1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio –  Atto  interinale – Omessa impugnazione – Irrilevanza 


2. Edilizia e urbanistica  – Attività  edilizia privata – Ordinanza di sospensione dei lavori  – Natura – Effetti 


3. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Ordinanza demolizione – Contenuto minimo – Analitica ricostruzione opere abusive – àˆ necessaria


4. Edilizia e urbanistica  – Attività  edilizia privata – Ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Contenuto minimo – Analitica descrizione superficie occupata e area di sedime – àˆ necessaria

1.  La mancata impugnazione dell’ordinanza di sospensione dei lavori edilizi non determina l’inammissibilità  dell’impugnazione avverso l’ordinanza di demolizione, trattandosi di un atto con efficacia interinale, destinato ad essere sostituito dal provvedimento definitivo. 


2. L’ordinanza di sospensione dei lavori edilizi, avente natura urgente e cautelare, ha efficacia interinale, pertanto i suoi effetti sono assorbiti dal provvedimento di demolizione.


3. Ai fini della legittimità  dell’ingiunzione di demolizione è sufficiente e necessaria l’analitica ricostruzione delle opere abusivamente realizzate, idonea a consentire al destinatario della sanzione di rimuoverle spontaneamente.


4. Ai fini della legittimità  dell’ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera abusivamente realizzata è necessaria la descrizione precisa della superficie occupata e dell’area di sedime, oggetto di confisca in caso di mancata spontanea esecuzione.
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 Vedi Cons. St., sez. VI; sentenza 31 marzo 2014, n. 1518 – 2014ric. n. ordinanza 25 settembre 2013, n. 3712 – 2013; ric. n. 6245 – 2013.
 
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N. 00051/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00922/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 922 del 2008, proposto da: 
Teresa Gemiti, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Mansi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Mario Avenia in Bari, via Lattanzio, n. 112; 

contro
Comune di Andria, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Di Bari e Giuseppe De Candia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alberto Bagnoli in Bari, via Dante, n. 25; 

per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
“dell’ordinanza n. 234 del 30 aprile 2008, adottata in danno della ricorrente dal Comune di Andria – Settore Pianificazione del Territorio Servizio Atti Amministrativi, a firma del Dirigente dott. Ing. Giovanni Tondolo e notificato in pari data alla interessata.”
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Andria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’ordinanza n. 381 del 23 luglio 2008, di rigetto dell’istanza incidentale di sospensione cautelare;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2012 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori, avv.ti Giuseppe Masi e Giuseppe De Candia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Espone in fatto la sig.ra Teresa Gemiti di essere proprietaria di un appartamento per civile abitazione sito in Andria, località  “Barbadangelo”, facente parte di un complesso di fabbricati costituiti in supercondominio, al lotto 2, scala G, interno 16, sesto piano, nonchè di tre vani tecnici adibiti rispettivamente a centrale idrica, centrale per l’aria condizionata e centrale termica, posti al settimo piano di detto immobile con relativo lastrico solare a livello, di proprietà  esclusiva.
Riferisce di aver realizzato, al livello del settimo piano, sul citato lastrico solare, una copertura stabile con murature di tompagno di ulteriori mq. 107 circa, con le caratteristiche strutturali e costruttive corrispondenti a quelle descritte nel provvedimento impugnato, in continuità  della preesistente superficie di mq. 60, rappresentata dai volumi tecnici, in assenza del permesso di costruire; che tale intervento edilizio veniva sottoposto a sequestro penale; che in pendenza dl giudizio penale il Comune di Andria, con ordinanza n. 87 del 18 febbraio 2008, aveva disposto la sospensione dei lavori e con ordinanza n. 234 del 30 aprile 2008 aveva ordinato la demolizione delle opere.
La ricorrente ha quindi proposto il presente ricorso, ritualmente notificato il 27 giugno 2008 e depositato il 2 luglio 2008, con il quale ha chiesto l’annullamento della suddetta ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi n. 234 del 30 aprile 2008, notificata in pari data.
A sostegno del ricorso sono state articolate le seguenti censure: I violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2001, sviamento di potere per travisamento, carenza dei presupposti ed erronea istruttoria, violazione dell’art. 21 septies della legge n. 241 del 1990; II violazione dell’art. 33 del d.p.r. n. 380 del 2001 in relazione all’art. 9 della legge n. 47 del 1985, difetto di motivazione, erronea istruttoria, violazione di legge; III sequestro penale, impossibilità  della demolizione, inefficacia ed illegittimità  del provvedimento di demolizione.
Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di Andria eccependo l’inammissibilità  del ricorso per la mancata impugnazione dell’ordinanza di sospensione dei lavori, deducendo l’infondatezza del gravame e chiedendone il rigetto.
Entrambe le parti hanno prodotto documentazione.
Alla camera di consiglio del 23 luglio 2008, con ordinanza n. 381, è stata respinta la domanda incidentale di sospensione cautelare.
Il Comune di Andria ha depositato una memoria per l’udienza di discussione.
All’udienza pubblica del 12 dicembre 2012 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio deve innanzitutto esaminare l’eccezione di inammissibilità  sollevata dal Comune di Andria per la mancata impugnazione dell’ordinanza di sospensione dei lavori.
L’eccezione è infondata in quanto l’ordinanza di sospensione, finalizzata ad evitare che la prosecuzione dei lavori asseritamente abusivi determini un aggravarsi del danno urbanistico, avendo natura urgente e cautelare, ha efficacia interinale e, pertanto, i suoi effetti sono assorbiti dal provvedimento di demolizione, oggetto di impugnazione.
Nel merito l’odierno gravame è in parte fondato e deve, pertanto, essere accolto per quanto di ragione.
Con il primo motivo di ricorso la sig.ra Gemiti ha dedotto le seguenti censure: violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2001, sviamento di potere per travisamento, carenza dei presupposti ed erronea istruttoria, violazione dell’art. 21 septies della legge n. 241 del 1990; parte ricorrente lamenta che nel provvedimento impugnato mancherebbe una specifica indicazione delle opere abusive realizzate ed individuerebbe in maniera lata e generica il bene suscettibile di acquisizione al patrimonio comunale, con la conseguenza che potrebbe essere acquisito al patrimonio comunale, a suo avviso erroneamente, anche l’intero appartamento ed i volumi tecnici al settimo piano di proprietà  di essa ricorrente e regolarmente assentiti; l’omessa indicazione dell’area da acquisire determinerebbe, a suo avviso, la nullità  dell’ordinanza di demolizione per mancanza di un elemento essenziale previsto dalla legge.
Il motivo è in parte fondato.
Come chiarito dalla prevalente giurisprudenza, condivisa dal Collegio e già  fatta propria da questa Sezione, per giustificare l’ingiunzione di demolizione è necessaria e sufficiente l’analitica descrizione delle opere abusivamente realizzate, in modo da consentire al destinatario della sanzione di rimuoverle spontaneamente, ogni altra indicazione esulando dal contenuto tipico del provvedimento, non occorrendo in particolare anche la descrizione precisa della superficie occupata e dell’area di sedime che dovrebbe essere confiscata in caso di mancata, spontanea esecuzione; elementi questi, invece, necessariamente afferenti la successiva ordinanza di gratuita acquisizione al patrimonio comunale (TAR Bari, Sezione III 10 marzo 2011, n. 429 e 23 giugno 2010 n. 2606; TAR Napoli Sezione III, 12 marzo 2010, n.1420; TAR Lazio, Latina, Sezione I, 6 agosto 2009, n. 780; TAR Veneto, Sezione II, 10 giugno 2009, n. 1725; Consiglio di Stato, Sezione IV, 26 settembre 2008, n. 4659).
Passando ad analizzare sulla base di dette coordinate la fattispecie oggetto di gravame, deve ritenersi infondata la censura di nullità  prospettata mentre, di contro, deve ritenersi fondata la censura con la quale parte ricorrente deduce l’erroneità  dell’istruttoria in quanto emerge in atti l’erronea indicazione delle opere abusive realizzate.
Nell’ordinanza di demolizione, infatti, dopo aver rappresentato che la sig.ra Gemiti è “proprietaria del lastrico solare posto al sesto piano del fabbricato ubicato in C.da Barabadangelo”, si contesta la “Realizzazione di un settimo piano avente un superficie di mq. 107 circa, con murature di tompagno in mattoni forati, solaio in legno a doppia falda, completo di guaina impermeabilizzante, avente un’altezza dal piano di calpestio tra mt. 2,90 e mt. 3,50 circa. Detto manufatto si presenta composto da ambiente unico, intonacato, completo di porte e finestre, con all’interno una canna fumaria; su di un solo lato di detto manufatto è stato realizzato un muretto della lunghezza di mt. 8,50 dell’altezza di mt. 1,10 circa ed una lunghezza di mt. 0,60 circa, con sovrastante copertura in lastre di metallo. Centralmente vi è una ulteriore superficie di mq. circa, rappresentata dai preesistenti volumi tecnici, ai quali sono stati demoliti i preesistenti muri di chiusura.”
Dal tenore letterale del suddetto provvedimento si evince che il Comune resistente individua l’intervento abusivo nella “realizzazione del settimo piano..”; tale assunto è smentito dall’atto di comprevendita stipulato in data 17 gennaio 2007, depositato in giudizio in copia conforme all’originale, dal quale risulta espressamente, a pagina 2, al numero 1) lettera A), che i coniugi Loconte Savino e Gemiti Teresa¦acquistano.. “l’appartamento facente parte della “SCALA G”, posto al sesto piano interno “16”¦composto di tre vani e accessori, con un loggiato e un balcone a livello, nonchè di tre vani tecnici adibiti rispettivamente a centrale idrica, centrale per l’aria condizionata e centrale termica posti al settimo piano con relativo lastrico solare a livello in di proprietà  esclusiva”.
E’ di palmare evidenza, quindi, che l’abuso non può consistere nella realizzazione del settimo piano in quanto tale piano era già  esistente al momento dell’acquisto.
Peraltro quanto sopra trova conferma nel verbale di sequestro penale prot. n. 053/2008P.G. del 22 gennaio 2008 redatto dal Ten. Marrone Gaetano e dal M.llo Roberto Riccardo, versato in atti, nel quale l’abuso viene individuato in un “manufatto posto a settimo piano, realizzato sul lastrico solare del sesto piano, avente una supeficie di mq. 107,00 circa¦”.
Si ritiene di dover precisare che i suddetti Ufficiali di Polizia Giudiziaria sono gli stessi Ufficiali che hanno redatto la relazione di servizio, in pari data del citato verbale, 22 gennaio 2008, per violazioni edilizie a carico della ricorrente, depositato in giudizio dal Comune resistente, nel quale essi, dopo aver rappresentato di aver accertato “la realizzazione di un manufatto edilizio”, poi però aggiungono: “All’atto del sopralluogo i lavori erano sospesi e consistevano nella realizzazione di un settimo piano avente un superficie di mq. 107 circa, con murature di tompagno in mattoni forati, solaio in legno a doppia falda, completo di guaina impermeabilizzante, avente un’altezza dal piano di calpestio tra mt. 2,90 e mt. 3,50 circa. Detto manufatto si presenta composto da ambiente unico, intonacato, completo di porte e finestre, con all’interno una canna fumaria; su di un solo lato di detto manufatto è stato realizzato un muretto della lunghezza di mt. 8,50 dell’altezza di mt. 1,10 circa ed una lunghezza di mt. 0,60 circa, con sovrastante copertura in lastre di metallo. Centralmente vi è una ulteriore superficie di mq. circa, rappresentata dai preesistenti volumi tecnici, ai quali sono stati demoliti i preesistenti muri di chiusura.”; trattasi della stessa indicazione contenuta nell’ordinanza di demolizione quale intervento da demolire.
Al riguardo nel ricorso parte ricorrente espone in fatto di aver realizzato, al livello del settimo piano, sul citato lastrico solare, una copertura stabile con murature di tompagno di ulteriori mq. 107 circa, con le caratteristiche strutturali e costruttive corrispondenti a quelle descritte nel provvedimento impugnato, in continuità  della preesistente superficie di mq. 60, rappresentata dai volumi tecnici, in assenza del permesso di costruire.
Passando al secondo motivo di ricorso, con esso sono state articolate le seguenti censure: violazione dell’art. 33 del d.p.r. n. 380 del 2001 in relazione all’art. 9 della legge n. 47 del 1985, difetto di motivazione, erronea istruttoria, violazione di legge in quanto, ad avviso di parte ricorrente, il Comune resistente avrebbe dovuto prioritariamente valutare la possibilità  di applicazione della sanzione pecuniaria al posto della demolizione e motivare al riguardo.
Il motivo è infondato.
Parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 33 del d.p.r. n. 380 del 2001 in relazione all’art. 9 della legge n. 47 del 1985, ma in disparte l’inapplicabilità  nella fattispecie oggetto di gravame della disciplina di cui alla citata legge n. 47 del 1985, sia l’art. 9 della predetta legge che l’art. 33 del d.p.r. n. 380 del 2001, quest’ultimo astrattamente applicabile, riguardano gli interventi di ristrutturazione edilizia; in particolare l’articolo da ultimo citato disciplina gli “Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità “.
Al riguardo parte ricorrente si duole astrattamente della violazione dell’art. 33 ma non prova il presupposto per l’applicazione di tale normativa e specificatamente che nella fattispecie oggetto di gravame l’intervento realizzato rientrerebbe tra gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 10, comma 1, del medesimo d.p.r. n. 380 del 2001, richiamato dallo stesso art. 33.
Con il terzo motivo di ricorso la sig.ra Gemiti ha dedotto l’inefficacia e l’illegittimità  del provvedimento impugnato per inesattezza e/o equivocità  del termine di novanta giorni indicato per ottemperare all’ordinanza di demolizione in quanto quest’ultima sarebbe stata adottata in pendenza del sequestro penale e, quindi, sarebbe impossibile ottemperare nel termine di novanta giorni previsto nella stessa ordinanza.
Il motivo è infondato.
Il Collegio, confermando quanto già  sostenuto da questa Sezione nell’ordinanza 381 del 23 luglio 2012, con la quale questa Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione cautelare proposta da parte ricorrente, ritiene infatti che l’esistenza del sequestro penale non influisce sulla legittimità  dell’ordinanza di demolizione, potendo il destinatario richiedere al giudice penale il dissequestro al fine di ottemperare alla prescrizione demolitoria. L’eventuale rigetto dell’istanza di dissequestro (connesso a necessità  di carattere probatorio nel procedimento penale) non influisce peraltro sulla legittimità  dell’ordinanza di demolizione, ma al più sull’acquisibilità  del bene oggetto della stessa (cfr. ex multis TAR Bari, Sezione III 10 marzo 2011, n. 429 cit. e T.A.R. Lazio Roma, Sezione I, 9 febbraio 2010, n. 1785).
Peraltro nella fattispecie oggetto di gravame, come ammesso dalla stessa ricorrente, è intervenuto il dissequestro, ad essa notificato in data 24 maggio 2008.
Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere accolto in parte, per quanto di ragione.
Quanto alle spese si ritiene che, in considerazione del principio della soccombenza reciproca, sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato per quanto di ragione della parte ricorrente, nei termini precisati in motivazione .
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Rosalba Giansante, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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