1. Giustizia e processo – Edilizia e urbanistica – Espropriazione per pubblica utilità  – Indennità  occupazione legittima – Giurisdizione del G.A. – Non sussiste
2. Giustizia e processo – Edilizia e urbanistica – Espropriazione per pubblica utilità  – Indennità  occupazione legittima – Domanda cumulativa rispetto a quella risarcitoria – Connessione – Giurisdizione G.A. – Non sussiste
3. Giustizia e processo – Traslatio iudicii – Domanda nuova  – Mutatio libelli – Inammissibilità  – Fattispecie
4. Edilizia e urbanistica – Occupazione per pubblica utilità  – Abusiva – Risarcimento danni per equivalente – Preventivo accordo/contratto traslativo o acquisizione autoritativa – Necessità  – Ragioni
5. Edilizia e urbanistica – Occupazione per pubblica utilità  – Abusiva – Risarcimento danni – Misura – Art. 42 bis, co.  1 e 3,  D.P.R. n. 327/2001 – Danno patrimoniale e non patrimoniale – Applicabilità  alle fattispecie antecedenti l’entrata in vigore – Possibilità  
 
6. Edilizia ed urbanistica – Occupazione per pubblica utilità  – Abusiva ­- Risarcimento danni ­-  ­ Pregiudizio non patrimoniale ex art. 42 bis comma 1 D.P.R. 327/2001 ­- Ambito di applicazione
 
7. Edilizia e urbanistica – Occupazione per pubblica utilità  – Abusiva – Risarcimento danni – Momento determinante – Data in cui viene adottato l’atto negoziale o autoritativo ex art. 42 bis D.P.R. 327/2001- Ragioni
 

1. Va affermata la giurisdizione del G.O. sulla domanda inerente la corresponsione dell’indennità  per il periodo di occupazione legittima (Cassazione, Sez. I, 3 gennaio 2011, n.23,  Consiglio di Stato,  Sez. IV, 4 febbraio 2011, n.804) rientrante nella generale giurisdizione del G.O. sulle questioni patrimoniali indennitarie, mentre costituisce ormai ius receptum l’appartenenza alla giurisdizione del G.A. delle domande di risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza dell’illegittima apprensione di terreni privati (Consiglio di Stato, Sez. V, 2 novembre 2011, n. 5844) ad eccezione delle sole occupazioni riconducibili a “mere vie di fatto”, anche quindi in ipotesi di occupazione originariamente legittima ma divenuta illecita per effetto della perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità , circostanza che concreta un illecito di carattere permanente (ex plurimis Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 giugno 2010, n.3655, id. Sez IV 21 aprile 2009, n.2420).
2. Nel caso in cui la domanda di condanna al pagamento dell’indennità  di occupazione non abbia carattere alternativo rispetto a quella risarcitoria, cumulandosi ad essa, deve essere rilevato il difetto di giurisdizione, ex art 53 c. 2 t.u. espropriazioni, in favore del G.O. non potendosi estendere la giurisdizione del G.A. per ragioni di connessione con le domande risarcitorie, essendo indiscusso in giurisprudenza il principio generale della inderogabilità  della giurisdizione per motivi di connessione  (ex multis Consiglio di Stato,  Sez. IV, 4 febbraio 2011 n.804, T.A.R. Campania Salerno , Sez. II, 14 gennaio 2011 n. 43).
3. Non è ammissibile nell’ambito di riproposizione al G.A. della domanda giudiziale (traslatio iudicii) a seguito di sentenza del G.O. che declina la giurisdizione, la proposizione per la prima volta al T.A.R. della domanda di restituzione previa riduzione in pristino dei beni illecitamente occupati, trattandosi d’inammissibile mutatio libelli. Infatti, qualificando la richiesta di restituzione come rimedio risarcitorio, pur rimanendone immutato il petitum immediato, ne consegue una modificazione del petitum mediato, in quanto il ricorrente non pretende più una somma di denaro, bensì la condanna dell’Amministrazione a una determinata attività  (contra, T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 17 agosto 2009, n. 2023). Differente è l’ipotesi inversa, perchè la formulazione della domanda reintegratoria contiene implicitamente quella del rimedio per equivalente, costituendone un minus (Cassazione civ., Sez. III, 25 luglio 1997 n. 6985, T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, 18 dicembre 2008 n. 1796).
4. Secondo un principio affermato dalla prevalente giurisprudenza, la soddisfazione del risarcimento per equivalente va subordinata alla necessità  di un preventivo accordo/contratto traslativo ovvero dell’esercizio dell’acquisizione sanante in via autoritativa, in quanto soddisfa la necessità  di formazione di un titolo idoneo al trasferimento della proprietà , e ciò anche alla luce dello ius superveniens costituito dal recente art. 34 d.l. 6 luglio 2011 n. 98 (convertito in l. 15 luglio 2011 n. 111) che ha introdotto l’art.42-bis del D.P.R. n. 327/2001, non potendosi comunque ammettere un effetto traslativo derivante da un fatto illecito sia perchè insanabilmente in contrasto con l’art 1 Prot. Add. CEDU (ex multis Consiglio di Stato IV 28 gennaio 2011 n.676), sia per le stesse difficoltà  ad ammettere sotto il profilo civilistico una rinuncia tacita abdicativa alla proprietà  immobiliare con contestuale automatico effetto traslativo in favore dell’Amministrazione che ha disposto l’immissione in possesso (T.A.R. Puglia Bari,  Sez. III, 29 settembre 2011, n.1413).
5. L’art 42-bis D.P.R. n. 327/2001, dichiarato espressamente applicabile “ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore” (comma 8), contempla, come condizione legittimante, la corresponsione di indennizzo sotto il duplice profilo (comma 1): a) del pregiudizio patrimoniale da determinarsi in misura corrispondente al valore venale ; b) di quello non patrimoniale, forfettariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale. Quanto al risarcimento del danno pari al mancato godimento del bene durante il periodo di occupazione illecita, occorre prendere comunque come riferimento il nuovo criterio legale inserito al comma 3 dell’art 42-bis (in questo senso anche T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 29 settembre 2011, n.1413); mentre, per il risarcimento del danno non patrimoniale di cui al comma 1 – oltre che alla luce del ridetto parametro del 10% del valore venale del suolo quale ristoro delle sofferenze subite dall’espropriato in sè e per sè considerate (cd. danno evento) – deve essere applicata la disciplina comune di cui all’art. 2059 c.c., nel limite della domanda di parte e dell’onere di allegazione delle concrete conseguenze pregiudizievoli (cd. danno conseguenza). 
6. Con particolare riferimento alla previsione di indennizzo del pregiudizio non patrimoniale di cui all’art. 42 bis comma 1 D.P.R. n. 327/2001, determinato ex lege in via forfettaria nel 10% del valore venale, deve ritenersi che vada circoscritto alla sola ipotesi di opzione da parte dell’Amministrazione per lo strumento dell’acquisizione sanante ivi previsto, poichè il legislatore ha ritenuto di evidenziarne l’eccezionalità , a seguito della dichiarazione di incostituzionalità  dell’art 43 t.u. (Corte Cost. 8 ottobre 2010, n. 293).   
7. Ai fini della determinazione del danno derivante dall’irreversibile trasformazione del fondo deve aversi riguardo al valore di mercato degli immobili non già  alla data di trasformazione dello stesso (non coincidendo con il trasferimento della proprietà ) e nemmeno a quella di proposizione della domanda giudiziale (non potendosi ravvisare alcun effetto abdicativo) bensì alla data in cui sarà  adottato l’atto negoziale o autoritativo ex art 42 bis t.u. al quale consegua l’effetto traslativo.

N. 00370/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00049/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 49 del 2011, proposto da: 
Angelo Vittorio Pignatelli, Anna Concetta Pignatelli, Antonio Giuseppe Pignatelli, Clemente Pignatelli, Giulio Pignatelli, Michela Pignatelli, Vincenzo Pignatelli, entrambi rappresentati e difesi dagli avv. Vito Minelli, Costantino Ventura, con domicilio eletto presso Costantino Ventura in Bari, p.zza Moro n.28; 

contro
ANAS s.p.a., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distr.le dello Stato di Bari, domiciliata per legge in Bari, via Melo, 97; 

per l’accertamento e conseguente condanna
previa adozione di idonea misura cautelare,
1) del diritto alla restituzione dei terreni di proprietà  degli attori, meglio descritti in narrativa, con rimozione dell’opera realizzata a spese dell’ANAS;
2) del diritto al risarcimento danni subiti per effetto dell’occupazione senza titolo, dalla scadenza termine della d.p.u. fino alla data dell’emananda sentenza;
3) del diritto alla corresponsione dell’indennità  di occupazione legittima pari ad euro 15.906,82;
4) del diritto al risarcimento danni sulla superficie di mq 1.600 per euro 22.503,50 considerando gli interessi calcolati fino al 30 dicembre 2010;
5) del diritto al risarcimento danni sulla superficie di mq 1.400 per euro 2.778,64 considerando gli interessi calcolati fino al 30 dicembre 2010;
6) del diritto al risarcimento del danno per la parte residua dell’immobile di euro 193.750,00
7) del diritto alla rivalutazione ed interessi su tutte le somme di cui sopra;
8) in subordine al risarcimento dei danni da accessione invertita come liquidati dal CTP nella misura di euro 433.700,00
9) in estremo subordine al risarcimento dei danni da accessione invertita come liquidati dal CTU nella misura di euro 205.980,01
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Anas s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2011 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori l’avv. Antonella Palmisano, su delega dell’avv. Costantino Ventura, per la parte ricorrente; nessuno è comparso per l’Amministrazione resistente;
Visto l’art. 36, co. 2, c. p. a.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Espongono gli odierni ricorrenti che con atto notificato in data 4-5 dicembre 2002 citavano l’ANAS ed il Prefetto di Foggia dinanzi al Tribunale civile di Foggia per il risarcimento del danno da “occupazione acquisitiva” relativamente ai suoli di loro proprietà , contraddistinti catastalmente al fg.81 partita 13072 p.lle 14, 40 e 41 su cui insiste anche fabbricato rurale.
Tali terreni risultavano infatti occupati, con decreto del Prefetto di Foggia, per una parte in data 27 giugno 1990, e per la rimanente parte il 5 febbraio 1992, senza mai essersi emanato il decreto di esproprio, nè durante nè dopo il periodo di efficacia della disposta dichiarazione di pubblica utilità , con irreversibile trasformazione del fondo avvenuta in data 7 maggio 1993, concretandosi così una tipica fattispecie di “occupazione acquisitiva”, secondo la comune concezione dell’istituto elaborata dalla giurisprudenza.
I ricorrenti quindi formulavano al G.O. domanda di condanna al risarcimento dei danni consistenti nel valore venale dei beni (secondo i criteri di calcolo di cui all’art 5 bis l.359/92 pro tempore applicabile), nel mancato godimento dei medesimi durante il periodo di occupazione illecita, nonchè alla corresponsione dell’indennizzo per i periodi di occupazione legittimi (dal 5 novembre 1990 al 5 novembre 1999 sulla superficie di mq 1600, e dal 27 marzo 92 al 27 marzo 2001 sulla superficie di mq 1400). Chiedevano altresì il risarcimento del danno cagionato dall’occupazione sine titulo alla parte residua dell’immobile estesa per oltre 25 ettari, consistente nella perdita di accesso dalle SS n.16 e 17.
Con sentenza n.157/2010 depositata in data 21 ottobre 2010, il Tribunale di Foggia declinava la propria giurisdizione in favore del G.A., alla luce delle note sentenze della Corte Costituzionale n.204/2004 e n.191/2006 e della stessa giurisprudenza delle Sezioni Unite.
Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti, ai sensi dell’art 11 del vigente Codice del processo amministrativo approvato con d.lgs. 2 luglio 2010 n.104, ripropongono inanzi a questo T.A.R. il giudizio già  proposto inanzi al Tribunale civile di Foggia, avendo quest’ultimo declinato la giurisdizione in favore del G.A. su tutta la domanda.
Domandano i ricorrenti in questa sede, oltre le pretese risarcitorie e indennitarie già  proposte con atto di citazione al Tribunale di Foggia, anzitutto la restitutio in integrumprevia riduzione in pristino stato a spese dell’ANAS, e solo in via subordinata la condanna al risarcimento per equivalente già  formulata inanzi al GO, come liquidato nella misura indicata dal CTP nominato in sede di giudizio civile. In subordine, per l’ipotesi in cui questo Tribunale dovesse declinare la propria giurisdizione sulla domanda di determinazione dell’indennità  di occupazione legittima, la difesa dei ricorrenti chiedeva l’accertamento dell’effetto interruttivo della prescrizione dalla data della domanda dinanzi al GO, ai sensi dell’art 11 c. 2 c.p.a.
Evidenzia la difesa dei ricorrenti che la domanda di tutela restitutoria non può ritenersi preclusa dalla limitazione della domanda introduttiva al G.O. al solo risarcimento del danno per equivalente del valore dei suoli, essendo fondata sul presupposto logico-giuridico dell’istituto dell'”accessione invertita” quale fatto traslativo della proprietà  in favore dell’Amministrazione, oggi da ritenersi senza dubbio tramontato perchè in contrasto con l’art 1 Protocollo Addizionale Convenzione EDU, come costantemente interpretato dalla Corte di Strasburgo, e dalla stessa giurisprudenza amministrativa anche di questo T.A.R..
Si costituiva l’ANAS eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del G.A. sulla domanda di condanna al pagamento dell’indennità  per il periodo di occupazione legittimo, invocando la generale giurisdizione del G.O. sulle questioni indennitarie in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa, ai sensi dell’art 53 comma 2 t.u. espropriazioni approvato con d.p.r. 8 giugno 2001 n.327 nel testo modificato dal d.lgs 2 luglio 2010 n.104.
Eccepiva altresì l’Avvocatura dello Stato la prescrizione dell’avversa pretesa risarcitoria, il difetto di legittimazione passiva, oltre l’inammissibilità  della tutela restitutoria invocando l’istituto dell’occupazione acquisitiva; nel merito evidenziava quanto al valore dei suoli, la non sussistenza della edificabilità  legale ed effettiva, da determinarsi in momento antecedente il verificarsi della fattispecie estintivo-acquisitiva, con conseguente negazione della natura edificabile al fine risarcitorio. Secondo l’Avvocatura dello Stato, errate sarebbero sul punto le conclusioni del CTU nominato dal Tribunale civile, per l’attribuzione di autonomo rilievo alla mera edificabilità  di fatto, richiamandosi alla costante giurisprudenza della Corte Costituzionale in tema di indennizzo espropriativo delle aree non edificabili, da liquidarsi secondo il criterio del valore agricolo medio di cui allo stesso t.u. espropriazioni. Sostiene la difesa dell’ANAS, quindi, che tali parametri andrebbero applicati anche per la liquidazione del danno da “occupazione acquisitiva”.
Con memoria depositata il 29 settembre 2011, i ricorrenti controdeducevano ampiamente in merito a tutte le eccezioni in rito ex adverso sollevate, evidenziando altresì la sopravvenienza, rilevante per la controversia per cui è causa, del nuovo istituto con funzione sanante introdotto (rectius reintrodotto) dal decreto legge 6 luglio 2011 n.98 (convertito con l. 15 luglio 2011 n.111) il quale ha novellato il vigente t.u. espropriazioni con il nuovo art 42-bis, chiedendone l’integrale applicazione, sia in punto di nuovo criterio legale di calcolo del risarcimento del pregiudizio patrimoniale (da calcolarsi ora in misura pari al 5 % annuo del valore dell’immobile) per il periodo di illecita occupazione, sia quanto al risarcimento del pregiudizio non patrimoniale, da liquidarsi forfettariamente in misura pari al 10 % del valore anzidetto (comma 1 art 42-bis citato).
Alla Camera di Consiglio del 27 gennaio 2011, con ordinanza 121/2011 il Collegio prendeva atto della rinuncia alla istanza incidentale cautelare.
All’udienza pubblica del 20 ottobre 2011 la causa veniva trattenuta per la decisione.
Preliminarmente va esaminata la sussistenza della giurisdizione del G.A. sulla domanda proposta, anche in riferimento alla parziale eccezione sollevata dalla difesa dell’ANAS, non essendo questo giudice vincolato dalla statuizione sulla giurisdizione contenuta nelle sentenza del Tribunale civile (art 11 c.3 c.p.a.).
Ritiene il Collegio di poter condividere quanto rilevato dal giudice ordinario, ad eccezione della domanda di condanna dell’Amministrazione al pagamento dell’indennità  per il periodo di occupazione legittima, rientrante nella generale giurisdizione del G.O. sulle questioni patrimoniali indennitarie.
Infatti, è oramai principio consolidato sia nella giurisprudenza amministrativa che della Cassazione come nella materia dei procedimenti di esproprio siano devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie nelle quali si faccia questione – naturalmente anche ai fini complementari della tutela risarcitoria – di attività  di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità  e con essa congruenti, anche se il procedimento all’interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo atto traslativo ovvero sia caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi (ex multis Consiglio Stato Adunanza Plenaria 30 luglio 2007, n. 9, id. 22 ottobre 2007 n.12, T.A.R. Lombardia Milano 30 marzo 2011 n.854, T.A.R. Sicilia Catania III 10 febbraio 2011 n.290, Consiglio di Stato sez IV 28 gennaio 2011, n.676, id. sez V 2 novembre 2011, n.5844, Cassazione Sezioni Unite 9 luglio 2009, n.16093).
Tale assunto, maturato a seguito delle sentenze della Corte Costituzionale 2004 n.204 e 11 maggio 2006 n.191 (dichiarativa dell’illegittimità  costituzionale dell’art 53 comma 1 d.p.r. 327/2001) trova oggi riscontro anche sul piano normativo, in ragione della previsione contenuta nella lett. g) comma 1, dell’art. 133 del Codice del processo amministrativo approvato con d.lgs. 2 luglio 2010 n.104, ai sensi del quale sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità ”
Ragion per cui costituisce ormai ius receptum l’appartenenza alla giurisdizione del G.A. delle domande di risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza dell’illegittima apprensione di terreni privati (T.A.R. Lombardia Milano sez II 30 marzo 2011 n.854, Consiglio di Stato sez V 2 novembre 2011, n.5844) ad eccezione delle sole occupazioni riconducibili a “mere vie di fatto”, anche quindi in ipotesi di occupazione originariamente legittima ma divenuta illecita per effetto della perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità , circostanza che concreta un illecito di carattere permanente (ex plurimis Consiglio di Stato sez VI 9 giugno 2010, n.3655, id. sez IV 21 aprile 2009, n.2420).
Ciò premesso, diversamente da quanto statuito dal Tribunale di Foggia, va affermata la giurisdizione del G.O. sulla parte della domanda inerente la corresponsione dell’indennità  di occupazione (Cassazione sez I, 3 gennaio 2011, n.23, T.A.R. Toscana sez II 24 novembre 2010, n.6598, Consiglio di Stato sez IV 4 febbraio 2011, n.804, T.A.R. Campania Salerno sez II 14 gennaio 2011, n.43) non potendosi estendere la giurisdizione del GA per ragioni di connessione con le domande risarcitorie, essendo indiscusso in giurisprudenza il principio generale della inderogabilità  della giurisdizione per motivi di connessione (ex multis Consiglio di Stato sez IV 4 febbraio 2011 n.804, T.A.R. Campania Salerno sez II 14 gennaio 2011 n.43).
Tali conclusioni risultano per lo più confermate anche da recenti interventi del giudice della giurisdizione (Cassazione Sezioni Unite 25 febbraio 2011 n. 4615) laddove – pur richiamandosi al principio di concentrazione delle tutele, a fini di economia processuale e della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.), già  enunciato per casi analoghi dalle Sezioni Unite con le sentenze 24 giugno 2009, n. 14805 e 28 febbraio 2007, n. 4636 – viene si estesa la giurisdizione del G.A. anche sulla domanda di condanna al pagamento della predetta indennità , ma soltanto ove quest’ultima sia alternativa alla tutela chiesta in via principale rientrante nella giurisdizione del G.A. e le domande siano proposte sulla base dei medesimi fatti, dipendendo l’accoglimento dell’una o dell’altra da un accertamento avente carattere prioritario di competenza del G.A..
Nella fattispecie per cui è causa, la domanda di condanna al pagamento dell’indennità  di occupazione non ha carattere alternativo rispetto a quella risarcitoria, cumulandosi ad essa, e deve pertanto essere rilevato il difetto di giurisdizione, ex art 53 c. 2 t.u. espropriazioni, in favore del G.O.
Determinandosi un conflitto reale negativo di giurisdizione ai sensi dell’art 362 c. 2 c.p.c. – limitatamente come chiarito alla suddetta pretesa di corresponsione delle indennità  di occupazione – le parti del presente giudizio potranno proporre “in ogni tempo” regolamento di giurisdizione inanzi alle Sezioni Unite della Cassazione, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda, già  ritualmente propostain limine litis da parte ricorrente al giudice fornito di giurisdizione.
Venendo al merito, ritiene il Collegio non ammissibile nell’ambito di riproposizione al G.A. della domanda giudiziale (traslatio iudicii) a seguito di sentenza del G.O. che declina la giurisdizione, la proposizione per la prima volta al T.A.R. della domanda di restituzione previa riduzione in pristino dei beni illecitamente occupati, trattandosi di inammissibile mutatio libelli.
Come infatti di recente rilevato da questa Sezione (sent. 29 settembre 2011, n.1413) la domanda di restitutio in integrum avanzata in corso di causa, indipendentemente dalla sua qualificazione come risarcimento/reintegrazione in forma specifica secondo la prevalente opzione giurisprudenziale (ex plurimis Consiglio di Stato VI 13 giugno 2011 n.3561, T.A.R. Emilia Romagna Parma 12 luglio 2011, n.245) oppure come forma di tutela tipica dei diritti reali (T.A.R. Lombardia Milano sez III 5 aprile 2011, n.880) costituisce un mutamento della domanda.
Infatti, qualificando la richiesta di restituzione come rimedio risarcitorio, pur rimanendone immutato il petitum immediato, ne consegue una modificazione quantomeno del petitum mediato, in quanto il ricorrente non pretende più una somma di denaro, bensì la condanna dell’Amministrazione a una determinata attività , concretandosi pertanto una mutatio libelli e non già  una semplice emendatio (contra T.A.R. Puglia Bari sez III 17 agosto 2009, n.2023).
Differente è l’ipotesi inversa, perchè la formulazione della domanda reintegratoria contiene implicitamente quella del rimedio per equivalente, costituendone un minus(Cassazione civ III 25 luglio 1997 n.6985, T.A.R. Lombardia Brescia sez I 18 dicembre 2008 n.1796).
Tali conclusioni non mutano ma risultano ulteriormente avvalorate qualificando la domanda di restituzione come tutela reale tipica distinta da quella risarcitoria (T.A.R. Lombardia Milano sez III 5 aprile 2011, n.880) venendone evidentemente mutato lo stesso petitum immediato.
Mette conto evidenziare che la giurisprudenza civile (Cassazione civ. sez II 24 febbraio 1992 n.2255, id. II 29 gennaio 2009 n.2238, id. II 26 maggio 1999 n.5113, id II 1 agosto 2003 n.11744) afferma che la tutela dei diritti reali implica la tendenziale insostituibilità  della restitutio in integrum – salvo che sia “materialmente impossibile” la rimessione (Cassazione civ. sez II 24 febbraio 1992 n.2255) – la quale si aggiunge, rimanendo su un piano distinto, all’eventuale concorrente tutela risarcitoria in presenza di danni risarcibili secondo l’art 2043 c.c., senza applicabilità  dei temperamenti posti dall’art 2058 c.c. per la sola tutela risarcitoria in forma specifica, per l’ipotesi di eccessiva onerosità . Va detto che quanto alla restituzione di beni illecitamente utilizzati dall’Amministrazione per scopi di pubblica utilità , la stessa Cassazione nega come noto la restitutio in integrum ma per la perdurante adesione – anche di recente – alla tesi dell’occupazione acquisitiva (ex multis Cassazione Sez. Un. 31 maggio 2011, n.11963, id. 19 dicembre 2007, n.26732) istituto tuttavia da ritenersi in contrasto con l’art 1 del Protocollo Addizionale CEDU come interpretato dalla Corte di Strasburgo (Corte europea dei diritti dell’uomo sez II 8 gennaio 2009 n.16508, id. sez III 6 marzo 2007 n.330, id. sez IV 6 marzo 2007 n.43362, C.G.A.S. 22 aprile 2008, n.330, Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 29 aprile 2005, n.2, Consiglio di Stato IV 2 settembre 2011 n.4970).
Pertanto anche volendo considerare la restituito in integrum come forma di tutela reale distinta da quella risarcitoria, la formulazione di tale azione in corso di causa integra una evidente mutazione della domanda contenuta nel ricorso per motivi aggiunti (mutatio libelli).
Va però esaminata l’obiezione della difesa dei ricorrenti circa la impossibilità  giuridica di avvalersi della tutela restitutoria in sede di citazione innanzi al Tribunale civile, stante la pacifica vigenza a quell’epoca dell’istituto – pur se di matrice pretoria – della “occupazione acquisitiva”, quale vera e propria fattispecie ablatoria seppur atipica (Corte Cost. 23 maggio 1995, id.30 aprile 1999 n.148, Cassazione sez I 6 giugno 2000, n.7583) come noto preclusiva della tutela consistente nella restitutio in integrum.
Non ritiene il Collegio di poter accogliere tale pur suggestiva tesi, sia perchè nulla vietava ai ricorrenti (seppur su di un piano più teorico che concreto) di formulare al G.O. anche tale domanda, sia perchè nell’ambito della traslatio iudicii deve sussistere identità  di petitum e causa petendi, trattandosi di riproporre al giudice munito di giurisdizione la medesima domanda già  proposta al giudice che ne è risultato privo.
Per le suesposte ragioni non può ritenersi ammissibile la domanda restitutoria formulata per la prima volta con l’atto di riproposizione del gravame a questo Tribunale.
Quanto invece alle domande formulate in via subordinata di risarcimento dei danni patiti in conseguenza diretta dell’illecita occupazione dei suoli di proprietà  dei ricorrenti, osserva il Collegio quanto segue.
Secondo un principio affermato dalla prevalente giurisprudenza e condiviso da questa stessa Sezione (sentenze 11 maggio 2011, n.701, 29 settembre 2011 n.1413) la soddisfazione del risarcimento per equivalente va subordinata alla necessità  di un preventivo accordo/contratto traslativo, in quanto soddisfa la necessità  di formazione di un titolo idoneo al trasferimento della proprietà , e ciò anche alla luce dello ius superveniens costituito dal recente art 34 d.l. 6 luglio 2011 convertito in l.15 luglio 2011 n.181, non potendosi comunque ammettere un effetto traslativo derivante da un fatto illecito sia perchè insanabilmente in contrasto con l’art 1 Prot. Add. CEDU (ex multisConsiglio di Stato IV 28 gennaio 2011 n.676) sia per le stesse difficoltà  ad ammettere sotto il profilo civilistico una rinuncia tacita abdicativa alla proprietà  immobiliare con contestuale automatico effetto traslativo in favore dell’Amministrazione che ha disposto l’immissione in possesso (T.A.R. Puglia Bari sez III 29 settembre 2011, n.1413).
La nuova norma, che novella il vigente t.u. espropriazioni mediante l’inserimento dell’art 42-bis, e che è dichiarata espressamente applicabile “ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore” (comma 8), contempla, come condizione legittimante, la corresponsione di indennizzo sotto il duplice profilo: a) del pregiudizio patrimoniale da determinarsi in misura corrispondente al valore venale ; b) di quello non patrimoniale, forfettariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale, con disposizione del tutto innovativa rispetto al pregresso art 43 t.u. ma che affonda le sue radici nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (22 dicembre 2009 Guiso-Gallisay/Italia). Ai sensi del c. 4, il provvedimento notificato al proprietario comporta il passaggio del diritto di proprietà  sotto condizione sospensiva del pagamento delle predette somme a titolo di indennizzo.
Rimane pertanto anche nell’attuale mutato contesto – per altro in gran parte riproduttivo della sanatoria seppur atipica contenuta nel precedente art 43, datane la non retroattività  dell’effetto acquisitivo e l’integrale refusione dei danni – la necessità  di un passaggio intermedio, necessario e logicamente precedente il momento risarcitorio, consistente nell’assegnazione di un termine all’Amministrazione perchè definisca (in via negoziale o autoritativa ex art. 42-bis citato) la sorte della titolarità  del bene illecitamente appreso, cui segue, ma in posizione inevitabilmente subordinata e condizionata, la condanna risarcitoria, secondo il criterio esaustivo previsto dallo stesso art. 42-bis (o dalla transazione e dal prezzo della compravendita, in caso di esito negoziale paritetico), che sia ammissibile a risarcimento (secondo i noti canoni di causalità  immediata e diretta rispetto all’illecita apprensione), ivi inclusa la parte concernente i danni riflessi ed indiretti alla parte reliquata della proprietà  privata.
E’ pertanto ai fini della determinazione del danno derivante dall’irreversibile trasformazione del fondo – allo stato ancora formalmente rimasto nella proprietà  dei ricorrenti – deve aversi riguardo al valore di mercato degli immobili non già  alla data di trasformazione dello stesso (non coincidendo con il trasferimento della proprietà ) e nemmeno a quella di proposizione della domanda giudiziale (non potendosi ravvisare alcun effetto abdicativo) bensì alla data in cui sarà  adottato l’atto negoziale o autoritativo ex art 42 bis t.u. al quale consegua l’effetto traslativo.
Va altresì stabilito che quanto al risarcimento del danno pari al mancato godimento del bene durante il periodo di occupazione illecita, occorre prendere comunque come riferimento il nuovo criterio legale inserito al comma 3 dell’art 42-bis (in questo senso anche T.A.R. Puglia Bari sez III 29 settembre 2011, n.1413); parimenti, ai sensi del comma 1, andrà  riconosciuto con la sentenza definitiva, il pregiudizio di natura non patrimoniale determinato ex lege in via forfettaria nel 10 % del valore del bene, ma solo esclusivamente in ipotesi di opzione da parte dell’ANAS resistente per lo strumento dell’acquisizione sanante ivi previsto. Infatti, con disposizione decisamente innovativa rispetto al previgente art 43 t.u., la novella normativa prevede il diritto all’indennizzo del pregiudizio non patrimoniale, da liquidarsi non già  quale danno-conseguenza subordinatamente alla prova da parte del danneggiato del concreto pregiudizio sofferto (ex multis Cassazione Sezioni Unite 11 novembre 2008, n.26972) bensì quale danno-evento, venendo in rilievo le sofferenze subite dal proprietario illegittimamente espropriato “in sè e per sè considerate”. L’ambito di applicazione deve circoscriversi alla sola ipotesi di acquisizione sanante, poichè il legislatore ha ritenuto di evidenziarne l’eccezionalità , a seguito della dichiarazione di incostituzionalità  dell’art 43 t.u. (Corte Cost. 8 ottobre 2010, n.293) e dei dubbi di compatibilità  con la CEDU ivi espressi, seppur in via del tutto incidentale, e fatto naturalmente salva la risarcibilità  del danno non patrimoniale secondo la disciplina comune di cui all’ art 2059 c.c., nel limite della domanda di parte e dell’onere di allegazione delle concrete conseguenze pregiudizievoli.
Ritiene il Collegio che a seguito dell’entrata in vigore dell’art 42-bis t.u. l’acquisizione sanante, datone il carattere eccezionale, non divenga l’unico strumento idoneo ad acquisire la proprietà  dei beni illecitamente detenuti per finalità  di pubblico interesse, potendosi preferire l’opzione del contratto o dell’accordo ex art 11 l.241/90 – e fatto altresì salvo il potere di rinnovazione del procedimento espropriativo (Consiglio di Stato sez IV, 2 settembre 2011, n.4970) – essendo comunque rispettato l’art 1 Prot. Add. CEDU (legalità  e ristoro integrale del danno).
Risulta pertanto indispensabile allo stato procedere alla verificazione del valore attuale dei beni per cui è causa, non potendosi all’uopo utilizzare la CTU disposta dal Tribunale civile, sia perchè non più attuale alla luce delle sopravvenienze fattuali e giuridiche, sia perchè ai sensi del comma sesto dell’art 11 c.p.a., le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate (soltanto) come argomenti di prova (da ultimo in questo senso Consiglio di Stato sez V, 2 novembre 2011, n.5844).
Ritenuto pertanto necessario, al fine del decidere, disporre verificazione e, per l’effetto, ai sensi dell’art. 66 c. p. a. disporre quanto segue:
a) alla verificazione provvederà  il Direttore dell’Agenzia del Territorio di Bari, con facoltà  di delega, nel rispetto del contraddittorio tra le parti;
b) i quesiti a cui il verificatore dovrà  rispondere, letti gli atti di causa, sono i seguenti:
b.1) quali trasformazioni, opere e modifiche di destinazione siano state eseguite dall’Amministrazione convenuta sulle aree di proprietà  dei ricorrenti, individuate e descritte negli atti di causa, con accertamento dell’eventuale intervenuta realizzazione dell’opera pubblica di cui alla dichiarazione di pubblica utilità  o, comunque, dell’eventuale irreversibile trasformazione dei fondi (7 maggio 1993);
b.2) l’intervenuta o meno demolizione dei fabbricati di proprietà  dei ricorrenti individuati e descritti negli atti di causa, insistenti sulle aree di cui al precedente punto b.1);
b.3) l’esatta consistenza, estensione e valore di mercato attuale delle aree occupate e trasformate con separata indicazione dei fabbricati di cui al precedente punto b.2) se del caso previa consultazione dei pubblici registri immobiliari;
b.4) il pregiudizio determinatosi alla porzione residua, non interessata dall’occupazione, di proprietà  dei ricorrenti in termini di perdita di accessibilità  alla viabilità  pubblica (SS n.16 e 17);
b.5) il periodo di occupazione illegittima ed il pregiudizio per il mancato godimento dei beni occupati, da determinarsi applicando il criterio legale di cui al comma 3 art 42 bis t.u. espropriazioni (cinque per cento sul valore di mercato);
c) la verificazione avrà  luogo entro il termine di 60 giorni, decorrente dalla comunicazione della presente ordinanza;
d) la relazione conclusiva sarà  depositata entro medesimo il termine presso la Segreteria della sezione;
e) fissa un anticipo sul compenso spettante al verificatore, nella misura di 1.000 euro, provvisoriamente a carico dei ricorrenti ;
f) autorizza il verificatore a ricercare la documentazione necessaria all’adempimento dell’incarico presso le Amministrazioni competenti, le quali saranno obbligate a fornirne gratuitamente copia ove richiesto;
Ritenuto di dover fissare per la prosecuzione del giudizio l’udienza del 21 giugno 2012, con salvezza di ogni decisione in rito, nel merito e sulle spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
a) dichiara il parziale difetto di giurisdizione in favore del G.O. come da motivazione;
b) dispone verificazione nei sensi e nei termini di cui in motivazione;
c) fissa per la prosecuzione l’udienza del 21 giugno 2012.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Paolo Amovilli, Referendario, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/02/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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