1. Risarcimento del danno – Danno da ritardo – Configurabilità  – Condizioni e limiti


2. Risarcimento del danno – Danno da ritardo – Presupposti – Dolo o colpa della P.A. – Necessità 


3. Professioni intellettuali – Compenso – Art. 36 della Cost. – Applicabilità 

1. In tema di danno da ritardo della p.A., la tutela risarcitoria non può essere riconosciuta in relazione alla sola “perdita di tempo” in sè considerata, potendosi riconoscere nel fattore “tempo” un bene della vita meritevole di autonoma dignità  e tutela. Deve invece ritenersi che essa presupponga la lesione di un “diverso” – rispetto al tempo – bene giuridicamente protetto, ponendosi il fattore temporale quale nesso causale tra fatto e lesione.


2. Il riconoscimento della responsabilità  della pubblica amministrazione per il tardivo esercizio della funzione amministrativa richiede, oltre alla constatazione della violazione dei termini del procedimento, l’accertamento che l’inosservanza delle cadenze procedimentali sia imputabile a colpa o dolo dell’amministrazione medesima e che il danno lamentato sia conseguenza diretta ed immediata del ritardo dell’amministrazione.


3. La violazione dell’obbligo di compensare l’attività  lavorativa lede diritti anche costituzionalmente garantiti e, in particolare, quelli economici, previsti dall’articolo 36 della Costituzione, che si applica anche ai compensi professionali (sacrificabili sono in vista di particolari finalità  sociali, come chiarito dal Giudice delle Leggi con le sentenze 112/1967 e 36/1980). Tale violazione incide direttamente sull’esistenza del lavoratore (anche libero professionista), che la Costituzione vuole “dignitosa” per chi vive del proprio lavoro.


* * * 
Vedi Cons. St., sez, V, sentenza 17 gennaio 2013, n. 262 – 2012, ric. n. 7203 – 2012


* * * 

 
N. 01445/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00520/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 520 del 2012, proposto da Davide Maria Dioguardi, rappresentato e difeso dall’avv. Carlino Carrieri, con domicilio eletto in Bari, via Abate Gimma n. 147; 

contro
Regione Puglia;
Comune di Trani; 

per l’accertamento
dell’illegittimità  del silenzio serbato dalla Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta regionale, in ordine all’istanza proposta con atto di diffida e messa in mora notificato il 14 luglio 2011 per la determinazione del compenso per l’attività  di commissario ad acta per l’adozione del piano regolatore generale del Comune di Trani, svolta dal ricorrente (giusta delibera G.R. di conferimento dell’incarico 3 agosto 1999 n. 1199) e di ogni conseguente dovere od obbligo risarcitorio derivante dalla mancata conclusione del procedimento nei termini.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2012 il cons. Giuseppina Adamo e udito l’avv. Carlino Carrieri;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
A. La Regione Puglia con deliberazione G.R. n. 1199/1999 nominava l’arch. Davide Maria Dioguardi commissarioad acta per l’adozione del P.R.G. di Trani.
Stante l’inerzia della Regione nella determinazione del compenso spettante, l’arch. Dioguardi adiva questo Tribunale,ex art. 21 bis della legge n. 1034/1971. Con sentenza n. 1724/2005, in accoglimento del ricorso, veniva nominato all’uopo, quale commissario ad acta, il dott. Donato De Gioia.
Con provvedimento n. 079/comm.acta/2005/001 in data 7 ottobre 2005, previo parere favorevole del Consiglio dell’Ordine degli architetti, tale commissario giudiziale determinava il compenso in complessivi euro 190.238,63, oltre accessori di legge.
Avverso il menzionato provvedimento il Comune di Trani proponeva ricorso a questo T.A.R., che, con sentenza n. 3509/2006, confermata in appello dal Consiglio di Stato (decisione n. 171/2008), dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario.
Con ordinanza n. 163/2010 le Sezioni unite della Cassazione accoglievano il ricorso proposto dall’Amministrazione tranese, dichiarando la giurisdizione del g.a., stante la discrezionalità  amministrativa nella determinazione del compenso dovuto, secondo i parametri generici di cui alla deliberazione G.R. n. 6339/1994.
Riassunto allora il ricorso già  iscritto al n. 189/2006 R.G., con sentenza 13 aprile 2011 n. 584, questa Sezione, per un verso, annullava il provvedimento n. 079/comm.acta/2005/001 in data 7 ottobre 2005 e, per l’altro, ribadiva “l’attualità  dell’obbligo della Regione Puglia di corrispondere all’arch. Dioguardi un compenso equo per l’attività  prestata in esecuzione dell’incarico conferito con deliberazione G.R. 1199/1999, con spese a carico del bilancio del Comune di Trani, secondo i criteri di cui alla del. G.R. 6339/94”.
Le regioni che hanno condotto a tali statuizioni si riportano nella parte rilevante:
“Il compenso per l’attività  di commissario ad acta nominato dalla Regione con del. G.R. 1199/1999 per cui è causa – la cui attività  a differenza del commissario ad acta di nomina giudiziale è imputabile direttamente all’Amministrazione inadempiente quale suo organo straordinario (ex multis Cass. Sez.Unite 27 gennaio 2010, n.1631) – trova il proprio preciso riferimento nella deliberazione G.R. n. 6339 del 28 settembre 1994 “Espletamento funzioni in materia urbanistica ed edilizia da parte dei Commissari “ad acta”. Riconoscimento compenso a carico degli enti inadempienti”, la quale stabilisce quanto alle spese di viaggio, il rinvio alla misura stabilita dalla vigente normativa regionale “dietro documentazione giustificativa prodotta dal medesimo commissario”, e quanto al compenso “a discrezione” , la determinazione (con provvedimento del Presidente della Giunta) “in relazione alla natura e complessità  dell’incarico, al tempo impiegato, alle responsabilità  connesse all’incarico stesso e al lavoro svolto”.
Trattasi pertanto di indici evidentemente generici che debbono tradursi in valutazioni puntuali connotate da discrezionalità  amministrativa nella valutazione del lavoro e nella liquidazione del compenso, come puntualmente statuito dalle Sezioni Unite in sede di giudizio di giurisdizione (ordinanza n.163/2010).
Ciò premesso, appare del tutto improprio da parte del commissario nominato con sentenza 1724/2005, il riferimento alle tariffe professionali degli architetti, senza alcun nesso ai parametri di cui alla citata del. GR 6339/1994, così come parimenti errato deve ritenersi il riferimento al d.p.r. 27 luglio 1988 n.352 in assenza di svolgimento di perizie o consulenze tecniche da parte del commissario ad acta (Consiglio di Stato sez IV 31 agosto 2005, n.4437, id. sez IV 7 marzo 2005, n.866).
Il criterio da utilizzare per il compenso “a discrezione” per cui è causa va dunque individuato esclusivamente negli specifici criteri all’uopo stabiliti dalla Regione Puglia per l’espletamento delle funzioni in materia urbanistica ed edilizia da parte dei commissari “ad acta”, da valutarsi secondo equità  e congruità , e conseguente sindacabilità  in sede di giurisdizione generale di legittimità  secondo i consueti parametri di non manifesta illogicità , irragionevolezza o travisamento.
Nella fattispecie, va altresì evidenziato che l’oggetto dell’incarico conferito dalla Regione con del G.R. 1199/99 risultava comprensivo “di tutte le procedure e gli atti necessari previsti dall’art 16 l. 56/80 per l’adozione del P.R.G. di Trani ivi comprese quelle relative alla pubblicazione degli atti, l’esame delle osservazioni presentate e le eventuali controdeduzioni alle determinazioni della GR”
Alla luce delle suesposte considerazioni, le censure di eccesso di potere avverso il provvedimento del commissario ad acta nominato con sent. 1724/2005 si rivelano fondate. Infatti a fronte della determinazione di un compenso “a discrezione”, quale quello spettante al commissario amministrativo arch. Dioguardi, è indispensabile in sede di determinazione del quantum dovuto, tradurre in concreto i criteri prefissati con del. G.R. 6339/94 che, per quanto generici, debbono come detto costituire l’indefettibile parametro per l’attività  di valutazione della quantità  e qualità  del lavoro svolto in concreto. Così come, per quanto riguarda la quota del compenso parametrata al rimborso delle spese di viaggio, deve ovviamente farsi riferimento all’esame della documentazione giustificativa (se esistente) prodotta dal commissario all’Amministrazione, così come richiesto dalla deliberazione di riferimento, naturalmente anche in forma diversa dal “registro presenze”, non richiesto in relazione alla natura onoraria del rapporto nè previsto nel suddetto atto deliberativo.
Orbene, l’impugnato provvedimento del commissario giudiziale – in assenza di qualunque criterio conformativo al riguardo rinvenibile nella sent. 1724/2005, trattandosi di ottemperanza c.d. anomala (Consiglio di Stato sez VI, 25 giugno 2007, n.3602) – denota un completo deficit di istruttoria nella parte in cui in modo del tutto apodittico valuta la congruità  della somma liquidata dal Consiglio dell’Ordine “in relazione alla natura e alla complessità  dell’incarico”, senza compiere qualsivoglia disamina sia quanto alla parte “a discrezione” del compenso dovuto, sia quanto alla parte relativa al rimborso spese, non essendo in definitiva possibile ripercorrere l’iter logico seguito per la determinazione dell’equa e congrua determinazione del compenso.
Va pertanto accolta la domanda di annullamento, mentre deve essere respinta la domanda di accertamento sia della non debenza del compenso sia per la determinazione secondo i parametri di cui al d.p.r. 352/1988.
Emerge dalla documentazione depositata in giudizio l’espletamento da parte del commissario nominato dalla Regione dell’attività  demandatagli secondo la deliberazione G.R. 1199/1999 – attività  del resto fatta propria dalla stessa Amministrazione comunale mediante la deliberazione 13 settembre 2001 n.75 – ivi compresa, tra l’altro, le controdeduzioni alle numerose osservazioni pervenute, le quali dimostrano non già  la negligenza del commissario, ma semmai la rilevanza del nuovo strumento urbanistico generale a causa del perdurante ritardo dell’Amministrazione nella formazione del Piano, che aveva infatti generato l’intervento sostitutivo dell’Autorità  regionale.
Nè ritiene il Collegio rilevante ai fini della negazione del compenso dovuto, lo “stralcio” da parte del commissario della parte del P.R.G. relativa alla caducazione dei vincoli espropriativi ed eventuale reiterazione (delineatosi dopo Corte Cost. n.179/99) rientrando nei suoi poteri il rinvio a successivo provvedimento per una regolamentazione organica, stralcio che potrà  in ipotesi al più rilevare ai soli fini della determinazione del quantum debeatur.
Sul punto non può pertanto essere condivisa la censura di ultroneità  dell’operato commissariale, dal momento che il Comune di Trani non può pretendere di riversare sul commissario il proprio colpevole ritardo nella formazione del PRG, e rifiutarsi di corrispondere un congruo ed equo compenso (secondo i parametri di cui alla delib. G.R. 6339/1994) per un’attività  comunque effettuata in nome e per conto dell’Amministrazione comunale inadempiente, per la quale come detto non è possibile far riferimento al d.p.r. 352/1988″.
Dopo tale pronuncia, l’interessato ha allora notificato il 14 luglio 2011 un apposito atto di diffida e messa in mora affinchè la Regione Puglia finalmente determini il compenso alla sua attività  di commissario ad acta.
L’Amministrazione intimata è rimasta silente, sicchè l’arch. Dioguardi si è visto costretto ad adire questo Tribunale,ex art. 117 del codice del processo amministrativo, chiedendo, previa declaratoria dell’illegittimità  del silenzio serbato dalla Regione, che venga ordinato al medesimo Ente di concludere il procedimento e che venga pronunciata condanna per risarcimento del danno da ritardo.
B. Il ricorso dev’essere accolto.
B.1. Da un lato, indubbia è l’esistenza dell’obbligo della Regione di stabilire discrezionalmente, secondo i criteri sopra enunciati, il compenso dell’attività  svolta dall’interessato (così come dell’obbligo del Comune di Trani di pagare la relativa somma), dall’altro, è incontestata l’inerzia dell’Amministrazione regionale.
In concreto quindi, accertata l’illegittimità  del silenzio serbato dall’Amministrazione, tenuta invece a riavviare il procedimento, ex art. 2, primo e secondo comma, della legge 7 agosto 1990 n. 241, deve ordinarsi alla medesima di provvedere, entro il termine di 30 giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, sull’istanza notificata il 14 luglio 2011, e, in specie, di determinare il compenso.
Nell’ipotesi in cui, allo scadere del predetto termine, la Regione non abbia adempiuto, nella relativa attività  sarà  sostituita dal commissario ad acta, nella persona del Rettore del Politecnico di Bari o di un suo delegato dotato di specifica competenza, a cui il Collegio assegna il termine di 30 giorni per l’espletamento dell’incarico, a conclusione del quale il medesimo commissario depositerà  presso il Tribunale apposita relazione, corredata della pertinente documentazione.
B.2. Il ricorrente ha altresì richiesto la condanna della Regione al risarcimento del danno da ritardo.
àˆ noto che, anche prima dell’espressa previsione normativa, la fattispecie di danno da ritardo era comunque riconosciuta meritevole di tutela risarcitoria dalla giurisprudenza, sebbene entro i limiti di cui alla pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 7 del 15 settembre 2005, che aveva ammesso il ristoro subordinatamente all’accertamento dell’illegittimità  dell’esercizio della funzione amministrativa in senso favorevole all’interessato o, quanto meno, attraverso la sua esplicazione virtuale mediante un giudizio prognostico, così escludendo la risarcibilità  del danno da ritardo “puro”, disancorato dalla dimostrazione giudiziale della meritevolezza dell’interesse pretensivo fatto valere.
L’articolo 2 bis, primo comma, della legge 7 agosto 1990 n. 241, introdotto dall’articolo 7, comma primo, lettera c), della legge 18 giugno 2009 n. 69, ha in seguito esplicitamente previsto il ristoro, stabilendo: “Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1 ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”.
Tale intervento normativo non recepisce il modello prefigurato dall’articolo 17, comma primo, lettera f), della legge 15 marzo 1997 n. 59, modificato dall’articolo 7 della legge 15 maggio 1997 n. 127, di un indennizzo automatico e forfetario a fronte dell’inerzia dell’amministrazione (modello che ha poi visto in effetti modesti sviluppi: articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 286 e legge regionale Toscana 23 luglio 2009 n. 40 – articolo 16, primo comma); neppure, però, l’articolo 2 bis s’ispira espressamente ai principi enunciati dall’Adunanza plenaria n. 7/2005.
La tutela contro l’inerzia è stata infine completata attraverso le previsioni del codice del processo amministrativo (articoli 30, 117 e 133, primo comma, lett. a), n. 1).
Per quanto premesso è rimasta aperta la questione del rapporto tra tale risarcimento e l’accertamento della spettanza, in capo al richiedente, del c.d. “bene della vita” per l’ottenimento del quale è avviato il procedimento amministrativo nella disciplina vigente, sulla quale si registrano in giurisprudenza orientamenti contrastanti (per tutte, da un lato, Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 dicembre 2011 n. 6609; dall’altro, Consiglio di Stato, Sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271; Cons. giust. amm. reg. sic., 4 novembre 2010 n. 1368).
àˆ incontroverso invece che le citate disposizioni riconducano le conseguenze della mancata conclusione del procedimento al modello del risarcimento del danno; perciò, il richiedente, ex articolo 2697 del codice civile, è tenuto a provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda, ossia il danno, l’elemento soggettivo del dolo o della colpa ed il nesso di causalità .
La tutela risarcitoria in ogni caso non può essere quindi accordata in relazione alla sola, mera “perdita di tempo” in sè considerata – non riconoscendosi nel fattore “tempo” un bene della vita meritevole di autonoma dignità  e tutela (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 20 gennaio 2010, n. 582); deve invece ritenersi (in senso rispondente al dato letterale della novella legislativa di cui alla legge 19 giungo 2009 n. 69) che essa presupponga la lesione di un “diverso” – rispetto al tempo – bene giuridicamente protetto, ponendosi il fattore temporale quale nesso causale tra fatto e lesione.
In definitiva, il riconoscimento della responsabilità  della pubblica amministrazione per il tardivo esercizio della funzione amministrativa richiede, oltre alla constatazione della violazione dei termini del procedimento, l’accertamento che l’inosservanza delle cadenze procedimentali sia imputabile a colpa o dolo dell’amministrazione medesima e che il danno lamentato sia conseguenza diretta ed immediata del ritardo dell’amministrazione.
Nella fattispecie in esame è indubbio che la violazione dell’obbligo di compensare l’attività  lavorativa leda diritti anche costituzionalmente garantiti e, in particolare, quelli economici, previsti dall’articolo 36 della Costituzione, che si applica anche ai compensi professionali (sacrificabili sono in vista di particolari finalità  sociali – in concreto non sussistenti-, come chiarito dalle sentenze della Corte nn. 112/1967 e 36/1980). Altrettanto incontrovertibilmente tale violazione incide direttamente sull’esistenza, che la Costituzione vuole “dignitosa”, di chi vive del proprio lavoro.
L’intero svolgersi dei fatti, come sopra succintamente esposto, rende poi del tutto superflua ogni indagine sull’inosservanza delle cadenze procedimentali, considerato che il ricorrente non ha ottenuto – ancora – neppure la precisa determinazione del suo compenso per un’attività  svolta negli anni 1999-2000, nonchè sulla colpa dell’amministrazione.
In definitiva, infatti, la vicenda è connotata dall’originaria inerzia del Comune di Trani nell’adeguare il piano regolatore alle prescrizioni della legge regionale 31 maggio 1980 n. 56, come imposto dall’articolo 55, e dalla successiva inerzia della Regione nel liquidare il compenso per la redazione e l’adozione della variante urbanistica, per la quale essa stessa aveva nominato l’istante.
Nè comunque possono minimamente giustificare il ritardo di ben 12 anni i contenziosi relativi a tale compenso, visto che gli stessi scaturiscono non da controversie relative al diritto dell’interessato (ex se mai messo in discussione), bensì dal mancato svolgimento di un’attività  amministrativa doverosa e considerato che, nei lunghi anni trascorsi, nessuno degli Enti resistenti ha neppure tentato di limitare il nocumento, almeno con una liquidazione parziale e provvisoria, a titolo di anticipo forfettario.
Provata l’esistenza di danni risarcibili, deve reputarsi altresì obiettivamente di particolare difficoltà , per la parte interessata, la prova del nocumento nel suo preciso ammontare, considerata l’indeterminatezza derivante dal fattore tempo, per la quale la situazione manifesta ulteriori e ineliminabili margini d’incertezza.
Ricorrono dunque i presupposti per l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, exarticoli 2056 e 1226 del codice civile (da ultimo: Cassazione civile, Sez. VI, 19 dicembre 2011 n. 27447, Sez. III, 29 novembre 2011 n. 25222) che si determina in € 5.000,00.
Al pagamento di tale somma dev’essere dunque condannata la Regione inadempiente.
Le spese seguono la soccombenza e vengono poste a carico della Regione, che ha mancato di provvedere sulla determinazione del compenso, come da liquidazione in dispositivo, mentre, visto lo stato del procedimento, sussistono i motivi che giustificano la compensazione delle spese nei confronti del Comune di Trani.
Anche l’eventuale compenso (da determinarsi con apposita ordinanza ad incarico espletato) spettante al commissarioad acta dev’essere posto a carico della Regione Puglia.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, ordina alla Regione Puglia di provvedere, entro il termine di 30 giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, sull’istanza notificata il 14 luglio 2011 dall’arch. Davide Maria Dioguardi, e, in specie, di determinare il compenso allo stesso spettante, con le modalità  e i criteri sopraindividuati.
Per l’ipotesi in cui, allo scadere del predetto termine, la Regione non abbia adempiuto, nomina, quale commissario ad acta, il Rettore del Politecnico di Bari, conferendogli facoltà  di delega, che dovrà  provvedere, in sostituzione dell’Amministrazione inadempiente entro i successivi 30 giorni, curando altresì la redazione e il deposito presso la segreteria del T.A.R. di apposita relazione sull’espletamento dell’incarico, corredata della pertinente documentazione.
Condanna la Regione Puglia al pagamento in favore del ricorrente della somma di € 5.000,00, quale risarcimento del danno per ritardo.
Condanna la Regione Puglia al pagamento di € 2.500,00, oltre CU, CPI e IVA, come per legge, in favore del ricorrente, a titolo di spese di lite; compensa per il resto.
Pone a carico della Regione Puglia il compenso eventualmente dovuto al commissario ad acta, da determinarsi con separata ordinanza a conclusione dell’incarico.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/07/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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