Edilizia e urbanistica – Attivtà  edilizia privata – Illecito edilizio – Ordine demolizione opere – Richiesta di condono edilizio – Zona sottoposta a vincolo

Ai sensi dell’art. 32, co. 27, lettera d), D.L. n. 269 del 2003 (conv. nella L. n. 326/2003), ai fini della sanatoria delle opere abusive realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli (tra cui quello idrogeologico, ambientale e paesistico), è necessaria la “congiunta” sussistenza di determinate condizioni: ovvero che si tratti di opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo (secondo la Corte costituzionale – ord. n. 150 del 2009 – non si tratta solo dei vincoli che comportino l’inedificabilità  assoluta); che, pur realizzate in assenza o in difformità  del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del d.l. n. 269 del 2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) senza quindi aumento di superficie; che vi sia il previo parere favorevole dell’autorità  preposta al vincolo.

N. 01382/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01278/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1278 del 2006, proposto da: 
Belgiovine Salvatore, rappresentato e difeso dall’avv. M. Alberto Grimaldi, con domicilio eletto presso il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Segreteria Sezione III, in Bari, Piazza Massari, nn. 6-14;

contro
Comune di Gallipoli – non costituito; 

per l’annullamento
“- dell’ordinanza n. 205 del 26.4.2006, con la quale il Dirigente dell’Area delle Politiche Territoriali ed Infrastrutturali, Unità  Operativa n. 10 – Sportello Unico per l’Edilizia e le Attività  Produttive del Comune di Gallipoli ha dichiarato non ricevibile la domanda di definizione degli illeciti edilizi presentata dal Sig. Belgiovine ai sensi della L. n. 326 del 29.11.2003 (di conversione del D.L. n. 269 del 30.09.2003) in data 7.12.2004 ed acquisita al prot. n. 0044156, disponendo altresì la demolizione delle opere realizzate sine titulo su suolo distinto in Catasto al Fg. 23, p.lla 374;
– nonchè di ogni atto comunque connesso, presupposto, e/o consequenziale, e, segnatamente, della nota prot. 0031687 del 22.7.2005, con la quale il Dirigente dell’Area delle Politiche Territoriali ed Infrastrutturali, Unità  Operativa n. 10 – Sportello Unico per l’Edilizia e le Attività  Produttive del Comune di Gallipoli ha comunicato, ai sensi dell’art. 10 bis, L. n. 241/1990 (così come introdotto dalla L. n. 15/2005) i motivi ritenuti ostativi rispetto all’accoglimento della predetta domanda di condono edilizio presentata dal Sig. Belgiovine.”
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 maggio 2012 la dott. ssa Rosalba Giansante; nessuno è comparso per il ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Espone in fatto il sig. Salvatore Belgiovine di essere proprietario di un immobile destinato a civile abitazione, composto dal piano terra e dall’annesso locale adibito a centrale termica ed autoclave, sito nel Comune di Gallipoli, su suolo distinto in catasto al fg. 23, p.lla 374, sottoposto a vincolo paesaggistico; che tale immobile era stato realizzato in assenza del prescritto titolo edificatorio e che, pertanto, in data 7 dicembre 2004, esso ricorrente aveva presentato la domanda di definizione degli illeciti edilizi ai sensi della legge n. 326 del 2003 (di conversione del d.l. n. 269 del 2003), acquisita al prot. n. 0044156 del suddetto Comune, provvedendo a versare le somme dovute e gli oneri concessori.
Riferisce di aver presentato, in data 29 gennaio 2005, istanza di accertamento di compatibilità  paesaggistica, ai sensi dell’art. 1, comma 39, della legge n. 308 del 2004; che con nota prot. n. 0023551 del 26 maggio 2005 il Comune intimato gli aveva comunicato l’irricevibilità  della citata domanda di definizione degli illeciti edilizi e, nel contempo, l’avvio del procedimento finalizzato alla emissione dei provvedimenti sanzionatori; aggiunge che, a seguito della proposizione del ricorso giurisdizionale avverso il citato provvedimento, il Comune di Gallipoli aveva ritirato in autotutela il provvedimento in quanto adottato in violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 e nel contempo gli aveva comunicato, in ottemperanza alla suddetta disposizione normativa, il preavviso di rigetto.
Espone, infine, che parte intimata, senza attendere la definizione del procedimento di cui alla istanza di accertamento di compatibilità  paesaggistica presentata da esso ricorrente, aveva adottato l’ordinanza n. 205 del 26 aprile 2006 con la quale aveva dichiarato non ricevibile la domanda di definizione degli illeciti edilizi da esso presentata in data 7 dicembre 2004 ai sensi della legge n. 326 del 2003 (di conversione del d.l. n. 269 del 2003) ed aveva altresì disposto la demolizione delle opere realizzate sine titulo su suolo distinto in catasto al fg. 23, p.lla 374, di sua proprietà .
Il sig. Belgiovine ha quindi proposto il presente ricorso, ritualmente notificato e depositato nella Segreteria del Tribunale il 21 luglio 2006, con il quale ha chiesto l’annullamento della suddetta ordinanza n. 205 del 26 aprile 2006 del Comune di Gallipoli, nonchè della nota prot. n. 0031687 del 22 luglio 2005, con cui gli erano stati comunicati, ai sensi dell’art. 10 bis, della legge n. 241 del 1990, i motivi ritenuti ostativi all’accoglimento della domanda di condono edilizio presentata da esso ricorrente.
A sostegno del gravame, con un unico motivo di ricorso, sono state articolate le seguenti censure: violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003, dell’art. 2, comma 1, della legge regionale n. 28 del 2003, dell’art. 1, comma 37 e ss., della legge n. 308 del 2004 e dell’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, eccesso di potere per difetto di istruttoria, illegittimità  derivata; in via subordinata, il sig. Belgiovine ha sollevato questione di illegittimità  costituzionale dell’art. 32, comma 27, lettera d) del d.l. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003 in relazione agli artt. 3 e 42 Cost..
Il ricorrente ha prodotto documentazione.
All’udienza pubblica del 24 maggio 2012 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto.
Con un unico motivo di ricorso il sig. Belgiovine ha dedotto le seguenti censure: violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003, dell’art. 2, comma 1, della legge regionale n. 28 del 2003, dell’art. 1, comma 37 e ss., della legge n. 308 del 2004 e dell’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, eccesso di potere per difetto di istruttoria, illegittimità  derivata.
Parte ricorrente lamenta che il Comune di Gallipoli non avrebbe tenuto in considerazione la domanda di accertamento di compatibilità  paesaggistica da esso presentata ai sensi dell’art. 1, comma 39, della legge n. 308 del 2004 e sostiene che la lettura sistematica e costituzionalmente orientata della normativa da ultimo richiamata avrebbe determinato la caducazione di tutte le previsioni normative, sia statali che regionali, aventi l’effetto di precludere tout court l’ottenimento della “legittimazione edilizia postuma” a causa della sussistenza del vincolo paesaggistico; ulteriore conferma di tale opzione ermeneutica deriverebbe dalla circostanza che l’accertamento di compatibilità  paesaggistica di cui alla legge n. 308 del 2004 avrebbe natura e contenuto profondamente diversi dal parere paesaggistico di cui all’art. 32 della legge n. 47 del 1985; alla luce di quanto sopra parte ricorrente conclude che, quindi, il Comune intimato avrebbe dovuto pronunciarsi sulla istanza di condono solo dopo la definizione del procedimento di accertamento di compatibilità  paesaggistica.
Le suddette censure inficerebbero, per illegittimità  derivata, l’ordine di demolizione adottato nei confronti di esso ricorrente dal Comune di Gallipoli.
Le censure dedotte sono tutte prive di pregio.
Premesso che nella fattispecie oggetto di gravame non è oggetto di contestazione che le opere realizzate di cui alla domanda di condono per cui è causa insistono su un’area sottoposta a vincolo paesaggistico, come peraltro dichiarato dallo stesso ricorrente anche in ricorso, il Collegio ritiene utile, preliminarmente, focalizzare la regola di diritto da applicare alla fattispecie in esame.
L’art. 32, comma 27 lettera d) del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 dispone: “Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora: ¦. d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonchè dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità  del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;”.
Come ha riconosciuto la Corte costituzionale (sentenza n. 196 del 2004), l’oggetto fondamentale dell’art. 32, commi 25-27, del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, è la previsione e la disciplina di un nuovo condono edilizio esteso all’intero territorio nazionale, di carattere temporaneo ed eccezionale rispetto all’istituto a carattere generale e permanente del “permesso di costruire in sanatoria”, disciplinato dagli artt. 36 e 45 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), ancorato a presupposti in parte diversi e comunque sottoposto a condizioni assai più restrittive.
Si tratta, peraltro, di un condono che si ricollega sotto molteplici aspetti ai precedenti condoni edilizi che si sono succeduti dall’inizio degli anni ottanta: ciò è reso del tutto palese dai molteplici rinvii contenuti nell’art. 32 alle norme concernenti i precedenti condoni, ma soprattutto dal comma 25 dell’art. 32, il quale espressamente rinvia alle disposizioni dei “capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni”, disponendo che tale normativa, come ulteriormente modificata dal medesimo art. 32, si applica “alle opere abusive” cui la nuova legislazione appunto si riferisce. Attraverso questa tecnica normativa, consistente nel rinvio alle disposizioni dell’istituto del condono edilizio come configurato in precedenza, si ha una saldatura fra il nuovo condono ed il testo risultante dai due precedenti condoni edilizi di tipo straordinario, cui si apportano peraltro alcune innovazioni.
La giurisprudenza ordinaria e amministrativa ormai consolidata, già  fatta propria anche da questa Sezione e dalla quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, (ex multis, Cass. Penale, Sezione III, n. 24647 del 2009 e Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1200 del 2010, T.A.R. Puglia, Bari, Sezione III, n. 805/201, n. 1884/2011 e n. 1049/2012), ha riconosciuto che, ai sensi del suddetto art. 32, comma 27, lettera d), sono sanabili le opere abusive realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli (tra cui quello idrogeologico, ambientale e paesistico) purchè ricorrano “congiuntamente” determinate condizioni:
– che si tratti di opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo; in proposito la Corte Costituzionale (ordinanza n. 150 del 2009) ha negato che debba trattarsi solo dei vincoli che comportino l’inedificabilità  assoluta;
– che, pur realizzate in assenza o in difformità  del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
– che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del d.l. n. 269 del 2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) senza quindi aumento di superficie;
– che vi sia il previo parere favorevole dell’autorità  preposta al vincolo.
Se, come sopra rappresentato e riconosciuto dalla Corte costituzionale (sentenza n. 196 del 2004), l’oggetto fondamentale dell’art. 32, commi 25-27, del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, è la previsione e la disciplina di un nuovo condono edilizio esteso all’intero territorio nazionale, di carattere temporaneo ed eccezionale rispetto all’istituto a carattere generale e permanente del “permesso di costruire in sanatoria”, disciplinato dagli artt. 36 e 45 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 ancorato a presupposti in parte diversi e comunque sottoposto a condizioni assai più restrittive, non può ritenersi sostenibile la prospettazione di parte ricorrente secondo la quale dalla lettura sistematica e costituzionalmente orientata dell’art. 1, comma 39, della legge n. 308 del 2004, concernente la domanda di accertamento di compatibilità  paesaggistica, si dedurrebbe che tale disposizione normativa avrebbe determinato la caducazione di tutte le previsioni normative, sia statali che regionali, aventi l’effetto di precludere tout court l’ottenimento della “legittimazione edilizia postuma” a causa della sussistenza del vincolo paesaggistico; peraltro lo stesso ricorrente ammette, sebbene per supportare la sua opzione ermeneutica, la natura ed il contenuto profondamente diversi dell’accertamento di compatibilità  paesaggistica di cui alla legge n. 308 del 2004 e del parere paesaggistico di cui all’art. 32 della legge n. 47 del 1985.
Il Collegio, applicando la giurisprudenza sopra richiamata, che richiede la sussistenza congiunta di tutte le citate condizioni per escludere l’applicabilità  del condono in riferimento alle opere realizzate in zone vincolate, deve evidenziare che, nella fattispecie per cui è causa, l’intervento oggetto della richiesta di sanatoria consiste, come indicato da parte ricorrente nella descrizione sintetica dell’illecito edilizio di cui alla domanda di condono stessa versata in atti, nella “Realizzazione di una civile abitazione a piano terra con annesso locale adibito a centrale termica ed autoclave”; nella relazione tecnica allegata è altresì specificato che “La superficie utile netta dell’opera è pari a mq. 85,27 e precisamente mq. 76,81 per la costruzione da adibire a civile abitazione, mq. 6,20 per il vano autoclave e mq. 4,90 per la scala scoperta.”
La descrizione dell’intervento costituisce la circostanza sufficiente e risolutiva per ritenere che l’intervento realizzato non possa rientrare tra le tipologie di abusi di cui ai nn. 4, 5 e 6 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) dell’allegato 1 del d.l. n. 269 del 2003 (cfr. in proposito anche Corte Costituzionale sentenza del 6 novembre 2009, n. 290), ma sia da inquadrare nell’ambito della tipologia di abusi n. 1 (“Tipologia 1. Opere realizzate in assenza o in difformità  del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.”), come legittimamente ed espressamente ritenuto dal Comune di Gallipoli, dopo aver richiamato il contenuto del comma 27, lettera d) del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, nell’ordinanza n. 207 del 26 aprile 2006, oggetto di gravame.
Alla luce di quanto sinora esposto emerge, altresì, la manifesta infondatezza della questione di legittimità  costituzionale sollevata dal sig. Belgiovine, in via subordinata, dell’art. 32, comma 27, lettera d) del d.l. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003 in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione, tenuto conto inoltre che, al riguardo, la Corte Costituzionale, con le sentenze sopra menzionate, è più volte intervenuta per chiarire la portata del condono di cui alla suddetta normativa in riferimento alla quale parte ricorrente lamenta dubbi di costituzionalità .
Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto.
Non essendosi costituito il Comune intimato nulla deve essere statuito in ordine al regolamento delle spese di causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Rosalba Giansante, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/07/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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