1. Leggi, decreti, regolamenti – Energia da fonti rinnovabili – Regolamento regionale n. 24/2010, art.5  – Previsione esclusione sua applicabilità   per i procedimenti avviati in vigenza del regolamento n. 16/2006 –   Effetti della  sentenza della Corte Costituzionale n. 344/2010


2. Energia da fonti rinnovabili – Regolamento regionale n. 24/2010, art.4 – Divieto di realizzazione di   impianti per l’energia  rinnovabile in aree non idonee  – Violazione art.17 D.M. 10.9.2010  e art. 12 D.Lgs. n. 387/2003 – Non sussiste – Ragioni

1. Poichè il regolamento della Regione Puglia n. 16/2006 in materia di energia da fonti rinnovabili è stato integralmente caducato per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 26.11.2010, n. 344, deve ritenersi illegittimo l’art.5 del regolamento regionale n. 24/2010, nella parte in cui esclude l’applicabilità  della nuova normativa ai procedimenti relativi ad impianti eolici ricadenti nel campo di applicazione del suddetto regolamento n. 16/2006, assumendo come riferimento di diritto intertemporale una fonte normativa definitivamente espunta dall’ordinamento per incostituzionalità .


2. E’ legittimo ed ha connotazione preclusiva in senso assoluto il divieto di installare nuovi aerogeneratori in zone definite in ambito regionale  non idonee, contenuto all’art.4 del regolamento della Regione Puglia n. 24/2010: infatti, ai sensi dell’allegato 17.1 del D.M. 10.9.2010 e dell’art. 12 D.Lgs. n. 387/2003,  al fine di semplificare ed accelerare le procedure autorizzatorie, le Regioni possono legittimamente individuare  nell’ambito del proprio territorio aree non idonee alla localizzazione di determinate tipologia d’impianti, apponendo una volta per tutte divieti preventivi, assoluti e inderogabili.

N. 01532/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00472/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 472 del 2011, proposto da: 
Nova Wind Sud s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Carlo Comandè, con domicilio eletto presso l’avv. Gabriele Bavaro in Bari, corso Vittorio Emanuele, 172;

contro
Regione Puglia, rappresentata e difesa dagli avv.ti Leonilde Francescani e Maria Liberti, con domicilio eletto in Bari, lungomare Nazario Sauro, 31-33; 
Provincia di Foggia; 

per l’annullamento
del regolamento regionale n. 24/2010, pubblicato sul B.U.R.P. n. 195 del 31 dicembre 2010, limitatamente agli artt. 4 e 5 ed ai relativi allegati, nella parte in cui individuano le aree non idonee alla realizzazione di impianti di energia da fonti rinnovabili, in modo non conforme a quanto previsto nelle linee guida nazionali di cui al decreto del Ministro dello Sviluppo economico del 10 settembre 2010;
della delibera di Giunta regionale n. 3028 del 30 dicembre 2010, con la quale è stato adottato il suddetto regolamento regionale;
del regolamento regionale n. 16/2006, pubblicato sul B.U.R.P. n. 128 del 6 ottobre 2006, ove occorra ed in quanto richiamato dall’art. 5 del regolamento regionale n. 24/2010;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 aprile 2012 il dott. Savio Picone e uditi per le parti i difensori avv.ti Carlo Comandè, Leonilde Francesconi e Maria Liberti;
Visto l’art. 36 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
La Nova Wind Sud s.r.l. espone di aver richiesto alla Regione Puglia, nel corso degli anni 2008 e 2009, l’autorizzazione unica per la realizzazione di parchi eolici nel territorio dei Comuni di Lucera, Casalnuovo Monterotaro e San Severo.
I relativi procedimenti non sono ancora conclusi.
Con il ricorso in esame, la società  impugna in via autonoma il sopravvenuto regolamento regionale n. 24/2010 (pubblicato sul B.U.R.P. n. 195 del 31 dicembre 2010), limitatamente agli artt. 4 e 5 ed ai relativi allegati.
Deduce motivi così riassumibili:
I) violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, violazione dell’art. 117 Cost. e violazione del decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 10 settembre 2010: l’art. 5, primo comma, del regolamento regionale n. 24/2010 sarebbe illegittimo nella parte in cui, al fine di delimitare in via transitoria l’ambito temporale di applicazione della nuova disciplina, oltre a sottrarvi i “procedimenti in corso alla data della sua pubblicazione, qualora riferiti a progetti completi della soluzione di connessione di cui al punto 13.1 – lett. f) della parte III delle linee guida emanate con D.M. 10 settembre 2010 e per i quali a tale data siano intervenuti i prescritti pareri ambientali”, ne esclude altresì i “procedimenti relativi ad impianti eolici ricadenti nel campo di applicazione del Regolamento regionale 4 ottobre 2006 n. 16 (Regolamento per la realizzazione di impianti eolici nella Regione Puglia)”; la seconda previsione, in particolare, ove intesa nel senso di assoggettare i procedimenti pendenti alla disciplina del regolamento regionale n. 16/2006, si porrebbe in insanabile contrasto con la sentenza della Corte costituzionale 26 novembre 2010 n. 344, che ha annullato l’art. 3, comma 16, della legge regionale pugliese n. 40 del 2007 unitamente all’intero regolamento regionale n. 16/2006; per tuziorismo, la ricorrente chiede poi l’annullamento del regolamento regionale n. 16/2006, ovvero la sua disapplicazione, qualora dovesse interpretarsi che lo stesso sia stato richiamato in vigore dall’art. 5 del regolamento regionale n. 24/2010, deducendo al riguardo la violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e delle linee guida statali approvate con decreto del Ministro dello Sviluppo economico del 10 settembre 2010;
II) violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e violazione del decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 10 settembre 2010: l’art. 4, primo comma, del regolamento regionale n. 24/2010 sarebbe illegittimo nella parte in cui assoggetta ad indiscriminato ed assoluto divieto le “aree non idonee” alla realizzazione di impianti di energia da fonti rinnovabili, in termini non conformi alla ratio ed al disposto del paragrafo 17 delle linee guida nazionali approvate con decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 10 settembre 2010;
III) violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e violazione del decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 10 settembre 2010: gli allegati 1 e 3 del regolamento regionale n. 24/2010 sarebbero illegittimi, in quanto finirebbero per imporre a gran parte del territorio regionale il regime vincolistico delle “aree non idonee”, specialmente in relazione ai nuovi impianti eolici di grossa taglia, per il solo fatto dell’esistenza di sistemi di tutela (vincoli paesaggistici, aree naturali protette, siti di interesse storico-culturale).
Si è costituita la Regione Puglia, eccependo l’inammissibilità  del ricorso e chiedendone in subordine il rigetto nel merito in quanto infondato.
Le parti hanno depositato documenti e svolto difese in vista della pubblica udienza del 18 aprile 2012, nella quale la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità  per difetto d’interesse sollevata dalla difesa regionale.
La ricorrente agisce infatti nella (documentata) veste di impresa stabilmente operante nel settore delle energie rinnovabili, oltrechè di soggetto titolare di istanze di autorizzazione per la realizzazione di nuovi impianti, per le quali la Regione Puglia non ha ancora definito la valutazione di compatibilità  ambientale.
Essa, pertanto, vanta un interesse concreto ed attuale a contestare la legittimità  del regolamento regionale n. 24/2010, sia in relazione ai numerosi divieti di localizzazione ivi contenuti, sia in relazione alla disposizione transitoria di cui si dirà  appresso.
In proposito, è appena il caso di rammentare la nota distinzione tra regolamenti che contengono previsioni normative astratte e programmatiche, non idonee a provocare una immediata incisione della sfera giuridica del destinatario, e regolamenti che contengono, almeno in parte, previsioni conformative destinate alla immediata applicazione, come tali capaci di produrre un immediato effetto lesivo nella sfera giuridica del destinatario: in quest’ultimo caso, vige la regola dell’onere di immediata impugnazione da parte dei soggetti interessati, che non potrebbero rinviare l’iniziativa giudiziaria al momento dell’adozione del provvedimento applicativo (cfr., tra molte, Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2005 n. 450).
In particolare, nella materia urbanistica la giurisprudenza ha ripetutamente affermato che, ove si intenda contestare la legittimità  delle prescrizioni che in via immediata comprimono le potenzialità  edificatorie della porzione di territorio interessata, sussiste un onere di immediata impugnativa entro il termine decadenziale decorrente dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio o dell’atto regolamentare (cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, sez. IV, 28 marzo 2011 n. 1868; Id., sez. IV, 26 marzo 2012 n. 1750).
Discende da quanto detto l’ammissibilità , sotto ogni profilo, del ricorso in esame.
2. Passando al merito, è fondato e va accolto il primo motivo, con cui la società  ricorrente censura l’art. 5, primo comma, del regolamento regionale n. 24/2010, nella parte in cui esclude l’applicabilità  delle nuove disposizioni ai “procedimenti relativi ad impianti eolici ricadenti nel campo di applicazione del Regolamento regionale 4 ottobre 2006 n. 16 (Regolamento per la realizzazione di impianti eolici nella Regione Puglia)”.
Il regolamento regionale n. 16/2006 è stato interamente caducato per effetto della sentenza della Corte costituzionale 26 novembre 2010 n. 344 (che ha annullato l’art. 3, comma 16, della legge regionale pugliese n. 40 del 2007, unitamente all’intero regolamento regionale n. 16/2006, dalla prima richiamato con la tecnica del rinvio recettizio).
Dunque, la Regione Puglia non poteva assumere, quale riferimento di diritto intertemporale, una fonte normativa definitivamente espunta dall’ordinamento a causa della sua incostituzionalità .
Nè convince la diversa interpretazione fatta propria dalla struttura burocratica della stessa Regione Puglia, con la circolare n. 172 del 15 marzo 2011 (la cui portata vincolante resta quantomeno incerta, poichè la circolare è stata sottoscritta da tre dirigenti regionali e mai approvata dalla Giunta nelle forme e con l’efficacia dell’interpretazione autentica). Nella circolare si afferma che l’esonero dall’applicazione del regolamento n. 24/2010 varrebbe per tutti procedimenti rispetto ai quali il regolamento regionale n. 16/2006 “sia risultato applicabile ratione temporis durante l’arco della sua vigenza, ovvero fino al 01/12/2010, data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 344/2010, data oltre la quale trova invece applicazione la sopravvenuta disciplina regionale introdotta con il recente regolamento n. 24”, con l’ulteriore precisazione che, in dette situazioni, risulteranno inapplicabili tanto il regolamento n. 16/2006 quanto il nuovo regolamento n. 24/2010.
Ad avviso del Collegio, la formulazione testuale della seconda parte del primo comma dell’art. 5, caratterizzata dal riferimento generico a procedimenti autorizzatori “ricadenti nel campo di applicazione del Regolamento regionale 4 ottobre 2006 n. 16”, senza diverse specificazioni o delimitazioni di significato, come tale suscettibile di essere interpretata anche nel senso che possano esservi istanze di autorizzazione alle quali continuano ad applicarsi le previsioni di un regolamento ormai annullato dal Giudice costituzionale, impone l’accoglimento del motivo ed il conseguente annullamento della previsione, che è viziata dall’indebito richiamo del regolamento regionale n. 16/2006 quale parametro di differenziazione in fase transitoria (richiamo verosimilmente dovuto al mancato adeguamento, all’indomani della pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 344 del 26 novembre 2010, della bozza di articolato che era stata sottoposta all’approvazione della Giunta regionale).
Per tale capo, dunque, l’impugnativa è accolta.
3. E’ viceversa infondato il secondo motivo, con il quale parte ricorrente contesta la legittimità  dell’art. 4, primo comma, del regolamento regionale n. 24/2010, laddove vieta in modo assoluto ed inderogabile la realizzazione delle specifiche tipologie di impianti (indicate analiticamente attraverso un codice, per ciascuna area e per ciascun sito) nelle “aree non idonee” di cui all’allegato 3 al regolamento.
A suo dire, l’imposizione di divieti preliminari inderogabili relativi a determinate zone del territorio regionale confliggerebbe con la ratio e con il contenuto testuale del paragrafo 17 delle linee guida nazionali, approvate con decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 10 settembre 2010, nonchè con i principi posti dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003. A conforto della tesi, parte ricorrente richiama una recente decisione della Sezione distaccata di questo Tribunale (TAR Puglia, Lecce, sez. I, 14 dicembre 2011 n. 2156, avverso la quale la Regione Puglia ha proposto appello tuttora pendente).
In effetti, il primo comma dell’art. 4 del regolamento regionale n. 24/2010 stabilisce che “nelle aree e nei siti elencati nell’Allegato 3 non è consentita la localizzazione delle specifiche tipologie di impianti da fonti energetiche rinnovabili indicate per ciascuna area e sito” e fa salva la sola realizzazione delle opere di connessione a servizio di impianti esterni a tali aree, previa acquisizione degli eventuali pareri obbligatori per legge.
E’ indiscussa la natura perentoria ed inderogabile del divieto così imposto dalla Regione.
Il secondo comma dello stesso articolo, nel precisare che “l’inidoneità  delle singole aree o tipologie di aree è definita tenendo conto degli specifici valori dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità  e del paesaggio rurale, che sono ritenuti meritevoli di tutela e quindi evidenziandone l’incompatibilità  con determinate tipologie di impianti da fonti energetiche rinnovabili” (una riproduzione pressochè testuale della corrispondente disposizione di indirizzo, contenuta nel paragrafo 17.1 delle linee guida ministeriali), ha carattere non prescrittivo, bensì meramente descrittivo-ricognitivo del metodo seguito dalla Regione nell’individuazione in concreto della zone incompatibili con l’insediamento di nuovi impianti: la locuzione “¦è definita tenendo conto¦” equivale cioè a significare “¦è stata definita tenendo conto¦”.
La norma, così interpretata nel suo significato e nei suoi effetti conformativi, resta indenne dalla censure dedotte da parte ricorrente.
3.1. In primo luogo, è utile ricordare che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, pronunciando sulla questione pregiudiziale sollevata da questa Sezione in materia di realizzazione di impianti eolici all’interno delle aree SIC e ZPS appartenenti alla Rete natura 2000, ha affermato che le direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una normativa nazionale che vieti del tutto l’installazione di impianti su siti appartenenti alla Rete Natura 2000, senza alcuna previa valutazione dell’incidenza ambientale del progetto sul sito specificamente interessato, purchè vengano rispettati dagli Stati membri i principi di non discriminazione e di proporzionalità  (cfr. Corte Giust. UE, sent. 21 luglio 2011, in C-2/10, Azienda Agricola Franchini).
In un significativo passaggio della sentenza, la Corte afferma che il divieto totale di costruire nuovi aerogeneratori in zone soggette a vincolo, risultante da una disposizione normativa, “non è contrario agli obiettivi di razionalizzazione e di riduzione di ostacoli amministrativi e costituisce, per principio, una procedura sufficientemente trasparente e oggettiva”, ossia non discriminatoria e, sotto tale profilo, del tutto conforme alle direttive europee sulla realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Il contemperamento tra le esigenze di tutela degli habitat naturali (e delle risorse ambientali in generale) e gli obiettivi di sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili è perciò rimesso, secondo il Giudice europeo, alla discrezionalità  degli Stati membri: in primis al legislatore statale ed alle Regioni, secondo il riparto di competenze regolato dal Titolo V della Costituzione, nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità .
3.2. L’art. 12, decimo comma, del d.lgs. n. 387 del 2003 stabilisce al riguardo che, in attuazione delle linee guida ministeriali, le Regioni possono procedere alla “indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti”.
Orbene, le “aree non idonee” specificamente individuate dalle Regioni non possono riduttivamente intendersi alla stregua di aree nelle quali è soltanto sconsigliata, ma non del tutto vietata, la realizzazione di specifiche tipologie di impianti, come pretenderebbe parte ricorrente.
Depone in tal senso, innanzitutto, il significato letterale della “non idoneità “, riferita alle trasformazioni del territorio.
Diversamente intesa, poi, la complessa procedura di zonizzazione rimessa alle Regioni avrebbe ben poca utilità  pratica, poichè le imprese interessate sarebbero ugualmente indotte a richiedere l’autorizzazione all’insediamento di nuovi impianti all’interno di tali aree, previa valutazione in concreto della loro compatibilità  ambientale da effettuarsi secondo lo schema obbligatorio della conferenza di servizi, ai sensi dei commi 3-ss. del richiamato art. 12.
Permarrebbe immutata l’incertezza sulla fattibilità  tecnica e giuridica degli interventi, in danno sia degli operatori economici che delle Amministrazioni competenti ad esprimersi, a causa della complessità  delle valutazioni istruttorie da compiersi sui singoli progetti e della riconosciuta ampiezza della discrezionalità  tecnico-amministrativa esercitabile in sede di valutazione di impatto ambientale.
Del resto, il nostro ordinamento conosce un’ampia congerie di strumenti di regolazione e pianificazione dell’uso del territorio, rispondenti alla necessità  di tutelare molteplici interessi pubblici tra di loro sovrapposti, nell’ambito dei quali è pacificamente ammissibile, ed anzi talvolta indispensabile, la previsione di divieti assoluti di trasformazione dello stato dei luoghi, ciò rispondendo al generale potere amministrativo di conformazione della proprietà  privata e dell’iniziativa economica imprenditoriale.
3.3. Che i divieti posti dalla Regioni possano avere carattere assoluto, in relazione alle “aree non idonee”, è altresì desumibile da molteplici disposizioni del decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 10 settembre 2010, e segnatamente:
– dal paragrafo 1.2., ove si stabilisce che le Regioni e le Province autonome possono “porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio”, per specifiche tipologie di impianti alimentati da fonti rinnovabili, con le modalità  di cui al successivo paragrafo 17;
– dal paragrafo 17.1, intitolato “aree non idonee”, ove proprio in nome della descritta esigenza di semplificazione e di certezza (“al fine di accelerare l’iter di autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”), si ribadisce che le Regioni e le Province autonome possono “procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti”, secondo il chiaro dettato dell’art. 12, decimo comma, del d.lgs. n. 387 del 2003, mediante apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione dei vincoli e degli strumenti di tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, della biodiversità , delle tradizioni agroalimentari e del paesaggio rurale, che identificano obiettivi di protezione ritenuti ex ante non compatibili con nuovi impianti e per i quali, pertanto, vi sarebbe una “elevata probabilità  di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione” (elevata probabilità  che è destinata a divenire certezza del divieto, con la scelta pianificatoria operata dalla Regione);
– dall’allegato 3, intitolato “criteri per l’individuazione di aree non idonee”, ove si chiarisce che la loro individuazione “mira non già  a rallentare la realizzazione degli impianti, bensì ad offrire agli operatori un quadro certo e chiaro di riferimento e orientamento per la localizzazione dei progetti”, che essa deve obbedire a criteri di oggettività  (lett. a) e differenziazione (lett. b), non può riguardare le zone agricole nella loro interezza (lett. c), non può riguardare “porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico” nè può tradursi nella creazione di fasce di rispetto sovradimensionate rispetto alle effettive esigenze di tutela (lett. d), ma può tenere conto della concentrazione di impianti già  esistenti e della interazione con altri progetti contigui (lett. e) e può, nel dettaglio, riguardare i siti soggetti ai vincoli ricompresi nella pedissequa elencazione (lett. f).
L’ultimo periodo della lett. d) dell’allegato 3, invocato dalla società  ricorrente a riprova della propria tesi difensiva, così recita: “l’individuazione delle aree e dei siti non idonei non deve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto di accelerazione e semplificazione dell’iter di autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio, anche in termini di opportunità  localizzative offerte dalle specifiche caratteristiche e vocazioni del territorio”.
L’antinomia con le restanti disposizioni delle linee guida, tutte univoche nell’assegnare carattere assoluto ai divieti introdotti dalle Regioni, è solo apparente.
L’interpretazione logico-sistematica della nozione di “aree non idonee” (di cui si è detto in precedenza), la formulazione del periodo in termini descrittivi (della ratio e dell’obiettivo perseguito) anzichè prescrittivi, l’utilizzo della congiunzione conclusiva “dunque” (che toglie contenuto innovativo alle parole che seguono, a mo’ di mero riepilogo delle precedenti disposizioni dell’allegato 3, tra le quali viceversa non vi è traccia della pretesa attenuazione del regime dei divieti) ed infine la necessità  di individuare, anche per il periodo riportato, un significato compatibile con l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e con la complessiva disciplina contenuta nelle linee guida ministeriali (in specie con il paragrafo 1.2., nel quale è sancito in modo affatto chiaro il potere delle Regioni di stabilire limitazioni e divieti in via preventiva) consentono, ad avviso del Collegio, di concludere nel senso fin qui descritto.
E così, in sintesi: allo scopo di semplificare ed accelerare le procedure autorizzatorie, le Regioni possono legittimamente individuare nell’ambito del proprio territorio “aree non idonee” alla localizzazione di determinate tipologie di impianti, apponendo una volta per tutte divieti preventivi, assoluti e non derogabili.
Il secondo motivo è perciò respinto.
4. Con l’ultimo nucleo di censure, la ricorrente lamenta che gli allegati 1 e 3 del regolamento regionale n. 24/2010 imporrebbero sulla quasi totalità  del territorio pugliese il regime vincolistico delle “aree non idonee”, specialmente in relazione ai nuovi impianti eolici di grossa taglia, per il solo fatto dell’esistenza di sistemi di tutela (vincoli paesaggistici, aree naturali protette, siti di interesse storico-culturale).
Il Collegio ritiene necessario, al riguardo, un approfondimento istruttorio.
Le tabelle allegate al regolamento regionale, infatti, contengono la minuziosa descrizione delle caratteristiche dei siti presi in considerazione e la corrispondente disciplina limitativa, quest’ultima differenziata in base ai codici convenzionalmente attribuiti alle categorie di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Tuttavia, non vi è agli atti di causa una cartografia che consenta di apprezzare l’effettiva estensione e la consistenza dei vincoli.
La Regione Puglia è perciò onerata del deposito, entro il termine indicato in dispositivo, di:
a) uno o più elaborati grafici, in scala adeguata, riportanti la sommatoria dei divieti apposti sull’intero territorio regionale per le categorie di impianti F.5 – F.6 – F.7 (impianti fotovoltaici con moduli ubicati al suolo), mediante colorazione o retinatura;
b) uno o più elaborati grafici, in scala adeguata, riportanti la sommatoria dei divieti apposti sull’intero territorio regionale per le categorie di impianti E.3 – E.4 (impianti eolici), mediante colorazione o retinatura;
c) uno o più elaborati grafici, in scala adeguata, riportanti la sommatoria dei divieti apposti sull’intero territorio regionale per le categorie di impianti B.3 – B.4 – B.5 – B.6 (impianti a biomasse, gas di discarica e biogas), mediante colorazione o retinatura.
Il tutto accompagnato da legenda e relazione tecnica illustrativa, nel numero di copie prescritto dal codice di rito per il deposito di documenti.
5. In conclusione, il ricorso è in parte accolto, in parte respinto; il giudizio prosegue per la parte testè illustrata.
La pronuncia sulle spese è riservata al definitivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
– accoglie il primo motivo di ricorso e, per l’effetto, annulla l’art. 5, primo comma, del regolamento regionale n. 24/2010, nella parte in cui esclude l’applicabilità  delle nuove disposizioni ai “procedimenti relativi ad impianti eolici ricadenti nel campo di applicazione del Regolamento regionale 4 ottobre 2006 n. 16 (Regolamento per la realizzazione di impianti eolici nella Regione Puglia)”;
– respinge il secondo motivo di ricorso;
– ordina alla Regione Puglia di provvedere agli incombenti istruttori di cui in motivazione, entro 60 (sessanta) giorni dalla notificazione o comunicazione del presente provvedimento, mediante deposito nella segreteria del Tribunale.
Rinvia per la trattazione alla pubblica udienza del 21 novembre 2012.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nelle camere di consiglio dei giorni 18 aprile 2012 – 12 giugno 2012, con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Savio Picone, Primo Referendario, Estensore
Paolo Amovilli, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/07/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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