1. Pubblico impiego – Forze armate – Procedimento disciplinare – A seguito di sentenza di condanna penale  irrevocabile – Termini – Decorrenza

2. Processo amministrativo – Giudicato penale -Rapporto

1. Ai fini della decorrenza del temine di 180 giorni per la prosecuzione o il promovimento del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale, come previsto dall’art.9, co.2, L.n. 19/1990, non può valere a favore del ricorrente il pregresso deposito di documentazione, ovvero la comunicazione all’Amministrazione intimata, che non contenga alcun riferimento alla sentenza penale (nella specie: di patteggiamento), poichè occorre che l’Amministrazione venga a conoscenza, mediante l’integrale sentenza di condanna irrevocabile, dei fatti accertati in quella sede al fine di poterli contestare al dipendente e valutarli in sede disciplinare.


2. Nel giudizio amministrativo non possono essere rimesse in discussione le risultanze della sentenza penale di patteggiamento, non apparendo la sanzione irrogata nel procedimento disciplinare di sospensione dall’impiego in alcun modo sproporzionata rispetto ad una condanna definitiva per un reato commesso in modo continuato ed aggravato. 


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Vedi Cons. St., sez. IV, ric. n. 8537 – 2012; sentenza 11 giugno 2015, 2853 – 2016


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N. 01313/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01349/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1349 del 2010, proposto da: 
R. B., rappresentato e difeso dall’avv. Nicolò De Marco, con domicilio eletto presso Nicolo’ De Marco in Bari, via Abate Gimma, 189; 

contro
Ministero della Difesa Direzione Generale Per il Personale Militare; Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97; 

per l’annullamento
– del decreto del Direttore Generale Ministero della Difesa n. 0204/3-9/2010 del 30.04.2010 di sospensione dall’impiego per n. 4 mesi del ricorrente, capitano di corvetta, a seguito di procedimento disciplinare,
– degli atti endoprocedimentali del procedimento disciplinare;
2) del connesso atto dispositivo n. 6422 del 29.06.2010 della Direzione Commissariato M.M. di Taranto, con il quale, per il periodo di sospensione dal servizio anzidetto, è stata ridotta la corresponsione dello stipendio e altri assegni del 50%;
– nonchè per la condanna dell’amministrazione resistente alla corresponsione degli stipendi ed assegni ingiustamente ridotti, oltre interessi e svalutazione;
– nonchè per l’accertamento del diritto del ricorrente ad eventuale ricostruzione della carriera, nel caso di penalizzazione dovuta alla impugnata sanzione disciplinare.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 31 maggio 2012 il dott. Sabato Guadagno e uditi per le parti i difensori avv. N. De Marco e avv. dello Stato G. Matteo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Oggetto della presente impugnativa sono il decreto del Direttore Generale Ministero della Difesa n. 0204/3-9/2010 del 30.04.2010 di sospensione dall’impiego per n. 4 mesi del ricorrente, capitano di corvetta, a seguito di procedimento disciplinare, nonchè i conseguenti atti di riduzione per tale periodo dello stipendio e altri assegni nella misura del 50%.
A sostegno del gravame sono state dedotte le censure di violazione del giusto procedimento e dell’art. 19 della L. n. 19/1990, della L. n. 97/2001 e dell’art. 120 T.U. impiegati dello Stato, dell’art. 29 della L. n. 113/1954 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità , spoporzione.
Il ricorso è infondato.
Vanno in primo luogo disattese le censure, relative al mancato rispetto dei termini del procedimento disciplinare.
Il Collegio condivide l’orientamento giurisprudenziale (Cons. St. Sez. VI n. 8918/2010, secondo cui, ai fini della decorrenza del termine di centottanta giorni per la prosecuzione o il promovimento del procedimento disciplinare, a seguito di condanna in sede penale, come previsto dall’art. 9 comma 2 l. 7 febbraio 1990 n. 19, occorre che l’amministrazione venga a conoscenza dell’integrale sentenza di condanna irrevocabile, e non già  del semplice dispositivo, in quanto essa deve avere esatta cognizione dei fatti accertati in sede penale, onde contestarli al dipendente e valutarli in sede disciplinare. (Cons, Stato, IV, 27 settembre 1996, n. 1061).
Orbene, nella fattispecie in esame il ricorrente ha trasmesso all’Amministrazione copia della sentenza in data 4 settembre 2009 come si evince dalla stessa documentazione prodotta in giudizio da parte ricorrente (doc. 5) e non può invocare a suo favore la precedente comunicazione fatta all’Avvocatura dello Stato o la restituzione da parte del Ministero della Giustizia della documentazione in data 27 luglio 2009 (doc. 4) all’intimata Amministrazione, che non fa alcun riferimento alla consegna di copia della sentenza di patteggiamento, con cui il ricorrente è stato condannato per il reato continuato di peculato militare aggravato alla pena di anni uno di reclusione, sostituita con la reclusione militare per uguale durata con pena sospesa per il termine di un anno, sotto le comminatorie di legge.
Nè può trovare accoglimento la dedotta censura di violazione dell’art. 29 della L. n. 113/1954, in quanto l’Amministrazione non avrebbe detratto dalla sanzione irrogato il periodo di sospensione precauzionale irrogato al ricorrente.
In proposito si osserva che tale periodo di sospensione precauzionale del ricorrente è stato limitato ai tre giorni 16, 17 e 18 ottobre 2006, in cui il ricorrente -come si evince dal relativo decreto, depositato in giudizio dallo stesso ricorrente (doc. 2) era stato posto agli arresti domiciliari e quindi trovavasi nell’impossibilità  fisica e giuridica di poter prestare servizio per l’Amministrazione di appartenenza, nei confronti della quale si era reso responsabile di un grave reato.
Cessato il periodo di arresti domiciliari, il ricorrente ha immediatamente ripreso servizio.
Vanno infine rigettate le ulteriori censure di eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità , sproporzione tra sanzione applicata e fatti addebitati al ricorrente, in quanto in questa sede non possono di certo essere rimesse in discussione le risultanze di una sentenza di condanna penale di patteggiamento, in quanto la sanzione irrogata nel procedimento disciplinare di sospensione dall’impiego per n. 4 mesi non appare in alcun modo sproporzionata per una condanna definitiva per il reato continuato di peculato militare aggravato.
.Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese ed onorari del giudizio, liquidati nella complessiva somma di € 1.500, oltre gli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 31 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente, Estensore
Antonio Pasca, Consigliere
Desirèe Zonno, Primo Referendario
 
 
 
 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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