1. Espropriazione per pubblica utilità  – Progetto esecutivo di recupero chiese rupestri – Originaria invalidità  della dichiarazione di pubblica utilità   –  Diritto del proprietario alla restituzione del fondo e al risarcimento del danno – Sussiste
 
2. Risarcimento del danno – Espropriazione per pubblica utilità  – Quantificazione – Parametri – Mancata realizzazione dell’opera di interesse pubblico – Effetti

1. L’annullamento giurisdizionale  di tutti gli atti della procedura espropriativa e della dichiarazione di pubblica utilità  priva l’amministrazione del titolo  per l’occupazione del suolo altrui, con conseguente diritto del proprietario alla restituzione del fondo  – previa riduzione in pristino dello stesso- e al conseguente risarcimento del danno.


2. Ai sensi dell’art. 34, comma 4, del c.p.a., in caso di condanna pecuniaria dell’amministrazione resistente il giudice può definire i parametri di quantificazione della somma dovuta, che, nel caso di specie, relativo al risarcimento da illegittima occupazione d’urgenza  sono: a) il risarcimento del danno per mancato godimento, che deve essere calcolato assumendo quale valore base quello di mercato del bene come stimato dal perito e applicando allo stesso il tasso di interesse legale, da ritenersi presumibile e normale indice di redditività  dell’immobile; b) il valore base del suolo deve essere preventivamente attualizzato anno per anno con utilizzo dell’indice ISTAT e solo sul relativo risultato deve essere calcolato il danno per la perdita della possibilità  di utilizzo del bene, calcolato attraverso il tasso di interesse legale secondo le indicazioni di cui al punto a); c) sulla somma così ottenuta, corrispondente alla presumibile e normale redditività  dell’immobile di cui i ricorrenti sono stati privati, devono essere calcolati gli interessi legali per il ritardo nell’erogazione delle somme, anno per anno sino al soddisfo; d) infine, in caso di avvenuto deterioramento del fondo è anche dovuto un risarcimento, da liquidarsi in via equitativa, per effetto della mancata trasformazione dello stesso e la mancata realizzazione dell’opera da parte dell’Amministrazione.

N. 01574/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01696/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1696 del 2002, proposto da: 
Vinci Vito, Vinci Michelina, Danza Vita Maria e Vinci Francesco, rappresentati e difesi dall’avv. Fulvio Mastroviti, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Quintino Sella n.40; 

contro
Comune di Castellaneta; 

per l’accertamento
a) della illegittimità  e/o dell’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità  delle opere di cui al progetto tecnico esecutivo per l’acquisizione ed il recupero degli insediamenti rupestri di S. Maria di Costantinipoli, Mater Christi e Padre Eterno, progetto approvato con deliberazione di G.M. n. 1290/9.8.1994;
b) della conseguente cessazione dell’occupazione d’urgenza -tra le altre- dell’area di proprietà  dei ricorrenti (riportata in catasto sub partita 158301, foglio 58, p.lla 32/A), occupazione disposta con decreto del Sindaco n. 10/18.12.1995;
c) in subordine, della inefficacia del detto decreto per intervenuta scadenza del termine quinquennale di durata dell’occupazione dei suindicati suoli;
e per la condanna
– del Comune di Castellaneta alla integrale restituzione dei suoli di proprietà  del ricorrente;
– del Comune intimato al risarcimento dei danni provocati a seguito e/o in dipendenza della detta occupazione illecita ovvero a causa dell’illegittimo protrarsi dell’occupazione stessa;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 maggio 2012 la dott.ssa Giacinta Serlenga e udito per la parte ricorrente il difensore avv. Silvio Giancaspro, su delega dell’avv. F. Mastroviti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
 

FATTO e DIRITTO
1.- Gli odierni ricorrenti risultavano proprietari di suolo originariamente riportato in catasto al foglio 58, particella 32/a per un ˜estensione complessiva di mq.12.923, inserito nel progetto tecnico-esecutivo per l’acquisizione ed il recupero degli insediamenti rupestri di S. Maria di Costantinopoli, Mater Christi e Padre eterno, approvato con delibera di G.M. n.1290 del 9.8.1994 e fatto oggetto di decreto sindacale di occupazione d’urgenza n.7 dell’8.4.1995; quest’ultimo reiterato con decreto n.10 del 18 dicembre dello stesso anno.
Immessa nell’area de qua in data 13 gennaio 1996, tuttavia, l’Amministrazione comunale dopo un’iniziale attività  preparatoria (che, nel caso dei ricorrenti, ha comportato la costruzione di un muro a secco divisorio della proprietà ) non ne ha operato alcuna sostanziale trasformazione; sicchè l’area stessa è rimasta in stato di completo abbandono. La circostanza è riferita dai ricorrenti e trova conferma nella verificazione che -come si dirà  meglio tra breve- è stata disposta nell’ambito del presente giudizio.
Sia la delibera di approvazione del progetto, sia i decreti di occupazione, sia infine l’immissione in possesso sono stati gravati dagli odierni ricorrenti, giusta ricorsi iscritti ai nn.2300/1995 e 511/1996 R.R.. Gli stessi poi, decorso infruttuosamente il termine di occupazione d’urgenza, hanno proposto nel 2002 il gravame in epigrafe per ottenere la restituzione del suolo e il risarcimento dei danni prodotti dall’occupazione illegittima.
Nelle more si sono verificati due eventi di rilievo.
I predetti ricorsi sono stati decisi favorevolmente per i ricorrenti con sentenza della terza Sezione di questo Tar n.367/2007 che ha invero disposto l’annullamento degli atti impugnati; più precisamente della richiamata delibera di approvazione del progetto e del secondo dei decreti di occupazione, essendo invece stato rilevato il sopravvenuto difetto di interesse rispetto a quello originario divenuto ormai inefficace. Con questa stessa sentenza, poi, era già  stato dichiarato anche il sopravvenuto difetto di interesse rispetto ad uno degli odierni ricorrenti, il sig. Francesco Vinci, avendo questi medio tempore ceduto bonariamente i propri suoli al Comune di Castellaneta.
Va precisato poi che, come dichiarato dalla stessa parte ricorrente e accertato in sede di verificazione, il sig. Francesco Vinci ha in realtà  trasferito al Comune -in data 1.12.2005- anche la quota originariamente di proprietà  della madre, sig.ra Vita Maria Vinci, oggetto di precedente donazione, giusta atto pubblico del marzo 2001. Tant’è che l’istanza di fissazione del presente giudizio, depositata in data 21.4.2010 a seguito della comunicazione dell’avviso di perenzione ultraquinquennale, reca la sola sottoscrizione dei sigg.ri Vito e Michelina Vinci; gli unici degli originari ricorrenti ad aver dichiarato la persistenza dell’interesse al presente gravame.
L’Amministrazione comunale non si è costituita in giudizio. Con sentenza n.1895/2011 questa Sezione -come già  anticipato- ha disposto istruttoria ai fini dell’esatta individuazione delle particelle oggetto di illecita occupazione e della quantificazione del loro valore di mercato.
In data 6 aprile 2012 la relazione istruttoria è stata prodotta in giudizio e all’udienza del successivo 17 maggio la causa è stata trattenuta per la decisione.
2.-Orbene, soltanto i sigg.ri Vito e Michelina Vinci -come già  anticipato- hanno dichiarato la persistenza dell’interesse al gravame. In effetti, la sig.ra Danzi aveva ceduto la quota di sua proprietà  al figlio Francesco Vinci già  nel 2001, prima ancora della proposizione del ricorso (invero notificato in data 28 ottobre 2002); e il sig. Francesco Vinci, a sua volta, aveva ceduto bonariamente il tutto al Comune resistente, nel corso del giudizio con atto in data 1.12.2005.
Rispetto ai sigg.ri Vito e Michelina Vinci il gravame va invece accolto.
Le prospettazioni di parte ricorrente sono invero risultate confermate all’esito della verificazione. Le particelle di proprietà  dei suddetti sono state in effetti interessate dall’illegittima occupazione d’urgenza; il progetto di recupero non è mai stato realizzato, i beni in questione versano in stato di abbandono e sono -testualmente- “ricoperti da rovi e sterpaglie diffuse” (particolarmente evidenti i “..segni dell’incuria e del vandalismo” nella cripta del Padre eterno), sicchè la zona appare necessitare “..di un’attività  di manutenzione straordinaria”; infine “..l’unica opera a presidio della zona realizzata dall’Amministrazione locale è un muro di recinzione¦che presenta evidenti segni di cedimento..” (cfr. pag.42 della relazione peritale).
Come già  evidenziato, con sentenza n.367/2007 della terza Sezione è stato disposto l’annullamento di tutti gli atti della procedura espropriativa in questione, ivi compresa la dichiarazione di pubblica utilità  di cui pertanto risulta accertata l’originaria invalidità ; la decisione è passata in giudicatosicchè l’Amministrazione non ha più titolo all’occupazione dei suoli di proprietà  dei ricorrenti.
Deve pertanto esseredichiarato il loro diritto alla restituzione, previa riduzione in pristino delle opere illegittimamente realizzate a cura dell’Amministrazione intimata; con condanna dell’Amministrazione stessa al risarcimento del danno per mancato godimento del bene rapportato all’intero periodo intercorso tra l’immissione nel possesso (risalente come detto al 13 gennaio 1996) e la data in cui il bene verrà  restituito.
La puntuale quantificazione dovrà  avvenire con l’apporto collaborativo dell’Amministrazione ai sensi e per gli effetti dell’art.34 c.p.a. entro e non oltre novanta giorni dalla comunicazione della presente decisione, sulla base dei criteri già  fissati nella sentenza di questo Tar n.3403/2010 pronunziata con riferimento ad una vicenda speculare e che di seguito si riportano:
a) il risarcimento del danno per mancato godimento deve essere calcolato assumendo quale valore base quello di mercato del bene come stimato dal perito e applicando allo stesso il tasso di interesse legale, da ritenersi presumibile e normale indice di redditività  dell’immobile;
b) il valore base del suolo deve essere preventivamente attualizzato anno per anno con utilizzo dell’indice ISTAT e solo sul relativo risultato deve essere calcolato il danno per la perdita della possibilità  di utilizzo del bene, calcolato attraverso il tasso di interesse legale secondo le indicazioni di cui al punto a);
c) sulla somma così ottenuta, corrispondente -si ribadisce- alla presumibile e normale redditività  dell’immobile di cui i ricorrenti sono stati privati, devono essere calcolati gli interessi legali per il ritardo nell’erogazione delle somme, anno per anno sino al soddisfo.
A tale voce di danno deve poi essere aggiunto il ristoro del pregiudizio subito dai ricorrenti a causa dello stato di degrado subito dal fondo e soprattutto dalle cappelle che vi insistono, in dipendenza dello stato di abbandono in cui è stato lasciato durante l’occupazione; pregiudizio che viene equitativamente determinato in €10.000,00 (diecimila/00).
3.- In sintesi il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, l’Amministrazione resistente condannata alla restituzione dei suoli previa demolizione delle opere realizzate nonchè al risarcimento dei danni subiti sia per il mancato godimento del bene per tutto il periodo di occupazione illegittima, da quantificarsi ai sensi e per gli effetti dell’art.34 c.pa., sia per il degrado del fondo imputabile allo stato di abbandono in cui è stato lasciato durante l’occupazione, nei termini su indicati, detratto l’importo determinato dal Collegio.
L’Amministrazione dovrà  altresì provvedere alla rifusione delle spese di giudizio in favore dei sigg.ri Vito e Michelina Vinci, come liquidati in dispositivo; nonchè a corrispondere il compenso al verificatore che si liquida in complessivi €2000,00 oltre eventuali oneri di legge, di cui €1000,00 da rimborsare ai ricorrenti ove effettivamente versati al tecnico incaricato.
Paventandosi un danno erariale, il Collegio reputa doveroso incaricare la Segreteria di trasmettere il fascicolo di causa, unitamente alla presente pronuncia, alla Procura Regionale della Corte dei Conti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia-Bari (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:
1) accoglie il ricorso nei confronti dei sigg.ri Vito e Michelina Vinci e, per l’effetto:
1.1.- accerta il loro diritto ad ottenere la restituzione dell’area di proprietà  (particelle 381, 382 e 384) con conseguente condanna dell’Amministrazione intimata a provvedere alla restituzione stessa;
1.2.-condanna il Comune resistente al risarcimento dei danni subiti dai ricorrenti in conseguenza del mancato godimento del bene in questione da quantificarsi nei sensi, modalità  e termini di cui in motivazione nonchè al risarcimento dei danni subiti per il deterioramento del suolo, equitativamente liquidati in €10.000,00 (diecimila/00);
2) condanna l’Amministrazione soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dei ricorrenti, liquidate in € 2000,00 (duemila/00) nonchè del compenso del verificatore, analogamente liquidato in complessivi €2000,00 oltre eventuali oneri di legge, di cui €1000,00 da rimborsare ai ricorrenti stessi ove effettivamente versati al tecnico incaricato;
3) dispone la trasmissione della presente sentenza alla procura regionale della Corte dei conti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/08/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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