Pubblico impiego – Rapporto di servizio  – Stipendi – In genere – Assegno personale previsto dall’art. 202, D.P.R. n. 3 del 1957 (mod. dall’art. 3, comma 57, L. n. 537 del 1993) – Riassorbimento – Fattispecie 

L’assegno personale previsto dall’art. 202, D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, modificato dall’art. 3 comma 57, L. 24 dicembre 1993 n. 537, è soggetto a riassorbimento, in applicazione dell’interpretazione autentica recata dall’art. 8 comma 4, L. n. 370 del 1999 all’art. 3, comma 57, L. n. 537 del 1993, limitatamente all’aumento conseguito per effetto del superamento del periodo di straordinariato e con decorrenza dalla conferma nella nuova qualifica di professore ordinario, ed anche nel caso di passaggio “interno” da professore associato a professore ordinario. La natura di norma di interpretazione autentica del citato comma 4 dell’art. 8, cui consegue la sua applicabilità  anche a fattispecie pregresse non ancora esaurite, discende, oltrechè dall’auto-qualificazione legislativa, dalla funzione, di sostanziale natura ermeneutica, di chiarire l’ambito applicativo del principio di non riassorbibilità  dell’assegno ex art. 202, d.P.R. n. 3 del 1957, stabilito dall’art. 3 comma 57, l. n. 537 del 1993.

N. 01698/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01075/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1075 del 2011, proposto da: 
Ciro Monteleone, rappresentato e difeso dall’avv.to Giuseppe Carella, con domicilio eletto presso Giuseppe Carella, in Bari, via Andrea Da Bari n. 115; 
contro
Università  degli Studi di Bari, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gaetano Prudente e Simona Sardone, con domicilio eletto presso Gaetano Prudente, in Bari, Ufficio Legale dell’Ateneo, piazza Umberto I, n. 1; 
Ministero dell’Istruzione dell’Università  e della Ricerca, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97; 
per l’accertamento
e la declatoria d’illegittimità  del comportamento tenuto dall’Università  agli Studi di Bari “Aldo Moro”, che dal novembre 2004 al gennaio 2007 ha provveduto a riassorbire l’assegno ad personam, attribuito al ricorrente con D.R. n. 11709 del 10/12/2003, dopo aver provveduto alla rideterminazione dello stesso, alla fine del periodo di straordinario, per effetto della ricostruzione del trattamento stipendiale, a seguito del riconoscimento dei servizi prestati in precedenza;
per la condanna dell’Università  di Bari al pagamento delle somme relative all’assegno ad personam a lui attribuito, con D.R. n. 11709 del 10/12/2003, dopo la ricostruzione della carriera, nel momento del superamento del triennio di straordinario, illegittimamente parzialmente trattenute dal novembre del 2004 al gennaio 2007 ed in maniera totale dal febbraio 2007 all’ottobre 2010, essendo stato il ricorrente posto in quiescenza per raggiunti limiti di età  dal 1/11/2010;
per la successiva ricostruzione della posizione pensionistica del ricorrente, tenendo conto degli importi dell’assegno ad personam illegittimamente trattenuti, posto che il suddetto assegno è espressamente dichiarato pensionabile per il suo intero importo dalla normativa di riferimento;
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università  degli Studi di Bari e del Ministero dell’Istruzione dell’Università  e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Paolo Amovilli;
Uditi nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2012 per le parti i difensori avv.ti Giuseppe Carella, Marcella Loizzi (quest’ultima per delega dell’avv. to Gaetano Prudente) e Giovanni Cassano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
1. Espone l’odierno ricorrente, nominato professore ordinario dal 16 febbraio 2003 presso la Facoltà  di Lettere e Filosofia dell’Università  di Bari, che con istanza del 9 febbraio 2009 ha chiesto al Rettore del suddetto Ateneo la corresponsione della quota residua dell’assegno ad personam a lui attribuito con D.R. n. 11709 del 10 dicembre 2003, rispetto a quello di 15.555,46 attribuito con D.R. 3372 del 21 aprile 2000.
Seguivano ulteriori istanze e diffide in data 31 marzo e 23 giugno 2010, senza alcun positivo riscontro da parte dell’Ateneo.
Con il ricorso in epigrafe il prof. Ciro Monteleone chiede l’accertamento del proprio diritto all’intangibilità  della posizione economico stipendiale acquisita nel corso del rapporto di lavoro con l’Università  di Bari, unitamente alla condanna di quest’ultima al pagamento delle somme relative all’assegno ad personam a lui attribuito con D.R. n. 11709 del 10/12/2003, dopo la ricostruzione della carriera, nel momento del superamento del triennio di straordinario, illegittimamente parzialmente trattenute dal novembre del 2004 al gennaio 2007 ed in maniera totale dal febbraio 2007 all’ottobre 2010, essendo stato il ricorrente posto in quiescenza per raggiunti limiti di età  dal 1 novembre 2010.
A sostegno dell’azione deduce i seguenti motivi, così riassumibili:
I. violazione e falsa applicazione dell’art. 3 c. 57 della L. 537/1993, dell’art. 8 c. 4 della L. 370/1999, violazione e falsa applicazione delle predette norme in combinato disposto con l’art. 36 ultimo comma del D.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, con l’art. 202 del T.U. del 10 gennaio 1957 n. 3 e con il comma 226 dell’art. 1 della legge 266/2005, eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto del corretto agire amministrativo: posto che il comma 57 dell’art. 3 della legge 537/1993 definisce espressamente come non riassorbibile l’assegno ad personam di che trattasi, la sopravvenuta normativa di interpretazione autentica di cui all’art. 8 L. 370/1999 avrebbe introdotto due distinte fattispecie; infatti, il comma 4, a differenza del comma 5, avrebbe inteso apportare un più limitato correttivo alla non riassorbibilità  dell’assegno previsto dal citato art. 3 comma 57, nel senso di non riconoscerlo in assoluto per tutto il successivo sviluppo della carriera dei docenti e ricercatori universitari, bensì di determinarlo solo in relazione al trattamento stipendiale spettante all’atto della conferma o del superamento del periodo di straordinario, dopo l’operata ricostruzione economica, provvedendo così al suo eventuale azzeramento o, se del caso, alla sua più ridotta determinazione definitiva; al caso di specie dovrebbe applicarsi pertanto soltanto il suddetto comma 4, non essendo il prof. Monteleone transitato nei ruoli della docenza universitaria da altri ruoli dell’Amministrazione. Conclusivamente, l’interessato prospetta l’obbligo dell’Amministrazione di corrispondere, per il periodo di riferimento, l’assegno ad personam nella misura di 4.409,65 euro annui, così come stabilito nel D.R. n. 11709/2003, per un totale di 16.913,39 euro.
Si sono costituiti il Ministero dell’Istruzione dell’Università  e della Ricerca e l’Università  degli Studi di Bari, evidenziando, in sintesi, l’infondatezza della pretesa azionata, in considerazione del riassorbimento dell’assegno ad personam in questione per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 8 comma 5 della L. 370/1999, norma di chiara interpretazione autentica, come del resto sostenuto oltre che dalla circolare M.I.U.R. del 2 giugno 2000, dalla giurisprudenza del giudice amministrativo.
Con memoria conclusiva depositata il 19 giugno 2012, il ricorrente insiste per l’accoglimento del gravame, invocando precedenti giurisprudenziali a sostegno delle proprie argomentazioni difensive.
Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza del giorno 11 luglio 2012, nella quale la causa è passata in decisione.
2. Il ricorso è infondato e va respinto.
La controversia all’esame del Collegio verte sull’accertamento del diritto dell’odierno istante alla percezione dell’assegno ad personam annuo pari a 4.409,85 euro stabilito dal D.R. n. 11709 del 10 dicembre 2003, senza che all’uopo possa operare il riassorbimento effettuato dall’Università  di Bari ai sensi dell’art. 8, commi 4 e 5, della legge 19 ottobre 1999 n. 370.
In merito alla questione del riassorbimento dell’assegno de quo, secondo la ricostruzione operata dalle stesse parti, si sono succedute nel tempo diverse norme, ispirate a finalità  difformi a seconda del contesto storico di riferimento.
Infatti, secondo l’art. 202 del D.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3, Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, “Nel caso di passaggio di carriera presso la stessa o diversa amministrazione agli impiegati con stipendio superiore a quello spettante nella nuova qualifica è attribuito un assegno personale, utile a pensione, pari alla differenza fra lo stipendio già  goduto ed il nuovo, salvo riassorbimento nei successivi aumenti di stipendio per la progressione di carriera anche se semplicemente economica”.
L’art. 3 comma 57 della legge 1993 n. 57 (Finanziaria 1994) prevede, a sua volta, che “Nei casi di passaggio di carriera di cui all’art. 202 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, ed alle altre analoghe disposizioni, al personale con stipendio o retribuzione pensionabile superiore a quello spettante nella nuova posizione è attribuito un assegno personale pensionabile, non riassorbibile e non rivalutabile, pari alla differenza fra lo stipendio o retribuzione pensionabile in godimento all’atto del passaggio e quello spettante nella nuova posizione” codificando pertanto la regola del non riassorbimento.
Da ultimo, i commi 4 e 5 dell’art. 8 della L. 1999 n. 370 in sede di interpretazione autentica del richiamato art. 3, dispongono:
“4. L’art. 3, comma 57, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, si interpreta nel senso che l’assegno personale ivi previsto ed attribuito in applicazione degli articoli 36, ultimo comma, e 38, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, ai docenti e ai ricercatori universitari, è rideterminato all’atto della conferma o del superamento del periodo di straordinariato per effetto del trattamento stipendiale spettante anche a seguito del riconoscimento dei servizi previsto dall’art. 103 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980. Il maggiore trattamento stipendiale derivante da interpretazioni difformi da quella di cui al presente comma è riassorbito con i successivi miglioramenti economici. E’ fatta salva l’esecuzione dei giudicati non conformi all’interpretazione autentica recata dal presente comma.
5. Al professore o ricercatore universitario rientrato nei ruoli è corrisposto un trattamento pari a quello attribuito al collega di pari anzianità . In nessun caso il professore o ricercatore universitario rientrato nei ruoli delle università  può conservare il trattamento economico complessivo goduto nel servizio o incarico svolto precedentemente, qualsiasi sia l’ente o istituzione in cui abbia svolto l’incarico. L’attribuzione di assegni ad personam in violazione delle disposizioni di cui al presente comma è illegittima ed è causa di responsabilità  amministrativa nei confronti di chi delibera l’erogazione”.
Secondo la difesa del ricorrente, le descritte disposizioni di cui ai commi quarto e quinto dell’art. 8 della legge 370/1999 comporterebbero il passaggio ad un regime di piena riassorbibilità  dell’assegno di che trattasi solamente nell’ipotesi di passaggio nei ruoli dei professori universitari da altri ruoli, diversamente dall’ipotesi del passaggio “interno” da professore associato a professore ordinario.
Non ritiene il Collegio di ravvisare nel richiamato disposto di cui all’art. 8 della legge 370/1999 tale invocata diversità  di trattamento, poichè i commi 4 e 5, stabiliscono in ogni caso il riassorbimento, sia nei casi di progressione di carriera del personale appartenente ai ruoli dei professori e ricercatori universitari (comma 4) sia nei casi di assunzioni o riassunzioni di personale nei predetti ruoli (comma 5).
Trattandosi di norma di chiara interpretazione autentica, per espressa previsione del legislatore, essa ha effetto retroattivo, vale a dire dal 1 gennaio 1994, data di entrata in vigore della legge 537/1993.
Del resto, nel senso del doveroso riassorbimento depone oltre che la stessa prassi ministeriale, seppure in modo non univoco (vedi nel senso della riassorbibilità  circolari M.I.U.R. 2 giugno 2000 e Ministero dell’Economia e delle Finanze 24 gennaio 2002, in senso contrarioMinistero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento Ragioneria Generale dello Stato 24 maggio 2004), la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato sez. VI 16 gennaio 2009, n. 199).
Non ritiene il Collegio, d’altronde, che la mancata differenziazione da parte del legislatore della posizione dei professori ordinari non transitanti da altri ruoli possa porsi in contrasto con il principio costituzionale di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., essendo l’art. 8 della legge 370/1999 (commi 4 e 5) giustificato dall’esigenza di assicurare la coerente attuazione delle finalità  di “cristallizzazione” del trattamento economico dei dipendenti pubblici per inderogabili esigenze di contenimento della spesa pubblica, con modalità  da reputarsi non irrazionali o arbitrarie.
Non giova al ricorrente neppure l’invocata applicazione del comma 226 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2005 n. 266 secondo cui “L’articolo 3, comma 57, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, nei confronti del personale dipendente si interpreta nel senso che alla determinazione dell’assegno personale non riassorbibile e non rivalutabile concorre il trattamento, fisso e continuativo, con esclusione della retribuzione di risultato e di altre voci retributive comunque collegate al raggiungimento di specifici risultati o obiettivi” poichè nulla modifica in merito alla regola generale dell’assorbimento di cui all’art 8 L. 370/1999.
Conclusivamente, l’assegno ad personam annuo nella misura di 4.409,85 euro stabilito dal D.R. n. 11709 del 10 dicembre 2003 in favore dell’odierno ricorrente deve ritenersi riassorbito, ai sensi dell’art. 8 della legge 370/1999, per effetto di ogni successivo incremento retributivo attribuito al personale docente, conformemente all’interpretazione seguita dall’Amministrazione resistente.
3. Per i suesposti motivi il ricorso è infondato e va respinto.
Sussistono motivi equitativi per disporre la compensazione delle spese di lite in considerazione della particolarità  della materia trattata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Savio Picone, Primo Referendario
Paolo Amovilli, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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