine di demolizione emesso con la sentenza di condanna non essendo suscettibile di passaggio in giudicato può essere revocato in sede esecutiva. La revoca, però, può essere disposta soltanto se la demolizione è assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità  che abbia conferito alla “res” altra destinazione o abbia provveduto alla sua sanatoria.
Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della parte ricorrente, nell’importo liquidato nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i sig.ri Michele De Sario e Nunzia Romanelli, in solido, al pagamento di complessivi € 1.500,00 (euro millecinquecento/00) in favore del Comune di Capurso, a titolo di spese, diritti ed onorari di causa, oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Rosalba Giansante, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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