1. Processo amministrativo – Giurisdizione esclusiva – Domanda di esecuzione specifica e risarcitoria  –  Piano di lottizzazione – Convenzione  –  Fallimento del lottizzante  –  Principio di concentrazione delle azioni davanti al giudice fallimentare – Deroga – Ragioni


2. Edilizia e urbanistica – Piano di lottizzazione – Convenzione di lottizzazione –  Obbligo di realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria – Sussiste – Edificazione non completata – Non rileva

1. E’ infondata l’eccezione d’improcedibilità  promossa dalla curatela fallimentare avverso la domanda proposta dal Comune di esecuzione specifica della convenzione di lottizzazione ex art. 2932 c.c. e di risarcimento del danno ingiusto. Il principio di concentrazione delle azioni di accertamento in seno alle procedure concorsuali voluto dalla “legge fallimentare” comporta, infatti, solo una deroga alla competenza del giudice naturale e non anche alle norme sul riparto di giurisdizione; diversamente, nel caso di specie, l’eventuale dichiarazione d’improcedibilità  della domanda proposta dinanzi al giudice amministrativo, investito sulla stessa di giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. f) c.p.a., impedirebbe al ricorrente di far valere la sua pretesa in altra sede, in quanto gli altri ordini giurisdizionali sarebbero carenti di giurisdizione sulla domanda, con conseguente violazione del principio di tutelabilità  giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi sancito dagli artt. 24 e 113 Cost..


2. A norma dell’art. 28 della legge n. 1150/1942, come modificato dall’art. 8, legge n. 765/1967, l’obbligo di realizzare le opere di urbanizzazione primaria sorge nel momento in cui viene rilasciato il titolo edilizio (nel tempo, autorizzazione, concessione, permesso) e dev’essere adempiuto entro il termine di scadenza della lottizzazione; nella specie, è stato accertato l’inadempimento al suddetto obbligo, nonostante non fosse mai stata completata l’edificazione, atteso che il privato ha comunque ottenuto i benefici attesi dalla lottizzazione (i titoli edilizi) e di fatto iniziato l’edificazione (per poi lasciarla, per sua scelta, incompleta), mentre l’Amministrazione municipale non solo non ha realizzato  l’obiettivo di un ordinato e funzionale uso del territorio, ma è stata costretta a subire una trasformazione dello stesso che, seppure incompleta, ne compromette comunque l’utilizzo, con inutile consumo di suolo.

N. 00617/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01928/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1928 del 2006, proposto dal Comune di Casamassima, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso, in virtù di deliberazione di Giunta n. 58 del 28.3.2006 e giusta procura a margine del ricorso, dall’avv. Vito Aurelio Pappalepore e presso il suo studio elettivamente domiciliato in Bari alla via Pizzoli 8; 

contro
Curatela del Fallimento I.RE.SE. S.r.l. (già  Barialto S.r.l.), in persona dei curatori, dott. Arcangelo Giuseppe Balducci, prof. avv. Gianvito Giannelli e avv. Antonio La Battaglia, rappresentata e difesa dall’avv. Fulvio Mastroviti (giusta autorizzazione del Giudice delegato, dott. Anna Simone), con domicilio eletto in Bari, via Quintino Sella, 40; 

per l’annullamento
ai sensi dell’art. 2932 c.c. degli obblighi convenzionali assunti mercè convenzione in variante al piano di lottizzazione “Barialto” in data 3.8.1984 rep. n. 3201, scaduta il 2.8.2004.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Barialto e della Curatela del Fallimento I.RE.SE. S.r.l. (già  Barialto S.r.l.);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2012 il cons. Giuseppina Adamo e uditi per le parti i difensori, avv.ti Vito Aurelio Pappalepore e Fulvio Mastroviti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
A. Con ricorso notificato il 24 novembre 2006 e depositato il successivo 7 dicembre 2006, il Comune di Casamassima, premesso di aver stipulato in data 3 agosto 1994 con la società  Barialto una convenzione di lottizzazione volta alla disciplina delle aree facenti parte della zona omogenea di espansione “nucleo satellite”, indicata nel vigente P.R.G. del Comune di Casamassima con la sigla CE.E, tipizzata C5, per una superficie di 963.990 metri quadrati, adì questo Tribunale chiedendo l’accertamento del diritto ad ottenere, ex art. 2932 del codice civile, l’esatto adempimento della convenzione sopra menzionata, con la quale la società  resistente e i suoi aventi causa si erano impegnati alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e alla cessione gratuita delle relative aree, entro e non oltre dieci anni dalla stipula; con trascrizione del provvedimento costitutivo ex art. 2931 c.c. e condanna di parte lottizzante e i suoi aventi causa a risarcire il danno ingiusto.
In particolare, l’Amministrazione ricorrente deduceva la violazione, in tutto o in parte, degli articoli 2, 3, 4, 6, 7, e 9 della convenzione del 3 agosto 1994, in particolare lamentando il mancato adempimento dei seguenti obblighi assunti con la convenzione:
a) art. 3: mancata cessione delle opere di urbanizzazione primaria già  realizzate;
b) art. 4: mancata esecuzione dell’edificio scolastico; mancato pagamento di € 367.337,63 per monetizzazione di urbanizzazioni secondarie;
c) art. 6: mancata cessione di aree per una superficie di mq. 190.812 interessate dalle opere di urbanizzazione primaria;
d) art. 7: mancata realizzazione di opere di urbanizzazione primaria per un importo di € 4.930.720,90; mancato assolvimento degli oneri di manutenzione per complessivi € 65.000;
e) art. 9: mancata cessione delle aree per opere di urbanizzazione secondaria, per una superficie totale di mq. 112.206.
La costituita società  resistente deduceva che, in base all’espressa previsione di cui all’art. 5 della convenzione, aveva assunto l’obbligo di realizzare le urbanizzazioni primarie e secondarie a scomputo degli oneri di urbanizzazione dovuti “contestualmente allo sviluppo del programma edificatorio”, in tal modo impegnandosi alla graduale urbanizzazione del territorio di pari passo con il rilascio delle singole concessioni edilizie e con la concreta trasformazione del territorio.
In particolare, tutte le aree che sono state effettivamente ed integralmente edificate dalla società  Barialto in esecuzione della convenzione del 1994 (lotti nn. 111-117, 123, 124, e 129) risultavano completamente assistite dalle occorrenti opere di urbanizzazione primaria; le aree solo parzialmente edificate (lotti nn. 119, 120, 121, e 125) erano state urbanizzate contestualmente allo sviluppo del relativo programma edificatorio ed in misura più che proporzionale rispetto alla concreta attuazione (solo parziale) di detto programma; le aree comprese nei lotti esterni del comprensorio (lotti nn. 105, 106, 107, 108, 109, 110, 123, 124 e zona S1) non sono state edificate e pertanto non sono state realizzate opere di urbanizzazione.
Pertanto è ingiustificata la domanda risarcitoria di € 4.930.720,90.
Peraltro la resistente si dichiarava disponibile alla cessione delle aree a standard e allegava la copia dei frazionamenti effettuati ed approvati dall’Agenzia del Territorio, unitamente all’identificativo catastale delle particelle interessate dalla cessione.
Per quanto riguarda l’obbligo di realizzare l’edificio scolastico, la società  evidenziava di aver offerto (senza esito da parte del Comune) un fabbricato già  edificato, ai fini di una novazione oggettiva dell’obbligazione e di aver proposto, come adempimento sostitutivo, l’esecuzione di un progetto di sistemazione viaria per rendere più sicuro l’ingresso della S.S. 100 nell’abitato di Casamassima; è perciò ingiustificata la richiesta di pagamento di € 367.337,63.
La mancata cessione delle aree a causa dell’inerzia dell’Ente renderebbe infondata, secondo la tesi della società , anche la domanda di pagamento delle opere di manutenzione necessarie per la pulizia ed il ripristino delle aree interessate dalle opere di urbanizzazione primaria.
Alla stregua di tali premesse il Tribunale con sentenza 18 gennaio 2008 n. 48 si pronunciava come di seguito riportato, accogliendo in parte la domanda attorea:
“4) ¦ il Collegio rileva che per quanto riguarda le opere di urbanizzazione primaria, nulla quaestio per le aree completamente edificate (lotti nn. 111-117, 123, 124, e 129), perchè lo stesso Comune ha ammesso che le opere sono state realizzate.
Per le aree non edificate (lotti nn. 105, 106, 107, 108, 109, 110, 123, 124 e zona S1) la domanda deve essere respinta, perchè in base all’art. 5 della Convenzione le opere di urbanizzazione primaria dovevano essere realizzate contestualmente allo sviluppo del programma edificatorio.
Per la aree parzialmente edificate (lotti nn. 119, 120, 121, e 125) il Collegio ritiene necessario disporre una consulenza tecnica tesa a verificare che le opere di urbanizzazione primaria, che la resistente afferma essere state realizzate, siano effettivamente complete ed idonee a soddisfare le esigenze dei residenti.
5) Infondata è anche la domanda di trasferimento ex art. 2932 c.c. delle aree per opere di urbanizzazione primaria, preso atto che la società  resistente con nota del 25.6.2007 si è dichiarata disponibile alla predisposizione dell’atto di trasferimento.
6) Meritevole di accoglimento, invece, è la domanda di adempimento degli obblighi di realizzazione dell’edificio scolastico e del pagamento dell’importo di € 367.337,63 per monetizzazione di urbanizzazioni secondarie, considerato che la società  resistente ha ammesso di non avere realizzato nè l’edifico scolastico nè le urbanizzazioni secondarie alle quali l’importo in denaro si riferisce.
Le trattative menzionate dalla ricorrente, in ordine alla possibile cessione di un diverso edificio da adibire a residenza scolastica e all’adempimento sostitutivo delle urbanizzazioni secondarie, consistente nella realizzazione di un progetto di sistemazione viaria per rendere più sicuro l’ingresso dalla S.S. 100 nell’abitato di Casamassima, non fanno venire meno, in mancanza di un espresso accordo con il Comune, l’obbligo di adempiere le originarie obbligazioni.
7) Deve essere accolta anche la domanda di pagamento di € 65.000 per mancato assolvimento degli oneri di manutenzione necessari per la pulizia ed il ripristino delle aree interessate dalle opere di urbanizzazione primaria, in quanto, fino all’effettivo trasferimento delle aree, tali obblighi gravano sul proprietario”.
Il nominato consulente, Prof. ing. Dino Borri, Direttore del Dipartimento di Urbanistica del Politecnico di Bari, ha prodotto la propria relazione peritale in data 16 marzo 2010.
Nelle more, essendo stata la società  Barialto dichiarata fallita (con sentenza del Tribunale di Bari, IV Sezione, 21 luglio 2010 n. 83), si è costituita la curatela, che, insistendo nelle difese, ha altresì eccepito l’improcedibilità  del ricorso, stante la sopravvenuta necessità  di concentrare i giudizi dinanzi al Giudice del fallimento.
Sul capo relativo alle opere di urbanizzazione nelle zone parzialmente edificate dunque doveva ancora pronunciarsi questo Tribunale, per cui, sulle eccezioni e conclusioni delle parti, la causa è stata riservata per la decisione all’udienza del 26 gennaio 2012.
B.1. Innanzi tutto dev’essere rigettato il rilievo formulato dalla curatela fallimentare. Essa sostiene che il ricorso sarebbe divenuto improcedibile in quanto la società  è stata dichiarata fallita e perciò soggetta alla disciplina prevista dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (d’ora in poi “legge fallimentare”).
In particolare, l’articolo 51 stabilisce che dal giorno della dichiarazione di fallimento nessun’azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento, mentre il successivo art. 52, comma secondo, dispone che ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione, dev’essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V del R.D. n. 267/42 (ossia dagli artt. 92 e ss.), salvo diverse disposizioni della legge.
Sulla base di tale normativa, la giurisprudenza della Corte di Cassazione si è generalmente orientata nel senso di ritenere applicabile la disposizione di cui all’art. 51 alle procedure esecutive “in senso stretto” (ed anche alle azioni non propriamente esecutive, ma propedeutiche, come la revocatoria ordinaria – Cass., sez. III, sent. n. 1292 del 1981 – o le azioni cautelari – Cass., sez. I, sent. n. 3518 del 1983), mentre la sospensione dei giudizi ordinari di cognizione (una volta intervenuto il fallimento o la liquidazione coatta amministrativa) viene fatta discendere dal più generale principio della concentrazione dei giudizi in seno alle procedure concorsuali, a tutela della par condicio creditorum, che costituisce il principio cardine delle procedure disciplinate dalla legge fallimentare.
Questa esigenza di concentrazione dei giudizi viene perseguita, dal punto di vista processuale, con una deroga alle ordinarie regole sulla competenza, ossia attraverso la sostituzione, per tutte le controversie proposte contro il fallimento, del giudice fallimentare (cioè il tribunale del luogo in cui si trova la sede principale dell’impresa – articolo 9 della legge fallimentare) al giudice naturale, secondo la regola generale posta dall’articolo 24 della legge fallimentare. Tuttavia, bisogna tenere conto della circostanza che il disposto di cui all’articolo 95, comma terzo, della legge fallimentare, nella sua originaria formulazione, nel disciplinare le modalità  di formazione dello stato passivo, già  disponeva: “¦Se il credito risulta da sentenza non passata in giudicato, è necessaria l’impugnazione se non si vuole ammettere il credito¦”.
La giurisprudenza civile aveva interpretato tale norma nel senso che, proposta l’impugnazione della sentenza, il relativo giudizio prosegue nelle forme ordinarie (così, per tutte, Cass., sez. I, sent. n. 8495 del 1998; Sez. Lav., sentt. n. 3522 e n. 3528 del 1998; sent. n. 9462 del 1991; sez. II, sent. n. 6167 del 1993; Sez. Lav., sent. n. 8616 del 1992 e sent. n. 12606 del 1991), il che significa che, in questo caso, viene meno quell’esigenza di concentrazione che anima, in generale, le procedure concorsuali.
Tali premesse già  conducevano in passato ad ammettere il ricorso, in quanto il divieto di proposizione (o di prosecuzione) di azioni di accertamento o di condanna nei confronti dell’imprenditore dichiarato fallito vale solo nell’ambito della giurisdizione ordinaria, proprio perchè il sistema delineato dalla legge fallimentare prevede, come detto in precedenza, solo una deroga alla competenza del giudice naturale e non anche una deroga alle regole sul riparto di giurisdizione (assunto confermato anche dal citato articolo 24 della legge fallimentare) (per un’ipotesi analoga, tra le tante, T.A.R. Puglia, Lecce, seconda Sezione, 28 maggio 2004 n. 3300).
La conclusione è confermata dallo specifico riferimento a pronunce emesse da un diverso giudice, contenuto nell’attuale formulazione dell’articolo 96, secondo comma (come sostituito dal decreto legislativo 9 gennaio 2006 n. 5 e dal decreto legislativo 12 settembre 2007 n. 169), per la quale “sono ammessi al passivo con riserva:..
3) i crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in giudicato, pronunziata prima della dichiarazione di fallimento. Il curatore può proporre o proseguire il giudizio di impugnazione”.
D’altronde, l’eventuale dichiarazione d’improcedibilità  dell’azione proposta di fronte al giudice amministrativo impedirebbe al ricorrente di far valere la sua pretesa in una diversa sede giurisdizionale, in quanto gli altri ordini giurisdizionali sarebbero carenti di giurisdizione sulla domanda, in virtù (oggi) dell’articolo 133, primo comma, lett. f) (per il quale sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a prescindere dalla natura pubblica o privata dell’istante, “le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio, e ferme restando le giurisdizioni ¦ del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità  in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”), e precedentemente dell’articolo 16 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 e dell’articolo 34 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, anche dopo le modifiche introdotte dall’articolo 7 della legge 21 luglio 2000, n. 207 (T.A.R. Campania, Sez. VIII, 19 maggio 2011 n. 2781; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 12 maggio 2011 n. 1159).
Una diversa conclusione dunque integrerebbe una violazione del principio della tutelabilità  giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, espresso dagli articoli 24 e 113 Cost.
Dato per assodato il principio, occorre però valutare quali siano gli effetti di una sentenza pronunciata da un giudice speciale (nel caso di specie, quello amministrativo) nei riguardi della procedura fallimentare, al fine di verificare se la ricorrente vittoriosa è in grado di ricavare un’utilità  sostanziale da una pronuncia siffatta, atteso che al giudice amministrativo non è attribuito il potere di ammettere provvisoriamente al passivo i crediti di cui ha accertato l’esistenza.
Al riguardo, tuttavia, è applicabile il principio di diritto desunto dall’art. 96 della legge fallimentare (norma che, nella versione vigente, prevede l’iscrizione con riserva dei crediti condizionati) ed affermato a più riprese dalla Cassazione, a norma del precedente articolo 95, secondo comma, sia a proposito dei crediti tributari (e cioè che: “¦I crediti relativi a tributi, per i quali sono insorte contestazioni pendenti innanzi alle commissioni tributarie, debbono essere ammessi al passivo delle procedure fallimentari con riserva da sciogliersi dopo la decisione della controversia tributaria, senza la necessaria sospensione del giudizio innanzi al tribunale fallimentare¦.” – così, ex multis, Cass., sez. I, sent. n. 7484 del 1994; conformi, sent. n. 7579 del 1996; sent. n. 6032 del 1998; sent. n. 14579 del 2010), sia per quelli relativi a convenzioni di lottizzazione (Cass. sez. I, sent. n. 789 del 1999, in cui si afferma che: “…In tema di fallimento, nella ipotesi in cui venga chiesta l’ammissione al passivo di un credito contestato nella sua esistenza, liquidità  ed esigibilità , e le relative questioni siano devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (come nel caso di diritti ed obblighi derivanti da convenzioni di lottizzazione edilizia tra comune e privati), gli organi fallimentari sono tenuti a considerare il credito come condizionale, ai fini di ammissione con riserva, da sciogliersi all’esito della definizione del giudizio amministrativo, e ciò anche nel caso in cui, della questione di giurisdizione, vengano “medio tempore” investite le sezioni unite della Corte di cassazione…”).
Pertanto, nel caso di specie, laddove il credito azionato dal ricorrente fosse accertato dal TAR, l’effettività  della sentenza sarebbe garantita dall’ammissione con riserva del credito stesso al passivo del fallimento.
Si è detto che il principio di concentrazione delle azioni di accertamento in seno alle procedure concorsuali non comporta una deroga alle norme sul riparto di giurisdizione; queste ultime, infatti, sono espressione delle scelte politiche del Legislatore in ordine alle peculiarità  dei vari giudizi (come desumibile dalla VI disposizione finale della Costituzione), peculiarità  che escludono l’affidamento del giudizio ad un ordine diverso e comportano quindi la prevalenza della regola attinente al riparto della giurisdizione sull’esigenza di concentrazione delle azioni di accertamento in seno alle procedure concorsuali (esigenza che subisce ovviamente una deroga anche nell’ipotesi dello svolgimento del giudizio di appello nel corso della procedura).
Nessuna deroga pure è individuabile nell’art. 51 della legge fallimentare, che esclude l’inizio o la prosecuzione delle azioni individuali esecutive dal giorno della dichiarazione di fallimento. Le pronunce di accertamento e condanna del giudice amministrativo e di quello ordinario possono essere portate ad esecuzione attraverso la procedura esecutiva disciplinata dal codice di procedura civile e attraverso il giudizio di cui agli articoli 112 e seguenti del decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104.
Entrambe le procedure sono interdette dal citato articolo 51 della legge fallimentare per la necessità  di garantire la par condicio fra i creditori; l’attivo fallimentare può essere ripartito una sola volta e ciò non può che avvenire nel concorso di tutti i creditori e quindi nell’ambito della procedura concorsuale.
B2. Infondata in concreto risulta altresì l’eccezione della società  resistente che reputa necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli acquirenti dei lotti, non essendo stato dimostrato in generale che essi abbiano assunto obblighi in tal senso (nonostante l’impegno di formulare allo scopo i contratti di trasferimento risalente all’articolo 11 della convenzione del 3 agosto 1994) e non essendo stato in particolare specificato chi, in che modo e in quali (a quanto improbabili, visto lo stato delle opere) circostanze abbia acquisito la proprietà  dei lotti parzialmente edificati.
B.3. Inammissibile è invece la pretesa riguardante il depuratore, non rientrante nel petitum come risultante dal ricorso notificato (nonchè dall’atto di riassunzione); al punto 1.b. si afferma anzi che “l’Ufficio tecnico comunale¦ ha constatato la tempestiva realizzazione del depuratore (tuttora “completo e funzionante”)”.
B.4. Sulla scorta di tali considerazioni devono essere esaminate le ragioni poste a fondamento della pretesa attorea all’esatto adempimento della convenzione accessiva alla lottizzazione con riguardo alla mancata realizzazione delle opere di urbanizzazione relative alle zone parzialmente edificate (lotti nn. 119, 120, 121 e 125).
Come anticipato, la sentenza della Sezione 18 gennaio 2008 n. 48 ha ritenuto necessario per queste porzioni “disporre una consulenza tecnica tesa a verificare che le opere di urbanizzazione primaria, che la resistente afferma essere state realizzate, siano effettivamente complete ed idonee a soddisfare le esigenze dei residenti”.
Il nominato consulente, Prof. Ing. Dino Borri, Direttore della Dipartimento di Urbanistica del Politecnico di Bari, ha depositato la propria perizia in data 16 marzo 2010.
Dalle operazioni anzidette emerge, in estrema sintesi, che prevalentemente
– il lotto 119 presenta 6 ville bifamiliari prossime al completamento, ma mancanti d’intonacatura, di pavimentazioni e d’infissi; 13 incomplete perchè prive di impianti sia all’interno sia all’esterno; 10 incomplete, essendo assenti tompagnature e impermeabilizzazioni di copertura;
– sul lotto 120 ci sono talune strutture in cemento armato (in misura inferiore a quelle concesse, prive di tompagnature perimetrali);
– il lotto 121 non presenta alcun’edificazione (nè è stato ritirato il permesso di costruire);
– nel lotto 125 è rilevabile una struttura incompiuta in cemento armato (nelle intenzioni destinata ad albergo), ma senza che siano state effettuate le gettate di completamento per tener ferme le strutture prefabbricate.
Con riferimento alle urbanizzazioni primarie, come indicate nella convenzione del 1994, il consulente ha constatato che le strade sono in genere appena tracciate e che mancano le reti idriche, quelle fognarie, quelle elettriche e telefoniche, nonchè il verde.
La relazione conclude, in relazione al quesito relativo all’idoneità  delle urbanizzazioni a soddisfare le necessità  dei residenti, che, non essendo le costruzioni abitate (nè all’attualità  abitabili), non sono necessarie tali opere in concreto.
Occorre a tal punto inquadrare dal punto di vista giuridico la vicenda.
Nell’ambito della lottizzazione la società  Barialto s’impegnò a realizzare una serie di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, come definite nella convenzione del 3 agosto 1994 e nei relativi allegati.
Per il loro completamento e per la successiva cessione al Comune venivano stabiliti vari termini, tra i quali l’ultimo coincideva con la scadenza decennale dello stesso strumento (ovvero in data 2 agosto 2004). Al proposito occorre solo precisare che l’Amministrazione municipale rigettò l’istanza di proroga presentata dalla lottizzante, provvedimento che non risulta impugnato, sicchè comunque resta confermata la data di ultimazione, come fissata nella convenzione.
La società  Barialto prima e la curatela fallimentare poi insistono, per negare l’inadempienza della parte privata, nel richiamare l’articolo 5 della convenzione, secondo il quale “Tali opere di urbanizzazione primaria verranno realizzate¦ contestualmente allo sviluppo del programma edificatorio”.
Da tale locuzione deducono che “non essendo tali lotti interessati da un’effettiva trasformazione edilizia del tessuto urbanistico, la società  lottizzante non poteva ritenersi obbligata, a termini di convenzione, a provvedere alla realizzazione delle opere di urbanizzazione” (memoria 11-14 giugno 2010, pagina 4).
Premesso che comunque (al contrario di quanto dedotto dalla curatela) l’ordine istruttorio contenuto nella sentenza parziale 18 gennaio 2008 n. 48, per la sua stessa natura, non integra alcuna statuizione sullo specifico contenuto degli obblighi assunti dalla Barialto (che, secondo il Comune, sarebbero rimasti inadempiuti), occorre osservare che le parti non hanno fornito elementi rilevanti per chiarire se le parti, in sede di convenzione, avessero attribuito un particolare significato alla locuzione utilizzata e quindi in che cosa precisamente consistesse tale clausola negoziale e in quali appositi atti attuativi essa si sia successivamente estrinsecata. Sulla base degli atti dunque l’articolo 5 della convenzione sembra prefigurare una mera modalità  operativa, diretta ad armonizzare da un punto di vista temporale (come ovvio in lottizzazioni di notevole estensione, come quella in esame) la costruzione degli edifici privati e le relative infrastrutture di servizio, così d’assicurare la gradualità  e la completezza dell’esecuzione di quanto previsto nel piano d’iniziativa privata.
Ciò premesso, non vi è motivo per operare un’interpretazione giuridica della clausola che si discosti dall’ordinario canone per il quale essa dev’essere intesa secundum legem.
La convenzione in particolare rinvia (articolo 13) alla legge urbanistica fondamentale 17 agosto 1942 n. 1150 e successive modificazioni e integrazioni (legge 6 agosto 1967 n. 765; legge 28 gennaio 1977 n. 10; legge 28 febbraio 1985 n. 47) e alle leggi regionali 12 febbraio 1979 n. 6, 31 ottobre 1979 n. 66 e 31 maggio 1980 n 56.
Secondo la normativa, il momento in cui gli impegni relativi alle urbanizzazioni si concretizzano (sia quelli del pagamento degli oneri per la costruzione in una zona già  urbanizzata ex articolo 31 della legge 17 agosto 1942 n. 1150, sia quelli di eventuali opere a scomputo, sia quelli, assunti con la convenzione di lottizzazione, di realizzare le opere di urbanizzazione primaria e una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria), è individuato nel momento in cui viene rilasciato il titolo edilizio (nel tempo, autorizzazione, concessione, permesso); impegno che dev’essere compiutamente rispettato entro il termine di scadenza della lottizzazione (ovvero, nella fattispecie, entro dieci anni).
In particolare, a norma dell’articolo 28 (“Lottizzazione di aree”) della legge 17 agosto 1942 n. 1150, come modificato dall’articolo 8, della legge 6 agosto 1967, n. 765, “Il rilascio delle licenze edilizie nell’ambito dei singoli lotti è subordinato all’impegno della contemporanea esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria relative ai lotti stessi”.
Tale ricostruzione della disciplina comporta che debba affermarsi la sussistenza dell’obbligo di realizzare le opere di urbanizzazione primaria attinenti ai lotti, una volta che per essi sono state ottenute le concessioni edilizie (e quindi, nello specifico, per i lotti 119, 120 e 125 ed escluso il lotto 121), in proporzione delle volumetrie autorizzate rispetto a quelle totali autorizzabili nelle medesime porzioni di terreno in base al piano. Rispetto a tali impegni la parte privata dev’essere dunque ritenuta inadempiente.
La convenuta d’altronde ha sempre opposto che, non essendo mai stata completata l’edificazione e non essendo le ville abitate (e neanche abitabili), non vi è alcun’esigenza di dotarle d’infrastrutture; quanto costruito quindi non comporterebbe alcun carico urbanistico. In tale situazione la società  Barialto non sarebbe tenuta ad alcuna prestazione.
Tale ragionamento non è condivisibile. Esso condurrebbe a togliere qualunque valenza agli impegni convenzionali assunti dalla società , privando completamente l’atto della sua dignità  di fonte di obbligazioni.
àˆ evidente inoltre che se la lottizzazione rappresenta lo strumento per attuare le previsioni della pianificazione generale in zone non ancora urbanizzate attraverso l’apporto anche finanziario di privati, che sono così posti in condizione di sfruttare le potenzialità  edificatorie dei terreni di loro proprietà , la situazione venutasi a creare presenta una palese disimmetria tra le condizioni delle parti: mentre il privato ha ottenuto i benefici attesi dalla lottizzazione, cioè i titoli edilizi, ed ha di fatto iniziato l’edificazione delle abitazioni (per poi lasciarle, per sua scelta, incomplete), l’Amministrazione municipale, che era addivenuta alla conclusione della convenzione proprio per trasformare in realtà  il disegno dello strumento urbanistico, teso ad un ordinato e funzionale uso del territorio e, in particolare, a realizzare un’espansione residenziale alla quale fossero garantite le necessarie dotazioni e infrastrutture collettive, invece, non solo non vede ottenuti gli obiettivi perseguiti nell’interesse pubblico, ma deve prendere atto di una trasformazione del territorio che, seppure incompiuta, ne compromette comunque l’utilizzo, con inutile consumo di suolo.
In definitiva, la società  Barialto alla data di scadenza della lottizzazione è risultato inadempiente. L’obbligo di realizzare le mancanti opere di urbanizzazione primaria è stato valutato nel complesso dal computo metrico estimativo e dalla relazione esplicativa del Servizio tecnico comunale 10 agosto 2006 in euro 4.930.720,90; sicchè, in mancanza di specifiche obiezioni od ulteriori deduzioni, per quanto riguarda la parte della controversia su cui il Collegio deve pronunciarsi, in corrispondenza della domanda, la stima delle opere rispetto alle quali la società  si è sottratta ai propri impegni deve prendere a base questo importo globale. In relazione a questo dato il valore dell’inadempimento dev’essere calcolato proporzionalmente alla volumetria autorizzata attraverso le concessioni edilizie relative ai lotti 119, 120 e 125 (rispetto al totale della volumetria non sfruttata sviluppabile secondo il piano di lottizzazione).
Al pagamento della somma direttamente risultante dall’applicazione di questi parametri va dunque condannata la società , oggi fallita, in ragione dell’accertato inadempimento della Barialto in relazione ai lotti presi in considerazione.
Il compenso dovuto al consulente tecnico d’ufficio dev’essere posto a carico della curatela fallimentare, mentre, per il resto, data la complessità  e la novità  delle questioni affrontate, dev’essere disposta la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, già  parzialmente deciso con la sentenza 18 gennaio 2008 n. 48, lo accoglie e, in particolare, dichiara inadempiente la società  Barialto all’obbligo di realizzare le urbanizzazioni primarie relative ai lotti 119, 120 e 125 compresi nel piano di lottizzazione e condanna la medesima alla rifusione del danno secondo i criteri di cui in motivazione.
Condanna la curatela del fallimento al pagamento del compenso dovuto al consulente tecnico d’ufficio, pari a euro 5000,00, più CNPAIA e IVA, oltre alla ritenuta d’acconto.
Compensa per il resto le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria