1. Risarcimento del danno – Danno da attività  provvedimentale – Danno biologico – Lesione integrità  psico-fisica – Necessità 


2. Risarcimento del danno – Processo amministrativo – Danno da attività  provvedimentale – Danno  esistenziale – Lesione diritti inviolabili della persona – Nesso di causalità  con provvedimento amministrativo illegittimo – Presunzione semplice – Prova – Necessità 

1. Il risarcimento del danno biologico è subordinato all’esistenza della lesione della integrità  psico-fisica medicalmente accertabile; non è pertanto riconoscibile per gli impedimenti dell’attività  sportivo-ricreativa conseguenti ai provvedimenti impugnati.


2. Il danno esistenziale – categoria del danno non patrimoniale -, ai sensi dell’art. 2059 c.c., può essere invocato esclusivamente per la risarcibilità  di diritti inviolabili della persona concretamente individuati, dovendosi escludere la sua applicabilità  a circostanze fonti di meri disagi della vita di relazione (nel caso di specie si lamentava che la sospensione del porto d’armi del fucile da caccia avesse inficiato la vita ricreativa e sociale del ricorrente). La domanda, peraltro, va comunque supportata con la dimostrazione in giudizio del nesso di causalità  tra l’emanazione del provvedimento impugnato e la lesione lamentata, assumendo precipuo rilievo la prova per presunzioni (prova del tutto assente nel giudizio di cui è causa).

N. 02146/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02155/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2155 del 2011, proposto da: 
M. S., rappresentato e difeso dall’avv. Angela Aliani, con domicilio ex lege presso il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Segreteria Sezione III, in Bari, Piazza Massari, nn. 6-14

contro
Ministero dell’Interno – U.T.G. Prefettura della Provincia di Bari – Questura della Provincia di Bari, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliato per legge in Bari, via Melo, 97; 

per l’annullamento
” del decreto di sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia, emesso il 26-07-2011 (il decreto porta la data errata del 26-07-2010) dal Questore di Bari, cat. 6F/Pas/2011, e per l’annullamento di ogni atto e provvedimento preordinato, connesso e conseguente se ed in quanto lesivo degli interessi del ricorrente, anche successivo tra cui il provvedimento del Prefetto prot. n. 3948/6D/areaO.P.1bis, conosciuti notificati in data successiva al 15-09.2011″
e per la condanna al risarcimento del danno “conseguente all’adozione del provvedimento illegittimo e ingiusto”.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 novembre 2012 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori, l’avv. Alma Lucia G. Tarantino, su delega dell’avv. Angela Aliani e l’avv. dello Stato Francesco Massimo Manzari;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 14 novembre 2011 e depositato il 16 dicembre 2011, il sig. M. S. ha chiesto l’annullamento del decreto di sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia, prot. cat. 6F/Pas/2011 del 26 luglio 2011 (nel decreto è erroneamente indicata la data del 26 luglio 2010) del Questore della Provincia di Bari, nonchè del provvedimento del Prefetto della Provincia di Bari prot. n. 3948/6D/AreaO.P.1Bis di divieto di detenzione di armi e munizioni, che assume essergli stati notificati in data successiva al 15 settembre 2011; ha chiesto altresì la condanna dell’Amministrazione resistente al risarcimento dei danni morali e materiali conseguenti all’adozione dei provvedimenti impugnati.
A sostegno del gravame parte ricorrente ha dedotto i vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili.
Si è costituito a resistere in giudizio il Ministero dell’Interno, a mezzo dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, chiedendo il rigetto del gravame.
Parte ricorrente ha presentato una memoria per l’udienza di discussione e l’Avvocatura Distrettuale dello Stato ha depositato, rispettivamente in data 17 e 22 dicembre 2011, le relazioni illustrative prot. n. 4884/6DRic/AreaO.P.1Bis del 25 novembre 2011 della Prefettura della Provincia di Bari e prot. n. Cat.6.F/P.A.S./2011 del 13 dicembre 2011 della Questura della Provincia di Bari.
Entrambe le parti hanno prodotto documentazione e, in data 20 settembre 2012, l’Avvocatura Distrettuale dello Stato ha depositato la nota del 12 settembre 2012 con la quale la Prefettura della Provincia di Bari aveva rappresentato che con nota del 27 agosto 2012, versata in atti, la Questura della Provincia di Bari aveva riferito che il G.I.P. del Tribunale di Bari aveva emesso, in data 20 settembre 2011, il decreto di archiviazione del procedimento penale posto a fondamento dei provvedimenti impugnati, per infondatezza della notizia di reato.
All’udienza pubblica del 15 novembre 2012 il difensore di parte ricorrente ha dichiarato la cessazione della materia del contendere rappresentando di aver ricevuto a mezzo fax, in data 14 novembre 2012, il decreto prot. n. 4884/6D Ric./Area O.P.1°Bis, adottato in pari data, depositato in giudizio, di revoca del provvedimento del Prefetto della Provincia di Bari prot. n. 3948/6D/AreaO.P.1Bis di divieto di detenzione di armi e munizioni.
Alla medesima udienza pubblica del 15 novembre 2012 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
Il Collegio, considerato che all’udienza pubblica del 15 novembre 2012 il difensore di parte ricorrente ha dichiarato la cessazione della materia del contendere a seguito della adozione del citato decreto prot. n. 4884/6D Ric./Area O.P.1°Bis adottato in data 14 novembre 2012, versato in atti, e considerato che con il provvedimento adottato è stata disposta la revoca, in autotutela, da parte del Prefetto della Provincia di Bari del provvedimento prot. n. 3948/6D/AreaO.P.1Bis di divieto di detenzione di armi e munizioni, oggetto di impugnazione, dichiara la cessazione della materia del contendere, dovendo ritenersi tale atto pienamente satisfattivo per il ricorrente in riferimento alla relativa domanda impugnatoria.
Deve essere invece dichiarata improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse la domanda demolitoria relativa all’annullamento dell’altro provvedimento oggetto di impugnazione e specificatamente il decreto di sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia prot. cat.6F/Pas/2011 del 26 luglio 2011 del Questore della Provincia di Bari, atteso che la sospensione della citata licenza era stata espressamente disposta “fino ad esito favorevole della vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto”; la vicenda giudiziaria, infatti, si è conclusa con il suddetto decreto di archiviazione del procedimento penale posto a fondamento dei provvedimenti impugnati, per infondatezza della notizia di reato, decreto emesso in data 20 settembre 2011 dal G.I.P. del Tribunale di Bari.
Quanto alla domanda risarcitoria per i danni morali e materiali, pure formulata dal sig. S. con il ricorso in esame, il Collegio ritiene di dover specificare che, in riferimento alla richiesta di risarcimento del danno patrimoniale, consistente nelle spese preventivamente sostenute per l’attività  venatoria, quali la cura dei cani, il pagamento dei premi assicurativi, le tasse per l’espletamento della caccia e la cura dell’arma, la relativa domanda deve essere respinta in quanto non risulta quantificata, nè provata.
Va inoltre respinta la richiesta di risarcimento del danno biologico che parte ricorrente riconnette agli impedimenti all’attività  sportiva ricreativa conseguente ai provvedimenti impugnati; per giurisprudenza pacifica sia amministrativa che della Corte di Cassazione, infatti, il risarcimento del danno biologico è subordinato all’esistenza di una lesione dell’integrità  psico-fisica medicalmente accertabile, circostanza questa che non risulta provata nella fattispecie oggetto di gravame.
In riferimento, infine, alla richiesta di risarcimento del danno esistenziale, occorre premettere che, alla luce dell’ultimo orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione (cfr. ex multis n. 26972 dell’11 novembre 2008, confermata da n. 3677 del 16 gennaio 2009), al quale ha aderito la giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. tra le tante Sezione VI, 23 marzo 2009, n. 1716), già  condivisa dal Collegio, il danno esistenziale non costituisce voce autonoma di danno; il danno non patrimoniale costituisce una categoria ampia ed onnicomprensiva, all’interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori sotto categorie; al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria, solo la lesione di un diritto inviolabile della persona concretamente individuato è fonte di responsabilità  risarcitoria non patrimoniale; non sono meritevoli di tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, i pregiudizi consistenti in meri disagi, fastidi, disappunti, e in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale; pertanto, nell’art. 2059 c.c. trovano tutela solo le violazioni gravi di diritti inviolabili della persona, non altrimenti rimediabili. (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 23 marzo 2009, n. 1716, citata, T.A.R. Bari Sez. III, n. 2043 dell’8 settembre 2009).
Passando alla fattispecie oggetto di gravame, alla luce della richiamata giurisprudenza, anche a voler ammettere la sua astratta configurabilità  per una tipologia di danno quale quella addotta nel caso di specie, venendo in rilievo un’attività  ricreativa (l’attività  venatoria) il cui mancato esercizio, seppure esplicazione della personalità  dell’individuo, ad avviso del Collegio, non può configurarsi quale violazione grave di diritti inviolabili della persona, non altrimenti rimediabili, la relativa domanda va comunque rigettata; ciò in quanto il diritto al risarcimento del danno esistenziale, in tutti i casi in cui è ritenuto risarcibile, non può prescindere dalla allegazione da parte del richiedente, degli elementi di fatto dai quali desumere l’esistenza e l’entità  del pregiudizio. (Cassazione Sezioni Unite n. 3677/2009 citata).
Il danno esistenziale – da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità  nel mondo esterno – deve essere dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni; il ricorrente deve fornire la prova dell’esistenza di tale danno e del nesso di causalità  con l’inadempimento, prova che costituisce presupposto indispensabile per procedere ad una valutazione equitativa. Tale danno non si pone, infatti, quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, cosicchè non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità  lesiva della condotta di parte resistente, incombendo su parte ricorrente che denunzi il danno subito di fornire la prova in base alla regola generale di cui all’art. 2697 c.c. (cfr. Cass. civ., Sez. lav., 17 settembre 2010 n. 19785 richiamata da Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 6608 del 15 dicembre 2011).
Nel caso oggetto del presente giudizio parte ricorrente non ha allegato alcun elemento atto a comprovare, anche in via presuntiva, tale forma di danno, di guisa che la domanda deve essere rigettata.
Quanto alle spese si ritiene che sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese tra le parti, tenuto conto in particolare che l’Amministrazione resistente ha provveduto ad annullare in autotutela il provvedimento oggetto di gravame nelle more del presente giudizio e considerata la soccombenza di parte ricorrente in relazione alla domanda di risarcimento dei danni.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara in parte la cessazione della materia del contendere ed in parte dichiara il ricorso improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, nei sensi di cui in motivazione.
Respinge la domanda risarcitoria.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Rosalba Giansante, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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