1.   Processo amministrativo – Domanda risarcitoria – Accertamento incidentale dell’illegittimità  dell’atto


2.   Pubblico impiego – Riconoscimento di permessi ex L. n. 1207/1971 – Illegittimità 

1.   Ai sensi dell’art. 34, comma 3 cod. proc. amm., il giudice amministrativo può comunque accertare l’illegittimità  del provvedimento amministrativo gravato ai soli fini della domanda risarcitoria, quando il relativo accertamento non è più utile ai fini della domanda di annullamento.


2.   àˆ illegittimo il provvedimento emanato ai sensi dell’art. 10 L. n. 1207/1971 in tema di tutela delle lavoratrici madri quando, a distanza di molti anni dalla nascita del bambino e dalla richiesta della madre, impone la fruizione dei periodi di permesso giornaliero non immediatamente riconosciuti al momento dell’istanza.

 
N. 01525/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01083/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1083 del 2005, proposto da Catalioto Angela, rappresentata e difesa dagli avv.ti Vittorio Russi e Alessandro Russi, con domicilio eletto in Bari, corso Vittorio Emanuele, 60;

contro
Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;

per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
– della determinazione ministeriale n. NC-333.D/28316 del 12 maggio 2005, a firma del Direttore della Divisione, comunicata alla ricorrente in data 14.6.2005, con la quale il Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale per le Risorse Umane, Servizio Sovrintendenti, Assistenti e Agenti, Sezione Stato Giuridico, Divisione 1°, ha disposto la “riduzione di due ore dell’orario di servizio” per l’agente scelto della Polizia di Stato Catalioto Angela, in servizio presso il Commissariato Sezionale di PS. Bari Nuova – Carrassi di Bari, e ciò “per un numero di giorni pari a quello in cui tale beneficio non era stato riconosciuto” in favore della predetta;
– di ogni altro atto ad essa presupposto, connesso e/o consequenziale;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e udito nell’udienza pubblica del giorno 30 maggio 2012 per la parte ricorrente il difensore avv. Vittorio Russi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO e DIRITTO
L’odierna ricorrente Catalioto Angela (agente scelto della Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato Sezionale di PS Bari Nuova – Carrassi di Bari), avendo dato alla luce due figlie gemelle in data 6.4.1999, presentava in data 29.5.1999 istanza ai sensi della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (in tema di “Tutela delle lavoratrici madri”) al fine di fruire di due periodi di riposo durante la giornata della durata di un’ora ciascuno in misura doppia e quindi della durata di 4 ore al giorno.
Tale richiesta veniva disattesa con nota ministeriale del 20.9.1999.
Pertanto, la Catalioto proponeva ricorso (r.g. n. 2406/1999) dinanzi a questo T.A.R. invocando la tutela cautelare.
L’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 720 dell’1.12.1999.
A seguito dell’ordinanza cautelare n. 720/1999 la Catalioto poteva fruire – a partire dal 4.12.1999 (data di comunicazione della suddetta ordinanza) e sino al termine ex lege previsto (6.4.2000) – del doppio permesso giornaliero (4 ore lavorative sulle complessive 6).
Con sentenza n. 2789/2003 del T.A.R. Puglia, sede di Bari (non appellata) le veniva riconosciuto il diritto alla fruizione di due periodi di riposo giornaliero ai sensi dell’art. 10 legge n. 1204/1971 in misura doppia.
Tuttavia, la domanda risarcitoria azionata dalla Catalioto con separato ricorso (r.g. n. 242/2001) veniva disattesa per carenza probatoria con sentenza n. 395/2005 del T.A.R. Puglia, sede di Bari.
Con il gravato provvedimento del 12 maggio 2005 l’Amministrazione convenuta, a distanza di sei anni dalla nascita delle gemelle, riconosceva all’interessata (in asserita esecuzione della sentenza n. 2789/2003) la fruizione del periodo residuo (i.e. riduzione di due ore dell’orario di servizio) per un numero di giorni pari a quello in cui tale beneficio non le era stato riconosciuto e cioè sino al 3.12.1999, precisando inoltre che “tale diritto dovrà  essere fruito con effetto immediato e senza soluzione di continuità “.
La ricorrente impugna in questa sede il menzionato provvedimento del 12 maggio 2005.
Deduce censure così sinteticamente riassumibili:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 10 legge n. 1204/1971; difetto di motivazione: il provvedimento contestato riconoscerebbe un beneficio, spettante ex lege con riferimento ad un arco temporale predefinito (“durante il primo anno di vita del bambino”), a distanza di sei anni dalla nascita delle gemelle (e dalla adozione della ordinanza di questo T.A.R. n. 720/1999) e di circa tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza n. 2789/2003; detto provvedimento sarebbe inficiato da carenza di motivazione circa i presupposti che ne hanno legittimato l’adozione e costituirebbe una distorta ed abnorme applicazione della normativa posta a tutela delle lavoratrici madri (art. 10 legge n. 1204/1971 che riconosce alle lavoratrici madri l’esercizio del diritto ai periodi di riposo durante il “primo anno di vita del bambino”);
2) violazione del giudicato di cui alla sentenza n. 2789/2003: il mancato tempestivo riconoscimento, da parte dell’Amministrazione intimata, del diritto della ricorrente come attestato dalla sentenza di questo T.A.R. n. 2789/2003 sarebbe elusivo del dictum di detta decisione e fonte di conseguenze sul piano risarcitorio.
Si costituiva l’Amministrazione, resistendo al gravame.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso debba essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
Invero, il Consiglio di Stato con sentenza n. 2732/2011 ha riformato la sentenza del T.A.R. Bari n. 395/2005, riconoscendo alla Catalioto il risarcimento del danno (equitativamente liquidato in € 5.000,00).
Inoltre, nel corso del presente giudizio, con ordinanza istruttoria n. 35/2012 è stata disposta l’acquisizione di informazioni in ordine all’esecuzione della gravata determinazione ministeriale n. NC-333.D/28316 del 12 maggio 2005 ed al pagamento della somma liquidata nella citata sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 maggio 2011, n. 2732 a titolo di risarcimento danni in favore dell’odierna ricorrente Catalioto Angela.
L’Amministrazione, nel rispondere alla menzionata ordinanza istruttoria con produzione documentale depositata in data 14 febbraio 2012, ha rimarcato che, a seguito della determinazione del 12.5.2005, la Catalioto iniziava a fruire del beneficio per il periodo residuo (e cioè sino al 3.12.1999) a partire dal 4.7.2005.
Se ne desume che ormai la deducente ha integralmente subito gli effetti del provvedimento gravato e che lo stesso è stato totalmente eseguito.
Peraltro, risulta che la somma liquidata a titolo di risarcimento del danno (oltre le spese di giudizio) cui l’Amministrazione veniva condannata da Cons. Stato n. 2732/2011 è stato integralmente corrisposta all’interessata (cfr. produzione documentale del 12.2.2012).
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la declaratoria di improcedibilità  del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, non risultando più utile per la ricorrente l’annullamento del censurato provvedimento.
La Catalioto, nella memoria depositata in data 27 aprile 2012, rileva che comunque vi è interesse (anche ai fini della proposizione di una eventuale ed ulteriore azione risarcitoria ed ai fini della condanna alle spese di lite secondo il principio della cd. soccombenza virtuale) all’accertamento dell’illegittimità  (ex art. 34, comma 3 cod. proc. amm.) dell’azione amministrativa.
Ritiene questo Collegio, conformemente alla richiesta contenuta nella citata memoria, di accertare, ai sensi dell’art. 34, comma 3 cod. proc. amm., l’illegittimità  del provvedimento amministrativo gravato, stante l’arbitraria imposizione, da parte dello stesso, della fruizione del beneficio in esame con riferimento ad un arco temporale non più rispondente alla ratio dell’istituto di cui alla legge n. 1204/1971 e la consequenziale illogicità  di tale imposizione a distanza di molti anni dalla nascita delle figlie della Catalioto.
La declaratoria di sopravvenuto difetto di interesse non preclude, inoltre, una sommaria delibazione nel merito della pretesa azionata anche al fine della pronuncia sulle spese (cosiddetta soccombenza virtuale).
Il ricorso appare fondato in base a quanto accertato in precedenza ai sensi del disposto di cui all’art. 34, comma 3 cod. proc. amm.
Le spese di giudizio sostenute dalla Catalioto devono, pertanto, essere poste a carico dell’Amministrazione resistente e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, così provvede:
1) dichiara improcedibile il ricorso per sopravvenuto difetto di interesse;
2) accerta, ai sensi dell’art. 34, comma 3 cod. proc. amm., l’illegittimità  del provvedimento impugnato.
Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente Catalioto Angela, liquidate in complessivi € 1.500,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Savio Picone, Primo Referendario
Francesco Cocomile, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/07/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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