1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Ricorso principale e ricorso incidentale – Ricorso incidentale c.d. “paralizzante” – Esame prioritario 


2. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Ricorso avverso aggiudicazione definitiva – Integrale esecuzione opere – Improcedibilità  sopravvenuto difetto interesse – Sussistenza – Accertamento illegittimità  atti ai fini risarcitori 


3. Risarcimento del danno – Lesione interesse legittimo pretensivo – Principi e criteri generali – Fattispecie


4. Risarcimento del danno – Onere della prova – Colpa P.A. – Presunzione semplice – Prova contraria P.A. 


5. Risarcimento del danno – Contratti pubblici – Prova elemento psicologico della colpa – Irrilevanza 


6. Risarcimento del danno – Lucro cessante – Risarcibilità  – Limiti 


7. Risarcimento del danno – Danno c.d. “curriculare” – Onere della prova – Necessità  – Esclusione 


8. Risarcimento del danno – Contratti pubblici – Onere risarcitorio – Responsabilità  solidale stazione appaltante e aggiudicataria – Sussistenza – Condizioni ed effetti

 
1. Ove il contenuto del ricorso incidentale abbia contenuto c.d. “paralizzante”, volto cioè a contestare la legittimazione del ricorrente principale mediante la censura della sua ammissione alla procedura di gara, deve essere esaminato prioritariamente. 
2. In tema di contratti pubblici, l’avanzato stato dei lavori oggetto della gara d’appalto osta all’annullamento giurisdizionale degli atti di gara con conseguente declaratoria di improcedibilità  del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, residuando in tal caso in capo al ricorrente unicamente l’interesse all’accertamento dell’illegittimità  degli atti gravati ai fini risarcitori ex art. 34 co. 3 c.p.a. 
3. In tema di risarcimento dei danni derivanti dalla lesione di interessi legittimi pretensivi, l’accertata illegittimità  degli atti impugnati non è da sola condizione sufficiente ai fini risarcitori, essendo la domanda di risarcimento dei danni regolata dal principio dell’onere della prova ex art 2697 c.c., in base al quale chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento; grava quindi sul danneggiato l’onere di provare tutti gli elementi costitutivi della domanda di risarcimento derivante da fatto illecito, nonchè la dimostrazione, secondo un giudizio di prognosi formulato ex ante, che l’aspirazione al provvedimento fosse concretamente destinata a esito favorevole (nella specie, si è altresì specificato che tale giudizio prognostico, tuttavia, non era consentito allorchè detta spettanza risultava caratterizzata da “consistenti margini di aleatorietà “).  
4. Ai fini della dimostrazione dell’elemento psicologico della colpa della P.A., il danneggiato non è onerato di un particolare sforzo probatorio, essendo sufficiente l’allegazione dell’illegittimità  del provvedimento quale elemento idoneo a fondare una presunzione – semplice – della colpa della P.A.; spetta, invece, a quest’ultima la prova liberatoria a contrario, dimostrando in concreto che l’illegittimità  stessa sia dipesa da errore scusabile. 
5. In materia di appalti pubblici può ritenersi superfluo l’accertamento, ai fini della responsabilità  dell’Amministrazione da provvedimento illegittimo, dell’elemento soggettivo della colpa, sulla scorta della direttiva del Consiglio 18.6.1992 n. 92/50/CE, la quale osta all’applicazione di una normativa nazionale che subordini il diritto a ottenere un risarcimento dipeso dalla violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’Amministrazione, al carattere colpevole di tale violazione. 
6. Il lucro cessante da mancata aggiudicazione d’appalto, è risarcibile per intero solo qualora l’impresa dimostri di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze per l’espletamento di altri servizi, avendoli lasciati disponibili per l’appalto in contestazione; quando tale dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l’impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri lavori, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità , con conseguente riduzione in via equitativa e prudenziale del danno risarcibile (principio del c.d. “aliunde perceptum”). 
7. Il c.d “danno curriculare” per omessa acquisizione dell’appalto che la ricorrente avrebbe avuto titolo a conseguire, può essere liquidato in via equitativa dal Giudice, senza che il danneggiato sia onerato di alcuna specifica allegazione probatoria. 
8. Qualora nelle procedure per l’aggiudicazione di contratti pubblici,  l’errore commesso dalla stazione appaltante sia stato indotto dal comportamento dell’impresa aggiudicataria, può affermarsi, ai sensi dell’art. 2055 c.c., la sussistenza della solidarietà  passiva rispetto all’obbligazione risarcitoria, tra stazione appaltante e impresa aggiudicataria. (nella specie, il T.A.R., pur ritenendo comunque inescusabile l’errore in capo alla stazione appaltante, ha ritenuto solidalmente responsabile la stessa l’impresa aggiudicataria, per avere, quest’ultima, inserito nella propria offerta varianti sostanziali inammissibili).

vedi Cons. St. sez. V, sentenza 16 aprile 2014, n. 1923 – 2014ordinanza 31 luglio 2013, n. 2925 – 2013; ric. n. 2778 – 2013  e n. 3850 – 2013.
                                                                     *
 

N. 00257/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01861/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1861 del 2011, proposto da La Castellese Costruzioni s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Rossella Verderosa, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe De Cristofaro in Bari, viale della Resistenza, 188;

contro
Comune di Orsara di Puglia, rappresentato e difeso dall’avv. Roberto D’Addabbo, con domicilio eletto in Bari, via Abate Gimma, 147;

nei confronti di
3R Costruzioni s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Gherardo Maria Marenghi e Giancarlo Giarnese, con domicilio in Bari, piazza Massari, presso la Segreteria del T.A.R. Puglia, sede di Bari;

per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
– della determina del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Orsara di Puglia n. 143 del 19.9.2011, con la quale si sono approvati i verbali di gara e si è disposta l’aggiudicazione definitiva dell’appalto dei lavori di consolidamento e regimentazione idraulica del Canale Catello in favore della società  3R Costruzioni s.r.l., comunicata a mezzo fax il 23.9.2011, ai sensi dell’art. 79, comma 5 dlgs 12 aprile 2006, n. 163, per estratto;
– ove occorra, dei verbali di gara del 22.7.2011, del 26.7.2011, del 29.7.2011 e del 9.8.2011, con i quali sono state ammesse le ditte alla gara, sono stati valutati i progetti tecnici e le offerte economiche delle imprese concorrenti ed è stata redatta la graduatoria finale;
– della clausola del disciplinare di gara nella parte in cui omette di sanzionare con l’esclusione l’omessa dichiarazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. m-ter) dlgs n. 163/2006 da parte dei soci e direttori tecnici;
– di ogni ulteriore atto connesso, conseguente o consequenziale con gli atti che precedono, comunque lesivo degli interessi della società  ricorrente;
nonchè, ai sensi dell’art. 124 cod. proc. amm., per l’accoglimento della domanda volta a conseguire l’aggiudicazione definitiva e la stipula del contratto, previa declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato, ed, in subordine, per la condanna al risarcimento del danno per equivalente;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Orsara di Puglia e di 3R Costruzioni s.r.l.;
Visto il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata 3R Costruzioni s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2012 per le parti i difensori avv.ti Rossella Verderosa, Roberto D’Addabbo e Giancarlo Giarnese, anche in sostituzione dell’avv. Gherardo Maria Marenghi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO e DIRITTO
Il Comune di Orsara di Puglia indiceva una gara d’appalto per affidamento dei lavori di consolidamento e regimentazione idraulica del Canale Catello da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
All’esito della redazione della graduatoria finale la controinteressata 3R Costruzioni s.r.l. riportava 91,51 punti (prima classificata) ed all’odierna ricorrente La Castellese s.r.l. venivano assegnati 86,20 punti (seconda classificata).
Quindi, l’appalto veniva aggiudicato in via definitiva alla società  3R Costruzioni.
La società  La Castellese Costruzioni s.r.l. impugnava in via principale l’aggiudicazione definitiva e gli altri atti della procedura in epigrafe indicati, invocando, altresì, ai sensi dell’art. 124 cod. proc. amm. la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato ed, in subordine, la condanna della stazione appaltante al risarcimento del danno per equivalente.
Rilevava, a tal fine, – tra le varie censure articolate nel ricorso principale – che l’offerta della controinteressata 3R Costruzioni s.r.l. aveva introdotto modifiche sostanziali in violazione del bando (artt. 14 e 17), non rispettando affatto gli obiettivi della stazione appaltante consistenti nella esclusiva sistemazione idraulica del solo Canale Catello; che, conseguentemente, l’offerta della 3R configurava un nuovo progetto in variante per ciò solo inammissibile.
Si costituivano l’Amministrazione comunale e la controinteressata 3R Costruzioni s.r.l., resistendo al gravame.
La 3R Costruzioni s.r.l. proponeva ricorso incidentale, deducendo motivi così sinteticamente riassumibili:
I) violazione e falsa applicazione dell’art. 38 dlgs n. 163/2006 in combinato disposto con il punto 3, lett. b) del disciplinare di gara: la ricorrente principale La Castellese avrebbe omesso in violazione del punto 3, lett. b) del disciplinare di gara (in forza del quale le imprese concorrenti devono indicare, a pena di esclusione, i nominativi, le date di nascita e di residenza degli eventuali titolari, soci, direttori tecnici, amministratori muniti di poteri di rappresentanza e soci accomandatari) di specificare le generalità  del sig. Fierro Antonello individuato nel certificato camerale della stessa ditta quale “responsabile tecnico a tempo indeterminato”; conseguentemente, La Castellese sarebbe dovuta essere esclusa;
II) violazione e falsa applicazione del punto 17 del bando di gara: la ricorrente principale La Castellese sarebbe, altresì, incorsa nella violazione del punto 17 del bando di gara poichè avrebbe proposto quattro varianti sostanziali inammissibili (1. rivestimenti in pietra locale dei muri in cls presenti; 2. pavimentazione in cubetti di porfido dell’area dell’attraversamento; 3. ripristino e rivestimenti della fontana esistente; 4. ripristino e rifacimento del marciapiede e staccionata in legno nell’area dell’attraversamento), comportanti, in quanto tali, l’esclusione dalla gara.
Con ordinanza collegiale n. 1024/2012 questo Tribunale disponeva l’espletamento di una verificazione al fine di accertare se le offerte formulate rispettivamente dalla controinteressata 3R Costruzioni s.r.l. e dalla ricorrente principale La Castellese Costruzioni s.r.l. incidano o meno sull’area oggetto di intervento come delimitata dal punto 3 della relazione tecnica illustrativa del progetto posto a base di gara.
In data 21 settembre 2012 il verificatore depositava la propria relazione in risposta ai quesiti formulati dal Collegio.
Stante la proposizione di un ricorso incidentale avente contenuto “paralizzante” in quanto diretto a contestare la legittimazione della ricorrente principale, lo stesso deve essere esaminato prioritariamente (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 7 aprile 2011, n. 4).
Il ricorso incidentale è infondato.
A tal riguardo, va evidenziato che l’omessa indicazione, da parte della ditta La Castellese, nella dichiarazione ex art. 38 dlgs n. 163/2006 del “responsabile tecnico” Fierro Antonello non comporta l’esclusione della ditta, trattandosi di figura (quella del responsabile tecnico) che il bando non prende espressamente in considerazione.
Anche l’art. 38 dlgs n. 163/2006 considera unicamente la figura del direttore tecnico e non quella del responsabile tecnico.
Per quanto concerne i rilievi mossi nel ricorso incidentale con riferimento alle migliorie proposte dalla società  La Castellese (che si risolverebbero – a dire della ricorrente incidentale 3R Costruzioni – in varianti sostanziali vietate), rileva questo Collegio, conformemente a quanto evidenziato dal verificatore nella propria relazione del 21 settembre 2012, che i contestati interventi n. 0 (realizzazione, in prossimità  della fontana, di una viabilità  alternativa con l’esecuzione di pavimentazione in asfalto e di una lastra in cls prefabbricata carrabile), n. 2 (idrosemina con semi di zinnia), n. 5 (pavimentazione in cubetti di porfido), n. 6 (ripristino e rivestimento fontana esistente) e n. 7 (ripristino e rifacimento del marciapiede e staccionata in legno nell’area dell’attraversamento 7) sono fuori alveo con una distanza massima di 47,25 metri dal bordo più vicino del Canale Catello (per quanto concerne specificamente l’intervento migliorativo n. 7).
Tuttavia, il verificatore ha rimarcato – con argomentazioni condivise da questo Collegio in quanto immuni da vizi logici – come le opere proposte dalla ricorrente principale La Castellese siano in linea con lo spirito del progetto posto a base di gara e non costituiscano varianti sostanziali vietate dalla lex specialis di gara e dalla legge (dlgs n. 163/2006), trattandosi di mere migliorie estetiche peraltro incidenti su spazi comunque limitrofi rispetto all’area oggetto dell’intervento.
Ne discende la reiezione delle censure di cui al ricorso incidentale.
All’opposto, a differente conclusione deve pervenirsi per quanto concerne l’offerta della controinteressata 3R Costruzioni, dovendosi, pertanto, accogliere sul punto la prospettazione contenuta nel ricorso principale.
Ritiene, tuttavia, questo Collegio che, delle domande avanzate dalla società  ricorrente principale nell’atto introduttivo, quella impugnatoria e quella volta al conseguimento della tutela in forma specifica debbano essere dichiarate improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse, mentre quella risarcitoria per equivalente vada accolta nei termini di seguito esposti.
Quanto all’azione demolitoria, va rilevato che è la stessa ricorrente principale a manifestare nella memoria depositata in data 19 novembre 2012 il permanere unicamente di un interesse al risarcimento dei danni per equivalente in considerazione dell’avanzato stato dei lavori in via di definitivo completamento da parte della controinteressata 3R (cfr. art. 122 cod. proc. amm. e Cons. Stato, Sez. V, 24 febbraio 2011, n. 1193).
Residua, pertanto, ai sensi dell’art. 34, comma 3 cod. proc. amm. un interesse della società  La Castellese all’accertamento, ai fini risarcitori, dell’illegittimità  degli atti gravati.
Reputa questo Giudice che l’attività  amministrativa posta in essere dall’Amministrazione comunale sia censurabile e, pertanto, che la stessa sia fonte di responsabilità  aquiliana della P.A.
Invero, il verificatore nella propria relazione del 21 settembre 2012 ha evidenziato che le opere n. 5 (sistemazione dell’area compresa tra l’attraversamento 1° e 3°), n. 7 (sistemazione area compresa tra Via della Croce e Via Matteotti), n. 8 (sistemazione slargo compreso tra Via D. Maffia e Via della Croce), n. 9 (sistemazione area circostante il campo sportivo) e n. 11 (ristrutturazione fontana e zona antistante) di cui alla offerta della controinteressata 3R si collocano in nuove aree di intervento (fuori alveo) rispetto a quelle progettualmente previste (con una distanza massima degli interventi fuori alveo ed in particolare dell’intervento n. 7 consistente nella sistemazione area compresa tra Via della Croce e Via Matteotti pari a 96,53 metri dal bordo più vicino del Canale Catello).
Tra dette opere è anche contemplata una maggiore estensione del parco giochi di circa 50 metri quadri rispetto all’intervento previsto in progetto (intervento n. 6).
In particolare, dalle risultanze della verificazione, alle cui conclusioni questo Collegio ritiene di aderire poichè immuni da errori o vizi logici, emerge come l’intervento n. 9 (sistemazione area circostante il campo sportivo avente una superficie di 300 mq.) proposto dalla controinteressata 3R si collochi totalmente al di fuori dall’area oggetto di intervento e appaia completamente estraneo allo spirito della lex specialis di gara.
In conclusione, gli interventi in esame (n. 6, n. 7 e n. 9) costituiscono varianti sostanziali vietate dalla lex specialis di gara (art. 14 e 17 del bando) e dall’art. 76 dlgs n. 163/2006, avendo l’aggiudicataria 3R con la propria offerta tecnica proposto sistemazioni di aree che non coincidono affatto con quelle del progetto posto a base di gara e situate a notevole distanza dal bordo più vicino del Canale Catello ovvero opere totalmente estranee allo spirito della gara.
Pertanto, la controinteressata 3R sarebbe dovuta essere esclusa dalla gara.
E’, pertanto, accertata ai sensi dell’art. 34, comma 3 cod. proc. amm. l’illegittimità  degli atti impugnati.
Ogni altra censura formulata dalla ricorrente principale (astrattamente rilevante in questa sede ai fini dell’accertamento di cui all’art. 34, comma 3 cod. proc. amm.) resta assorbita.
Deve, conseguentemente, essere accolta la domanda di risarcimento del danno per equivalente, limitatamente al pregiudizio che parte ricorrente riferisce nella memoria depositata in data 19 novembre 2012 al pregiudizio da mancato utile di impresa e al danno curriculare.
In ordine al riparto dell’onere probatorio in tema di illecito aquiliano della P.A., Cons. Stato, Sez. V, 15 settembre 2010, n. 6797 ha affermato che “La domanda di risarcimento dei danni è regolata dal principio dell’onere della prova di cui all’art. 2697 cod. civ., in base al quale chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, per cui grava sul danneggiato l’onere di provare, ai sensi del citato articolo, tutti gli elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno per fatto illecito (danno, nesso causale e colpa); segue da ciò che il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale, richiedendo la positiva verifica, oltre che della lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento, della sussistenza della colpa o del dolo dell’Amministrazione e del nesso causale tra l’illecito e il danno subito; in particolare il risarcimento del danno conseguente a lesione di interesse legittimo pretensivo è subordinato, pur in presenza di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, colpa, nesso di causalità , evento dannoso), alla dimostrazione, secondo un giudizio di prognosi formulato ex ante, che l’aspirazione al provvedimento fosse destinata nel caso di specie ad esito favorevole, quindi alla dimostrazione, ancorchè fondata con il ricorso a presunzioni, della spettanza definitiva del bene collegato a tale interesse, ma siffatto giudizio prognostico non può essere consentito allorchè detta spettanza sia caratterizzata da consistenti margini di aleatorietà .”.
Nel caso di specie, sicuramente sono integrati gli estremi della lesione (i.e. ingiustizia del danno ex art. 2043 cod. civ.) della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento facente capo alla società  ricorrente (i.e.aggiudicazione dei lavori per cui è causa in proprio favore laddove fosse stata esclusa la controinteressata 3R, essendo la società  La Castellese seconda classificata), della sussistenza dell’elemento oggettivo (adozione degli atti di gara che questo Collegio ha accertato essere illegittimi nei termini esposti in precedenza), dell’elemento soggettivo dell’Amministrazione resistente (che ha adottato provvedimenti illegittimi, così violando regole di buona amministrazione e prudente apprezzamento) e del nesso causale tra l’illecito e il danno subito (è evidente che l’azione amministrativa illegittima è causativa, secondo l’id quod plerumque accidit, di un pregiudizio alla sfera della odierna ricorrente che sarebbe dovuta essere aggiudicataria dell’appalto).
Peraltro, sul punto della prova dell’elemento psicologico dell’illecito aquiliano della P.A. Cons. Stato, Sez. VI, 13 febbraio 2009, n. 775 ha evidenziato che:
«¦, in presenza di un’attività  illegittima posta in essere dall’Amministrazione e foriera di danno per il privato, quest’ultimo non sarà  onerato di un particolare sforzo probatorio in ordine alla sussistenza di una condotta colposa da parte dell’Amministrazione, ben potendosi limitare ad allegare la sola illegittimità  del provvedimento quale elemento idoneo a fondare una presunzione (semplice) circa la colpa della P.A.
In tali ipotesi, spetterà  quindi all’Amministrazione fornire la prova liberatoria a contrario, dimostrando in concreto che si sia trattato di un errore scusabile, configurabile – ad es. – in caso di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma, di formulazioni polisense di disposizioni di recente emanazione, ovvero di rilevante complessità  del fatto sotteso alla determinazione amministrativa.».
Nella fattispecie oggetto del presente giudizio l’Amministrazione evocata in giudizio non ha fornito la prova liberatoria dell’assenza di colpa, nè ha dimostrato la sussistenza in concreto di un errore scusabile.
Va, altresì, rimarcato che l’accertamento in sede giurisdizionale del carattere “non iure” dell’attività  amministrativa posta in essere dalla stazione appaltante con consequenziale lesione dell’interesse legittimo dell’odierna ricorrente implica la consolidazione di un danno ingiusto ex art. 2043 cod. civ. nella sfera giuridica della stessa. In altri termini, la riscontrata illegittimità  dell’azione amministrativa rappresenta l’indice della colpa dell’Amministrazione convenuta.
In tale eventualità  spettava, pertanto, alla parte resistente fornire elementi istruttori o anche meramente assertori volti a dimostrare l’assenza di colpa, parte resistente che all’opposto è rimasta inerte sul punto.
Peraltro, deve essere evidenziato che, da ultimo, Corte Giust. CE, Sez. III, 30 settembre 2010, n. 314 ha ritenuto superfluo in materia di appalti l’accertamento, ai fini della responsabilità  della Amministrazione da provvedimento illegittimo, dell’elemento soggettivo della colpa: “La direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989 n. 89/665/Cee, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992 n. 92/50/Cee, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, la quale subordini il diritto a ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’Amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’Amministrazione suddetta, nonchè sull’impossibilità  per quest’ultima di far valere la mancanza di proprie capacità  individuali e, dunque, un difetto di imputabilità  soggettiva della violazione lamentata.”.
Relativamente al profilo del quantum del danno da lucro cessante invocato da parte ricorrente, va evidenziato che secondo Cons. Stato, Sez. IV, 7 settembre 2010, n. 6485 “Agli effetti della quantificazione del danno per lucro cessante, che l’impresa partecipante a gara pubblica assume di aver ingiustamente sofferto per effetto dell’illegittima mancata aggiudicazione dell’appalto, occorre che essa fornisca la prova rigorosa della percentuale d’utile che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria, prova desumibile dall’esibizione dell’offerta economica da essa presentata al seggio di gara, non costituendo il criterio del 10% del prezzo a base d’asta un criterio automatico, ma solo presuntivo.”.
Risulta incontestato che la deducente La Castellese abbia formulato in sede di gara la propria offerta economica con un ribasso del 24,393% (cfr. verbale di gara del 9.8.2011 prodotto in allegato al ricorso introduttivo). E’, pertanto, assolto il relativo onere probatorio sul punto.
Tuttavia, come rilevato da Cons. Stato, Sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751, “Il lucro cessante da mancata aggiudicazione può essere risarcito per intero se e in quanto l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l’espletamento di altri servizi, mentre quando tale dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l’impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri, analoghi servizi, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità , con conseguente riduzione in via equitativa del danno risarcibile. Si tratta di una applicazione del principio dell’aliunde perceptum, in base al quale, onde evitare che a seguito del risarcimento il danneggiato possa trovarsi in una situazione addirittura migliore rispetto a quella in cui si sarebbe trovata in assenza dell’illecito, va detratto dall’importo dovuto a titolo risarcitorio, quanto da lui percepito grazie allo svolgimento di diverse attività  lucrative, nel periodo in cui avrebbe dovuto eseguire l’appalto in contestazione. Tuttavia, l’onere di provare (l’assenza del)l’aliunde perceptum grava non sull’Amministrazione, ma sull’impresa, e tale ripartizione muove dalla presunzione, a sua volta fondata sull’id quod plerumque accidit, secondo cui l’imprenditore (specie se in forma societaria), in quanto soggetto che esercita professionalmente una attività  economica organizzata finalizzata alla produzione di utili, normalmente non rimane inerte in caso di mancata aggiudicazione di un appalto, ma si procura prestazioni contrattuali alternative dalla cui esecuzione trae utili.”.
Poichè, nel caso di specie la dimostrazione dell’assenza dell’aliunde perceptum non è stata offerta dalla ricorrente principale su cui gravava il relativo onere probatorio, è da opinare nel senso che l’impresa La Castellese possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri, analoghi lavori, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità .
Ritiene, pertanto, il Collegio, alla stregua delle considerazioni sopra esposte, di determinare l’ammontare della somma spettante alla società  La Castellese, a titolo di lucro cessante, nel 10% dell’importo dell’offerta economica da quest’ultima presentata.
Tale somma, secondo quanto indicato in precedenza, va ridotta in via prudenziale al 5% dell’offerta economica, tenendo conto dell’aliunde perceptum dell’impresa.
Invero, secondo Cons. Stato, Sez. VI, 19 aprile 2011, n. 2427, “Non costituisce, normalmente e salvi casi particolari, condotta ragionevole immobilizzare tutti i mezzi di impresa nelle more del giudizio, nell’attesa dell’aggiudicazione in proprio favore, essendo invece ragionevole che l’impresa si attivi per svolgere altre attività . Di qui la piena ragionevolezza della detrazione dal risarcimento del mancato utile, nella misura del 50%, sia dell’aliunde perceptum sia dell’aliunde percipiendum con l’originaria diligenza.”.
Considerato che l’offerta economica presentata dalla ricorrente principale risulta pari ad € 1.004.816,26 (a fronte del formulato ribasso del 24,393% sull’importo a base d’asta non soggetto a ribasso, a sua volta pari ad € 1.328.998,98), la somma da liquidarsi a titolo di lucro cessante è pari ad € 50.240,81 (5% di € 1.004.816,26).
Con riferimento al cd. danno curriculare, ha rilevato Cons. Stato, Sez. VI, 27 aprile 2010, n. 2384:
«¦ Appare poi ragionevole che, ¦, sia compensato anche il cosiddetto “danno curriculare”, ovvero la “deminutio” di peso imprenditoriale della società , per omessa acquisizione dell’appalto che la medesima avrebbe avuto titolo a conseguire; tale “deminutio” può essere rapportata ad un inferiore radicamento nel mercato, anche come possibile concausa di crisi economica o imprenditoriale, in termini di difficile determinazione, ma in linea di massima rapportabili a valori percentuali compresi – secondo una stima già  ritenuta equa (Cons. St., Sez. VI, 9.6.2008, n. 2751) – fra l’1% e il 5% dell’importo globale del servizio da aggiudicare. ¦».
Ed ancora, al fine di accedere al risarcimento del danno curriculare l’impresa danneggiata non può dirsi gravata, al riguardo, da alcuno specifico onere probatorio (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2546).
Pertanto, questo Collegio stima equo ristorare il suddetto pregiudizio nella misura del 2% dell’importo globale dei lavori da aggiudicare depurato del ribasso offerto dalla società  La Castellese (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 11 aprile 2011, n. 3169; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II. 4 giugno 2010, n. 2069).
Praticando la percentuale del 2% sull’importo come sopra indicato (€ 1.004.816,26 + € 19.934,98 per oneri attuazione sicurezza non soggetti a ribasso = € 1.024.751,24) si ottiene € 20.495,02 quale voce di danno curriculare spettante alla società  La Castellese.
All’opposto, non spetta alla società  La Castellese il rimborso dei costi sostenuti per la presentazione dell’offerta e del costo del tecnico per lo studio del progetto e per la redazione delle soluzioni migliorative.
Come evidenziato da Cons. Stato, Sez. VI, 16 settembre 2011, n. 5168, “Il danno emergente, consistente nelle spese sostenute per la partecipazione ad una gara d’appalto, non è risarcibile, in favore dell’impresa che lamenti la mancata aggiudicazione dell’appalto (o anche la sola perdita della relativa chance). Invero, la partecipazione alle gare pubbliche di appalto comporta per le imprese costi che, di norma, restano a carico delle imprese medesime sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione. Detti costi di partecipazione si colorano come danno emergente solo se l’impresa illegittimamente esclusa lamenti (e chieda di essere tenuta indenne in relazione a) questi profili dell’illegittimità  procedimentale, perchè in tal caso viene in considerazione soltanto la pretesa risarcitoria del contraente che si duole del fatto di essere stato coinvolto in trattative inutili. Tali danni, peraltro, vanno, in via prioritaria e preferenziale, ristorati in forma specifica, mediante rinnovo delle operazioni di gara e, solo ove tale rinnovo non sia possibile, vanno ristorati per equivalente. Per converso, nel caso in cui l’impresa ottenga il risarcimento del lucro cessante per mancata aggiudicazione (o per la perdita della possibilità  di aggiudicazione) non vi sono i presupposti per il risarcimento per equivalente dei costi di partecipazione alla gara, atteso che mediante il risarcimento non può farsi conseguire all’impresa un beneficio maggiore di quello che deriverebbe dall’aggiudicazione.”.
Infine, le voci di danno di cui ai punti sub 5) e 6) della memoria di parte ricorrente depositata in data 19 novembre 2012 (i.e. spese sostenute per la redazione delle consulenze di parte e spese legali) sono liquidate in dispositivo come spese di giudizio e seguono il principio della soccombenza.
Ciò premesso, la complessiva somma di € 70.735,83 (pari ad € 50.240,81 + € 20.495,02) riconosciuta alla La Castellese a titolo di risarcimento del danno da illecito aquiliano della Amministrazione (lucro cessante e danno curriculare), trattandosi di debito di valore, va rivalutata anno per anno secondo gli indici ISTAT con decorrenza dalla data dell’illecito (i.e. momento storico [19 settembre 2011] dell’aggiudicazione definitiva), oltre interessi legali sulla somma non rivalutata, oltre gli interessi legali sugli importi annui della svalutazione, dalla relativa maturazione (cioè dalla scadenza di ogni anno successivo alla consumazione dell’illecito secondo il cosiddetto criterio “a scalare” individuato dalla Suprema Corte con la sentenza a Sezioni Unite n. 1712/1995).
Sul punto Cass. civ., Sez. I, 4 febbraio 2010, n. 2602 ha riaffermato la permanente validità  del principio del riconoscimento d’ufficio della rivalutazione monetaria nonchè degli interessi legali sulla somma rivalutata e dei criteri enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 1712 del 1995 in tema di computo di rivalutazione ed interessi nelle obbligazioni di valore quali quelle derivanti – come nel caso di specie – da fatto illecito: “Il credito da occupazione appropriativa, trovando origine in un fatto illecito della P.A. ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., costituisce una obbligazione di valore su cui devono riconoscersi d’ufficio la rivalutazione monetaria nonchè gli interessi legali sulla somma rivalutata, da calcolarsi secondo i criteri enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 1712 del 1995.”.
Si può, inoltre, affermare la sussistenza della solidarietà  passiva, rispetto all’obbligazione risarcitoria da illecito aquiliano, tra stazione appaltante ed impresa aggiudicataria 3R Costruzioni s.r.l., essendo stato l’errore (pur inescusabile) della stazione appaltante indotto dal comportamento della stessa impresa aggiudicataria (che ha inserito varianti sostanziali inammissibili nella propria offerta).
Pertanto, in forza del principio desumibile dall’art. 2055 cod. civ., va affermata, ai soli fini della statuizione di accertamento, la natura solidale della responsabilità  civile (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 gennaio 2012, n. 115).
In conclusione, il Comune di Orsara di Puglia e la controinteressata 3R Costruzioni sono condannati, in solido tra loro, a risarcire i danni patiti dalla società  ricorrente nella misura di € 70.735,83, oltre rivalutazione ed interessi legali come sopra determinati.
Le spese di lite (comprensive delle voci di danno sub 5) e 6) indicate a pag. 18 della memoria della società  La Castellese depositata in data 19 novembre 2012) seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Questo Collegio ritiene opportuno trasmettere, a cura della Segreteria, copia del fascicolo d’ufficio e della presente sentenza alla Procura Regionale della Corte dei Conti per la Puglia in Bari per eventuali iniziative di propria competenza.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, così provvede:
1) respinge il ricorso incidentale proposto da 3R Costruzioni s.r.l.;
2) dichiarata improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse la domanda impugnatoria e quella volta alla tutela in forma specifica contenute nel ricorso principale;
3) accerta, ai sensi dell’art. 34, comma 3 cod. proc. amm., l’illegittimità  degli atti gravati con il ricorso principale e, per l’effetto, accoglie la domanda risarcitoria per equivalente e condanna il Comune di Orsara di Puglia e la controinteressata 3R Costruzioni s.r.l. in solido tra loro al risarcimento dei danni in favore della ricorrente principale La Castellese Costruzioni s.r.l., liquidati nella misura di € 70.735,83, oltre rivalutazione ed interessi legali, come in motivazione.
Condanna il Comune di Orsara di Puglia al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente La Castellese Costruzioni s.r.l., liquidate in complessivi € 5.000,00, oltre accessori come per legge.
Condanna la controinteressata 3R Costruzioni s.r.l. al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente principale La Castellese Costruzioni s.r.l., liquidate in complessivi € 5.000,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Dispone la trasmissione, a cura della Segreteria, di copia del fascicolo d’ufficio e della presente sentenza alla Procura Regionale della Corte dei Conti per la Puglia in Bari per gli eventuali seguiti di competenza.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti e le comunicazioni di rito.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Savio Picone, Primo Referendario
Francesco Cocomile, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/02/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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