Processo amministrativo – Giudizio ottemperanza – Art. 114, comma 4, lett. c) c.p.a. – Penalità  di mora – Finalità  sanzionatoria – Applicazione in assenza di ragioni ostative

 
Nel giudizio di ottemperanza va accolta la richiesta di applicazione della sanzione di cui all’art. 114, comma 4, lett. e) c.p.a., c.d. “penalità  di mora”, in base alla quale il giudice può fissare, salvo che ciò sia manifestatamente iniquo, la somma di danaro dovuta dalla resistente p.A. per ogni violazione o inosservanza successiva, con una statuizione che costituisce titolo esecutivo.
 

N. 00079/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01455/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1455 del 2012, proposto da: 
Francesco Bretone, rappresentato e difeso dagli avv. Eugenio Mangone e Francesco Muscatello, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Muscatello, in Bari, via Abate Eustasio 5; 

contro
Ministero della Giustizia, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ragioneria Territoriale dello Stato, Direzione Provinciale del Tesoro di Bari; 

per l’ottemperanza
alla sentenza del T.A.R. Puglia – Bari, sez. I, n. 1262/2005, recante accoglimento del ricorso proposto dal dott. Bretone per il riconoscimento del servizio militare a fini di inquadramento economico.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visto l ‘art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2013 la dott. Francesca Petrucciani e udito per il ricorrente il difensore avv. Francesco Muscatello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Il ricorrente agisce per l’esecuzione della sentenza in epigrafe, con la quale questo Tribunale, annullando il decreto del Direttore Generale dell’Organizzazione giudiziaria e degli affari generali del Ministero della Giustizia del 25.6.1992, emesso sull’istanza del ricorrente di riconoscimento del servizio militare prestato, ha fatto obbligo al Ministero della Giustizia “di riconoscere, in favore del ricorrente, il servizio militare di leva prestato, ai fini dell’inquadramento economico e della progressione stipendiale, con conseguente diritto del ricorrente alle differenze stipendiali ed alle somme a qualsiasi titolo spettanti in ragione della maggiore anzianità  economica, detratto quanto già  versato a tale titolo, oltre interessi e rivalutazione”.
Il ricorrente ha esposto che il Ministero della Giustizia ha interposto appello ma la sentenza risulta, allo stato, esecutiva; l’Amministrazione, tuttavia, non ha corrisposto le somme dovute in forza del suindicato titolo.
Il dott. Bretone ha chiesto, pertanto, che venga ordinato all’Amministrazione di dare esecuzione alla sentenza, determinando le relative modalità  esecutive e nominando, ove occorra, un commissario ad acta che provveda in luogo del Ministero, nonchè fissando la somma di denaro dovuta, ex art. 114, comma 4, c.p.a., per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione.
Alla camera di consiglio del 9 gennaio 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato.
Dall’esame della sentenza della quale viene chiesta l’esecuzione, infatti, si evince che il Ministero della Giustizia deve riconoscere, in favore del ricorrente, il servizio militare di leva prestato, ai fini dell’inquadramento economico e della progressione stipendiale, corrispondendo al ricorrente le differenze stipendiali e le somme spettanti in ragione della maggiore anzianità  economica, oltre interessi e rivalutazione.
Quanto agli interessi, la sentenza ha precisato la spettanza degli stessi dal giorno di maturazione del dovuto fino al saldo, specificando che il cumulo di interessi e rivalutazione è ammissibile solo per i ratei maturati anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, da corrispondersi, fino a tale data, secondo i criteri indicati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nelle sentenze nn. 3/98 e 15/99.
Sulla base di tali statuizioni, dotate di efficacia esecutiva, deve essere ordinato al Ministero della Giustizia di provvedere, in esecuzione della sentenza del T.A.R. Puglia – Bari, sez. I, n. 1262/2005, alla quantificazione e al pagamento delle somme dovute, con assegnazione di un termine di 60 (sessanta) giorni per l’adempimento.
Va anche accolta la richiesta, formulata dalla ricorrente, di applicazione nei confronti dell’amministrazione resistente della sanzione di cui all’art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo.
La norma citata ha introdotto, in via generale, nel processo amministrativo, l’istituto della cd. penalità  di mora, già  regolato per il processo civile, con riguardo alle sentenze aventi per oggetto obblighi di fare infungibile o di non fare, dall’art. 614 bis del codice di procedura civile, aggiunto dall’art. 49 della legge 18 giugno 2009, n. 69; in particolare il giudice, con la sentenza di ottemperanza, può fissare, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato, con una statuizione che costituisce titolo esecutivo.
Trattasi di una misura coercitiva indiretta a carattere pecuniario, modellata sulla falsariga dell’istituto francese dell’astreinte, che mira a vincere la resistenza del debitore, inducendolo ad adempiere all’obbligazione sancita a sua carico dall’ordine del giudice; come puntualizzato dal Consiglio di Stato (sez. V, sentenza 6688 del 20 dicembre 2011), tale misura assolve ad una finalità  sanzionatoria e non risarcitoria in quanto non mira a riparare il pregiudizio cagionato dall’esecuzione della sentenza, ma vuole sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all’adempimento.
Riprova di questa qualificazione giuridica e connotazione funzionale dell’istituto è la circostanza che, nel dettare i criteri guida per la quantificazione dell’ammontare della sanzione, l’art. 614 bis, comma 2, del codice di procedura civile considera la misura del danno quantificato e prevedibile solo uno dei parametri di commisurazione in quanto prende in considerazione anche altri profili, estranei alla logica riparatoria, quali il valore della controversia, la natura della prestazione e ogni altra circostanza utile, tra cui si può annoverare il profitto tratto dal creditore per effetto del suo inadempimento.
Deve ritenersi che, nell’ambito del processo amministrativo, l’istituto presenti un portata applicativa più ampia che nel processo civile, in quanto l’art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo non ha riprodotto il limite, stabilito della norma di rito civile, della riferibilità  del meccanismo al solo caso di inadempimento degli obblighi aventi per oggetto un non fare o un fare infungibile.
Tale soluzione va ricondotta alla peculiarità  del rimedio dell’ottemperanza che, grazie al potere sostitutivo esercitabile dal giudice in via diretta o mediante la nomina di un commissario ad acta, non sconta, a differenza del giudizio di esecuzione civile, l’ostacolo della non surrogabilità  degli atti necessari al fine di assicurare l’esecuzione in re del precetto giudiziario. Ne deriva che, nel sistema processual-amministrativo, lo strumento in esame non mira a compensare gli ostacoli derivanti dalla non diretta coercibilità  degli obblighi di contegno sanciti dalla sentenza del giudice civile, mentre del rimedio processual-civilistico condivide la generale finalità  di dissuadere il debitore dal persistere nella mancata attuazione del dovere di ottemperanza.
Nel caso in esame risultano sussistenti i tre presupposti stabiliti dall’art. 114 cit. per l’applicazione della sanzione: quello positivo della richiesta di parte, formulata con il ricorso, e quelli negativi dell’insussistenza di profili di manifesta iniquità  e della non ricorrenza di altre ragioni ostative.
Infatti la protrazione dell’inadempimento dell’amministrazione, a fronte dell’accoglimento del ricorso in primo grado, unitamente alla non particolare complessità  degli obblighi comportamentali imposti dalla sentenza da eseguire, consentono di escludere profili di manifesta iniquità  nell’applicazione della norma in questione.
Sotto altro profilo non risultano comprovate e neanche dedotte, da parte dell’amministrazione, altre ragioni ostative all’applicazione della sanzione pecuniaria.
Venendo al quantum, facendo riferimento, in difetto di disposizione sul punto da parte del codice del processo amministrativo, ai parametri di cui all’art. 614 bis del codice di procedura civile si deve invece reputare congrua, in ragione della gravità  dell’inadempimento, del valore della controversia, della natura della prestazione, dell’entità  del danno e delle altre circostanze, oggettive e soggettive, del caso concreto, la misura di 30 euro al giorno, da corrispondere per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza rispetto al termine prima assegnato di sessanta giorni dalla notificazione o comunicazione di questa decisione.
La sanzione pecuniaria sarà  dovuta, quindi, a decorrere dal sessantunesimo giorno e fino all’effettivo pagamento ad opera dell’Amministrazione.
Alla soccombenza segue altresì la condanna alle spese di giudizio, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, ordina al Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, di dare esatta esecuzione alla sentenza del T.A.R. Puglia – Bari, sez. I, n. 1262/2005, nel termine di 60 (sessanta) giorni, provvedendo al pagamento in favore del ricorrente delle somme dovute come precisate in motivazione a titolo di sorte capitale, interessi e spese, oltre interessi legali dalla data della pubblicazione della presente sentenza fino al saldo.
Condanna altresì l’Amministrazione intimata, in caso di ulteriore inottemperanza, al pagamento, in favore del ricorrente, delle somme in motivazione specificate a titolo di sanzione pecuniaria ex art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo;
Condanna il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento in favore di parte ricorrente delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 2.000,00 oltre i.v.a., c.a.p. ed accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Francesca Petrucciani, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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