Risarcimento del danno – Azione risarcitoria – Cooperazione della parte per evitare il danno – Necessità  – Comportamento contrario a buona fede – Configurabilità  – Condizione

In tema di risarcimento danni nei confronti della Pubblica amministrazione, alla luce dell’art. 1227, comma 2 c.c., il mancato esperimento di azioni giudiziarie che l’ordinamento metta a disposizione dell’interessato può essere ritenuto un comportamento contrario a buona fede nell’ipotesi in cui si appuri che una tempestiva reazione giudiziaria avrebbe evitato o mitigato il danno (Nel caso di specie è stato valutato come capace di interrompere il nesso eziologico tra l’illegittimità  dell’azione amministrativa e i danni che si asserivano subiti, il mancato tentativo di procedere, attraverso il giudizio di ottemperanza, ad esecuzione della sentenza favorevole e, prima ancora, dell’ordinanza cautelare).

N. 00610/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01410/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1410 del 2009, proposto da Daniele Sassi titolare della ditta Tiemme Sviluppo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Carmela Flaminio e Francesco Silvio Dodaro, con domicilio eletto presso il secondo in Bari, via F. S. Abbrescia, 83/B; 

contro
Regione Puglia; 

nei confronti di
Sviluppo Italia S.p.a.; 

per l’ accertamento del diritto
del ricorrente ad essere risarcito per il danno ingiusto patito a seguito dell’adozione dei provvedimenti annullati con la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione II di Bari, 18 gennaio 2008 n. 38.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2012 il cons. Giuseppina Adamo e udito l’avv. Francesco Silvio Dodaro;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
A. Con la sentenza 18 gennaio 2008 n. 38, questo Tribunale amministrativo, Sezione II, annullò l’esclusione della domanda di agevolazione presentata dalla Tiemme Sviluppo, in base al bando, pubblicato sul B.U.R.. 15 luglio 2004 n. 90.
La nota prot. nr.35/A/2409 del 19 aprile 2005 del Coordinatore dell’Assessorato regionale alla Promozione Attività  Industriale – Artigianato – Commercio – Fiere Mercati – Industria Estrattiva – Energia – Settore Artigianato aveva infatti ritenuto l’istanza non ammissibile.
Nel corso del giudizio era stata accolta, ai fini del riesame (che non risulta essere stato poi effettuato), l’istanza cautelare con ordinanza n. 670 del 30 agosto 2005.
Con il ricorso notificato il 31 agosto 2009 e depositato il 14 settembre 2009, il dottor Daniele Sassi, titolare dalla Tiemme Sviluppo, chiede i danni (costituiti sia dal danno emergente sia dal lucro cessante) per la mancata concessione del finanziamento e quindi per la mancata attivazione del progetto proposto in base al bando.
All’udienza del 9 febbraio 2012 la causa è stata riservata per la decisione.
B. Occorre premettere che non risulta essere stata promossa un’azione specificamente diretta all’ottemperanza della la sentenza 18 gennaio 2008 n. 38, nè essere stata precedentemente presentata un’istanza di esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 670 del 30 agosto 2005.
Come chiarito dalla giurisprudenza (da ultimo dall’Adunanza plenaria 23 marzo 2011 n. 3, ma precedentemente T.A.R. Puglia, Bari, prima Sezione, 22 marzo 2011 n. 442), nell’esaminare le fattispecie riguardanti il nocumento di interessi legittimi, dev’essere considerata la rilevanza sostanziale, sul versante prettamente causale, dell’omessa rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifica predisposto dall’ordinamento a protezione di questo tipo di posizioni come fatto che preclude la risarcibilità  di danni.
Con un ragionamento del tutto applicabile al caso in esame (in cui non appare essere stato effettuato alcun tentativo per ottenere il finanziamento, attraverso l’esecuzione della sentenza favorevole e, ancor prima, dell’ordinanza cautelare), l’Adunanza plenaria è partita dalla considerazione dell’art. 30, comma terzo, del codice del processo amministrativo (laddove dispone che, nel determinare il risarcimento, “il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti””) per concludere:
“Si deve allora reputare che la scelta di non avvalersi della forma di tutela specifica e non (comparativamente) complessa che, grazie anche alle misure cautelari previste dall’ordinamento processuale, avrebbe plausibilmente (ossia più probabilmente che non) evitato, in tutto o in parte il danno, integra violazione dell’obbligo di cooperazione, che spezza il nesso causale e, per l’effetto, impedisce il risarcimento del danno evitabile”. In questa situazione la domanda di risarcimento del danno configurerebbe “un comportamento complessivo di tipo opportunistico che viola il canone della buona fede e, quindi, in forza del principio di auto-responsabilità  cristallizzato dall’art. 1227, comma 2, c.c., implica la non risarcibilità  del danno evitabile”.
A diversa conclusione si deve invece pervenire solo quando l’interessato “non possa soddisfare, in termini reali, l’aspirazione al conseguimento del bene della vita desiderato”.
àˆ evidente allora, alla luce di tali premesse, che, non essendo state evidenziate circostanze impeditive di sorta, deve reputarsi non provato in generale il nesso eziologico tra l’illegittimità  dell’azione amministrativa e i danni che si asseriscono subìti.
In particolare, occorre poi osservare che, per le voci nelle quali si integrerebbe il danno emergente, ovvero l’onorario spettante al professionista che ha elaborato il business plan e il costo dei lavori ai locali, per la prima non è dimostrato l’effettivo pagamento e per la seconda non è chiaro se i lavori fossero necessari al momento della presentazione della domanda di finanziamento per il suo ottenimento.
Ugualmente, per quanto attiene alla richiesta di rifusione del lucro cessante (ovvero del mancato utile), gli elementi dedotti non consentono di definire il danno, neppure in misura largamente approssimativa: il ricorrente infatti quantifica il nocumento facendolo semplicemente coincidere con il ricavo previsto nel business plan, a cui sottrae solo l’importo eventualmente dovuto a titolo d’imposta, espungendo così – inverosimilmente – ogni costo correlato alla produzione del reddito d’impresa.
Il ricorso dev’essere dunque rigettato.
Non occorre statuire sulle spese di giudizio, non essendosi costituite le parti evocate.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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