1. Processo amministrativo – Riparto di giurisdizione in materia di concessioni di pubblici servizi – Criterio del petitum sostanziale e della causa petendi


2. Processo amministrativo – Riparto di giurisdizione in materia di concessioni di pubblici servizi  – Giurisdizione esclusiva G.A. – Esercizio di un potere autoritativo – Necessità  


3. Processo amministrativo – Contratto di concessione servizi pubblici – Atto di risoluzione unilaterale d del contratto di concessione – Esercizio di un potere privatistico – Giurisdizione esclusiva G.A.- Non sussiste 

1. In tema di riparto di giurisdizione tra g.o. e g.a. nella materia delle concessioni di pubblici servizi, ciò che rileva è il petitum sostanziale, individuato non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto piuttosto in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della controversia dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico, manifestazione di tali fatti. 


2. In virtù della sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, ai fini delle legittimità  della giurisdizione esclusiva del g.a. nelle controversie in materia di concessioni di pubblici servizi, prevista dapprima dall’art. 33 D.Lgs. 33/98 ed ora dall’art. 133, comma 1 lett.c) c.p.a., è indispensabile il collegamento della pretesa avanzata al giudice con l’esercizio del potere autoritativo della p.a. La giurisdizione del g.a. è, dunque, limitata ai casi in cui l’Amministrazione agisca nell’esercizio di un potere autoritativo.
  3. Il provvedimento che decreta lo scioglimento del rapporto concessorio di un pubblico servizio, configurandosi quale atto terminale del procedimento di dichiarazione di decadenza e risoluzione del contratto di concessione, è atto non riconducibile all’esercizio di un potere amministrativo ma all’esercizio di un potere privatistico, con conseguente attribuzione delle relative controversie al G.O.. L’Amministrazione, infatti, in ipotesi di accertamento della legittimità  del recesso o dell’atto di risoluzione unilaterale di una P.A. da un contratto di affidamento di un servizio pubblico, esercita un potere tipicamente  privatistico di recesso unilaterale (art. 1373 c.c.) e di risoluzione stragiudiziale (art. 1453 c.c.) per grave inadempimento. 

N. 01691/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00843/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 843 del 2007, proposto da: 
Alfano s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Roberto G. Marra, Maria Grazia Ingrosso ed Enrico Soprano, con domicilio eletto presso avv.to Gennaro Notarnicola, in Bari, via Piccinni 150; 
contro
Comune di Terlizzi, rappresentato e difeso dall’avv.to Piergiuseppe Otranto, con domicilio eletto presso Piergiuseppe Otranto, in Bari, via Principe Amedeo 164; 
per l’annullamento
– della determina dirigenziale n. 217 del 5/4/2007 del Comune di Terlizzi, notificata in data 18/4/2007;
– della proposta di determinazione predisposta dal Responsabile del procedimento facente parte integrante e sostanziale della richiamata determinazione;
– della delibera G.C. n. 41 del 9/3/2006;
– della perizia tecnica redatta dall’ing. De Chirico;
– della nota prot. n. 9971 del 28/5/2007 con la quale il Comune di Terlizzi diffidava la Alfano a riconsegnare gli impianti;
– di tutti gli atti presupposti, preparatori, conseguenti e comunque connessi.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Terlizzi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Paolo Amovilli;
Uditi nell’udienza pubblica del giorno 27 giugno 2012 per le parti i difensori avv.ti Gennaro Notarnicola (per delega dell’avv.to Roberto Marra) Carlo Tangari (per delega dell’avv.to Enrico Soprano) e Piergiuseppe Otranto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
1. Espone la ricorrente di essere concessionaria del servizio di illuminazione votiva del cimitero comunale, giusta aggiudicazione effettuata con deliberazione G.C. n. 1 del 2 gennaio 1996 del Comune di Terlizzi, a seguito di licitazione privata.
Con atto redatto in forma pubblica amministrativa in data 9 maggio 1996 rep. 1449, veniva stipulato tra le parti il contratto, alle condizioni previste dal capitolato di concessione, con decorrenza dal 3 gennaio 1996.
Con deliberazione G.C. n. 41 del 9 marzo 2006, l’Amministrazione comunale ha espresso motivato indirizzo al Dirigente competente al fine di procedere, secondo le rispettive competenze, alla decadenza/risoluzione del contratto suddetto, stante l’asserita sussistenza di reiterate inadempienze; con successiva determinazione dirigenziale n. 217 del 6 aprile 2007, veniva definitivamente decretato lo scioglimento del rapporto concessorio per mancato possesso dell’iscrizione all’albo di cui all’art. 53 D.Lgs. 446/1997 nonchè per reiterate inadempienze, tra cui il mancato pagamento del canone concessorio.
La società  Alfano impugna la suesposta determinazione n. 217/2007 dichiarativa della decadenza, unitamente alla deliberazione G.C. 41/2006 e agli ulteriori atti connessi in epigrafe indicati, deducendo censure così riassumibili:
I. violazione di legge, violazione e falsa applicazione dell’art. 53 del D.Lgs. 446/1997, eccesso di potere per falsità  dei presupposti ed erroneità  manifesta: contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione comunale, non sarebbe richiesta per il concessionario alcuna iscrizione all’albo di cui all’art. 53 D.Lgs. 446/1997, imposta soltanto per i soggetti privati che svolgono attività  di riscossione di entrate comunali da restituire al Comune, diversamente dal caso di specie, laddove il pagamento del canone da parte dell’utenza rappresenta esclusivamente la controprestazione economica da versare in favore del gestore di un servizio pacificamente ascrivibile a servizio pubblico locale; a conferma della irrilevanza di tale iscrizione, nè in sede di gara nè al momento della sottoscrizione del contratto l’Amministrazione avrebbe mai preteso il possesso di tale requisito;
II. violazione e falsa applicazione del contratto di concessione, eccesso di potere per falsità  dei presupposti e travisamento dei fatti: quanto alle contestate inadempienze rispetto alla conformità  degli impianti alle norme tecniche, esse riguarderebbero soltanto una limitata parte del cimitero e sarebbero comunque state tempestivamente risolte;
III. violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del capitolato di concessione: l’Amministrazione non avrebbe rispettato il procedimento prescritto dall’art. 11 del capitolato di concessione propedeutico alla eventuale dichiarazione di risoluzione del contratto, al fine di eliminare in via bonaria i contestati inadempimenti.
Si è costituito il Comune di Terlizzi, evidenziando in necessaria sintesi:
– le numerose inadempienze contrattuali del concessionario, ripetutamente contestate come da documentazione depositata in giudizio;
– il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, non involgendo il provvedimento impugnato l’esercizio di alcun potere autoritativo, in considerazione dell’asserito inadempimento nella fase esecutiva del contratto, di obblighi di derivazione legale o pattizia tra le parti, che investono posizioni sostanziali di diritto soggettivo, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza formatosi a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.204/2004 (dichiarativa dell’illegittimità  costituzionale dell’art. 33 D.Lgs. 33/98) teso ad affermare la giurisdizione del g.o. per tutte le controversie, quali quelle per cui è causa, caratterizzate dalla mancata spendita di poteri autoritativi; difetto di giurisdizione di cui, d’altronde, mostra di essere consapevole la stessa ricorrente, avendo proposto contestuale azione di risarcimento danni derivante dall’asserita illegittima risoluzione innanzi al Tribunale di Tranidel;
– l’inammissibilità  del gravame per difetto di interesse, non avendo la ricorrente mosso contestazioni avverso l’autonomo motivo di risoluzione consistente nel mancato pagamento del canone concessorio, non potendo quindi ricevere alcuna utilità  dall’accoglimento delle censure inerenti le ulteriori e distinte ragioni su cui si fonda l’impugnato provvedimento, secondo la consolidata giurisprudenza in materia di impugnazione di provvedimenti “a motivazione plurima”;
– l’ulteriore profilo di inammissibilità  derivante dalla mancata impugnazione dei precedenti provvedimenti di decadenza e diffida ad adempiere;
– l’evidente infondatezza nel merito di tutte le doglianze dedotte;
Con successive memorie, la ricorrente controdeduceva in particolare sull’eccepito difetto di giurisdizione: a suo dire, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle controversie relative a concessioni di pubblici servizi, prevista dapprima dall’art. 33 D.Lgs. 33/98 e poi dall’art. 133 comma 1 lett. c) cod. proc. amm. si estenderebbe anche alle controversie inerenti l’esecuzione degli obblighi contrattuali, le quali pur investendo posizioni di diritti ed obblighi delle parti, si collocherebbero comunque nel quadro di una regolamentazione dei rapporti traente origine da un titolo provvedimentale; secondo tale prospettazione rimarrebbero così escluse dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo soltanto le questioni relative alla corretta determinazione di canoni, indennità  od altri corrispettivi, “rientrandovi tutte le controversie, successive alla stipulazione del contratto, inerenti l’inadempimento delle relative obbligazioni”.
Alla camera di consiglio del 4 luglio 2007, con ordinanza n. 531/2007 veniva respinta l’istanza cautelare per carenza del fumus boni juris, impregiudicato l’esame delle eccezioni dedotte.
Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza del 27 giugno 2012, nella quale la causa è passata in decisione.
2. Va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario.
Come noto, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo rileva non già  la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice (vale a dire nella domanda di annullamento di atti amministrativi) ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi cioè dell’intrinseca natura della controversia dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico del quale detti fatti sono manifestazione (ex plurimis Consiglio di Stato sez IV 2 marzo 2011 n. 1360; Cassazione Sezioni Unite 26 gennaio 2011 n. 1767; T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 01 aprile 2011, n. 1909).
Con l’azione in epigrafe la società  ricorrente, al di là  della formale domanda di annullamento della determinazione n. 217/2007, che costituisce l’atto terminale dell’attivato procedimento per la dichiarazione di decadenza e risoluzione del contratto di concessione, contesta l’esercizio di un potere strettamente privatistico, quale la risoluzione anticipata di un contratto di concessione di un pubblico servizio – quale è pacificamente da ritenersi il servizio di illuminazione lampade votive (ex multis Consiglio di Stato sez V 11 agosto 2010, n. 5620; T.A.R. Campania Napoli 5 novembre 2010, n. 23132) – a causa di reiterati inadempimenti ad obblighi derivanti dal contratto stesso, oltre che dalla legge (art. 53 D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446 ).
Deve infatti evidenziarsi come effettivamente la determinazione n. 217/2007 impugnata si sorregge esclusivamente su due distinte e concorrenti ragioni a supporto della anticipata unilaterale risoluzione contrattuale, consistenti:
– in via principale, nella accertata mancata iscrizione del ricorrente all’albo di cui all’art. 53 D.Lgs. 446/1997 per i soggetti che abbiano in corso attività  di riscossione di tributi o altre entrate comunali, valevole secondo l’Amministrazione come causa sopravvenuta di risoluzione di diritto, conformemente alle disposizioni attuative di cui al D.M. 11 settembre 2010 n. 289;
– in secondo luogo, nel reiterato inadempimento di obbligazioni contrattuali, tra cui il mancato pagamento del canone concessorio e la difformità  degli impianti dalle norme tecniche (art. 2 capitolato) e dalla normativa in materia di sicurezza, più volte oggetto di diffide nei confronti della concessionaria;
Ne consegue, al di là  del concorrente richiamo nel corpo motivazionale del provvedimento impugnato sia all’art. 1453 c.c. che all’autotutela amministrativa, l’insussistenza di dubbi, sia sotto il profilo formale che sostanziale, in ordine al potere concretamente esercitato dall’Amministrazione, da individuarsi in quello privatistico di recesso unilaterale (art. 1373 c.c.) e di risoluzione stragiudiziale (art. 1453 c.c.) per grave inadempimento.
Ad avviso della difesa della ricorrente, la natura paritetica o negoziale degli atti impugnati – invero ammessa e non contestata – non escluderebbe la giurisdizione del g.a., estesa dall’art. 133 c. 1 lett. c) cod. proc. amm. proprio anche alle controversie inerenti tutta la fase di esecuzione del contratto, successiva a quella di scelta del contraente.
La tesi della ricorrente poggia su una lettura errata dell’art. 33 D.Lgs. 33/1998 (nel testo sostituito dall’art. 7 c. 1 della legge 205/2000) come riscritto dalla sentenza “manipolativa” n. 204/2004 della Consulta in tema di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di concessione di pubblici servizi, norma che deve costituire il parametro per individuare il giudice munito di giurisdizione, in quanto in vigore nel momento di proposizione della domanda (8 giugno 2007) in ossequio al principio di perpetuatio jurisdictionis di cui all’art. 5 c.p.c.
La giurisdizione pur esclusiva del g.a. prevista dall’art. 33 D.lgs.80/98 in materia di pubblici servizi è stata come noto interamente riscritta dalla Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 204 del 6 luglio 2004 ha dichiarato l’illegittimità  costituzionale dell’intero comma secondo, nonchè del comma primo, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli» anzichè «le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità , canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonchè».
Secondo la Consulta, condizione imprescindibile per la legittimità  costituzionale della giurisdizione esclusiva del g.a, anche in materia di pubblici servizi, è il collegamento della pretesa con l’esercizio del potere autoritativo pur se illegittimamente esercitato.
Alla luce del fondamentale arresto della Corte costituzionale, in tema di riparto di giurisdizione nella materia delle concessioni di pubblici servizi, devono ritenersi oramai escluse dalla giurisdizione del g.a. tutte le controversie di contenuto meramente patrimoniale, ossia quelle nelle quali non venga in rilievo il potere della p.a. a tutela di interessi generali ovvero la verifica dell’esercizio di poteri discrezionali di cui la p.a. gode nella determinazione di indennità , canoni o altri corrispettivi (ex multis Cassazione civile, sez. un., 18 novembre 2008, n. 27333; Consiglio Stato, sez. VI, 25 giugno 2008, n. 3226; T.A.R. Campania Napoli sez I, 9 giugno 2008, n. 5518).
Con specifico riferimento alle controversie inerenti l’accertamento della legittimità  del recesso o dell’atto di risoluzione unilaterale di una P.A. da un contratto di affidamento di un servizio pubblico, la giurisprudenza sia ordinaria che amministrativa è pacifica nell’escluderne la riconducibilità  alla giurisdizione esclusiva di cui al richiamato art. 33 D.lgs. 80/98, non venendo appunto in questione atti o comportamenti riconducibili all’esercizio di un potere amministrativo, bensì atti negoziali o paritetici (ex multis Consiglio di Stato sez V 28 febbraio 2006 n. 4440; id. sez V 17 maggio 2005 n. 2461; T.A.R. Molise 8 febbraio 2012 n. 20; T.A.R. Campania Napoli sez. III 12 dicembre 2007 n. 16197; T.A.R. Lazio Roma sez II 24 gennaio 2007, n. 492; T.A.R. Liguria sez II 28 agosto 2009, n. 2284; T.A.R. Piemonte sez II 16 luglio 2008, n. 1617; T.A.R. Puglia – Bari sez II 7 novembre 2005, n. 4684; Cassazione sez. unite 12 giugno 2006 n. 13527; id. 29 maggio 2006, n. 12546).
Del resto, la Consulta si è più volte pronunciata sulla necessità  di delimitare i confini della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in conformità  all’art. 103 Cost. “essendo necessario che l’Amministrazione agisca come autorità  e cioè attraverso la spendita di poteri amministrativi che possono essere esercitati sia mediante atti unilaterali ed autoritativi, sia medianti moduli consensuali” (Corte Cost. 5 maggio 2010, n. 35; id. 12 maggio 2011 n. 167; id. 18 febbraio 2011 n. 54).
La giurisdizione del g.a. nella fase di esecuzione deve dunque rigorosamente circoscriversi ai casi in cui l’Amministrazione agisca non già  jure privatorum, ma esercitando un potere autoritativo, vale a dire in ipotesi di ritiro in autotutela per ragioni di legittimità  o di opportunità  dell’aggiudicazione, o di decadenza pronunciata all’esito di una ponderazione tra interesse pubblico ed interesse del privato concessionario.
Alla stregua delle suesposte considerazioni, la prospettazione della ricorrente risulta, pertanto, del tutto in contrasto con i descritti parametri di legittimità  costituzionale (art. 103 Cost.) in merito alla delimitazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
3. Conclusivamente, va dichiarato il difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario, secondo le disposizioni di cui all’art. 11 cod. proc. amm.
L’esito della lite giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara il difetto di giurisdizione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Savio Picone, Primo Referendario
Paolo Amovilli, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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