1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Avverso diniego di autotutela – Inammissibilità  – Ragioni 


2. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio –   Avverso diniego di autotutela – Atto meramente confermativo – Conseguenze

1. E’ inammissibile l’azione di impugnazione del diniego di annullamento in autotutela delle delibere recanti il piano di riordino ospedaliero (nella specie, soppressione di taluni reparti dell’ospedale di Nardò e la sua aggregazione ad altro ospedale della provincia), in quanto il potere di autotutela amministrativa mediante annullamento è un potere di merito, che si esercita previa valutazione delle ragioni di pubblico interesse, riservato alla p.A. è incoercibile da parte del giudice amministrativo.


2. Il diniego di autotutela è un atto meramente confermativo dell’originario provvedimento, atteso che l’Amministrazione non compie una nuova valutazione degli interessi in gioco, e che pertanto non può essere un mezzo per una sostanziale rimessione in termini quanto alla contestazione dell’originario provvedimento.

N. 01075/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00478/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 478 del 2012, proposto da: 
Comitato di Salute Civica Spes Civium – Nardò, rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Gaballo, con domicilio eletto presso Francesco Paolo Perchinunno in Bari, via Dante, n.145; 

contro
Azienda Sanitaria Locale Lecce, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero della Salute, Comune di Copertino, Comune di Galatina, Comune di Nardo’, Comune di Gallipoli, tutti non costituitisi in giudizio; 
Regione Puglia, rappresentata e difesa dagli avv. Adriana Shiroka e Mariangela Rosato, con domicilio eletto presso Adriana Shiroka in Bari, c/o Avv.ra Reg. Puglia- N. Sauro n.33; 

per l’annullamento
– del provvedimento prot. n. 8598 del 18.1.2012, ricevuto il 24.1.2012, con cui il Direttore Generale pro tempore dell’ASL Lecce, dott. Valdo Mellone, ha rifiutato di procedere in autotutela all’annullamento, richiesto dal Comitato ricorrente, degli atti amministrativi con cui si è disposta la soppressione dei reparti di Geriatria, Chirurgia Generale ed Ortopedia dell’Ospedale di Nardò (LE), la riduzione dei posti letto da n. 103 a n. 58 e l’aggregazione del predetto Ospedale a quello di Copertino (LE) e, specificatamente, della deliberazione della Giunta della Regione Puglia n. 2791 del 15.12.2010, contenente il Regolamento di riordino della rete ospedaliera della Regione per l’anno 2010 n. 18 del 16.12.2010, poi rettificato con R.R. n. 19 del 22.12.2010, della deliberazione della G.R. n. 2624 del 30.11.2010, avente ad oggetto “Accordo tra il Ministero della Salute, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Regione Puglia per l’approvazione del Piano di rientro di riqualificazione e di riorganizzazione e di individuazione degli interventi per il perseguimento dell’equilibrio economico ai sensi dell’art. 1, comma 180 della L. n. 311 del 30.12.2004 – approvazione”, della delibera del Commissario Straordinario dell’ASL LE n. 23 del 14.3.2011; della delibera del Commissario Straordinario dell’ASL LE n. 1358 del 1.7.2011;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
nonchè per la declaratoria di illegittimità 
del silenzio serbato dalla Regione Puglia sull’istanza del 5.1.2012, con la quale il Comitato ricorrente ha chiesto di provvedere all’annullamento, in autotutela, dei suddetti atti amministrativi;
con condanna dell’Amministrazione intimata a provvedere sulla istanza del 5.1.2012, così come richiesto ai sensi dell’art. 2 della L. n. 241/90 e degli artt. 31 e 117 del D.Lgs. n. 104/2010.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2012 il dott. Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori avv. P. Gaballo e M. Rosato;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:
 

Il Comitato ricorrente ha adito questo Tar per ottenere, in primo luogo, l’annullamento della nota del Direttore dell’ASL Lecce, del 18.1.2012, indicata in epigrafe con cui l’ASL ha confermato la precedente nota del 16.9.2011, confermando, altresì, di non avere intenzione alcuna di procedere in autotutela all’annullamento delle proprie precedenti determinazioni, preannunciando, inoltre, di non avere intenzione di riscontrare ulteriori “defaticanti” atti di diffida o istanza.
Il Comitato ricorrente, infatti, con reiterate richieste ha reclamato la necessità  di annullamento in autotutela di varie delibere (anche regionali) tutte inerenti il piano di riordino ospedaliero, comportanti la soppressione di alcuni reparti dell’ospedale di Nardò e la sua aggregazione ad altro della provincia.
Il rimedio impugnatorio esperito è inammissibile.
Il diniego opposto dall’ASL è da qualificarsi come rifiuto espresso di autotutela.
Il potere di autotutela amministrativa mediante annullamento è un potere di merito dell’amministrazione, incoercibile da parte del giudice amministrativo.
L’art. 21-nonies l. n. 241 del 1990 ha disciplinato i presupposti e le forme dell’annullamento d’ufficio, ma non ha modificato la natura del potere, e non lo ha trasformato da discrezionale in obbligatorio, nè ha previsto un interesse legittimo dei privati all’autotutela amministrativa.
Il potere di autotutela resta un potere di merito, che si esercita previa valutazione delle ragioni di pubblico interesse, valutazione riservata alla p.a. e insindacabile da parte del giudice.
Si deve anzitutto osservare che, di regola, il diniego di autotutela è privo di autonoma portata lesiva, e pertanto difetta, in relazione ad esso, un interesse concreto e attuale a contestarlo.
Infatti, la lesione discende già  dal provvedimento originario, in relazione al quale viene invocata l’autotutela, ed è tale atto che deve (avrebbe dovuto) essere tempestivamente impugnato.
Ordinariamente, il diniego espresso di autotutela è un atto meramente confermativo dell’originario provvedimento, che non compie una nuova valutazione degli interessi in gioco, e che pertanto non può essere un mezzo per una sostanziale rimessione in termini quanto alla contestazione dell’originario provvedimento.
In secondo luogo il diniego di autotutela si fonda su ragioni di merito amministrativo, che esulano dalla giurisdizione di qualsivoglia giudice.
Il giudice non può valutare se il diniego di autotutela è stato bene o male esercitato, perchè se ciò facesse la conseguenza sarebbe un ordine, rivolto all’amministrazione, di riesercizio del potere di autotutela secondo parametri fissati dal giudice, ma è evidente che questo sarebbe uno sconfinamento in un potere di merito riservato esclusivamente all’amministrazione e incoercibile; il diniego espresso di autotutela non è impugnabile per l’assorbente ragione che si tratta di atto espressione di un potere di merito, su cui il giudice amministrativo non ha giurisdizione.
Solo nel caso – che nella specie non ricorre – in cui l’amministrazione, sollecitata ad esercitare l’autotutela – riesamini l’originario provvedimento e a seguito di appropriato procedimento amministrativo confermi – con una nuova valutazione degli interessi in gioco e con una motivazione nuova – l’originario provvedimento, si ha un atto di conferma in senso proprio, autonomamente lesivo e pertanto impugnabile.
Sul piano sistematico tali conclusioni sono coerenti con i consolidati principi forgiati dalla giurisprudenza in relazione all’individuazione dei presupposti per la proposizione dell’azione di accertamento dell’illegittimità  del silenzio – inadempimento (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2010, n. 1469; sez. IV, 16 settembre 2008 n. 4362; sez. IV, 9 agosto 2005, n. 4227; sez. VI, 4 febbraio 2002, n. 4453; sez. VI, 1 aprile 1992, n. 201, cui si rinvia a mente dell’art. 88, co. 2, lett. d), c.p.a.), in forza dei quali:
a) i provvedimenti di autotutela sono manifestazione dell’esercizio di un potere tipicamente discrezionale dell’amministrazione che non ha alcun obbligo di attivarlo e, qualora intenda farlo, deve valutare la sussistenza o meno di un interesse che giustifichi la rimozione dell’atto, valutazione della quale essa sola è titolare e che non può ritenersi dovuta nel caso di una situazione già  definita con provvedimento inoppugnabile; pertanto, una volta che il privato, o per aver esaurito i mezzi di impugnazione che l’ordinamento gli garantisce, o per aver lasciato trascorrere senza attivarsi il termine previsto a pena di decadenza, si trovi di fronte ad un provvedimento inoppugnabile a fronte del quale può solo sollecitare l’esercizio del potere da parte dell’amministrazione, quest’ultima, a fronte della domanda di riesame non ha alcun obbligo di rispondere;
b) è esclusa la possibilità  di fare ricorso alla procedura del silenzio rifiuto allo scopo di provocare il ricorso dell’amministrazione all’autotutela; tale divieto trova il proprio fondamento nell’esigenza di evitare il superamento della regola della necessaria impugnazione dell’atto amministrativo nel termine di decadenza; siffatto escamotage presuppone in definitiva una sequenza procedimentale in cui sussista un provvedimento non impugnato, e l’intrapresa della procedura del silenzio rifiuto allo scopo di provocare l’adozione di un secondo provvedimento, volto a mettere nel nulla quello non tempestivamente impugnato;
c) la richiesta dei privati, rivolta all’amministrazione, di esercizio dell’autotutela, è una mera denuncia, con funzione sollecitatoria, ma non fa sorgere in capo all’amministrazione alcun obbligo di provvedere (esattamente in termini v. CdS, sez. V, n. 2549/2012 e sez. IV n. 2661/2006).
Da qui l’inammissibilità  anche della seconda azione, esercitata con il ricorso, contro il silenzio della Regione Puglia serbato sull’istanza del 5.1.2012 di provvedere in autotutela.
Il ricorso va, dunque dichiarato inammissibile nella sua interezza.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna il Comitato di Salute Civica Spes Civium – Nardò al pagamento, in favore della Regione Puglia, delle spese processuali che liquida in Euro 1500,00 omnicomprensivi per diritti, onorari e spese.
Nulla per le spese nei confronti delle parti non costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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