1. Edilizia e urbanistica – Risanamento conservativo -Ristrutturazione edilizia leggera – Art. 22, 1° comma D.P.R. 380/2001 – Presupposti – Invariabilità  di sagoma, volume e destinazione d’uso


2. Edilizia e urbanistica – Realizzazione di un quid novi – Modifiche della sagoma dell’edificio esistente – Ristrutturazione c.d. pesante – Art. 10, 1° comma, lett. c) D.P.R. 380/2001 – Permesso di costruire – Necessità  – Intervento abusivo – Sanzione – Rimozione e demolizione dell’opera


3. Edilizia e urbanistica – Lavori di riparazione – Miglioramento sismico – D.M. 14 gennaio 2010 – Trasformazioni incompatibili con la disciplina urbanistica vigente – Esclusione


4. Edilizia e urbanistica – Piano di recupero – Artt. 27-30 L. n. 457/1978 – Oggetto – Recupero del patrimonio urbanistico ed edilizio – Riferimento a singoli compendi immobiliari – Ammissibile


5. Edilizia e urbanistica – Attività  amministrativa vincolata – Art 21-octies, 2° comma L. n. 241/90 – Art. 10bis L. n. 241/1990 – Infondatezza della pretesa sostanziale – Vizio di carattere formale – Non ha capacità  invalidante


6. Edilizia e urbanistica – Processo amministrativo – Oggetto del giudizio – Verifica formale della legittimità  dell’atto impugnato – Giudizio di accertamento della fondatezza del rapporto sostanziale

1. Gli interventi di risanamento conservativo presuppongono la conservazione della tipologia, della forma e della struttura, nonchè il mantenimento della sagoma dell’edificio preesistente, al pari degli interventi di ristrutturazione c.d. leggera di cui all’art 22, 1° comma D.P.R. 380/2001, presupponenti l’invariabilità  di sagoma, volume e destinazione d’uso.
2.  Quando l’intervento edilizio comporta la realizzazione di un quid novi, con modifiche della sagoma dell’edificio esistente, va qualificato quale ristrutturazione c.d. “pesante”, prevista e disciplinata dall’art. 10, comma 1 lettera c) del D.P.R. 380/2001, e come tale subordinato a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, comma 1 D.P.R. 380/2001, oltre che sanzionato in ipotesi di abusività  con la rimozione o la demolizione dell’opera. Tanto più in un sistema quale quello pugliese in cui il legislatore regionale non ha ampliato il concetto di ristrutturazione, non avendo eliminato la sagoma quale vincolo da rispettare.
3.  La necessità  di effettuare lavori di riparazione con miglioramento sismico ai sensi delle vigenti NTC approvate con D.M. 14 gennaio 2010 (Norme tecniche per le costruzioni) non autorizza di per sè la realizzazione di trasformazioni incompatibili con la disciplina urbanistica vigente.
4.  Il piano di recupero del patrimonio edilizio esistente, disciplinato dagli artt. 27-30 L. n. 457/1978 -quale tipico strumento di pianificazione urbanistica di carattere esecutivo vincolato al rispetto di ogni previsione contenuta nell’atto di pianificazione generale- può avere ad oggetto non solo il recupero urbanistico, ma anche quello edilizio, riferito anche a singoli “compendi” immobiliari.
5.  Il vizio di violazione dell’art 10-bis L. n. 241/90, in ipotesi di attività  vincolata, al pari degli altri vizi di carattere “formale”, assume in linea di principio carattere recessivo – anche ai fini dell’applicazione dell’art 21-octies c. 2 primo allinea L. n. 241/90 e s.m. – di fronte alla verifica in sede giurisdizionale dei presupposti che rendono fondata la pretesa sostanziale azionata. Ne consegue che i vizi in questione, benchè sussistenti e rilevanti anche sotto un profilo comunitario, non possono assumere capacità  invalidante quando dagli atti di causa emerge con chiarezza l’infondatezza della pretesa azionata.
6. A seguito dell’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo, l’oggetto del giudizio è oramai trasformato da verifica formale della legittimità  del provvedimento impugnato, nei limiti dei vizi dedotti e con salvezza del potere riesercitato, in giudizio di accertamento della fondatezza del rapporto sostanziale sottostante azionato (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 23 marzo 2011, n.3, T.A.R. Puglia-Bari, sez. III, 25 novembre 2011, n.1807).

N. 01889/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00719/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 719 del 2010, proposto da: 
Luigi Ciuffreda, Giuseppina Candeloro, Angilina Orsilli, entrambi rappresentati e difesi dagli avv. Carmen Elisa Romano, Margherita Zezza, con domicilio eletto presso Angelo Lanno in Bari, via San Francesco D’Assisi, 15; 

contro
Comune di Casalnuovo Monterotaro in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Salerno, Maria Celozzi, con domicilio eletto presso Domenico Romito in Bari, via Principe Amedeo 93; 

per l’annullamento
previa sospensiva
1) del provvedimento prot. n° 2022 del 09.03.2010, successivamente notificato, a firma del Responsabile del Settore e del Coordinatore dell’Ufficio Sisma del Comune di Casalnuovo Monterotaro, con il quale è stata rigettata la richiesta di permesso di costruire per la ristrutturazione edilizia del fabbricato di proprietà  dei ricorrenti ubicato in zona “A” del vigente strumento urbanistico del comune di Casalnuovo Monterotaro;
2) di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale a quello impugnato ivi inclusi eventuali pareri e/o verbali istruttori di contenuto ed estremi sconosciuti;
3) delle Norme Tecniche Attuative (N.T.A.) del PRG comunale, adottato con deliberazione del C.C. n. 37 del 22.03.1985 ed approvato con D.G.R. n. 4426 del 29 dicembre 1998, nella parte in cui non hanno previsto all’interno della zona “A”, nelle more della approvazione dei Piani di Recupero, oltre agli interventi di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria, di restauro, di risanamento conservativo, anche gli interventi di ristrutturazione edilizia.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Casalnuovo Monterotaro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 novembre 2011 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori l’avv. Carmen Elisa Romano, per la parte ricorrente; gli avv.ti Giuseppe Salerno e Maria Celozzi, per il Comune resistente.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Espongono gli odierni ricorrenti di essere comproprietari di immobile sito presso il Comune di Casalnuovo Monterotaro (FG) contraddistinto catastalmente al Fg. 20/A p.lle 323 sub 2, 3 e 4, ricadente in zona omogenea “A centro storico” del vigente PRG approvato con del G.R. n.4426 del 29 dicembre 1998, e in area perimetrata come zona di recupero ai sensi dell’art 27 comma 2 l.457/78.
A seguito del sisma verificatosi il 31 ottobre 2002, i ricorrenti in data 10 febbraio 2010 presentavano istanza di concessione di contributo finanziario e contestuale permesso a costruire avente ad oggetto la riparazione con miglioramento sismico dell’edificio, consistente nella riorganizzazione delle strutture interne senza variazione di sagoma, volumetria ed altezze.
Quanto alla richiesta di contributo, i ricorrenti venivano inseriti nella graduatoria generale anno 2009 al numero 396.
Con provvedimento del 9 marzo 2010 a firma del Responsabile del Settore e del Coordinatore dell’Ufficio Sisma, il Comune di Casalnuovo Monterotaro, rigettava la suddetta istanza con la motivazione per cui l’intervento che trattasi rientra tra gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’art 3 lett d) t.u. edilizia approvato con d.p.r. 6 giugno 2001 n.380, non ammissibili per immobili ricadenti in zona A, con riferimento alle NTA del PRG le quali consentono solo gli interventi di cui all’art 3 lett a) b) e c) di cui al medesimo d.p.r.
Con ricorso notificato il 10 maggio 2010, ritualmente depositato, gli odierni ricorrenti come sopra rappresentati e difesi, impugnano il suesposto provvedimento di diniego al rilascio del titolo abilitativo edilizio, unitamente ove necessario alle NTA del PRG, chiedendone l’annullamento, deducendo le seguenti articolate censure:
I. violazione ed errata applicazione art 3 e 10-bis l.241/90; eccesso di potere per sviamento dell’interesse pubblico; violazione principi buon andamento ed imparzialità  art 97 Cost;
II. violazione e falsa applicazione NTA PRG in relazione alle previsioni della zona omogenea A; violazione ed errata applicazione art 27, 28 e 31 della l.457/78 e s.m.; violazione art 3 l.241/90; difetto di istruttoria, dei presupposti di fatto e di diritto; errore di fatto e di diritto; eccesso di potere per illogicità  manifesta;
III. violazione ed errata applicazione art 27, 28 e 31 lett c) della l.457/78 e s.m; violazione ed errata applicazione art 42, 32 e 97 Cost; eccesso di potere sotto il profilo dell’illegittimità  derivata.
Ritenevano innanzitutto i ricorrenti, in necessaria sintesi, la riconducibilità  dell’intervento per cui è causa alla nozione di “risanamento conservativo” di cui all’art 3 comma 1 lett c) d.p.r. 380/2001 e non già  a ristrutturazione edilizia, come erroneamente sostenuto dal Comune, essendo del tutto invariata oltre che la sagoma, le volumetrie e le altezze. Evidenziava poi la difesa dei ricorrenti l’illegittimità  del diniego comunale anche a voler considerare l’intervento de quocome ristrutturazione edilizia, richiamandosi al disposto di cui all’art 27 l.457/78 (ora confluito nell’art 9 del d.p.r. 380/2001) espressamente recepito nelle NTA, secondo cui in caso di ritardo nella formazione dei piani di recupero sarebbero comunque consentiti anche interventi di ristrutturazione.
Sul piano strettamente procedimentale, rilevava poi la completa omissione del contraddittorio qualificato sulla proposta di diniego garantito dall’art 10-bis l.241/90, la cui applicazione poteva essere quanto mai utile in considerazione degli aspetti controversi della vìcenda, poi sfociata nella lite all’esame del Collegio.
Si costituiva il Comune di Casalnuovo Monterotaro evidenziando il mutamento in modo sensibile delle sagome esistenti, con creazione di nuovi volumi in ampliamento all’esterno della sagoma degli edifici, essendo così inevitabile la riconduzione dell’intervento nel novero della ristrutturazione edilizia di cui all’art 3 lett d) t.u. edilizia, non ammissibile per immobili ricadenti in zona A, stante la disciplina di cui alle NTA vigente. Rilevava la difesa comunale, quanto alla pretesa applicazione dell’art 27 l.457/78, come il Comune con deliberazione C.C. n.68 del 1 gennaio 2003 aveva approvato la localizzazione dei PES (progetto edilizio singolo) e dei PEU (progetto edilizio unitario) ai sensi dell’art 6 c. 1 Direttiva Commissario delegato del 28 agosto 2008, aventi di fatto una valenza attuativa del PRG, in cui sarebbero compresi ed assorbiti, pienamente assimilabile ad un piano di recupero. Conclusivamente la difesa comunale prospettava anche la non conformità  dell’intervento con la normativa antisismica di cui al d.m. 14 gennaio 2010 (Norme Tecniche per le costruzioni) avendo i ricorrenti preteso di effettuare interventi di “miglioramento sismico” per una costruzione sostanzialmente nuova, in luogo del prescritto “adeguamento sismico”.
Sul piano più squisitamente procedimentale, prospettava poi la specialità  del procedimento de quo ai sensi della l.286/2002 e dell’o.p.c.m. n.3253 del 29 novembre 2002 contenente una espressa e giustificata deroga alle norme della legge generale sul procedimento in tema di partecipazione.
Con ordinanza n.432/2010 (confermata in sede di appello dal Consiglio di Stato con ord. 5347/2010) questa Sezione respingeva l’istanza cautelare di sospensiva, non rilevando la sussistenza del fumus, ritenendo l’intervento per cui è causa ascrivibile a “ristrutturazione edilizia” con mutamento delle sagome e volumi preesistenti, non compatibile con la disciplina di cui alle NTA vigenti in riferimento alla zona omogenea A, dovendosi fare riferimento all’art 3 comma primo lett e 1 d.p.r. 380/2001.
Entrambe le parti depositavano relazioni tecniche a firma di professionisti di fiducia tese alla dimostrazione degli aspetti tecnici più rilevanti, tra cui la asserita alterazione della sagoma e delle volumetrie preesistenti.
Con memoria di replica depositata il 3 novembre 2011, la difesa del Comune resistente eccepiva altresì l’inammissibilità  delle censure di eccesso di potere e disparità  di trattamento per illogicità  manifesta introdotte nella memoria del 21 ottobre 2011, non dedotte nel ricorso introduttivo del giudizio.
All’udienza pubblica del 24 novembre 2011 la causa veniva trattenuta per la decisione.
Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità  del gravame per mancata impugnazione dell’o.p.c.m. del 29 novembre 2002 n.3523 nonchè delle varie direttive tecniche emanate dal Commissario delegato per gli eventi sismici della Provincia di Foggia.
Trattasi infatti di atti manifestamente non lesivi dell’interesse azionato dai ricorrenti nel presente giudizio, teso alla caducazione dell’impugnato diniego al fine di poter quantomeno costringere l’Amministrazione al riesame del progetto edilizio, secondo le eventuali indicazioni conformative di cui alla sentenza demolitoria.
Quanto al merito il ricorso è infondato e va respinto.
Le Norme Tecniche di Attuazione del PRG del Comune di Casalnuovo Monterotaro vigente approvato con del.GR 4426/1998 consentono nell’ambito della zona omogenea A dove ricadono gli immobili per cui è causa, soltanto interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo ex art 31 l.457/1978, escludendo inequivocabilmente gli interventi di ristrutturazione edilizia, onde preservare e conservare il centro storico.
Ciò del resto, come prima facie evidenziato in sede cautelare, trova conferma nella stessa regola generale conformativa relativa agli interventi nei centri storici (C.G.A.S. 27 aprile 2009 n. 310) espressa dall’oggi abrogato art 17 c. quinto l.765/67.
La documentazione depositata in giudizio evidenzia il mutamento quantomeno delle sagome preesistenti, non potendosi condividere le risultanze di cui alla perizia depositata dai ricorrenti, poichè non vi è attinenza tra “orma d’imposta” dell’edificio, rimasta immutata, e sagoma, giacchè quest’ultima non riguarda esclusivamente l’area di sedime ma l’intero profilo del fabbricato, il quale invece risulta mutato.
Infatti, la sagoma di una costruzione attiene alla conformazione planovolumetrica ed al suo perimetro inteso in senso verticale ed orizzontale, coincidendo con il contorno che viene ad assumere l’edificio, ivi comprese le strutture perimetrali come gli aggetti e gli sporti (ex multis Cassazione penale, sez. III, 06 febbraio 2001, n. 9427).
Il progetto presentato dai ricorrenti interviene su due fabbricati diversi accomunando una porzione di uno con la totalità  dell’altro, generando tra l’altro la fusione di tre distinte unità  abitative e la realizzazione di nuove aperture esterne, giusta documentazione allegata alla perizia tecnica depositata dal Comune.
Ne consegue l’infondatezza della tesi prospettata da parte ricorrente circa la riconducibilità  nel novero degli interventi di risanamento conservativo, che per giurisprudenza consolidata presuppongono la conservazione della tipologia, forma e struttura e il mantenimento anche della sagoma preesistente (Consiglio di Stato sez IV 16 giugno 2008 n.2981, id sez V 9 ottobre 2007 n.5273, T.A.R. Campania Napoli sez IV 29 gennaio 2009 n.505) così come a quello di ristrutturazione c.d. leggera di cui all’art 22 c.1 t.u. edilizia, presupponente l’invariabilità  di sagoma, volume e destinazione d’uso (T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 16 dicembre 2010 , n. 4551)
L’intervento realizzato dai ricorrenti va quindi qualificato quale ristrutturazione c.d. “pesante”, prevista e disciplinata dall’art. 10, comma 1 lettera c) del D.P.R. 380/2001 portando comunque alla realizzazione di un quid novi comportando modifiche della sagoma, come tale subordinato a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, comma 1 D.P.R. 380/2001 e sanzionato in ipotesi di abusività  con la rimozione o la demolizione dell’opera.
E ciò tanto più in un sistema quale quello pugliese in cui il legislatore regionale, a differenza di altre Regioni, non ha inteso ampliare il concetto di ristrutturazione, non eliminando la sagoma quale vincolo da rispettare (T.A.R. Lombardia Brescia sez I 13 aprile 2011, n.552).
Mette conto d’altronde evidenziare come gli stessi ricorrenti nell’istanza di permesso a costruire del 10 febbraio 2010 abbiano qualificato il proprio intervento come di “ristrutturazione edilizia”.
Ritiene il Collegio, diversamente da quanto opinato dalla difesa dei ricorrenti, che anche l’espressa salvezza delle “sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica” di cui all’art 3 comma 1 lett d) t.u. edilizia non autorizzi l’interprete a conclusioni diverse, non venendo meno le qualificazioni degli interventi edilizi tassativamente elencate nel d.p.r. 380/2001 e nella concorrente legislazione regionale. La necessità  di effettuare lavori di riparazione con miglioramento sismico ai sensi delle vigenti NTC approvate con d.m. 14 gennaio 2010, non autorizza di per sè la realizzazione di trasformazioni non compatibili con la disciplina urbanistica vigente, peraltro non strumentali nè necessarie al fine di conseguire l’obiettivo di potenziamento della sicurezza dell’edificio.
Sono pertanto infondate le censure di eccesso di potere sotto i profili dedotti, così come di violazione degli art 42 e 97 Cost.
Parimenti infondate sono le censure di violazione ed errata applicazione degli art 27, 28 e 31 della l.457/78, in relazione alla asserita mancata adozione di un piano di recupero.
L’art 27 c.4 l.457/78 invocato dalla difesa dei ricorrenti consente per gli immobili ricompresi nella perimetrazione della zona di recupero – nelle more della formazione degli strumenti attuativi – anche la realizzazione di interventi di ristrutturazione rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistemativo di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, comprensivi di ripristino o sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, eliminazione, modifica e inserimento di nuovi elementi ed impianti, giusto il richiamo operato nei confronti dell’art 31 c.1 lett d) della medesima legge.
Ritiene il Collegio, condividendo le tesi del Comune resistente, che la localizzazione dei PES (progetto edilizio singolo) e dei PEU (progetto edilizio unitario) effettuata con deliberazione C.C. n.68 del 1 gennaio 2003 ai sensi dell’art 6 c. 1 Direttiva Commissario delegato del 28 agosto 2008, possa avere sotto il profilo urbanistico-edilizio valenza sostanzialmente attuativa del PRG, al fine di introdurre una disciplina di maggior tutela rispetto alle vigenti NTA per la zona omogenea A.
D’altronde, il piano di recupero del patrimonio edilizio esistente, disciplinato dagli art. 27-30, l. n. 457 del 1978 quale tipico strumento di pianificazione urbanistica di carattere esecutivo vincolato al rispetto di ogni previsione contenuta nell’atto di pianificazione generale (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 24 giugno 2002, n. 3725) può avere ad oggetto non solo il recupero urbanistico, ma anche quello edilizio, riferito anche a singoli “compendi” immobiliari (Consiglio Stato , sez. IV, 19 aprile 2000 , n. 2336).
Ne consegue che gli strumenti adottati con deliberazione dell’organo consiliare n.68 del 1 gennaio 2003 – rimasta inoppugnata – lungi dal derogare al principio di nominatività  e tipicità  degli strumenti urbanistici (ex multis T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 04 febbraio 2010, n. 1524) perseguono quoad effectum le medesime finalità  del piano di recupero ex l.457/78 ed introducono una coerente e non irragionevole disciplina ispirata alla tutela del patrimonio edilizio-urbanistico del centro storico, comunque ostativa all’assentibilità  dell’intervento per cui è causa, con conseguente infondatezza delle corrispondenti censure.
Osserva il Collegio che anche a voler aderire alla tesi di parte ricorrente circa la carenza di pianificazione attuativa (piano di recupero), il risultato finale non sarebbe l’assenza di disciplina urbanistica alla stregua delle c.d. zone bianche – tipica della diversa ipotesi della sopravvenuta inefficacia di vincoli preordinati all’esproprio e/o strumentali – bensì la permanente applicazione dello strumento generale (Consiglio di Stato sez IV 14 ottobre 2005, n.5801) che nella fattispecie per cui è causa esclude espressamente la ristrutturazione edilizia nel centro storico.
Prive di pregio infine sono anche le doglianze di violazione degli art 3 e 10 bis l.241/90 e s.m.
Per giurisprudenza consolidata e condivisa da questa Sezione, è pacifica l’applicabilità  dell’istituto di cui all’art 10-bis nell’ambito edilizio, ed in particolare ai procedimenti volti al rilascio del permesso a costruire (ex multis T.A.R. Lazio Roma sez II 15 aprile 2009 n.3847, T.A.R. Veneto sez II 3 ottobre 2008 n.3116, Consiglio di Stato sez VI 17 gennaio 2011, n.256) pur se a contenuto vincolato (T.A.R. Emilia Romagna Parma 17 giugno 2008 n.314, T.A.R. Emilia Romagna Bologna sez II 6 novembre 2006 n.2875, T.A.R. Liguria sez I 16 febbraio 2008 n.305, Consiglio di Stato sez V 24 agosto 2007, n.4507) in quanto costituenti mero risultato dell’attività  di controllo circa la conformità  alla normativa urbanistico-edilizia.
Non ritiene il Collegio di poter radicalmente escludere nella fattispecie l’applicazione dell’istituto del preavviso di diniego in relazione alla specialità  del procedimento, preordinato anche al riconoscimento della spettanza dei contributi pubblici inerenti il patrimonio edilizio danneggiato dal sisma; infatti, vengono in questione “diritti” partecipativi che ai sensi dell’art 29 comma 2-bis l.241/90 nel testo introdotto dalla l.n.69/2009 attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art 117 c.2 lett m) Cost., come tali non derogabili per effetto della normativa speciale di settore (peraltro di rango non primario) in assenza di garanzie partecipative di livello almeno equipollente.
Va però applicato il disposto di cui al comma secondo primo allinea dell’art 21-octies l.241/90 e s.m. in punto di non annullabilità  in giudizio dei provvedimenti affetti da (soli) vizi formali, pur registrandosi, in ipotesi, un problema di coordinamento con il “diritto ad una buona amministrazione” tutelato dall’art 41 della Carta di Nizza (comprensivo del diritto al contraddittorio procedimentale) specie a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ratificato con l.130/2008 ed entrato in vigore il 1 dicembre 2009, il cui art 6 assegna ai diritti ed ai principi garantiti dalla Carta di Nizza lo stesso valore giuridico dei Trattati
Ritiene il Collegio che il vizio di violazione dell’art 10-bis l.241/90, in ipotesi di attività  vincolata, al pari degli altri vizi di carattere “formale” (T.A.R. Puglia Lecce sez I 7 ottobre 2008, n.2791) assume in linea di principio carattere recessivo – anche ai fini dell’applicazione dell’art 21-octies c. 2 primo allinea l.241/90 e s.m. – di fronte alla verifica in sede giurisdizionale dei presupposti che rendono fondata la pretesa sostanziale azionata, nell’ambito di un giudizio il cui oggetto è oramai trasformato a seguito dell’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo, da verifica formale della legittimità  del provvedimento impugnato nei limiti dei vizi dedotti e con salvezza del potere riesercitato, in giudizio di accertamento della fondatezza del rapporto sostanziale sottostante azionato (Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 23 marzo 2011, n.3, T.A.R. Puglia Bari sez III 25 novembre 2011, n.1807).
Ne consegue che i vizi in questione, benchè sussistenti e rilevanti anche sotto un profilo comunitario, non possono assumere capacità  invalidante nel presente giudizio (ex art 21-octies l.241/90) emergendo con chiarezza dagli atti di causa l’infondatezza della pretesa azionata, in relazione all’impossibilità  di realizzare l’intervento di ristrutturazione edilizia richiesto all’interno del centro storico.
Vanno conclusivamente dichiarate inammissibili, in accoglimento dell’eccezione sollevata dal Comune, le censure tardivamente introdotte nella memoria non notificata del 21 ottobre 2011, per l’assorbente mancata rituale proposizione di atto di motivi aggiunti integrativo delle doglianze dedotte con l’atto introduttivo del giudizio, giusto il disposto di cui all’art 43 del vigente Codice del processo amministrativo approvato con d.lgs. 2 luglio 2010 n.104. Peraltro, le censure di eccesso di potere per disparità  di trattamento risultano altresì palesemente infondate, laddove come nella fattispecie dirette all’annullamento di provvedimento espressione di potere tipicamente vincolato (T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 06 dicembre 2010, n. 1935) non potendo ex se legittimare la fattispecie provvedimentale sub iudice, che resta regolata dall’insussistenza dei presupposti richiesti dall’ordinamento per il rilascio del titolo abilitativo richiesto.
Per i suesposti motivi il ricorso è infondato e va respinto.
Le spese seguono la soccombenza, secondo dispositivo
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i ricorrenti in solido alla refusione delle spese processuali in favore del Comune di Casalnuovo Monterotaro, quantificate in 2,500,00 euro, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Paolo Amovilli, Referendario, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/12/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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