1. Procedimento amministrativo – Partecipazione –  Omessa comunicazione di avvio del procedimento e del preavviso di rigetto – Provvedimento  vincolato –  Legittimità  – Fattispecie


2. Edilizia ed urbanistica – Attività  edilizia privata -Tettoie e altre coperture – Costruzioni abusive – In assenza di titolo – Permesso di costruire e d.i.a. “alternativa” -Presupposti – Fattispecie


3. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Concessione edilizia in sanatoria – Accertamento di conformità  – Requisito della “doppia conformità ” – Fattispecie

1. Sebbene l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento sia stato esteso, dalla L. n. 15/2005, anche ai provvedimenti ad iniziativa di parte, è legittimo il provvedimento adottato in assenza di tale comunicazione nonchè in assenza dell’invio del preavviso di rigetto qualora la p.A. dimostri, ai sensi dell’art. 21octies, co. 2, della L. 241/1990, che il provvedimento costituisce espressione di un potere vincolato rispetto ai presupposti normativi richiesti e dei quali deve farsi applicazione ovvero che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (nel caso di specie, è stato ritenuto legittimo il diniego di sanatoria adottato senza la preventiva comunicazione di avvio del procedimento e senza il preavviso di diniego in quanto il Comune ha dimostrato che l’opera realizzata non aveva le caratteristiche della precarietà  e della rimovibilità  e, peraltro, non risultava conforme allo strumento urbanistico generale vigente).


2. Le tettoie possono ritenersi sottratte al regime del permesso di costruire soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendano evidente e riconoscibile la finalità  di arredo, di riparo e di protezione (anche da agenti atmosferici) dell’immobile cui accedono; tali strutture, viceversa, non possono ritenersi installabili senza permesso di costruire o d.i.a. alternativa (ai sensi dell’art. 22 T.U. 380/2001) allorquando le loro dimensioni siano di entità  tale da arrecare una visibile alterazione dell’edificio in quanto, in tal caso, assumono la consistenza di nuova opera per la trasformazione che determinano nel territorio e nell’assetto edilizio preesistente (nella fattispecie in esame, è stato ritenuto che l’opera realizzata – un gazebo coperto, stabilmente ancorato al suolo e con una superficie tale da consentire un autonomo utilizzo – in quanto avente le caratteristiche di una vera e propria costruzione, avrebbe dovuto essere preceduta da rilascio di permesso di costruire e non da semplice d.i.a.).


3. La disciplina relativa all’accertamento di conformità  delle opere realizzate in mancanza o in difformità  dal permesso di costruire richiede la sussistenza del requisito della cd. “doppia conformità “, ossia la conformità  alla disciplina vigente al momento della realizzazione dell’intervento e a quella vigente al momento della presentazione della domanda o, quantomento, al momento in cui la p.A. provvede sulla domanda di sanatoria (cd. sanatoria giurisprudenziale). (Nel caso di specie, è stata accertata la non conformità  dell’opera realizzata allo strumento urbanistico generale vigente e, in particolare, alle n.t.a., nella parte in cui impongono una distanza minima dal confine).

N. 00436/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00816/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 816 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Nicola Ripanto e Margherita Intini, rappresentati e difesi dall’avv. Stefania Saponara, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luca Di Stefano in Bari, via Monte Grappa, n. 143; 

contro
Comune di Monopoli, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Lorenzo Dibello, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesco Semeraro in Bari, via Dante, n. 51; 

per l’annullamento
quanto al ricorso introduttivo:
“della diffida per DIA 00009/2008 – N.0000407/2008 protocollo N. 0015553/2008 del 2 aprile 2008 successivamente spedita in data 8 aprile 2008 e notificata in data 9 aprile 2008 adottata dal responsabile del provvedimento Ing. Ronzino, avente ad oggetto: Diffida per DIA a carico del sig. Ripanto Nicola quale proprietario e committente delle opere edilizie abusivamente realizzate in questo Comune alla C.da Capitolo presso il villaggio Macchia di Mare (ex art. 27 comma 3 DPR 380/2001);
ove occorra, di ogni atto preordinato, connesso e consequenziale a quelli sopra impugnati, anche endoprocedimentale, specialmente se citato in quelli innanzi epigrafati, anche se ignoto nel contenuto.”
 

quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato il 18 luglio 2008,
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
“- della ordinanza per la demolizione di opere edilizie prot. 21627 reg. ord. N. 136 del 12 maggio 2008 e notificata in data 16 maggio 2008in danno del Sig. Ripanto Nicola quale proprietario e committente delle opere edilizie abusivamente realizzate in questo Comune alla C.da Capitolo presso il villaggio Macchia di Mare (ex art. 27 comma 3 DPR 380/2001);
ove occorra, di ogni atto preordinato, connesso e consequenziale a quelli sopra impugnati, anche endoprocedimentale, specialmente se citato in quelli innanzi epigrafati, anche se ignoto nel contenuto.”
 

Visto il ricorso introduttivo, con i relativi allegati;
Visto il ricorso per motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Monopoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’ordinanza n. 541 del 24 settembre 2008, di rigetto dell’istanza incidentale di sospensione cautelare proposta con il ricorso per motivi aggiunti;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2013 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori, gli avv.ti Carmine Rucireta e Vito Aurelio Pappalepore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Espongono in fatto i sig.ri Nicola Ripanto e Margherita Intini di essere proprietari dell’immobile sito nel Comune di Monopoli, alla C.da Capitolo, presso il villaggio Macchia di Mare, immobile destinato a villetta residenziale; riferiscono che nel mese di marzo 2007 avevano realizzato nell’area pertinenziale della suddetta abitazione un gazebo in legno; che, a seguito di denuncia anonima, gli agenti del Comando della Polizia Municipale del citato Comune avevano effettuato un sopralluogo e redatto il relativo verbale, n. 83 del 17 ottobre 2007, nel quale veniva rilevato che l’opera era stata realizzata da essi ricorrenti in assenza di denuncia di inizio di attività ; aggiungono che il Comune resistente in data 30 novembre 2007 aveva adottato l’ordinanza di sospensione dei lavori rappresentando che data la tipologia delle opere si rendeva necessario acquisire apposita denuncia di inizio di attività .
Espongono altresì i ricorrenti che in data 4 gennaio 2008 avevano presentato la DIA in sanatoria e che il Comune di Monopoli con nota prot. n. 0015553/2008 del 2 aprile 2008, notificata in data 9 aprile 2008, aveva espresso parere negativo in quanto le opere necessitavano del permesso di costruire ancorchè in sanatoria e non della DIA.
I sig.ri Ripanto e Intini hanno quindi proposto il presente ricorso, ritualmente notificato il 12 maggio 2008 e depositato il 9 giugno 2008 con il quale hanno chiesto l’annullamento della suddetta nota prot. n. 0015553/2008 del 2 aprile 2008 avente ad oggetto: “Diffida per DIA 00009-2008 -DIA prot. N. 0000407/2008 del 04/01/2008”.
A sostegno del ricorso sono state articolate le seguenti censure: 1. violazione degli artt. 20 e 19 della legge n. 241 del 1990, dell’art. 23 del d.p.r. n. 380 del 2001, eccesso di potere; 2. violazione del termine previsto dall’art. 2, comma 3, della legge n. 241 del 1990; 3. nullità  del provvedimento di diniego del 2 aprile 2008 ex art. 21 septies della legge n. 241 del 1990; 4. annullabilità  del provvedimento emesso in data 2 aprile 2008 ex art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, violazione degli artt. 5, 6, 7, 8 e 10bis della legge n. 241 del 1990; 4 (5) in subordine violazione di legge ex artt. 3, 6 e 10 del d.p.r. n. 380 del 2001, violazione ed erronea applicazione di legge; 5 (6) in via ulteriormente subordinata i ricorrenti chiedono, in applicazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, di essere indennizzati di tutte le spese sostenute per la presentazione della DIA in sanatoria, ritenuta inefficace con il provvedimento impugnato, indennizzo che si sono riservati di determinare in corso di causa.
Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di Monopoli chiedendo il rigetto del gravame.
Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 3 luglio 2008 e depositato il 18 luglio 2008, i sig.ri Ripanto e Intini hanno chiesto l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, dell’ordinanza di demolizione prot. 21627 reg. ord. n. 136 del 12 maggio 2008, notificata in data 16 maggio 2008, in riferimento alle medesime opere edilizie di cui al provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo.
Avverso questo successivo provvedimento i ricorrenti hanno riproposto in via derivata le censure già  dedotte con il ricorso introduttivo, nonchè profili di illegittimità  propria in quanto tale provvedimento sarebbe tardivo per essere stato notificato oltre i 45 giorni dall’ordinanza di sospensione dei lavori del 30 novembre 2007 e nonostante la pendenza del ricorso al TAR avverso il diniego della DIA in sanatoria.
Entrambe le parti hanno prodotto documentazione e parte resistente ha depositato una memoria per la camera di consiglio.
Alla camera di consiglio del 24 settembre 2008 con ordinanza n. 541, è stata respinta la domanda incidentale di sospensione cautelare.
All’udienza pubblica del 5 aprile 2012 è stato disposto il rinvio della causa a data da destinarsi.
Il Comune di Monopoli ha presentato una memoria e note di replica per la successiva udienza di discussione nelle quali ha insistito per il rigetto del ricorso.
All’udienza pubblica del 12 dicembre 2012 la causa è stata rinviata al 21 febbraio 2013; all’udienza pubblica del 21 febbraio 2013 la causa è stata infine chiamata e assunta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso introduttivo è infondato e va come tale respinto.
Con i primi tre motivi di ricorso, che il Collegio ritiene di poter affrontare in via unitaria, i sig.ri Nicola Ripanto e Margherita Intini hanno dedotto le seguenti censure: 1. violazione degli artt. 20 e 19 della legge n. 241 del 1990, dell’art. 23 del d.p.r. n. 380 del 2001, eccesso di potere in quanto alla data del 3 febbraio 2008, e specificatamente dopo trenta giorni dal 4 gennaio 2008, data di presentazione della DIA, si sarebbe formato il silenzio assenso.
2. Violazione del termine previsto dall’art. 2, comma 3, della legge n. 241 del 1990 in quanto, in disparte quanto sostenuto nel primo motivo di ricorso, il provvedimento di diniego sarebbe stato adottato oltre il termine generale di 90 giorni previsto dal suddetto articolo, termine che sarebbe spirato l’8 aprile 2008.
3. Nullità  del provvedimento di diniego del 2 aprile 2008 ex art. 21 septies della legge n. 241 del 1990; parte ricorrente lamenta che avrebbe presentato la DIA in sanatoria in ottemperanza a quanto previsto con l’ordinanza di sospensione dei lavori del 30 novembre 2007 nella quale il Comune di Monopoli aveva rappresentato che, data la tipologia delle opere, si rendeva necessario acquisire apposita denuncia di inizio di attività  e, pertanto, trascorsi 30 giorni dal deposito della DIA e non essendo pervenuto alcun atto di diniego, la loro istanza sarebbe da riterersi accolta.
I motivi sono privi di pregio.
Come condivisibilmente prospettato dal Comune resistente, tutte le disposizioni normative che parte ricorrente asserisce essere stata violate non trovano applicazione nella fattispecie oggetto di gravame; ciò in quanto, avendo il ricorrente presentato in data 4 gennaio 2008 una DIA in sanatoria, essa deve ritenersi proposta ai sensi dell’art. 37 del d.p.r. n. 380 che disciplina appunto gli “Interventi eseguiti in assenza o in difformità  dalla denuncia di inizio attività  e accertamento di conformità “, trattandosi di opere già  realizzate, come risulta peraltro dalla documentazione fotografica allegata alla stessa DIA, depositata in giudizio.
Con il quarto motivo di ricorso parte ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento adottato in data 2 aprile 2008 ex art. 21 octies della legge n. 241 del 1990; in particolare lamenta la violazione degli artt. 5, 6, 7, 8 e 10bis della legge n. 241 del 1990 per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, del responsabile del procedimento, della data di conclusione del procedimento, se diversa da quella prevista dall’art. 19 della legge n. 241 del 1990, nonche del mancato invio del preavviso di rigetto.
In punto di diritto occorre ricordare che il comma 2 dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 dispone: “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.”
Quanto alla omessa comunicazione di avvio del procedimento, il Collegio, aderendo alla giurisprudenza amministrativa già  fatta propria da questa Sezione e dalla quale non si ha motivo di discostarsi, deve evidenziare che l’obbligatorietà  dell’invio di tale comunicazione ai provvedimenti ad iniziativa di parte, come quello oggetto di gravame, è stata disposta dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15 che all’art. 8, comma 2, nel prevedere ciò che deve essere indicato nella comunicazione stessa, ha aggiunto la lettera c-ter) che dispone di indicare “nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza;” (cfr. T.A.R. Bari, Sezione III, del 22 settembre 2011, n. 1383).
Considerato che l’istanza di sanatoria è stata presentata nel 2008 non vi è dubbio che il Comune resistente aveva l’obbligo di inviare la comunicazione di avvio del procedimento di sanatoria al sig. Ripanto.
La relativa censura dedotta, tuttavia, non inficia la legittimità  del provvedimento in applicazione dell’art. 21 octies, comma 2, secondo periodo della legge n. 241 del 1990; ciò in quanto l’amministrazione ha dimostrato in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, alla luce di quanto di seguito esposto in riferimento alla infondatezza del successivo motivo di ricorso.
Il Collegio, inoltre, concordando con la giurisprudenza prevalente, ritiene che l’istituto del preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, che il ricorrente assume violato, stante la sua portata generale, trovi applicazione anche nei procedimenti di sanatoria o di condono edilizio; nella fattispecie oggetto di gravame effettivamente il provvedimento di diniego di sanatoria non è stato fatto precedere da tale necessario adempimento; quanto sopra si evince dallo stesso provvedimento nel quale è espressamente rappresentata la non applicabilità  del citato art. 10bis. Occorre tuttavia considerare che non vi è alcun dubbio che il provvedimento di diniego di condono edilizio costituisce espressione di potere vincolato rispetto ai presupposti normativi richiesti e dei quali deve farsi applicazione (cfr. T.A.R. Liguria Genova, Sezione I, 22 aprile 2011 , n. 666, Consiglio di Stato, Sezione IV, 14.4.2010, n. 2105; T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione II, 22.7.2010, n. 3253).
Di conseguenza la vincolatezza del provvedimento rende evidente che il mancato rispetto oltre dell’art. 10 bis anche delle altre norme sul procedimento invocate dai ricorrenti, non può inficiare il provvedimento impugnato qualora sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, in applicazione dell’art. 21 octies , comma 2, primo periodo della legge n. 241 del 1990, come nella fattispecie controversa, sempre alla luce di quanto di seguito esposto in riferimento alla infondatezza del successivo motivo di ricorso.
Con il quinto motivo di ricorso (indicato con il numero 4 nel ricorso) i ricorrenti, in subordine, deducono le seguenti censure: violazione di legge ex artt. 3, 6 e 10 del d.p.r. n. 380 del 2001, violazione ed erronea applicazione di legge; essi contestano la necessità  del permesso di costruire, trattandosi di opere di natura precaria ed eseguite al solo fine di rendere più fruibile, agevole ed abitabile l’immobile principale, di facile removibilità  e destinate ad uso esclusivamente estivo, nè, sostengono, vi sarebbe stato ampliamento di volume o alterazione del prospetto o della sagoma rispetto all’abitazione principale.
Il motivo è infondato.
In relazione al carattere asseritamente precario dell’intervento realizzato da parte ricorrente, il Collegio deve rilevare, aderendo all’orientamento già  fatto proprio da questo Tribunale, che, ai fini dell’esenzione del permesso di costruire, il carattere di precarietà  di una costruzione non va desunto dalla possibile facile e rapida amovibilità  dell’opera, ovvero dal tipo più o meno fisso del suo ancoraggio al suolo, ma dal fatto che la costruzione appaia destinata a soddisfare una necessità  contingente ed essere poi prontamente rimossa, a nulla rilevando la circostanza che l’impiego del bene sia circoscritto ad una sola parte dell’anno, ben potendo la stessa essere destinata a soddisfare un bisogno non provvisorio ma regolarmente ripetibile (T.A.R. Emilia Romagna Bologna 14 gennaio 2009 sent n.19).
Ne consegue che la precarietà  non va confusa con la stagionalità , allorchè le opere siano destinate a soddisfare esigenze stagionali ma ricorrenti e conseguentemente vengano a trasformare in modo durevole l’area scoperta preesistente (cfr. T.A.R. Puglia Bari Sezione II n. 2031 del 31 agosto 2009 e la giurisprudenza ivi richiamata) con conseguente permanente impatto sul territorio.
Quanto alla necessità  del permesso di costruire in riferimento ad una tettoia, quale deve ritenersi l’opera realizzata da parte ricorrente, come emerge dalla documentazione fotografica presentata, il Collegio ritiene che le tettoie possono ritenersi sottratte al regime del permesso di costruire soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendano evidente e riconoscibile la loro finalità  di arredo e di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) dell’immobile cui accedono; pertanto, tali strutture non possono viceversa ritenersi installabili senza permesso di costruire o d.i.a. alternativa, ai sensi dell’art. 22 T.U. 6 giugno 2001 n. 380, allorquando le loro dimensioni siano di entità  tale da arrecare una visibile alterazione dell’edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite, quando cioè, per la loro consistenza dimensionale, non possono più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in termini di accessorietà , nell’edificio principale o nella parte dello stesso cui accedono (cfr. T.A.R. Napoli, Sez. III n. 487, 31 gennaio 2012); in tali fattispecie gli interventi devono ritenersi nuove opere perchè la loro realizzazione comporta una trasformazione del territorio e dell’assetto edilizio preesistente.
Passando ad analizzare la fattispecie oggetto di gravame, nel verbale di accertamento redatto dagli agenti del Comando della Polizia Municipale del Comune di Monopoli n. 83 del 17 ottobre 2007 è rappresentato che le opere realizzate consistono nella “realizzazione di un gazebo, costituito da n. 11 pilastri in legno, ancorati al suolo a mezzo di piastre metalliche e bulloni e da copertura a doppio spiovente in elementi lignei, completa di tegole, parzialmente chiusa sui due lati più lunghi con panelli forati. Detto gazebo, costruito sul versante Ovest del piazzale antistante l’abitazione principale, risulta avere dimensioni di m. 7,00×5,00 circa ed altezza differenziata tra m. 2,80 e m. 2,30.”
Alla luce della richiamata giurisprudenza deve ritenersi che la tettoia per cui è causa, così come realizzata, come emerge anche dal “fascicolo fotografie” allegato alla relazione tecnica della DIA presentata dal sig. Ripanto, ha le caratteristiche di una vera e propria costruzione, essendo coperta e stabilmente ancorata al suolo ed avendo una superficie tale da consentirne un autonomo utilizzo, ad esempio quale riparo per autovetture o altri attrezzi. In quanto tale essa avrebbe dovuto essere preceduta da rilascio di permesso di costruire e non da semplice denunzia di inizio attività  (cfr. T.A.R. Puglia Bari, Sezione III, n. 1398 del 5 giugno 2008).
Occorre tuttavia evidenziare che, anche a voler ritenere precaria la struttura realizzata o a voler ritenere sufficiente la DIA in sanatoria, come prospettato da parte ricorrente, nella fattispecie per cui vi è causa risulta comunque ostativo il mancato rispetto “delle distanza minime dai confini e dai fabbricati”, come indicato nel provvedimento impugnato, che rende l’opera non conforme alla disposizione dell’art. 13 delle N.T.A. del Comune di Monopoli.
Come sostenuto dal Comune resistente, infatti, sia l’art. 37 che l’art. 36 del d.p.r. n. 380 del 2001, disciplinanti rispettivamente l’accertamento di conformità  in mancanza o in difformità  dal permesso di costruire e dalla DIA, richiedono il requisito della cosiddetta “doppia conformità “, ossia che le opere realizzate siano conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda, o comunque, aderendo alla giurisprudenza amministrativa che ammette il principio della sanatoria cosiddetta giurisprudenziale, quantomeno al momento in cui l’autorità  comunale provvede sulla domanda in sanatoria (cfr. T.A.R. Puglia Bari, Sezione III, n. 1569 del 30 luglio 2012).
Al riguardo il Collegio, confermando quanto già  sostenuto da questa Sezione nell’ordinanza 541 del 24 settembre 2008 con la quale è stata accolta la domanda incidentale di sospensione cautelare, considerato peraltro che lo stesso ricorrente non pone in discussione l’applicabilità  dell’art. 13 in parola alla fattispecie concreta, nè ha dedotto censure in merito alla non conformità  dell’opera “sotto l’aspetto edilizio-urbanistico”, censurata con il provvedimento oggetto di gravame, ed anzi la norma risulta richiamata nella relazione tecnica allegata alla D.I.A. in sanatoria, ritiene che l’opera non appare ictu oculi conforme allo strumento urbanistico generale vigente e, in particolare, alle prescrizioni dell’art. 13 delle N.T.A. nella parte in cui impone una distanza minima dal confine.
Con il sesto ed ultimo motivo di ricorso (indicato con il numero 5 nel ricorso) i ricorrenti, in via ulteriormente subordinata, chiedono, in applicazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, di essere indennizzati di tutte le spese sostenute per la presentazione della DIA in sanatoria, ritenuta inefficace con il provvedimento impugnato, indennizzo che si sono riservati di determinare in corso di causa.
Il Collegio, concordando con quanto sostenuto da parte resistente, ritiene infondata tale domanda di indennizzo.
Considerato che l’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, invocato da parte ricorrente, disciplina la revoca del provvedimento, tale riferimento normativo deve ritenersi inconferente in quanto il provvedimento impugnato non può qualificarsi provvedimento di revoca, trattandosi di un diniego di sanatoria adottato dal Comune resistente a seguito di un autonomo procedimento ad istanza di parte.
Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso introduttivo deve essere respinto.
Quanto al ricorso per motivi aggiunti, proposto avverso l’ordinanza di demolizione, il Collegio deve innanzitutto dichiarare l’infondatezza delle medesime censure riproposte in via derivata e già  dedotte con il ricorso introduttivo proposto avverso l’atto presupposto (il diniego di sanatoria) ritenuto infondato.
Passando ad analizzare i profili di illegittimità  propria dedotti, parte ricorrente lamenta che l’ordinanza di demolizione sarebbe tardiva per essere stata notificata oltre i 45 giorni dall’ordinanza di sospensione dei lavori del 30 novembre 2007 e nonostante la pendenza del ricorso al TAR avverso il diniego della DIA in sanatoria.
In riferimento alla prima censura occorre specificare che, in disparte la questione della non perentorietà  del termine di 45 giorni, l’ordinanza di demolizione nella fattispecie oggetto di gravame non è un provvedimento conseguente all’ordinanza di sospensione dei lavori, ma del diniego di sanatoria dell’istanza presentata da parte ricorrente; infatti, a seguito dell’esame delle opere realizzate dal ricorrente, effettuato dal Comune in conseguenza della istanza di permesso di costruire in sanatoria, conclusosi con esito negativo, si è formato un nuovo provvedimento autonomamente impugnabile per il ricorrente e presupposto per il Comune per l’adozione dell’ordinanza di demolizione, oggetto del ricorso per motivi aggiunti.
In relazione alla seconda censura è sufficiente rilevare che il provvedimento di diniego della DIA in sanatoria non solo non era stato sospeso da questo Tribunale, ma parte ricorrente non aveva proposto istanza incidentale di sospensione cautelare; tale istanza è stata invece richiesta solo per l’ordinanza di demolizione.
Conclusivamente, per i suesposti motivi, anche il ricorso per motivi aggiunti deve essere respinto.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della parte ricorrente, nell’importo liquidato nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sui ricorsi per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Condanna i sig.ri Nicola Ripanto e Margherita Intini, in solido, al pagamento di complessivi €1.500,00 (euro millecinquecento/00) in favore del Comune di Monopoli, a titolo di spese, diritti ed onorari di causa, oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Rosalba Giansante, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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