1. Giurisdizione – Del G.A.   – Pubblico servizio – Condanna al pagamento del corrispettivo – Non sussiste


2. Processo amministrativo – Domanda di accertamento – Collegamento strumentale con richiesta di emanazione di un provvedimento   – Necessità  – Omissione – Conseguenze 


3. Giurisdizione – Del G.A.  – Domanda di arricchimento senza giusta causa – Non sussiste


4. Giurisdizione – Del G.A.  – Domanda autonoma di risarcimento del danno precontrattuale – Non sussiste

1. Posto che ai sensi dell’art. 133, co. 1, c.p.a. appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi”, eccezion fatta per “quelle concernenti indennità , canoni ed altri corrispettivi”, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la domanda proposta dal soggetto gestore di un rifugio per cani ai fini della condanna dell’amministrazione comunale al pagamento del corrispettivo per l’espletamento del relativo servizio pubblico.


2. Non è ammissibile la domanda di mero accertamento della sussistenza di un rapporto di concessione di pubblico servizio, ove essa non si correli alla richiesta di un concreto provvedimento, idoneo a realizzare l’interesse perseguito dalla parte.


3.  Ove il giudice amministrativo non sia munito di giurisdizione ai fini della delibazione della domanda ex contractu (nella specie, di pagamento del pagamento del corrispettivo per lo svolgimento di un pubblico servizio), è escluso che possa conoscere della domanda subordinata di arricchimento senza giusta causa. In ogni caso, trattandosi di un istituto prettamente civilistico, che dà  luogo a situazioni di diritto soggettivo perfetto, anche quando è parte del rapporto una pubblica amministrazione, la relativa giurisdizione appartiene sempre e comunque al giudice ordinario.


4. Ai sensi dell’art. 30 c.p.a. non può essere conosciuta dal giudice amministrativo la domanda autonoma di risarcimento del danno precontrattuale, ove essa non sia riferibile ad una materia rientrante nelle ipotesi di giurisdizione  esclusiva (nella specie, la ricorrente lamentava che il Consorzio ASI avesse omesso di realizzare, e  successivamente concedere in suo favore,  un rifugio per cani in violazione di impegni precedentemente assunti in tal senso).

N. 00048/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01183/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1183 del 2011, proposto da A.C.A. – Associazione Cani Abbandonati, rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Paccione, con domicilio eletto in Bari, via Q. Sella, 120; 

contro
Comune di Bari, rappresentato e difeso dagli avv.ti Rosa Cioffi e Luisa Amoruso, con domicilio eletto in Bari, presso l’Avvocatura comunale, via Principe Amedeo n. 26; 
Consorzio per l’area di Sviluppo Industriale di Bari, rappresentata e difesa dall’avv. Franco Gagliardi La Gala, con domicilio eletto in Bari, via Abate Gimma, 94; 

nei confronti di
I.T.E.S. – Allevamento del Vassallo; 

per l’accertamento
della titolarità  del servizio pubblico di gestione della struttura attrezzata a rifugio cani sita in Bari alla via Vassallo, II traversa, civico 6;
per la condanna
del Comune di Bari, in persona del Sindaco p.t., al pagamento del corrispettivo in favore della ricorrente per l’espletamento del servizio pubblico di gestione della struttura attrezzata a rifugio cani sita in Bari alla via Vassallo, II traversa, civico 6;
in subordine, per la condanna
del Comune di Bari, in persona del Sindaco p.t., al pagamento dell’indennizzo, da determinarsi in corso di causa, per l’indebito arricchimento tratto dall’espletamento in suo favore da parte della A.C.A. del servizio pubblico di gestione della struttura attrezzata a rifugio cani sita in Bari alla via Vassallo, II traversa, civico 6;
in ogni caso, per l’accertamento e la declaratoria
della responsabilità  precontrattuale del Consorzio per l’area di Sviluppo Industriale di Bari, in persona del Presidente p.t.;
per la condanna
del Consorzio per l’area di Sviluppo Industriale di Bari, in persona del Presidente p.t., al risarcimento del danno per responsabilità  precontrattuale nei confronti della ricorrente.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bari e del Consorzio per l’area di Sviluppo Industriale di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2012 il cons. Giuseppina Adamo e uditi per le parti i difensori, avv.ti Luigi Paccione, Rosa Cioffi e Franco Gagliardi La Gala;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. L’Associazione Cani Abbandonati A.C.A. agisce in questa sede
– contro il Comune di Bari (per ottenere, previo riconoscimento della concessione del servizio pubblico riguardante un rifugio cani in Bari, alla via Vassallo, il pagamento del relativo corrispettivo, ovvero, in subordine, l’indennizzo per l’indebito arricchimento che l’Amministrazione municipale ha tratto dall’attività  di gestione svolta dall’associazione);
– contro il Consorzio per l’area di Sviluppo Industriale di Bari (per la condanna di questo al pagamento del risarcimento del danno per responsabilità  precontrattuale).
Si sono costituiti il Comune di Bari e il Consorzio per l’area di Sviluppo Industriale di Bari, eccependo il difetto di giurisdizione del Tribunale e l’inammissibilità  del ricorso, nonchè, in ogni caso, chiedendo il suo rigetto siccome infondato.
Sulle conclusioni delle parti, all’udienza del 20 dicembre 2012 la causa è stata riservata per la decisione.
2. Il quadro normativo di riferimento per la controversia è stato già  delineato da questo Tribunale, prima Sezione, nella sentenza 9 gennaio 2003, n. 21 sul ricorso n. 1579/2002, pur esso prodotto dall’odierna istante.
In particolare, espone la detta pronuncia che la legge statale 14 agosto 1991, n. 281 (“Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo (articolo 2, comma undicesimo) ha espressamente stabilito che “Gli enti e le associazioni protezioniste possono gestire le strutture di cui al comma 1 dell’articolo 4, sotto il controllo sanitario dei servizi veterinari dell’unità  sanitaria locale” e, all’articolo 3, ha conferito alle regioni potestà  legislativa (concorrente) “¦entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge¦” in ordine all’individuazione dei “¦criteri per il risanamento dei canili esistenti e la costruzione di rifugi per cani”, sottoposti al controllo dei servizi veterinari delle uu.ss.ll., nonchè dei “¦criteri e le modalità  per il riparto tra i comuni dei contributi per la realizzazione degli interventi di loro competenza”.
“L’art. 4 della legge stabilisce i compiti assegnati ai comuni, singoli e associati e alle comunità  montane, come tali obbligatori, riguardanti il “¦risanamento dei canili comunali esistenti e (la costruzione) di rifugi per cani, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi dei contributi destinati a tale finalità  dalla regione””.
“1.1.2) Alle previsioni della legge quadro n. 281 del 1991, la Regione Puglia ha dato attuazione soltanto con la legge regionale 3 aprile 1995, n. 12, intitolata a “Interventi per la tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo”.
Ribadite le finalità  generali della legislazione regionale in materia nella promozione, disciplina e coordinamento della tutela degli animali d’affezione e nella repressione degli atti di crudeltà , dei maltrattamenti e dell’abbandono nei loro confronti (art. 1), la legge regionale in esame ha demandato i compiti di vigilanza e tutela sanitaria ai comuni “¦che li esercitano mediante le Unità  sanitarie locali¦” (art. 2), disciplinato l’anagrafe canina (art. 3), il contrassegno di riconoscimento (art. 4: non mediante tatuaggio ma con microchips inserito sottocute), affidato ai servizi veterinari delle uu.ss.ll. (ora aa.uu.ss.ll.) il recupero dei cani randagi o dei cani vaganti (cioè appartenenti a proprietario determinabile) anagrafati e non e la loro cessione gratuita a “¦privati maggiorenni (e a) enti e associazioni protezionistiche” (art. 6).
Particolare rilievo, quanto ai compiti dei comuni, assumono le disposizioni degli artt. 8 e 9.
L’art. 8 della l.r. n. 12 del 1995 ha stabilito che:
“I Comuni, singoli o associati, provvedono alla costruzione o al risanamento dei canili sanitari esistenti di cui all’art. 84 del d.p.r. 8 febbraio 1954, n. 320 secondo i criteri¦” da stabilire dalla Giunta regionale entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge, con possibilità  di impiegare a tal fine “¦i fondi provenienti dagli oneri di urbanizzazione”.
Ai sensi del comma secondo della disposizione, i canili sanitari sono strutture di accoglienza dei cani vaganti recuperati (ed in realtà  tanto dei cani randagi quanto di quelli abbandonati, anagrafati e non), presso i quali gli animali vengono se del caso anagrafati e comunque sottoposti a trattamento profilattico contro la rabbia, l’echinococcosi e le altre malattie trasmissibili, ai sensi dell’art. 2 comma 5 della legge n. 281 del 1991, e ivi trattenuti per un periodo non eccedente i sessanta giorni “¦in attesa di riscatto o affidamento o cessione (temporanea)”, decorsi i quali, se non adottati o altrimenti sistemati, essi sono indirizzati ai rifugi di cui al successivo art. 9.
Mette conto di evidenziare che il comma 3 dell’art. 8 prevede che “la gestione dei canili sanitari è affidata ai Comuni”, in apparente contrasto con la previsione dell’art. 2 comma 11 della legge quadro n. 281 del 1991 che consente l’affidamento agli enti e associazioni protezioniste di tutte indistintamente le strutture di cui al successivo art. 4 comma 1 della stessa legge, e quindi tanto dei canili sanitari quanto dei rifugi.
Al contrario l’art. 9 della legge regionale, dopo aver precisato che spetta alla Giunta regionale di individuare i comuni nei quali localizzare i rifugi per cani e i relativi criteri tecnici per la realizzazione, dispone senz’altro che “i rifugi, oltre che dai Comuni in cui ricadono territorialmente, possono essere gestiti da enti e associazioni riconosciute e iscritte all’Albo di cui all’art. 13 della presente legge”.
La disposizione, peraltro, assegna ai comuni uno specifico termine (“sei mesi dalla data di adozione del provvedimento regionale di individuazione”) per l’approvazione dei “singoli progetti” relativi alla realizzazione dei rifugi per cani “¦in zone ritenute idonee”, approvazione che costituisce dichiarazione di pubblica utilità , indifferibilità  e urgenza delle relative opere.
Nei rifugi, peraltro, “al fine di combattere il fenomeno dell’abbandono¦possono essere ospitati cani e gatti con regolare proprietario per determinati periodi di tempo e a pagamento” (art. 9 comma 5).
Disposta l’istituzione di apposita commissione regionale consultiva (art. 12), la legge regionale disciplina all’art. 13, come già  anticipato, la creazione dell’Albo regionale delle associazioni per la protezione degli animali nel quale possono essere iscritti “¦esclusivamente gli enti e le associazioni per la protezione degli animali operanti nella Regione Puglia”, caratterizzati dall’assenza di fini lucrativi, dalla specifica finalità  di tutela degli animali, da un numero minimo di soci ordinari (almeno duecento), da documentata specifica attività  e da efficienza organizzativa e operativa, e, in prima applicazione, tutti gli enti e associazioni che ne facciano domanda in possesso dei suddetti requisiti.
L’art. 14 della legge regionale abilita le associazioni di protezione iscritte all’albo alla stipula di apposite convenzioni con i comuni per la costruzione e gestione dei rifugi per cani (lettera a), lo svolgimento di compiti di assistenza volontaria ai canili sanitari e ai rifugi (lettera b), la promozione di iniziative di aggiornamento delle guardie zoofile (lettera c), la partecipazione alle iniziative formativo-educative e di formazione e aggiornamento professionale degli operatori (lettera d), attività  tutte da svolgersi con “¦carattere volontario con esclusione di fini di lucro”.
L’art. 18 della legge regionale impone ai comuni e alle uu.ss.ll. (ora aa.uu.ss.ll.) di provvedere “agli oneri derivanti dalla applicazione della presente legge¦ciascuno per la parte di propria competenza¦”, ponendo specifico vincolo di destinazione per le quote del fondo di dotazione di cui alla legge n. 281 del 1991 assegnate alla Regione e alle somme rivenienti dalle sanzioni di cui al precedente art. 17 (relativo alle violazioni amministrative in tema di abbandono di animali d’affezione, omessa iscrizione all’anagrafe canina, omessa sottoposizione al tatuaggio, commercio di animali a fini di sperimentazione, omessa denuncia di variazione di residenza, cessione, smarrimento, morte dell’animale).
Infine, l’art. 19 della legge regionale, in sede di prima applicazione, prevede la ristrutturazione o costruzione “¦di almeno un rifugio in ogni provincia”, nonchè la stipula di convenzioni con enti e associazioni “¦che abbiano la disponibilità  di strutture idonee” al fine di destinarle a rifugi per cani, e previa autorizzazione da parte dell’Assessorato regionale alla sanità , sentita la commissione regionale di cui all’art. 12 e con parere motivato del servizio veterinario dell’unità  sanitaria locale competente per territorio, la proroga di convenzioni esistenti “¦sino a un massimo di dodici mesi ove non esistano enti o associazioni di cui all’art. 13 che dispongano di strutture idonee””.
Sulla base di queste premesse, la prima Sezione giungeva alle conclusioni che seguono:
“1.2) Orbene, alla stregua del quadro di riferimento normativo testè ricostruito, non può revocarsi in dubbio la piena legittimazione processuale degli enti e associazioni per la protezione degli animali (in particolare d’affezione) iscritti nell’apposito albo regionale a dolersi dell’inerzia delle amministrazioni comunali in ordine all’adozione dei provvedimenti relativi alla realizzazione dei canili sanitari e dei rifugi per cani, e cioè delle strutture di accoglienza degli animali vaganti (abbandonati e/o randagi), nonchè, e più in generale, a gravarsi avverso gli atti amministrativi relativi alla realizzazione delle predette strutture o all’affidamento in convenzione a terzi dell’ospitalità  o ricovero degli animali vaganti.
Infatti, tanto in base alle richiamate disposizioni della legge quadro 14 agosto 1991, n. 281 (art. 2 comma 11 in coordinamento con l’art. 4 comma 1), quanto in relazione a quelle della legge regionale pugliese 3 aprile 1995, n. 12 (artt. 6 comma 2 per l’affidamento dei cani non reclamati; art. 9 comma 4 per l’affidamento della gestione dei rifugi per cani; art. 14 comma 1 lettera a e lettera b), gli enti e associazioni di protezione riconosciute rivestono una posizione differenziata e giuridicamente rilevante quali portatori di un interesse qualificato alla raccolta e mantenimento degli animali d’affezione vaganti, e in particolare dei cani, cui l’ordinamento statale e regionale riconosce un ruolo attivo in un quadro riconducibile all’odierno principio di sussidiarietà  orizzontale.
E se in linea generale è stato negato che, in base alle previsioni della legge statale, sia precluso l’affidamento a terzi del servizio pubblico relativo alla gestione delle strutture d’accoglienza sul rilievo che non sarebbe stabilita alcuna forma di riserva in via esclusiva ai comuni e tantomeno agli enti e associazioni di protezione animale (Cons. Stato, Sez. IV, 6 settembre 2000, n. 4688, che riforma T.A.R. Lombardia, Milano, 18 marzo 1999, n. 859); nondimeno le disposizioni della legge regionale pugliese n. 12 del 1995, nell’affidare ai comuni la gestione dei canili sanitari e dei rifugi, e nell’ammettere per questi ultimi, in alternativa, la (sola) gestione da parte degli enti e associazioni riconosciute iscritte all’albo, sembra configurare appunto il servizio pubblico di accoglienza degli animali vaganti (abbandonati o randagi) come servizio pubblico esclusivo dei comuni affidabile semmai in convenzione (solo) ai predetti enti e associazioni.
Checchè sia di ciò (non viene in esame la legittimità  dell’attuale affidamento a terzi, peraltro non intimati, del ricovero degli animali vaganti nel territorio comunale, disposto da ultimo dal 1° aprile 2002 al 31 marzo 2003 con deliberazione di Giunta municipale n. 623 del 13 giugno 2002), in ogni caso anche alla luce dei rilievi che precedono deve senz’altro ammettersi la legittimazione processuale dell’associazione ricorrente in ordine all’impugnativa del silenzio inadempimento, con conseguente reiezione dell’eccezione pregiudiziale spiegata dal difensore dell’Amministrazione comunale intimata.
Del pari, non può revocarsi in dubbio che i comuni (e nella specie l’Amministrazione comunale di Bari) siano tenutiex lege alla realizzazione e dei canili sanitari e dei rifugi per cani, in base alle chiare previsioni dell’art. 4 comma 1 della legge quadro n. 281 del 1991 e degli artt. 8 e 9 della legge regionale pugliese n. 12 del 1995, poichè alla loro realizzazione si ricollega lo svolgimento di un servizio pubblico obbligatorio e, secondo quanto innanzi osservato, riservato (dalla legge regionale) in via esclusiva ai comuni salvo affidamento della gestione (per quanto attiene ai rifugi) agli enti e associazioni di protezione animale riconosciute iscritte nell’albo regionale (per ipotesi in certo senso analoga di affidamento preferenziale della gestione delle strutture d’accoglienza alle associazioni protezionistiche e della necessità  di motivare le deroghe alla regola vedi T.A.R. Basilicata, 13 giugno 2001, n. 585)”.
Tenuto conto di questo inquadramento sistematico, il Collegio deve però, in ogni caso, in risposta alle eccezioni sollevate dalle parti resistenti, prioritariamente verificare se il Tribunale adito possa pronunciarsi sulle domande, come proposte,,.
Per quel che riguarda le pretese avanzate nei confronti del Comune di Bari, è da rilevare che l’eventuale “condanna¦ al pagamento del corrispettivo in favore della ricorrente per l’espletamento del servizio pubblico di gestione della struttura attrezzata a rifugio cani sita in Bari alla via Vassallo” non spetta al giudice amministrativo, poichè, anche per il codice del processo amministrativo (articolo 133, primo comma), “1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge¦c) le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità , canoni ed altri corrispettivi”, sulle quali ultime deve invece pronunciarsi l’autorità  giudiziaria ordinaria.
Al proposito deve aggiungersi che neppure può ipotizzarsi un accertamento autonomo, da parte di questo Tribunale, sulla sussistenza del rapporto di concessione.
àˆ noto che il tema dell’ammissibilità  dell’azione di accertamento nel giudizio amministrativo è assai discusso. Dopo la cancellazione, nella versione definitiva del codice del processo, dell’articolo 36, come presente nel progetto predisposto dalla commissione insediata presso il Consiglio di Stato, sono stati invero recuperati, tra i contenuti del predetto originario articolo 36, solo la declaratoria di nullità  (articolo 31, quarto comma) e la condanna al rilascio del provvedimento richiesto (inserita nell’articolo 34, primo comma, lettera c) dall’articolo 1, comma primo, lettera e), ad opera del decreto legislativo 14 settembre 2012 n. 160 e modellata sulla Verpflichtungsklage prevista nell’ordinamento tedesco).
Trattandosi peraltro di una materia (pubblici servizi) nel suo insieme (e salva la tradizionale eccezione relativa gli aspetti economici, già  accennata) rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, risulta però più utile considerare, con riferimento al più generale modello del processo civile, che l’ambito di esperibilità  delle azioni dichiarative o di mero accertamento, in passato relegate ad un rango meramente sussidiario, è stato ampliato dalla giurisprudenza più recente della Corte di cassazione (osservando che l’interesse ad agire in mero accertamento non implica necessariamente l’attuale verificarsi di una lesione di un diritto o una contestazione, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva in ordine all’esatta portata dei diritti e reciproci obblighi e il perseguimento di un risultato utile e giuridicamente apprezzabile non altrimenti conseguibile che con l’intervento del giudice). Tuttavia è pur sempre pacifico che il risultato giuridicamente apprezzabile escluda la sussistenza d’interesse ad agire ove il giudizio sia rivolto alla soluzione, in via di massima, di una questione di diritto, in vista di situazioni future ed ipotetiche.
In specie, non solo l’azione di mero accertamento non può in genere avere ad oggetto una mera situazione di fatto e non può essere utilizzata solo in previsione di possibili effetti futuri, meramente potenziali, ma deve anche essere pregiudiziale alla richiesta di un concreto provvedimento, idoneo a realizzare l’interesse perseguito dalla parte (Cass. civ., Sez. III, 28 novembre 2008, n. 28405; Sez. un., 20 dicembre 2006, n. 27187).
Risulta evidente nell’atto introduttivo del giudizio che l’associazione protezionistica chiede l’accertamento della titolarità  del servizio pubblico di gestione della struttura attrezzata a rifugio cani correlandolo non ad un qualunque autonomo risultato utile, bensì solo alla condanna dell’Amministrazione municipale al pagamento del corrispettivo dovuto per la gestione del canile. Di conseguenza, la questione rappresenta esclusivamente un accertamento pregiudiziale nella verifica della spettanza di un compenso a fronte dell’attività  svolta, destinata ad essere assorbita nella decisione di condanna affidata al giudice ordinario e quindi, di converso, sfornita di quella autonomia che ne giustificherebbe l’esame in questa sede.
Ad analoga conclusione deve giungersi per la subordinata domanda tesa ad ottenere l’indennizzo a seguito dell’ingiustificato arricchimento del Comune: infatti, “va rilevato che la declinatoria della giurisdizione preclude al giudice ogni valutazione di merito – qual è pur sempre quella relativa alla sussistenza o no di altri rimedi idonei a rimuovere il pregiudizio subito dall’impoverito – in quanto egli si dichiara in tal modo privo della potestas iudicandi, sicchè la pronuncia di improponibilità  della domanda, subordinatamente proposta dall’attore ai sensi dell’art. 2041 c.c., per la ravvisata esistenza di una diversa azione esperibile, non è consentita al giudice che si dichiari privo di giurisdizione sulla domanda ex contractu, essendo riservata al giudice che su tale domanda abbia la potestà  di decidere. La conclusione appare rafforzata dal rilievo che potrebbe altrimenti verificarsi l’inaccettabile evenienza del passaggio in giudicato della statuizione sull’improponibilità  della domanda sussidiaria di arricchimento senza causa e della preclusione della possibilità  di conoscerla da parte del giudice ordinario che, dichiarato (come nella specie) munito di giurisdizione sulla domanda ex contractu, ritenga tuttavia, una volta riassunta innanzi a lui la causa, che non sussistessero i presupposti per esercitare l’azione contrattuale” (Cass. civ., Sez. un., 6 febbraio 2009 n. 2865, sentenza riguardante anch’essa la “pretesa di pagamento della concessionaria”). In ogni caso, si tratta di un istituto prettamente civilistico, che dà  luogo a situazioni di diritto soggettivo perfetto, anche quando è parte del rapporto una pubblica amministrazione, la cui giurisdizione appartiene pertanto al giudice ordinario (Cass. civile, Sez. un., 18 novembre 2010 n. 23284).
L’Associazione Cani Abbandonati chiede poi la condanna del Consorzio per l’area di Sviluppo Industriale di Bari per responsabilità  precontrattuale.
Riferisce che, con deliberazione 21 giugno 2008 n. 154, il detto Consorzio concesse gratuitamente un suolo sito nella zona industriale (della superficie di metri quadri 6000) perchè la A.C.A. vi costruisse un rifugio per 200 cani; dopo l’approvazione del progetto di massima, predisposto dalla ricorrente, e dello schema di convenzione (con provvedimento 30 agosto 2008 n. 200 bis), il Consiglio di amministrazione della ASI revocò i precedenti atti e determinò di “realizzare tale progetto con fondi consortili”, impegnandosi a rilasciare all’associazione la struttura, appena questa fosse realizzata, dietro pagamento di un canone di locazione di € 20.000 più IVA l’anno (delibera 7 marzo 2009 n. 16). Vista la successiva inerzia, l’istante ha sollecitato il Consorzio, il cui Direttore generale, con nota 2 maggio 2011 prot. n. 2070, ha opposto, quale elemento giustificativo della mancata esecuzione del deliberato, la circostanza che il Comune di Bari non aveva ancora dichiarato l’ammissione della A.C.A. al contributo comunale e comunque non aveva garantito il versamento degli importi indicati in convenzione, nell’ipotesi di cessazione o impedimento dell’attività  da parte dell’associazione.
In definitiva, la ricorrente chiede che il Tribunale amministrativo condanni al risarcimento del danno il Consorzio sulla base di una valutazione dell’insieme dei predetti atti alla stregua del canone di buona fede, che porti a configurare il comportamento tenuto dall’Amministrazione in termini di culpa in contrahendo.
Tale potere non è però conferito al giudice amministrativo, il quale può pronunciarsi sull’azione di condanna se questa venga “proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo, anche in via autonoma”, ex articolo 30 del codice del processo amministrativo. Nella fattispecie, d’altronde, non emerge alcun circostanziato dato che riconduca il rapporto tra l’associazione e il Consorzio ad una delle ipotesi di giurisdizione esclusiva, sottratte così ai tribunali civili.
In conclusione, a norma dell’articolo 11 del codice del processo amministrativo, il Collegio deve declinare la giurisdizione in relazione al ricorso, la cui cognizione spetta al giudice ordinario.
Dispone la compensazione delle spese di lite, giustificata dall’intera vicenda.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione terza), pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara il difetto di giurisdizione del G.A. adito, indicando come competente il giudice ordinario dinanzi al quale il ricorso va riassunto nei termini di legge.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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