1. Enti e organi della p. A. – Elezioni –  Consiglieri regionali – Determinazione numero  – Assegnazione seggi relativi al premio “governabilità ” – Previsione nello Statuto regionale – Necessità  – Incostituzionalità  della legge regionale –  
2. Processo amministrativo  –  Elezioni – Sospensione del giudizio per incidente di costituzionalità  – Deposito istanza di fissazione a seguito di pronuncia della Corte costituzionale – Termine – Decorrenza – Dimidiazione –  
3. Elezioni – Processo amministrativo – Legittimazione passiva – Ufficio elettorale – Non sussiste
4.  Elezioni – Leggi, decreti, regolamenti – Interpretazione della legge – Attribuzione dei seggi alle liste – Ammissione delle liste al riparto – Soglia del quattro per cento  dei voti validi –  Computo quoziente elettorale – Voti ottenuti dalle liste ammesse al riparto – Elezioni regionali – Applicabilità  
5.  Elezioni – Legge elettorale Regione Puglia – Competenza legislativa concorrente – Premio di maggioranza – Rispetto dei principi generali di garanzia di stabilità  di governo e rispetto delle minoranze – Sussiste
6. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Giudizio elettorale – Motivi aggiunti – Ammissibilità  – Presupposti –
7. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Motivi proposti dopo il deposito del ricorso ma prima della decorrenza del termine perentorio per impugnare – Natura – Ammissibilità  –
8. Censure avanzate per la prima volta dopo la ripresa del giudizio sospeso – Ampliamento del thema decidendum  – Inammissibilità  – 

1. E’ infondato il ricorso proposto dal candidato non eletto che invochi l’assegnazione di un seggio elettorale come conseguenza del riconoscimento del premio di governabilità  al Presidente eletto (c.d. Tatarellum), in applicazione di una norma regionale (nel caso di specie l. r. 28 gennaio 2005, n. 2 art. 10 comma 1 lettera j), emanata, tuttavia,  in assenza di un’espressa previsione statutaria del meccanismo del doppio premio (e per tale motivo cancellata dalla Corte Costituzionale con sentenza 15.6.2011, n. 188). La determinazione del numero dei componenti il Consiglio regionale,   infatti, è di competenza esclusiva dello Statuto, nell’ambito di una relazione di competenza, oltre che di gerarchia, con la legge regionale in tema di sistema elettorale, rappresentando la composizione dell’organo legislativo regionale una fondamentale scelta politica sottesa alla determinazione della forma di governo della Regione (nella specie, la  Corte costituzionale, pertanto, con sentenza 15 giugno 2011, n. 188, decidendo l’incidente di di costituzionalità  sollevato nel caso di specie, ha dichiarato l’illegittimità  costituzionale dell’art. 10 comma 1 lett. j) della l.r. Puglia 28 gennaio 2005, n. 2, che prevedeva l’assegnazione di 78 seggi a fronte della previsione statutaria che determina in 70 i componenti del Consiglio regionale,  per contrasto con l’art. 123 Cost., con conseguente impossibilità  per l’istante di conseguire il bene della vita all’elezione in consiglio regionale).  
2. La riassunzione del giudizio sospeso, ai sensi dell’art. 80 comma primo c.p.a. deve essere presentata con istanza di fissazione di udienza entro novanta giorni dalla comunicazione dell’atto che fa venir meno la causa della sospensione. Per pacifico  orientamento del Consiglio di Stato  per la riassunzione del giudizio di merito sospeso dall’incidente di costituzionalità , il termine – nel caso di specie, trattandosi di elezioni, dimidiato, ai sensi dell’art. 130 comma 10 del c.p.a. – decorre dal giorno della comunicazione alla parte, a cura della cancelleria del giudice che ha disposto la sospensione, della pronuncia della Corte costituzionale, senza che assuma rilievo il sistema di pubblicità  legale previsto per le ordinanze e le sentenze della Consulta.
3. Nel giudizio avente ad oggetto l’esito delle elezioni di un organo locale o regionale la legittimazione passiva è dell’amministrazione interessata alle operazioni elettorali (nel caso di specie la Regione), dovendosi escludere che l’Ufficio elettorale, organo straordinario destinato a sciogliersi subito dopo la proclamazione degli eletti,  possa costituire un centro di imputazione giuridicamente rilevante dell’interesse al mantenimento dei propri atti, in ragione della posizione di neutralità  da esso ricoperta nella competizione elettorale (ex multis TAR Puglia – Bari, sez. I, 9 dicembre 2010, n. 41159).
4. Il criterio introdotto dalla l. 4 agosto 1993 n. 277 in modifica del D.P.R. 30 marzo 1957 n. 361, per le elezioni alla Camera dei deputati, secondo il quale il riparto dei seggi avviene tra le liste che abbiano ottenuto almeno il 4% dei voti validi sul piano nazionale, e il quoziente elettorale si ottiene utilizzando come dividendo il totale dei voti validi ottenuti dalle sole liste ammesse al riparto è criterio di interpretazione anche della legge elettorale regionale n. 2/2005 (cfr. Adunanza Plenaria del Consiglio di stato 10 luglio 1997, n. 13). Il calcolo del quoziente elettorale circoscrizionale, pertanto, deve farsi soltanto dopo aver accertato il superamento del limite del 3 per cento su base regionale e con riferimento alle sole liste ammesse alla ripartizione dei seggi.
 
5. Non integra violazione dei principi di garanzia della formazione di stabili maggioranze e tutela della rappresentanza delle minoranze, di cui all’art. 4 della legge quadro n. 165/2004, nè supera la competenza legislativa concorrente la volontà  del legislatore regionale (art. 3 l. 2/2005) di eleggere i 70 consiglieri regionali con l’attribuzione di 56 seggi secondo il sistema proporzionale e 13 seggi alla coalizione vincente come premio di maggioranza, anche se il legislatore statale ha previsto, come strumento di stabilità  di governo l’attribuzione del premio di governabilità  che prevede l’assegnazione alle liste collegate al  Presidente eletto del 60 per cento dei seggi ( c.d. Taterellum) . Diversamente opinando, infatti, si azzererebbe l’ambito di autonomia costituzionalmente garantito alle Regioni in materia di sistema elettorale dei propri organi di governo. Nel caso della regione Puglia, peraltro, la previsione di 70 consiglieri regionali che compongono l’assemblea e l’assenza nello statuto di ogni altro criterio di individuazione dei componenti il Consiglio regionale, escludono che possa essere invocato il modello c.d. Tatarellum, come dichiarato dalla Corte costituzionale con la sentenza 15 giugno 2011 n. 188.
 
6. Per pacifico orientamento giurisprudenziale nel giudizio elettorale sono inammissibili i motivi aggiunti che non siano svolgimento delle censure tempestivamente proposte ma nuovi motivi di ricorso, anche se derivanti da ulteriori vizi emersi a seguito delle verifiche istruttorie disposte dal giudice in relazione alle originarie censure (ex multis Cons. di Stato, sez. V, 20 marzo 2006, n. 1437).
 
7. I motivi di impugnazione depositati dopo il ricorso e prima della scadenza del termine decadenziale per la sua proposizione non hanno natura di motivi aggiunti, i quali presuppongono l’esistenza e la conoscenza di altri elementi su cui il ricorrente possa fondare le proprie pretese, ben potendo il ricorrente frazionare l’impugnazione in più ricorsi, integrativi e complementari tra loro, purchè venga rispettato il termine perentorio previsto per l’impugnazione.
 
8. Le censure avanzate per la prima volta in sede di ripresa di un giudizio precedentemente sospeso (nel caso di specie per l’incidente di costituzionalità ) sono inammissibili in quanto pongono questioni nuove e costituiscono un ampliamento del thema decidendum cristallizzato con il ricorso.
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Cfr. Tar Puglia Bari – sez. I, sentenze 18 giugno 2012 nn. 1196, 1998, 1199, 1200, 1201 
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N. 01197/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00690/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 690 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Lorenzo Caiolo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Guido Corso, Giovanni Pesce e Vittorio Russi, con domicilio eletto presso Vittorio Russi, in Bari, c.so V.Emanuele 60;

contro
Ufficio centrale regionale c/o Corte di Appello di Bari, Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria per legge in Bari, via Melo, 97;
Regione Puglia; 

nei confronti di
Euprepio Curto, rappresentato e difeso dall’avv. to Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Fabrizio Lofoco in Bari, via Pasquale Fiore, 14; 
Antonio Barba, rappresentato e difeso dagli avv. ti Pietro Quinto ed Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Fulvio Mastroviti, in Bari, Quintino Sella, 40; 

e con l’intervento di
ad opponendum:
Movimento Difesa del Cittadino (Mdc) – Puglia, rappresentato e difeso dall’avv.to Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso Maurizio Di Cagno in Bari, via Nicolai, 43; Rocco Palese, Massimo Cassano, Michele Boccardi, Davide Bellomo, Andrea Caroppo, Lucio Tarquinio, Gianfranco Chiarelli, Domenico Lanzilotta, Saverio Congedo, Roberto Marti, Mario Vadrucci, Pietro Iurlaro, Antonio Camporeale, Arnaldo Sala, Ignazio Zullo, Gianmarco Surico, Maurizio Friolo, Francesco Damone, Leonardo Di Gioia, Pietro Lospinuso, Francesco De Biasi, Giandiego Gatta, Giovanni Alfarano, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Luciano Ancora e Roberto G. Marra, con domicilio eletto presso Gennaro Notarnicola, in Bari, via Piccinni, 150;

per l’annullamento
previa misura cautelare
– del provvedimento emesso dall’Ufficio centrale regionale presso la Corte d’appello di Bari del 29 aprile 2010, successivamente conosciuto, con il quale si afferma che l’art. 3 della legge regionale Puglia n. 2/2005 va interpretato, conformemente alla previsione statutaria, nel senso che i membri del consiglio (regionale) non possono che essere pari a 70″;
– nei limiti dell’interesse, del consequenziale verbale delle operazioni dell’Ufficio centrale circoscrizionale delle elezioni del Presidente della Regione Puglia e del Consiglio regionale della Puglia del 28 e 29 marzo 2010, di estremi ignoti, con cui sono stati proclamati gli eletti a consigliere del Consiglio regionale della Puglia per la circoscrizione di Brindisi e gli eletti a consigliere del Consiglio regionale della Puglia in seguito al riparto effettuato dall’Ufficio centrale regionale;
– del verbale delle operazioni dell’Ufficio centrale regionale di estremi ignoti, nella parte in cui sono stati assegnati i seggi in numero di 70, anzichè di 78, come risultante dal precedente verbale pubblicato sul sito internet del Ministero dell’Interno e della Regione Puglia;
– di ogni altro atto collegato e connesso, ad oggi ignoto.
 

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ Ufficio centrale regionale c/o la Corte di Appello di Bari, di Euprepio Curto ed Antonio Barba;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Paolo Amovilli;
Uditi nell’udienza pubblica del giorno 30 maggio 2012 per le parti i difensori avv.ti Giovanni Pesce, Vittorio Russi, Ines Sisto, Ernesto Sticchi Damiani, Pietro Quinto, Maurizio Di Cagno, quest’ultimo per delega dell’avv.to Gianluigi Pellegrino, Luciano Ancora e Roberto Marra;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente si è candidato alla carica di consigliere regionale della Puglia nella lista “Italia dei Valori”, circoscrizione di Brindisi. Le elezioni si sono tenute il 28 e 29 marzo 2010.
L’istante non è stato proclamato eletto dall’Ufficio centrale regionale presso la Corte d’appello di Bari, in virtù dell’opzione interpretativa contenuta nell’atto del 29 aprile 2010, per la quale la disciplina di riferimento (in primis, lo Statuto della Regione Puglia e la legge regionale 28 gennaio 2005 n. 2, che peraltro esplicitamente s’ispira alla legislazione statale) induce a ritenere che il Consiglio regionale sia composto da 70 componenti e non da 78, come sarebbe invece determinato in applicazione della normativa statale (articolo 15, comma tredicesimo, nn. 6, 7 e 8, della legge 17 febbraio 1968 n. 108, come modificato dall’articolo 3 dalla legge 23 febbraio 1995 n. 43 – introduttivo del meccanismo di rafforzamento della maggioranza, cosiddetto “Tatarellum”).
2. L’atto perviene a tale contestata conclusione osservando che non emergono indici sicuri, desumibili dall’articolo 10 della legge regionale 28 gennaio 2005 n. 2 (e, in specie, dalla lettera j), della volontà  di attribuire seggi aggiuntivi, rispetto al numero di consiglieri fissato prima dallo Statuto regionale e poi dall’articolo 2 della stessa legge regionale; ragion per cui l’intera normativa dev’essere intesa in conformità  allo Statuto, il quale non accenna nè a deroghe riguardanti la composizione dell’organo collegiale, nè a rinvii a meccanismi elettorali disciplinati dalla legge statale o dall’apposita legge regionale (di fatto comunque approvata successivamente allo statuto).
Con il ricorso in epigrafe Lorenzo Caiolo impugna il verbale dell’Ufficio centrale regionale presso la Corte d’Appello di Bari relativo alle operazioni per le elezioni suddette, unitamente all’atto di proclamazione degli eletti, deducendo le seguenti censure, così riassumibili:
I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 L.108/1968 come modificato ed integrato dall’art. 3 legge 43/95, e dall’art. 1 L.R. Puglia 2/2005, in relazione alla legge costituzionale n.1/1999 e alla legge n.165/2004 recante “disposizioni di attuazione dell’art. 122 primo comma della Costituzione”, eccesso di potere:
– dopo l’assegnazione di n. 56 seggi su base proporzionale e di n.13 seggi in virtù del “premio di maggioranza” (per un totale di 70), l’Ufficio avrebbe dovuto attribuire ai candidati legati al Presidente della giunta una quota aggiuntiva di governabilità , pari ad ulteriori 8 seggi, in modo d’assicurare alle stesse forze una maggioranza in consiglio del 60%;
– sarebbe chiaro l’intento del legislatore regionale, mediante il recepimento delle leggi 43/95 e 108/68, di rendere applicabile il meccanismo del “premio di governabilità “;
– l’attribuzione del premio di governabilità  non troverebbe ostacolo dalla previsione di un numero di 70 componenti il Consiglio regionale, ma semmai porrebbe in ipotesi una questione di costituzionalità , la quale sarebbe comunque infondata, tenuto conto che l’art. 122 Cost. riserva al legislatore regionale ordinario il sistema elettorale regionale, essendo indifferente per la forma di governo la composizione del Consiglio in 78 anzichè in 70 membri;
– il sistema elettorale, materia riservata dall’art 122 comma primo Cost. alla legge regionale, non si limiterebbe riduttivamente ad esprimere il meccanismo di trasformazione dei voti in seggi ma comprenderebbe anche altri aspetti, ivi compresa la determinazione del numero dei componenti dell’organo consiliare quale momento fondamentale di ogni sistema elettorale;
– la conseguente illegittimità  dell’operato dell’Ufficio centrale regionale, il quale si sarebbe arrogato un insussistente potere di disapplicazione della legge regionale 2/2005 per asserita incostituzionalità ;
Chiede l’odierno ricorrente, inoltre, l’accertamento del diritto ad essere proclamato eletto consigliere regionale della Puglia per la Legislatura 2010/2015.
Si sono costituiti il Ministero dell’Interno e l’Ufficio centrale regionale, oltre che Barba Antonio e Curto Euprepio, in qualità  di consiglieri eletti nella lista “Il Popolo della Libertà ” ed odierni controinteressati. Hanno spiegato intervento ad opponendum il Movimento Difesa del Cittadino, oltre che Rocco Palese e altri, come da dettaglio in atti, tutti consiglieri regionali eletti in liste non collegate con il Presidente eletto.
In particolare, la difesa erariale ha preliminarmente eccepito il difetto di legittimazione passiva sia dell’Ufficio centrale regionale che del Ministero dell’Interno, dovendosi individuare l’unico legittimato passivo esclusivamente nella Regione Puglia; ha altresì eccepito la carenza di legittimazione ed interesse al ricorso secondo il principio della “prova di resistenza” applicabile alle controversie elettorali.
Nel merito sia l’Amministrazione che i consiglieri controinteressati Barba e Curto che infine gli intervenienti ad opponendum hanno sostenuto l’infondatezza del gravame, evidenziando in necessaria sintesi:
– la riserva in favore dello Statuto regionale, ai sensi dell’art. 123 Cost., del numero dei consiglieri regionali quale espressione della “forma di governo”;
– l’impossibilità  di applicazione del “premio di governabilità ” a fronte di un numero di consiglieri inderogabilmente fissato dallo Statuto – oltre che dalla stessa L.R. 2/2005 – in 70.
Alla camera di consiglio del 26 maggio 2010, su istanza concorde delle parti, l’istanza cautelare è stata “abbinata al merito”.
Con motivi integrativi depositati il 29 maggio 2010, il ricorrente ha ulteriormente sviluppato le proprie censure, prospettando nell’ipotesi di restrizione del numero dei consiglieri a 70, la pretesa ad essere ugualmente inserito tra gli eletti, deducendo motivi così riassumibili:
II. violazione e falsa applicazione dell’art. 15 comma 3 legge 108/1968, come modificato dall’art. 3 legge n.43/1995, in relazione alla L.R. Puglia 2/2005: nel computo del quoziente elettorale circoscrizionale l’Ufficio elettorale avrebbe dovuto considerare tutti i voti di lista validi, ivi compresi quelli espressi dalle liste risultate successivamente non aver superato la soglia dello sbarramento, non essendovi nella L.R. 2/2005 alcun divieto al riguardo; il contrario orientamento espresso dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (decisione n.13/1997) risulterebbe ormai non più recente e comunque non parametrato sulla legge elettorale pugliese; diversamente opinando, si finirebbe, per giunta in via puramente ermeneutica, per alterare il risultato proporzionale delle liste che accedono ai seggi, con indebito tradimento dello stesso sistema proporzionale.
Con ordinanza n. 198 del 7 luglio 2010, questa Sezione ha disposto la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità  dell’art.10 della legge regionale pugliese 28 gennaio 2005 n. 2, in relazione all’art. 123 della Costituzione, per contrasto con l’art. 24, primo comma dello Statuto della Regione Puglia. Infatti, il rinvio operato dalla legge regionale 2/2005 – nonostante la discutibile tecnica di redazione – al cosiddetto “Tatarellum” comprensivo del premio di governabilità , conduce ad un risultato incompatibile con l’art. 24 primo comma dello Statuto, che fissa in 70 il numero dei consiglieri.
3. Con sentenza 15 giugno 2011 n. 188, pubblicata nella G.U. del 22 giugno 2011, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità  costituzionale dell’art. 10 comma 1 lettera j) della legge regionale Puglia 28 gennaio 2005 n.2, per contrasto con l’art. 123 Cost., statuendo in sintesi:
– che la determinazione del numero dei consiglieri regionali è di competenza esclusiva dello Statuto, nell’ambito di una relazione di competenza, oltre che di gerarchia, con la legge regionale in tema di sistema elettorale, rappresentando la composizione dell’organo legislativo regionale una fondamentale scelta politica sottesa alla determinazione della forma di governo della Regione;
– che la Regione che intenda introdurre nel proprio sistema elettorale il meccanismo del doppio premio deve prevedere espressamente in sede statutaria la possibilità  di aumentare il numero dei consiglieri.
Ne consegue, per la Consulta, il contrasto tra lo Statuto e l’art. 10 comma 1 lettera j) della legge regionale Puglia 2/2005 nella parte in cui consente un aumento del numero dei seggi consiliari (70) indicati nello Statuto, con conseguente violazione dell’art. 123 Cost.
A seguito della declaratoria di incostituzionalità , il 20 settembre 2011 il ricorrente ha depositato istanza di fissazione d’udienza per la prosecuzione del giudizio.
La difesa dell’interveniente Movimento Difesa del Cittadino, con memoria depositata il 14 maggio, ha eccepito la perenzione del giudizio, per tardività  del deposito della suesposta istanza, il cui termine codificato dall’art. 80 comma 1 cod. proc. amm. (90 giorni dalla “comunicazione che fa venir meno la causa della sospensione”) dovrebbe ritenersi dimidiato per effetto dell’art 130 comma 10 cod. proc. amm. in materia di rito elettorale.
Nel merito, l’Amministrazione statale, il Movimento Difesa del Cittadino ed i consiglieri eletti nelle liste della minoranza consiliare parimenti intervenuti ad opponendum, hanno tutti chiesto il rigetto del gravame, poichè alla luce della sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità  non vi sarebbe più alcuno spazio per pretendere l’attribuzione di ulteriori seggi rispetto ai settanta previsti dallo Statuto.
Con memorie depositate il 14 e 18 maggio 2012, la difesa del ricorrente ha insistito per l’accoglimento del gravame anche a seguito della sentenza n. 188/2011 dichiarativa dell’incostituzionalità  del solo art. 10 comma 1 lett. j) della L.R. 2/2005.
Infatti, dopo la sentenza 188/2011 sarebbe a suo dire dovuta la correzione del risultato elettorale nel limite del numero massimo di 70 consiglieri statutariamente previsto, assegnando alla lista regionale collegata a quella del Presidente eletto la quota aggiuntiva sino a raggiungere la quota del 60 %.; siffatta applicazione del premio di governabilità  non contrasterebbe con ildictum della Consulta, e consentirebbe anzi di adeguare a Costituzione la disciplina regionale residua nel rispetto del principio fondamentale della legge – quadro 165/2004 in punto di governabilità .
Insiste anche per l’accoglimento dei motivi integrativi, evidenziando come la tesi prospettata sia l’unica in grado di rispettare il sistema proporzionale.
Il Movimento Difesa del Cittadino interveniente ad opponendum, ha dichiarato di non opporsi all’accoglimento della domanda di cui ai motivi integrativi, poichè l’interpretazione delle norme fornita dall’Ufficio elettorale nega la validità  di voti da ritenersi invece pienamente validi anche ai fini del computo del quoziente circoscrizionale.
Le parti hanno svolto difese in vista dell’udienza pubblica del 30 maggio 2012, nella quale la causa è passata in decisione.
4. Preliminarmente, deve essere respinta l’eccezione di tardività  del deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza.
Ai sensi dell’art. 80 cod. proc. amm. “In caso di sospensione del giudizio, per la sua prosecuzione deve essere presentata istanza di fissazione di udienza entro novanta giorni dalla comunicazione dell’atto che fa venir meno la causa della sospensione”
La norma ha inteso aderire al prevalente seppur non pacifico orientamento invalso precedentemente all’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo (ex multis Consiglio di Stato sez.IV 14 aprile 1998, n. 610; id. sez. VI 25 ottobre 1996, n. 1397) secondo cui ai sensi degli artt. 297, 303, 367 c.p.c. e 24 L. 1034/1971, la riassunzione del processo a seguito di pronuncia della Corte Costituzionale avviene senza necessità  di apposito atto notificato di riassunzione, essendo sufficiente istanza di fissazione di udienza, la quale – sempre nel sistema previgente al Codice – doveva essere presentata entro sei mesi dalla conoscenza legale della sentenza della Corte Costituzionale (Consiglio di Stato sez.VI 15 giugno 2009, n. 3829).
Già  in riferimento alla disciplina ante Codice, la giurisprudenza ha peraltro chiarito che il dies a quo per la riassunzione del giudizio, nel senso sopra precisato, va individuato nel giorno della comunicazione alla parte “ad opera della cancelleria del giudice che ha disposto la sospensione, della pronuncia della Corte costituzionale che ha definito la questione di costituzionalità  ad essa rimessa”, senza che assuma invece rilievo, a tal fine, il sistema di pubblicità  legale previsto per le sentenze e le ordinanze della Consulta (Cassazione Sezioni Unite 10 maggio 1996, n.4394; id. sez. I 21 dicembre 1984, n. 6653).
Ciò premesso, la comunicazione di cui al primo comma dell’art. 80 cod. proc. amm. è da intendersi parimenti riferita non già  alla comunicazione da parte della cancelleria della Corte costituzionale – asseritamente effettuata, peraltro senza fornire alcun elemento di prova al riguardo, il 15 giugno 2011 – bensì alla comunicazione disposta da questo Tribunale, con biglietto di cancelleria, il 29 agosto 2011.
Ne consegue la tempestività  del deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza da parte del ricorrente, poichè il termine pur dimidiato a 45 giorni ai sensi del chiaro disposto di cui al comma 10 dell’art. 130 cod. proc. amm., per effetto della sospensione feriale (art. 54 comma 2 cod. proc. amm.) scadeva il 31 ottobre 2011, mentre l’istanza è stata depositata il 20 settembre 2011.
L’eccezione è quindi infondata e va respinta.
4.1. E’ invece fondata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sia dell’Ufficio centrale regionale che del Ministero dell’Interno sollevata dall’Avvocatura dello Stato, sulla scorta del costante orientamento pretorio secondo cui ” nel caso di controversia avente ad oggetto l’esito della elezione degli organi di enti locali e regionali, la parte necessaria da evocare in giudizio è l’Amministrazione interessata alle operazioni elettorali, e non già  l’Amministrazione statale e neppure l’Ufficio elettorale, che è organo straordinario destinato a sciogliersi subito dopo la proclamazione degli eletti e che, al pari del Ministero dell’interno, non è portatore di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei propri atti, in ragione della posizione di neutralità  che assume nella competizione elettorale” (ex multis Consiglio Stato, sez. V, 02 marzo 2009 , n. 1159; T.A.R. Sicilia – Palermo sez. II 5 marzo 2012, n. 494; T.A.R. Lazio – Latina 20 ottobre 2011, n.822; T.A.R. Bari sez I 9 dicembre 2010, n. 4115).
Vanno pertanto estromessi dal giudizio sia l’Ufficio centrale regionale che il Ministero dell’Interno, dovendosi individuare l’unico legittimato passivo al ricorso esclusivamente nella Regione Puglia, quale ente di esclusiva imputazione del risultato elettorale controverso.
5. Quanto al merito il ricorso è infondato e va respinto.
5.1. L’odierno ricorrente chiede l’annullamento degli atti in epigrafe meglio specificati unitamente all’accertamento del diritto ad essere proclamato eletto consigliere regionale della Puglia per la Legislatura 2010/2015, nel presupposto dell’ampliamento di 8 seggi rispetto ai 70 previsti dallo Statuto.
A seguito della pronuncia dichiarativa della incostituzionalità  dell’art. 10 comma 1 lettera j) della legge regionale Puglia 28 gennaio 2005 n.2 (sentenza Corte costituzionale 188/2011) l’introduzione nel sistema elettorale regionale del meccanismo del premio di governabilità  di cui alla legge statale (articolo 15, comma tredicesimo, nn. 6, 7 e 8, della legge 17 febbraio 1968 n. 108, come modificato dall’articolo 3 dalla legge 23 febbraio 1995 n. 43 – introduttivo del meccanismo di rafforzamento della maggioranza, cosiddetto “Tatarellum”) è condizionato dalla necessaria previsione nello Statuto Regionale della possibilità  di aumentare il numero dei consiglieri, così come avvenuto nelle Regioni Calabria e Toscana.
Ne consegue con ogni evidenza, allo stato, l’impossibilità  per l’istante di conseguire il bene della vita oggetto della pretesa azionata in giudizio, con conseguente infondatezza del gravame.
5.2. Del resto, anche la tesi avanzata dal ricorrente per la prima volta con memorie del 14 e 18 maggio 2012, all’esito del giudizio di costituzionalità , in merito alla spettanza della carica di consigliere anche entro il limite del numero di 70 consiglieri fissati dallo Statuto, è del tutto infondata, oltre che inammissibile.
Infatti, anche a voler prescindere che trattasi di questione in parte nuova ed ampliativa del themadecidendum cristallizzato con il ricorso, non dimostra il ricorrente secondo il noto criterio della “prova di resistenza” applicabile nelle controversie elettorali (ex multis Consiglio di Stato 25 maggio 2010, n. 3305) la certezza di rientrare tra i candidati eletti, una volta ammessa l’assegnazione di ulteriori seggi, al fine di assegnare alle liste collegate con il Presidente eletto la quota percentuale del 60 %.
La questione è comunque secondo il Collegio priva di pregio nel merito, circostanza che rende finanche superflua la compiuta trattazione delle questioni di rito.
Con la riforma di cui alla legge costituzionale n.1/1999, diversamente dal sistema precedente in cui spettava esclusivamente alla legge statale disciplinare la materia, le Regioni possono darsi una propria legislazione elettorale, nell’ambito di una competenza di tipo concorrente, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti in concreto dall’art. 4 della legge 165/2004, il quale impone “l’individuazione di un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel consiglio regionale e assicuri la rappresentanza delle minoranze”.
Come peraltro incidentalmente osservato in sede di ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, l’attribuzione del premio di governabilità  secondo il modello delineato dalla legge 108/1968, non rappresenta per il legislatore regionale l’unica opzione possibile in grado di agevolare la formazione di stabili maggioranze, essendo invece senz’altro legittimi modelli differenti.
Orbene, la previsione dell’art. 3 comma 1 della L.R. 2/2005 secondo cui 56 seggi sono eletti con il sistema proporzionale e 13 attribuiti alla coalizione vincente quale premio di maggioranza, è già  di per sè sufficiente a garantire lo scopo della legge-quadro n.165/2011 (Consiglio di Stato 13 gennaio 2011, n. 163) in coerenza con la rinuncia da parte del legislatore costituzionale a riservare alla legislazione statale l’esclusiva disciplina delle elezioni del Consiglio regionale.
Diversamente opinando, infatti, verrebbe pressochè azzerato l’ambito di autonomia costituzionalmente garantito alle Regioni in materia di sistema elettorale dei propri organi di governo.
Ne consegue che non essendo invocabile a seguito del dictum della Corte costituzionale il modello del c.d. Tatarellum, non è applicabile alcun diverso rapporto percentuale (60/40) in tema di ripartizione degli attuali seggi tra le liste, avendo la legge regionale pugliese – non diversamente che in altre Regioni – già  assegnato alla coalizione vincente, quale premio di maggioranza, 13 consiglieri su 70 eleggibili.
Sul punto mette conto infine evidenziare come la stessa legge – quadro n. 165/2004 non si limiti ad indirizzare il legislatore regionale verso lo scopo di agevolare la formazione di esecutivi stabili ma indichi, al contempo, la necessità  di assicurare forme di tutela della rappresentanza delle minoranze (art. 4 lett. a) legge 165/2004).
6. Per i suesposti motivi, pertanto, il ricorso è infondato e va respinto.
7. Resta da esaminare la distinta domanda proposta con motivi integrativi, del tutto distinta e indipendente dalle questioni proposte con il ricorso introduttivo, e pertanto non incisa dalla questione di costituzionalità  decisa con la sentenza 188/2011 della Corte costituzionale.
7.1. Preliminarmente, va affermata in rito l’ammissibilità  dei suddetti motivi integrativi.
Come noto, per giurisprudenza consolidata, nel giudizio elettorale sono inammissibili i motivi aggiunti che non siano svolgimento delle censure tempestivamente proposte ma nuovi motivi di ricorso, anche se derivanti da ulteriori vizi emersi a seguito delle verifiche istruttorie disposte dal giudice in relazione alle originarie censure (ex multis Consiglio Stato  sez. V 20 marzo 2006,n. 1437; T.A.R. Sardegna, sez. II, 1 luglio 2005, n. 1582).
I motivi in esame, invece, siccome depositati successivamente al ricorso (29 maggio 2010) e prima della scadenza del termine decadenziale per la sua proposizione (art. 130 comma 1 lett. a) cod. proc. amm.) non hanno natura di motivi aggiunti, i quali presuppongono l’esistenza e la conoscenza di altri elementi su cui il ricorrente possa fondare le proprie pretese, ben potendo il ricorrente frazionare l’impugnazione in più ricorsi, integrativi e complementari tra loro, purchè venga rispettato il termine perentorio stabilito dal legislatore per adire il giudice (ex multisT.A.R. Pescara 8 luglio 2004, n.696, T.A.R. Valle d’Aosta 1 dicembre 1986, n.110).
Parimenti, è evidente l’interesse del ricorrente all’accoglimento della domanda, poichè dalla diversa determinazione del quoziente elettorale circoscrizionale discenderebbe un diverso risultato finale delle elezioni regionali, con un seggio in più alla lista “Italia dei Valori”in danno della lista “Il Popolo della Libertà ” e conseguente elezione del ricorrente in sostituzione del consigliere Barba, odierno controinteressato, secondo i conteggi depositati in giudizio e non contestati.
7.2. L’impugnativa di cui ai motivi integrativi è dunque ammissibile.
7.3. Nel merito la domanda è infondata e va respinta.
Come correttamente esposto dalla difesa del ricorrente, sulla questione di diritto proposta all’attenzione del Collegio si è già  espressa l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (10 luglio 1997, n. 13) secondo cui il criterio introdotto, per le elezioni politiche nazionali, dalla L. 4 agosto 1993 n. 277, secondo il quale, modificando l’art. 83, D.P.R. 30 marzo 1957 n. 361, per le elezioni per la Camera dei deputati, ai fini dell’attribuzione con il sistema proporzionale dei seggi alle liste che abbiano conseguito almeno il 4 per cento dei voti validi sul piano nazionale, il quoziente elettorale nazionale si ottiene utilizzando come dividendo il totale dei voti validi ottenuti dalle sole liste ammesse al riparto, deve essere considerato criterio applicabile anche in sede di elezioni regionali; pertanto, il calcolo dei voti residui in sede di collegio unico regionale deve farsi solo dopo l’accertato superamento del limite del 3 per cento su base regionale e con riferimento alle sole liste ammesse alla ripartizione dei seggi.
Secondo la Plenaria, ancora, l’art. 7 L. 23 febbraio 1995 n. 43 con l’istituzione dello sbarramento del 3% per le liste minori, ha tolto ogni possibilità  che le stesse siano assegnatarie di seggi, sia nella sede circoscrizionale sia nel collegio unico regionale; “pertanto, i voti riportati dalle liste che non hanno superato lo sbarramento del 3% non vanno computati ai fini della determinazione del quoziente elettorale regionale per l’assegnazione, in sede di collegio unico regionale, dei voti residui non assegnati in sede circoscrizionale”.
Trattasi di orientamento che diversamente da quanto prospettato dal ricorrente non risulta “vecchissimo” bensì tutt’ora recepito, anche di recente, dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Consiglio Stato  sez. V 3 aprile 2007, n.1512; id. sez V 7 novembre 2006 n. 6539; id. sez. V 31 maggio 2011, n. 3523) evidenziando come con l’istituzione delle liste minori il legislatore abbia inteso “togliere ogni possibilità  che le suddette liste siano assegnatarie di seggi sia nelle sede circoscrizionale che nel collegio unico regionale e che esse non vadano computate ai fini della determinazione del quoziente elettorale, essendo questo finalizzato all’assegnazione dei seggi, dalla quale le suddette liste sono escluse” (Consiglio di Stato  sez. V 31 maggio 2011,n. 3523).
Non ritiene il Collegio di doversi discostare da tale orientamento. Infatti, punto dirimente è costituito dal dettare la legge regionale pugliese disposizioni di contenuto identico a quelle della disciplina statale recepita, di fatto incorporandola e facendone propri i contenuti. Mancano d’altronde nella legge pugliese riferimenti idonei a determinare una diversa voluntas legis, nel puntuale richiamo all’art. 7 della legge 43/1995.
Ne consegue che essendo il sistema normativo regionale sotto questo profilo del tutto analogo, se non speculare, a quello statale, l’orientamento giurisprudenziale suesposto conserva tutta la sua attualità  e coerenza.
Manifestamente infondata è la stessa eccepita questione di costituzionalità  per contrasto con gli artt. 3, 48, 51 e 122 Cost.
L’eventuale computo dei voti attribuiti alle liste rimaste al di sotto della soglia di sbarramento implicherebbe una sorta di riutilizzazione dei voti stessi che verrebbe ad incidere in maniera indiretta ed involontaria nella ripartizione degli altri seggi rimasti in lizza, diversi rispetto a quelli ai quali i voti erano destinati, con conseguente violazione del principio di corrispondenza tra la rappresentanza elettiva e la volontà  espressa dagli elettori, in conformità  ai principi rivenienti proprio dagli artt. 3, 48 e 51 Cost. (ex multis Consiglio di Stato sez. V 31 maggio 2011, n. 3523).
7.4. Per le suesposte ragioni anche i motivi integrativi vanno respinti.
7.5. Conclusivamente sia il ricorso che i motivi aggiunti vanno quindi respinti.
Sussistono giusti motivi ai sensi del combinato disposto di cui agli art. 26 cod. proc. amm. e 92 c.p.c. per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite, attesa la complessità  delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui motivi aggiunti, li respinge.
Spese compensate.
Manda alla Segreteria per le comunicazioni di rito
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Savio Picone, Primo Referendario
Paolo Amovilli, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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